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- osservatorio - mondo - politica e società - 24-05-12 - n. 411
da Zoltan Zigedy Blog - zzs-blg.blogspot.it/2012/05/human-rights-gone-wild.html
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Diritti umani?
13/05/2012
Bisogna ammirare il bizzarro circo mediatico scatenato dal racconto demenziale dell'"attivista dei diritti umani" Chen Guangcheng. La saga di Chen ha un inizio fantastico, si è evoluta in modo strambo e procede nel diverbio ipocrita tra repubblicani e democratici su chi è il vero amico dei diritti umani.
I resoconti dei media sono vaghi su cosa abbia fatto Chen per guadagnare il manto di "avvocato dei diritti umani". Alcuni indicano la sua opposizione diversi anni fa alla campagna nella Repubblica Popolare Cinese di limitare la crescita della popolazione sollecitando le famiglie ad avere un solo figlio. Tutti i reportage concordano sul fatto che Chen è stato condannato e ha scontato quattro anni in carcere ed è successivamente stato ai domiciliari fino alla notte del 22 aprile.
In quella notte, secondo i resoconti degli amici di Chen, ripresi poi dai funzionari degli Stati Uniti, Chen è fuggito dalla sua detenzione, ha scavalcato almeno otto muri, ha girato per una ventina di ore fino a quando non ha incontrato un altro dissidente che lo ha accompagnato in macchina per un lungo tragitto all'appuntamento con dei funzionari dell'ambasciata statunitense a Pechino. Questa impresa è tanto più notevole perché i media riferiscono che Chen è cieco. Le agenzie di stampa degli Stati Uniti hanno comunque salutato questa sua impresa senza incredulità. Né hanno suggerito un qualche collegamento tra la "fuga", il conseguente furore e le trattative ad alto livello tra gli USA e la Repubblica Popolare Cinese (RPC) che dovevano iniziare 10 giorni dopo. Per i media creduloni e spensierati statunitensi queste coincidenze erano mera casualità.
Dopo il suo arrivo in ambasciata, regnava la confusione. Nessuno riusciva a capire cosa voleva Chen, compresi i funzionari dell'ambasciata. Secondo il Wall Street Journal, i funzionari americani lo trovarono "raccolto in sé stesso" e dissero di avere "la sensazione che Chen stava ingiustamente criticando gli Stati Uniti". Quello che era iniziato come un'altra opportunità per dimostrare l'insensibilità della RPC nei confronti dei diritti umani si stava rapidamente dissolvendo in un fiasco.
A più riprese Chen ha insistito per parlare al telefono con il Premier Wen della RPC, con il Segretario di Stato Hilary Clinton e con i deputati Chris Smith e Nancy Pelosi negli Stati Uniti. Il personale dell'ambasciata degli Stati Uniti ha passato diversi giorni chiacchierando con Chen sui suoi desideri. In questi giorni, Chen ha telefonato ad amici nella RPC e negli Stati Uniti per parlare con loro delle sue alternative. I funzionari della RPC hanno continuato a dialogare in modo tranquillo con l'Ambasciata, senza dubbio divertiti dalla crescente impazienza dei funzionari statunitensi.
Dopo sei giorni, i funzionari statunitensi credevano di aver individuato le intenzioni di Chen. Voleva rimanere nella RPC, ma pretendeva di essere ammesso alla facoltà di legge nella sua provincia natale. Nonostante la sua mancanza di istruzione formale, i funzionari della RPC hanno subito accettato la richiesta. Ma non è finita: Chen voleva prima incontrare la sua famiglia. Anche questa volta i funzionari hanno accettato la richiesta e messa la famiglia a bordo di un treno veloce l'hanno portata a Pechino in tutta fretta.
