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da SEMlac www.redsemlac.net - www.redsemlac.net/noticias/2009/090928cc.htm
traduzione a cura di Mujeres Libres Blog - mujeres_libres.blog.tiscali.it
 
America Latina: L'aborto condanna milioni di donne alla sofferenza ed alla clandestinità
 
di Cristina Canoura
 
Montevideo, 2009, settembre (Speciale di SEMlac)
 
Le leggi della maggioranza delle nazioni in America Latina, criminalizzano l'aborto
 
Tre milioni di donne, quasi la popolazione totale dell'Uruguay, ricorrono ogni anno all'aborto in 12 paesi dell'America Latina e Caraibi. Altri tre milioni vi ricorrono in Brasile. La stragrande maggioranza lo fa clandestinamente poiché le leggi delle nazioni in cui vivono, criminalizzano questa pratica.
 
Salvo Cuba e Messico, dove l'interruzione volontaria di gravidanza è legale, nel resto delle nazioni l'aborto è parzialmente penalizzato o considerato un crimine e, come tale, punito con diverse pene.
 
L'illegalità e la clandestinità non solo incrementano il rischio di mortalità materna, dovuto a pratiche pericolose, ma condannano le donne alla persecuzione poliziesca ed alla prigione, moltiplicando la loro sofferenza.
 
Una ricerca effettuata da SEMlac sulla legislazione vigente in Argentina, Bolivia, Colombia, Cile, Cuba, Guatemala, Messico, Nicaragua, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela, evidenzia che la pressione esercitata da gruppi più conservatori della società civile e dalla chiesa cattolica, è riuscita, in molti di essi , a rendere le norme penali sempre più restrittive.
 
In Cile nel 1989, quando la dittatura militare agonizzava, si criminalizzò l'aborto in qualunque caso, situazione che prosegue tuttora.
 
"La madre non può abortire anche se il feto ha degli handicap, anche se non l’ha desiderato, anche se frutto di una violenza e, nonostante, il rischio di morte",- Jaime Guzmán, gestore della Costituzione ereditata dal periodo di Pinochet e fondatore dell'Unione Democratica Indipendente -
 
Oltre al Cile, anche Repubblica Dominicana, Nicaragua e Salvador, sono i paesi dell'America latina che hanno criminalizzato l'aborto a prescindere dal nesso di causalità. In Cile costituisce la terza causa di morte materna.
 
Nella Repubblica Dominicana, una riforma costituzionale promossa il 17 di settembre 09, stabilisce il diritto alla vita dal concepimento e l'aborto è equiparato alla pena di morte.
 
"Il diritto alla vita è inviolabile dal concepimento fino alla morte. Non ci può essere regola, né pronunciamento, né applicazione in nessun caso, della pena di morte": stabilisce così l'articolo 30.
 
Pratiche casalinghe e costi astronomici
 
Nelle zone rurali di quella nazione confinante con Haiti, quando una donna povera vuole abortire si "beve un intruglio" ( intervista di SEMlac a Xiomara Rialza, insegnante ed attivista che, da decenni lavora nell’organizzazione delle donne dominicane della Confederazione del Golf Women's – CONAMUCA - e del Centro di solidarietà per le donne per lo sviluppo - CE-Donna -).
 
“Quell’intruglio contiene gusci di avocado melassa, zenzero, cuaba (corteccia di pino), chinino e radici amare che provocano diarrea e anche l'aborto.
 
Successivamente bevono un'altro intruglio per ripulirsi, che contiene calcio, polvere di ferro, miele, barbabietola, crescione, carota e bija, un potente colorante derivato dal seme dell'achiote. “
 
L'Instituto Alan Guttmacher, degli Stati Uniti, che dal 1968 effettua ricerche ed analisi delle politiche relative ai diritti riproduttivi delle popolazioni, ha rilevato che, in Guatemala, le donne dell'area rurale cercano di abortire ingerendo coriandolo con acquavite e chiodi di garofano, miscelati a 250 grammi di sale comune e 40 tavolette di Alka-Seltzer, solfato di sale inglese e olio di ricino.
 
Dopo Haiti, il Guatemala è il paese dove si pratica il maggiore numero di aborti clandestini: 65.000 ogni anno (intervista di SEMlac a Senaida Escobedo, direttrice dell'Unità della Donna ed Analisi di Genere della Corte Suprema di Giustizia)
 
Con alcune differenze a seconda dei paesi, il costo di un aborto sicuro oscilla tra i 300 ed i 1.500 dollari, irraggiungibili - in qualsiasi caso - per le donne non ricche. Il metodo più utilizzato nelle cliniche private è l'aspirazione.
 
