www.resistenze.org - osservatorio - mondo multipolare - 23-10-09 - n. 292

da Oltre Confine n.34 - Newsletter settimanale del Dipartimento Esteri del PdCI - www.comunisti-italiani.it
 
Pechino: Vertice Org. Cooperazione di Shanghai all’insegna dell’integrazione strategica energetica
 
di Marco Zoboli, Dip. Esteri PdCI
 
Il vertice OCS conclusosi a Pechino ha segnato importanti passi avanti nelle relazioni e sinergie energetiche tra Mosca e Pechino.
 
Gli accordi firmati da Medveded e Hu Jintao riguardano la fornitura di 70 milioni di metri cubi di gas annui erogati da due diversi oleodotti, uno dalla Siberia Occidentale (oleodotto Altai) e un secondo che parte dalla Siberia Orientale e che usufruisce della confluenza dei giacimenti di gas delle isole Sakhalin; le forniture russe vengono erogate dal colosso Gazprom (che detiene il 68% del gas) direttamente alla Coorporazione Petrolifera Nazionale di Cina (CNPC), che opererà direttamente nella costruzione dell’oleodotto Altai la cui conclusione fu sospesa in attesa della chiusura degli accordi bilaterali concretizzatisi ora a margine dell’OCS.
 
A Pechino sono stati controfirmati altri importanti accordi per un valore di 3 miliardi e mezzo di dollari relativi alla costruzione e all’ammodernamento della rete di comunicazione fra i due paesi, che sono complementari agli accordi d’interscambio tecnologico del 20 settembre di Washington dove la Cina si impegna con propria tecnologia a soddisfare le esigenze infrastrutturali della regione Siberiana.
 
Il blocco di Shanghai procede lentamente ma concretamente, guardando all’essenziale, senza altisonanti dichiarazioni l’asse Mosca – Pechino si salda partendo dalle necessità primarie del gigante asiatico, una simbiosi necessaria per entrambi, sia sotto l’aspetto economico che militare e geopolitico.
 
Sappiamo che a Pechino sono stati trattati anche temi militari e firmati accordi che al momento non sono stati resi pubblici nemmeno ai membri osservatori dell’OCS (Mongolia,Pakistan, India, Afghanistan e Iran) che rappresentano di fatto un secondo livello di relazioni. Attorno al blocco centrale dei 6 paesi membri si posizionano questi cinque paesi che per contraddizioni interne o problematiche relative ad equilibri interni/esterni attendono sulla porta l’evoluzione degli eventi internazionali, perché se è vero da un lato che l’OCS non può permettersi di accogliere cavalli di troia è altrettanto vero che un paese come il Pakistan se non abbandona l’abbraccio mortale con l’alleato statunitense verrà inevitabilmente travolto dalla guerra civile e dalla frantumazione geografica del proprio territorio.
 
L’invito di Putin al primo ministro pakistano Gilani di un maggior impegno nell’OCS, e che ricordando le buone relazioni tra i due paesi sottolineava che non si riflettono negli interscambi commerciali, andava in quella direzione. L’OCS si pone come polo di attrazione dei paesi asiatici, come garanzia di autonomia per le potenze regionali emergenti e come alternativa all’arroganza dell’imperialismo statunitense, che col procedere della crisi diviene giorno dopo giorno sempre più aggressivo e pericoloso.
 
L’impossibilità da parte statunitense di aprire un terzo fronte bellico contro gli Ayatollah per mancanza di risorse economiche e materiali non significa che non cerchino di far combattere ad altri proprie guerre, a parte il falco sionista, gli Usa possono contare sempre e tuttora sugli intrecci internazionali di agenti destabilizzatori, in questa direzione occorre guardare per interpretare i recenti attentati accaduti in Iran che hanno colpito al cuore i “guardiani della rivoluzione” (Sepah – e- Pasdaran) nella regione sud-orientale del Balucistan a maggioranza sunnita, la capitale di questa regione è Gwadar in Pakistan, porto militare e commerciale di primaria importanza, la “perla più importante della collana energetica cinese”.