www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 16-01-10 - n. 302

da Rebelion.org
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura di F.R. del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
“L’Europa è presente in tutti i conflitti maggiori avvenuti in Africa in epoca contemporanea”
 
Intervista a Antumi Toasijé, storico e rettore del Centro Studi Panafricani
 
di Kepa Arbizu -Lumpen
 
15/01/10
 
La storia dell’Africa è segnata dalla schiavitù e dalla colonizzazione. Al presente non va tanto meglio. Il continente soffre lo sfruttamento delle potenze occidentali. Nonostante sia la grande vergogna degli Stati del “primo mondo”, la sua situazione non è abbastanza nota. Antumi Toasijé, ci parla del continente africano e delle responsabilità, politiche e morali, dell’Occidente.
 
Una delle consuete critiche all’Europa e per esteso all’Occidente , è l’etnocentrismo culturale. In quali aspetti concreti si rende visibile questo “egocentrismo” rispetto all’Africa?
 
Tra Europa ed Africa esiste una tensione più o meno dichiarata fin dalla storia antica. Nella storia moderna e al presente non ci sono dubbi che, dati gli effetti dello schiavismo, dell’invasione coloniale e del neocolonialismo nei rapporti nord-sud , l’Europa e i suoi discendenti, principalmente in Nordamerica, si collocano in una posizione di superiorità economica, militare e politica, che si traduce in pretese di superiorità morale che condizionano tutto l’immaginario europeo ed africano. All’europeo s’insegna, in modo diretto e indiretto, fin dall’infanzia che lui è l’essere destinato a portare la luce al resto dei popoli della terra, visti come incapaci e ciò si traduce in ogni ambito di relazioni, compresi quelli che apparentemente sono più orizzontali e democratici, dove l’occidente finisce con l’imporre i suoi criteri, spesso aiutato dalle élite africane mentalmente sequestrate. Le faccio un esempio: non c’è nemmeno una Ong africana attiva in suolo europeo. Potrebbe esisterne qualcuna per risolvere dei problemi europei come l’abbandono degli anziani. Ma è immaginabile? No, perché si deve allo schema di superiorità-inferiorità fortemente radicato. Si tratta dell’evidente vittoria politica, economica e militare dell’Europa sul resto del mondo.
 
Negli ultimi ani la Cina si è aggiunta alla lotta per le risorse naturali africane. Gli USA hanno creato AFRICOM (Comando Africa degli Stati Uniti). Quali sono gli obiettivi reali di entrambi?
 
Vi sono serie differenze fra le politiche africane di Pechino e Washington. I governi cinesi fin dall’inizio non hanno cercato di condizionare la politica e si comportano in modo ben più benefico. Nei rapporti con l’Occidente, l’Africa “guadagnava” l’8%, ora con la Cina guadagna circa il 30%, perché la Cina investe in infrastrutture, strade, sanità, centri energetici e ci considera come potenziali consumatori, oltre che produttori di materie prime. 
Un altro aspetto è lo stile diplomatico. Si deve ricordare che la Cina in Africa ha una lunga storia, anche se attualmente l’impulso cinese è molto maggiore a causa della crescita asiatica. Pechino, evidentemente, non dimostra di voler dirigere i destini africani e quindi si tratta di un rapporto più equilibrato.
C’è una lunga esperienza sulla manipolazione della politica africana da parte occidentale con tristi effetti: guerre e massacri. AFRICOM è una recrudescenza di una vecchia scusa come il terrorismo per ricolonizzare militarmente i punti strategici di produzione petrolifera in Africa. L’influenza negativa cinese nell’attualità si manifesta nel rafforzamento dei regimi esistenti, dittatoriali o no, senza preoccupazioni per i diritti umani. Il caso del Sudan dimostra con chiarezza che la Cina appoggia il regime di Kartum, ma è anche vero che gli Stati Uniti, in modo irresponsabile ha fomentato i ribelli che occupano un territorio ricco di petrolio, quel petrolio che vogliono Cina e USA. Insomma, la Cina è molto meno dannosa perché meno intrusiva, si comporta in modo più accettabile, anche se nei media occidentali si insiste sul colonialismo cinese peggiore di quello già conosciuto, il che non inganna nessuno minimamente informato.
 
In seguito ad alcuni atti concreti, la questione della pesca recentemente è stata molto commentata. I trattati, gli accordi o le regole delle cosiddette “acque internazionali” in che condizioni lasciano i paesi africani?
 
Da molto tempo i paesi europei e il Giappone saccheggiano le risorse ittiche dei vivai africani. La Spagna ha un ruolo di primo piano nella rapina della pesca. Oltre al furto nelle acque dei paesi che sono o sono stati in guerra, come Sierra Leone, Liberia, Somalia, Angola e Mozambico, c’è la rapina nella piattaforma continentale di paesi che per i loro limiti di risorse nella vigilanza costiera o per la corruzione di quella esistente, sono totalmente indifesi davanti alla valanga di enormi pescherecci che usano tecniche proibite in Europa. I trattati internazionali hanno peggiorato la condizione dei paesi africani in modo paradossale, perché hanno lasciato tutta la responsabilità della vigilanza costiera ai paesi africani senza dar loro alcuna cooperazione tecnologica ed economica che permetta un’autentica difesa delle coste. Anche se tutti i pescatori e gli esperti sanno che la maggior parte della cattura mondiale avviene in acque continentali e territoriali, nei media si insiste con la bufala degli armatori che dichiarano di pescare in acque internazionali. In questo contesto, la cosiddetta pirateria degli ex pescatori è un effetto del crimine maggiore compiuto dall’Occidente e dal Giappone.
 