Il misoprostol o cytotec, un medicinale nato per trattare le ulcere gastrointestinali, ma con effetti secondari abortivi, è sempre più usato come un metodo sicuro per porre fine a gravidanze indesiderate e casalinghe.
 
Ma, nonostante il suo impiego riesca ad abbattere la mortalità materna degli aborti fatti in casa, acquistare queste pillole è diventato un atto clandestino in molti paesi, come l'aborto chirurgico.
 
Questa realtà ineludibile ha spinto, da decenni in tutti i territori, il movimento delle donne a chiedere la depenalizzazione dell'aborto.
 
"Educazione sessuale per decidere, anticoncezionali per non abortire, aborto legale per non morire" è lo slogan della campagna nazionale per il diritto all'aborto legale, sicuro e gratuito lanciata in Argentina da una vasta alleanza che comprende oltre 250 organizzazioni, gruppi e persone collegate al movimento delle donne ed organizzazioni dei diritti umani.
 
"In alcune province argentine, come Santiago del Estero, fino a fa poco tempo, le donne che arrivavano in ospedale con un aborto in corso, venivano ammanettate al letto" (Silvia Juliá, Organizzazione cattolica per il diritto a decidere) .
 
Tuttavia, l'azione del movimento delle donne in collaborazione con gli operatori sanitari, è riuscita a cambiare questa situazione e si applica ora un protocollo per la cura post aborto umanizzato, che impedisce il giudizio dei casi.
 
In Uruguay vige dal 2004 un'ordinanza, oggi incorporata alla legge di "Difesa del diritto alla salute sessuale e riproduttiva", per la quale i servizi della salute devono prestare assistenza alla donna pre e post aborto e raccomanda l'uso di misoprostol.
 
Questa legge, approvata dal parlamento nel novembre 2008, includeva anche un articolo che depenalizzava l'aborto. Giorni dopo l'approvazione, il presidente Tabaré Vázquez ne ha posto il veto.
 
Secondo dati del Servizio di Salute Sessuale e Riproduttiva dell'Ospedale della Donna Pereira Rossell, la maternità più grande di tutto l’Uuguay, il 59 % delle donne che hanno gravidanze indesiderate, non ha usato i metodi anticoncezionali in modo corretto. Il preservativo è il metodo a cui più si ricorre.
 
Dati dell'Instituto Alan Guttmacher mostrano che gran parte delle donne latino-americane che si sottopongono ad un aborto hanno più di 20 anni, sono sposate e già precedentemente madri.
 
Invece, nella maggioranza dei paesi sviluppati, quelle che ricorrono all'aborto sono più giovani di 20 anni, in generale celibi ed, approssimativamente, la metà non ha avuto figli.
 
Legislazioni problematiche
 
Tra i paesi con la legislazione più punitiva, figura il Nicaragua. Nell’ottobre del 2006 l'Assemblea Nazionale criminalizzò l'aborto terapeutico, unica possibilità di interruzione di gravidanza, autorizzata nel 1874 e quindi in vigore da 132 anni.
 
La penalizzazione dell'aborto terapeutico colloca i medici in un dilemma giuridico, in quanto passibili di segnalazione, indagini, processi e condanne per aver commesso il crimine.
 
Ma, se non prestano quel servizio proibito dal Codice Penale, ugualmente possono essere denunciati e condannati per l'articolo 160 dello stesso codice, per il quale si punisce il personale della salute che neghi assistenza sanitaria quando da questa condotta possa derivare il rischio grave per la salute dalla persona.
 
All’altro estremo c’è Cuba, dove l'aborto non è criminalizzato per la legge, né perseguito e c'è una gran copertura di metodi contraccettivi.
 
È solo possibile la sanzione se si procede senza il consenso della donna o se si realizza al di fuori delle istituzioni ufficiali o non da un medico o per scopo di lucro.
 
Realizzato in ospedali, in condizioni adeguate e con personale qualificato, l'aborto è decisione delle donne che ricorrono a questa pratica con una certa frequenza.
 
Secondo i dati della sanità pubblica 2007, pubblicati da Infomed, il portale della salute di Cuba, gli aborti indotti nell’anno sono stati 66.008, 58,4 ogni 100 nascite e 36,9 per ogni 100 donne in gravidanza.
 
