www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 07-05-25 - n. 931

USB, CUB e SGB sui referendum del 8-9 giugno 2025

USB | usb.it

05/05/2025

Referendum 8-9 giugno, USB ha dato vita al Comitato Indipendente e dà indicazione per 5 Sì

L'8 e il 9 giugno si vota per i 4 referendum promossi dalla Cgil e per il referendum sulla cittadinanza ai cittadini immigrati. L'USB dà indicazione a tutti i suoi iscritti e delegati di votare 5 Sì e di sostenere la campagna che ha come principale obiettivo il raggiungimento del quorum.

Assieme ad una coalizione di realtà politiche e sociali, l'USB ha dato vita ad un Comitato indipendente perché non ha condiviso la scelta di chi ha promosso i referendum. Avventurarsi in una campagna referendaria ci sembra un forte azzardo e i quesiti, almeno 3 dei 4 promossi dalla Cgil, sono stati formulati con il "freno a mano" per non scontentare i partner politici del sindacato di Landini, a cominciare dal Pd. Nell'eventualità che si dovesse raggiungere il quorum e vincere, il risultato sarebbe quindi modesto e l'effetto concreto più simbolico che reale.

Ma la partita è comunque in campo e, pur se parziali, i quesiti referendari costituiscono un tentativo di assestare un colpo alla precarietà del lavoro e alle leggi che l'hanno sancita. E poi c'è il quinto quesito, che mira a ridurre gli anni di permanenza in Italia per ottenere la cittadinanza e che costituisce una battaglia di civiltà.

L'USB, quindi, pur con tutti i distinguo che non possono essere taciuti, è in campo per sostenere i 5 Si e per provare ad invertire la rotta di una legislazione a senso unico, tutta indirizzata verso l'aumento della precarietà del lavoro e la restrizione dell'accesso ai diritti per i cittadini stranieri.

Unione Sindacale di Base


CUB-Pisa | delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

07/05/2025

Basta precarietà nei luoghi di lavoro!



Al referendum dell'8 e il 9 Giugno vai a votare 5 Si.

Chi ti dice di stare a casa vuole solo cancellare diritti

CUB PISA


SGB | sindacatosgb.it

03/05/2025

Referendum: votiamo si ai diritti ma diciamo no ad un metodo sbagliato e controproducente



Il prossimo 8 e 9 giugno i cittadini italiani saranno chiamati a votare per quattro referendum abrogativi proposti dalla CGIL:

Abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi (Jobs Act).

Abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese.

Abrogazione delle norme che hanno liberalizzato l'utilizzo del lavoro a termine (Jobs Act).

Abrogazione delle norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all'impresa appaltante.

Riconosciamo anche noi di SGB che l'eventuale approvazione di questi quattro quesiti referendari comporterebbe una significativa riduzione dei danni, inflitti negli anni, alle condizioni di lavoro di milioni di lavoratori italiani.

Per questa ragione VOTEREMO SÌ a tutti e quattro i quesiti.

Allo stesso tempo facciamo però anche presente la nostra netta contrarietà a queste finte soluzioni ai problemi sociali, ciclicamente proposte dalla CGIL e da partiti di "sinistra". L'esperienza ci insegna che il referendum popolare come strumento per l'ottenimento dei diritti sul luogo di lavoro è una pratica inutile e controproducente.

Questi referendum potrebbero infatti abbattersi come un boomerang, per l'ennesima volta, contro quegli stessi lavoratori che la CGIL millanta di voler tutelare.

Ogni volta che i cittadini italiani sono stati chiamati a votare su questioni sociali, dal referendum del 1985 sulla scala mobile (il meccanismo che adeguava i salari all'inflazione interrotto dal governo Craxi) al referendum del 2003 sull'estensione dell'art. 18 alle imprese con meno di 15 dipendenti, hanno sempre prevalso le ragioni del padronato che ne è puntualmente uscito rafforzato.

Dopo il referendum del 1985 è stato infatti cancellato per decenni dal dibattito politico-sindacale il tema dell'adeguamento dei salari ai prezzi con le conseguenze che tutti conosciamo: i nostri salari nel periodo 1990-2020 sono diminuiti del 2,9% mentre ad esempio in Francia sono aumentati di oltre il 30%.

Dopo la sconfitta del referendum del 2003 sull'estensione dell'art. 18 è diventata egemone per anni l'ideologia della "flessibilità" e della "meritocrazia".  

Aspetto ancora più paradossale è che uno dei principali sostenitori del SI ai referendum sull'abolizione del Jobs Act è il Partito Democratico, cioè la stessa forza politica che lo ha scritto e promulgato nel 2015 senza che la CGIL proclamasse un solo minuto di sciopero generale.

Per onestà verso i lavoratori dobbiamo anche ricordare che l'obiettivo del raggiungimento del quorum per i referendum (dovrebbero recarsi a votare circa 25 milioni di cittadini italiani) è estremamente velleitario in questa fase record di astensionismo elettorale.

Inoltre, come sappiamo, rientrano negli aventi diritto al voto anche masse di appartenenti alla piccola borghesia autonoma, ceti impiegatizi, liberi professionisti, funzionari del culto ecclesiastico, delinquenti vari e tanti altri soggetti sociali che non condividono di sicuro gli stessi interessi di classe dei potenziali beneficiari dei referendum.

Al posto di promuovere i referendum un sindacato serio dovrebbe sforzarsi ad organizzare le lotte collettive e non cercare nella (molto) probabile sconfitta elettorale la giustificazione del proprio disimpegno di lotta e collaborazionismo con le controparti.

Questa campagna referendaria potrebbe inoltre essere il maldestro ed irresponsabile trampolino di lancio in parlamento di Maurizio Landini come avvenuto per tutti i suoi predecessori.

Per queste ragioni, voteremo SÌ a tutti e quattro i quesiti ma non andremo, mai e poi mai, a legittimare manovre politiciste sulla pelle dei lavoratori partecipando ad esempio ad ipocrite "iniziative unitarie".

I DIRITTI SI DIFENDONO E SI ESTENDONO SOLO CON LA LOTTA!


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