Si citano sempre le lotte tribali come esempio per dimostrare l’instabilità del continente africano. Ma fino a che punto in questi conflitti c’è la responsabilità dei paesi occidentali e dei loro interessi?
 
E’ curioso come il linguaggio e le percezioni etnocentriche europee condizionino le realtà politiche e le analisi. La maggioranza dei grandi conflitti avvenuti nel mondo hanno due componenti di base, uno etnico razziale, l’altro economico. Certo gli europei hanno difficoltà a chiamare le loro guerre “conflitti etnici”. Due esempi evidenti sono le cosiddette “Prima guerra mondiale”, nata da un conflitto etnico-territoriale nei Balcani, e la “Seconda guerra mondiale” nata dal conflitto etnico razziale e territoriale dei tedeschi contro gli altri europei e le loro minoranze etniche come gli ebrei askenaziti. L’ultimo conflitto europeo, nuovamente nei Balcani, ha di nuovo avuto chiari detonatori etnici, territoriali e pure religiosi. D’altra parte, a parte i terribili effetti e la virulenza dei conflitti africani, l’Africa è generalmente un continente pacifico se confrontato con l’Europa o l’Asia (che ora gode del periodo di pace più lungo della sua storia) dato che solo nel ventesimo secolo entrambi i continenti, da soli, hanno avuto più vittime di tutte quelle della storia africana. Inoltre, è noto che l’Europa è presente in ogni conflitto africano in epoca contemporanea, cominciando da quelli avvenuti nella regione dei grandi laghi. Ciononostante, noi panafricani inorridiamo alla vista di quanto sia facile manipolare le nostre popolazioni data l’irresponsabilità di certi leader africani e dei livelli impensabili di crudeltà cui possono arrivare i combattenti.
 
Che ne pensa della Corte Penale Internazionale e più concretamente del fatto che si sia dedicata in modo quasi esclusivo alle questioni africane? E’ fattibile l’idea di una Giustizia Universale per giudicare le multinazionali e le conseguenze che provocano?
 
I tribunali internazionali, interessanti a priori, si sono trasformati in uno strumento in mano alle grandi potenze per consolidare la loro egemonia. Certo avrebbero dovuto essere processati da un tribunale internazionale i dirigenti di varie nazioni d’Europa e degli Stati Uniti. Ma questo non capiterà, il che ci da un’idea dell’utilità e delle funzioni di tali tribunali. L’unico occidentale di peso processato, Milošević, lo è stato perché caduto in disgrazia. E’ giusto perseguire Charles Taylor, ma perché non farlo con la compagnia di diamanti De Beers? Va bene processare Thomas Lubanga, ma perché non farlo con le compagnie che fanno profitti attraverso il coltan? Oltre ai dirigenti implicati in conflitti e crimini di lesa umanità si dovrebbe fare uno sforzo per processare gli istigatori e gli agenti commerciali delle multinazionali che hanno grossi profitti grazie al caos pianificato. 
Ma questo sforzo non ci sarà fino a quando l’Europa e i suoi discendenti deterranno il monopolio sull’autorità morale e giuridica nel mondo. Quindi, pur essendo un’idea interessante sul piano del principio, la giustizia internazionale e i suoi strumenti come la Corte Penale Internazionale stanno subendo le stesse sconfitte cui sono destinate le iniziative globali che finiscono col rafforzare i forti e garantire l’impunità delle grandi corporazioni.
 
L’Europa si erge a difensore della libertà e dell’uguaglianza. Che pensa delle leggi migratorie varate in questo continente?
 
L’Europa dimostra di non avere una visione storica costruendo muri e barriere alla libera circolazione nel mondo. Le popolazioni storicamente si sono mosse in direzione delle risorse; posto che il nord si capitalizza per lo sfruttamento del sud, è nomale che le popolazioni si muovano in questa direzione. Si pone una barriera, e il conflitto è servito. Roma e Cina sono cadute proprio dopo aver costruito le loro grandi muraglie, la pressione che richiede la chiusura totale è tale che subito scatta la violenza. Il libero movimento internazionale è un diritto riconosciuto dai paesi occidentali, ma la loro ipocrisia subito stabilisce una scala, dove solo i ricchi possono circolare, mentre i poveri devono morire nel deserto o in mare aperto.
 
Sul fenomeno Obama che opinione ha?
 
Penso che Obama abbia molte più difficoltà del previsto e faccia i conti con una struttura molto rigida. Cambiare la politica economica internazionale degli USA equivale ad un suicidio dato che l’impero si basa essenzialmente sull’oppressione e la capitalizzazione asimmetrica, e proprio l’Africa è stata una vittima di questo sistema di sfruttamento. Per fare un esempio, la falsa democratizzazione della Guinea Equatoriale è appoggiata da agenti nordamericani che assistono il dittatore guineano sulle pratiche di frode elettorale. Fare il contrario significherebbe perdere i vantaggi acquisiti dalle aziende nordamericane nei sostanziosi contratti petroliferi, peggiorando la già grave situazione finanziaria. Credo che Obama stia prendendo coscienza di tutte queste difficoltà e non ho molte speranze sul suo primo mandato. Invece, nel secondo mandato (e se nel frattempo gli USA riuscissero ad assestare la loro situazione economica) avrebbe l’opportunità di spingere verso un progetto di rapporti con l’Africa più sincero e meno condizionato dell’attuale, producendo rapporti più equilibrati e la diminuzione delle sofferenze africane prodotte dalle ingerenze statunitensi.
 
 

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