Nelle stesse condizioni di legalità di Cuba. si trova la capitale messicana, che però solo da aprile 2007, quando l'Assemblea dei Rappresentanti del Distretto Federale, congresso locale, depenalizzò l'aborto, ha smesso di considerare questo un delitto, permettendolo entro le prime 12 settimane di gestazione.
 
È obbligo degli ospedali pubblici rispondere a questo tipo di prestazione medica che potrà realizzarsi con la sola volontà della madre e senza necessità di giustificazione.
 
Da allora ci sono state 1.300 richieste di interruzione di gravidanza in diversi ospedali del Ministero della Salute del Governo della Città. Si stima una media di 5,5 interruzioni al giorno.
 
Un’analisi di 140 casi, pubblicato lo scorso maggio in occasione della Giornata Mondiale dell’Azione per la salute delle donne, ha concluso che i poveri e gli analfabeti che richiedono l'interruzione di gravidanza sono solo lo 0,7 % delle pazienti, mentre quelle con istruzione tecnica e superiore, sono il 54 %. Oltre l'80 % sono di religione cattolica. Solo il 10 % sono minorenni e il 56 % tra 20 e 29 anni.
 
In questo paese sono praticati 1 milione di aborti ogni anno, secondo le cifre di uno studio del 2008 della Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM).
 
Con differenze a seconda degli stati, ci sono sette motivi in cui in Messico l’aborto è permesso: quando la gravidanza è il prodotto di uno stupro; quando può essere causa di pericolo di morte per la donna; quando ci sia il rischio di malformazioni congenite del feto; per grave danno alla salute; per essere il risultato di un'inseminazione artificiale viziata; per ragioni economiche o quando la gravidanza è causata da imprudenza o incidente.
 
Tuttavia in nessuna entità federativa sono tutte contemporaneamente riconosciute e fino al 18 di settembre 2009 si erano approvate leggi simili a quella di Repubblica Dominicana, in in ben 16 stati.
 
Lo stupro è l'unica causa accettata all’unanime in tutto il paese, ma tale eccezione è minacciata dalla Chiesa.
 
La sua abrogazione porrebbe il Messico nella stessa situazione del Cile, del Salvador e della Repubblica Dominicana.
 
Nonostante questo quadro giuridico "protettore", negli ultimi anni la chiesa ha infatti intensificato la persecuzione delle ragazze e delle donne che vogliono abortire.
 
Paesi come Colombia o Bolivia si trovano in una situazione intermedia. Nel maggio 2006, la Corte Costituzionale colombiana ha stabilito che l'interruzione della gravidanza non è più un reato quando vi sia pericolo di vita per la madre, quando la gravidanza sia frutto di stupro o incesto e nei casi in cui vengano diagnosticati malformazioni fetali che rendano impossibile la vita al di fuori dell'utero.
Fino ad allora, la legge criminalizzava l'aborto in qualsiasi circostanza.
 
La storica sentenza è stata il risultato di una querela presentata dall’avvocato Mónica Roa, direttrice dei programmi dell'organizzazione Women's Link Worldwide, in Colombia.
 
Sebbene in Bolivia sia depenalizzato l'aborto in casi di stupro, questo non viene però normalmente denunciato e così le donne vittime di questo delitto, siano esse bambine o donne, si vedono obbligate a terminare le gravidanze.
 
Non c'era un solo caso di aborto depenalizzato dal codice penale nel 1999, né prima, quando era coperto in caso di stupro o per pericolo di vita per la madre.
 
In Guatemala, Argentina ed Uruguay, l'aborto è illegale, ma ci sono attenuanti delle pene quando la donna gravida corre rischio di vita e quando la gravidanza è frutto di una violenza.
 
Il disagio economico (aborto miserabile) e la lesione all’onore (aborto onorifico), sono ugualmente attenuanti per la legislazione uruguaiana. Nonostante ciò, raramente queste eccezioni si usano.
 
Ciò è dovuto principalmente all'articolo 328 del Codice Penale che non lo include e non lo regolamenta e per il fatto che non esistano meccanismi che facilitino la donna che desidera interrompere una gravidanza.
 
In Venezuela, dove ci sono attualmente intense mobilitazioni per la depenalizzazione dell'aborto, questo è condannato in tutte le sue forme, eccetto quando la madre rischia la vita.
 
Né la Costituzione promossa nel 1999 che segnò l'inizio del processo bolivariano, né il referendum del 2007, inclusero la richiesta dei movimenti delle donne: il diritto a decidere. Pertanto, il diritto penale resta in vigore dal 1915 e, né la gravidanza prodotta da uno stupro, né da incesto, può essere interrotta legalmente. Tuttavia, la tutela dell'onore maschile e femminile sono circostanze attenuanti.
 
Per la dott.ssa messicana Sandra Peniche, fondatrice e presidentessa dei Servizi Umanitari della Salute Sessuale e Riproduttiva, la criminalizzazione dell'aborto favorisce "solo gli interessi maschili, poiché chi realizza aborti di solito sono medici uomini e non conviene informare le donne sulla metodologia contraccettiva."
 
Rossina Guerriero, psicologa, coordinatrice di progetti del Centro di Promozione e Difesa dei Diritti Sessuali e Riproduttivi, Promsex, del Perù, pensa che "la penalizzazione è stata un totale fallimento per prevenire o evitare che le donne ricorrano ad un aborto (…) Le donne rischiano la loro salute, le loro vite e la loro integrità personale nonostante l'illegalità (intervista di SEMlac) .
 
In realtà, il maggior peso giuridico delle leggi criminalizzanti ricade sui medici che praticano l'aborto e non sulle donne che vi ricorrono. Altrimenti sarebbero milioni, quelle imprigionate ogni anno.
 
Accesso agli anticoncezionali
 
Nella maggior parte dei paesi di cui si parla nella presente relazione, il libero accesso alla contraccezione, compresa la contraccezione di emergenza o "pillola del giorno dopo”, è irregolare e insufficiente.
 
Frequentemente i progressi avvenuti , sono stati fermati o frenati dai cambiamenti di governo, dalle politiche dei ministeri di salute pubblica e dalle pressioni dei gruppi conservatori e religiosi.
 
Il Perù, per esempio, è considerato un paese a basso uso di metodi contraccettivi moderni.
 
Nel 2008 si stimò che il 48 % di donne usava qualche anticoncezionale, in confronto al 78 della Colombia, il 75 dell’ Uruguay, il 72 di Cuba e 70 % del Brasile ( Guerriero- SEMlac).
 
In Bolivia le cifre dell'ultima Inchiesta Nazionale di Demografia e Salute, ENDSA, indicano che l'uso di anticoncezionali moderni tra 2003 e 2008, si mantiene costante al 35 %, uguale alla percentuale in Guatemala e si rileva solo un aumento nell'uso prevalente dei "metodi naturali", come l'astinenza, che crescono dal 23 al 26% nello stesso periodo (intervista SEMlac a Ramiro Claure, direttore di Maria Stopes Internacional)
 
Una volta che l'Uruguay avrà regolamentato la legge di "Difesa del diritto alla salute sessuale e riproduttiva", tutti i centri di salute pubblici e privati dovranno proporre la gamma completa di metodi contraccettivi.
 
La dott.ssa dominicana Lilliam Fondeur è stata una tenace militante contro l'inclusione dell'attuale articolo 38 nella Costituzione della Colombia.
 
Autrice del libro ‘Le figlie di nessuno’, vi raccoglie le testimonianze di donne che si sono trovate in situazioni disperate per stupro, incesto ed anencefalia del feto.
 
L'anencefalia è un difetto del tubo neurale del sistema nervoso centrale del feto, che porta come conseguenza l'assenza di una parte importante del cervello, del cranio e del cuoio capelluto.
 
"Come medico, considero che interrompere una gravidanza sia parte del mio lavoro. Per l'immaginario sociale sul tema e per la clandestinità, non è mai un lavoro gradevole2 (intervista SEMlac) "Nel mio caso devo essere sicura di chi è la donna e chi la manda, affinché non mi ppossano scoprire i conservatori. Non posso negare che il tutto risulti più facile, se la donna ha denaro. Inoltre ritengo obbligatorio nella mia pratica, dopo avere interrotto una gravidanza, collocare una spirale”.
 
Tuttavia la realtà dimostra che un maggiore accesso alla contraccezione, non garantisce alle donne il pieno controllo della loro sessualità.
 
Questo è il caso della Bolivia, (intervista SEMlac alla psicologa Denise Ampuero) "Le donne non utilizzano la contraccezione perché i loro compagni non glieli permettono; le picchiano, le maltrattano, le trattano come pazze. E’ per questo che è del tutto inutile fare una campagna spettacolare affinché le donne conoscano gli anticoncezionali, se i loro compagni non glieli lasciano usare”.