Pensando che "l'incidente" fosse stato risolto, i funzionari dell'ambasciata hanno accompagnato Chen in un ospedale di Pechino per curare le lievi ferite. Durante la notte, Chen ha di nuovo cambiato idea e ha chiesto di essere trasferito negli Stati Uniti per poter accettare un posto di borsista offertogli da Jerome Cohen della New York University. Chen ha cominciato a descrivere in modo assai vago minacce che avrebbe ricevuto da parte delle autorità della RPC, ma negate dai funzionari dell'ambasciata. Alla fine, la lotta per i "diritti umani" di Chen è stata coronata da una conversazione in viva voce con la Camera dei Rappresentanti statunitense, nel corso della quale Chen ha sorpreso i deputati con la rivelazione del suo prossimo viaggio negli Stati Uniti. A proposito, Chen ha successivamente annunciato che si riservava il diritto di tornare in Cina, quando il suo progetto di ricerca negli USA fosse finito. Diritti umani proprio!
Traiamo una lezione ovvia dell'episodio di Chen, e cioè che esiste un modo, se si sta scontando una pena perché colpevoli di un reato, per estorcere una laurea in giurisprudenza o un viaggio all'estero a patto di giocare le carte con astuzia, anche se non consiglio a nessuno di tentare negli Stati Uniti.
Ma la lezione più importante è per i tanti gruppi negli Stati Uniti e in Europa che difendono i diritti umani. La loro disponibilità di far proprie "cause" che coincidono con gli interessi delle loro rispettive classi dirigenti getta un'ombra sul loro operato. L'osservatore critico non può fare a meno di notare la sovrapposizione di molte campagne per i diritti umani con gli obiettivi della politica estera degli Stati Uniti e i loro alleati della NATO.
E' una vecchia storia, risalente agli anni della Guerra Fredda, connotata dalla spiccata tendenza dei gruppi più importanti impegnati per la tutela dei diritti umani di trovare violazioni nell'Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est, ma inspiegabilmente distratti davanti le nefandezze dell'anti-comunismo negli Stati Uniti. Dopo gli accordi di Helsinki del 1975, la clausola sui diritti umani è diventata un punto fermo della politica estera europea e statunitense. Sono stati dirottati milioni di dollari verso le organizzazioni occidentali per i diritti umani e le ONG e queste hanno abbandonato l'obiettività per poter ricevere denaro. Aumentava la pressione per garantire diritti umani nei paesi socialisti, mentre c'era sempre meno interesse per le violazioni dei diritte umani in Occidente. Naturalmente alcuni gruppi e attivisti erano solo degli sprovveduti, che ereditavano la cecità davanti alla repressione e l'oppressione nel ben amato giardino di casa, mentre mantenevano una diffidenza sciovinista verso i fatti diversi o stranieri; l'ignoranza culturale e la mancanza di rispetto delle differenze hanno da sempre esacerbato gli errori degli attivisti per i diritti umani. E gli imperialisti hanno subito sfruttato queste debolezze.
Nella storia recente l'irresponsabilità degli attivisti per i diritti umani ha contribuito allo smembramento della Jugoslavia e alla demonizzazione dei paesi in cerca di un percorso indipendente da quello scelto dagli Stati Uniti e dai loro alleati: paesi come Cuba, la Repubblica Democratica Popolare di Corea, la Repubblica Popolare Cinese (RPC), il Venezuela, l'Iran, la Libia e la Siria. Alcuni gruppi sembrano aver dimenticato gli altri nove punti degli accordi di Helsinki.
Questa istituzionalizzazione delle organizzazioni per i diritti umani, insieme alla loro penetrazione da parte di agenzie governative, mette in dubbio la loro credibilità. L'oscena campagna contro la Libia ha provocato morti tra i civili e ha portato al potere un regime brutale di banditi e razzisti. E l'attuale campagna contro il governo siriano favorisce attentati da parte degli avversari e una grande perdita di vite civili. Sicuramente alcuni sostenitori dei diritti umani dovrebbero renderci conto del loro operato.
Come scrive il Columbia Journalism Review, in un recente articolo del giornalista Mike Daisey, il numero degli abusi sul posto di lavoro nella RPC è stato gonfiato a dismisura dopo un documentario sul programma televisivo "This American Life" (canale che dimostra scarsissimo interesse per gli abusi sul posto di lavoro negli Stati Uniti). Al programma tv, seguirono 888.000 download e Change.org, il sito che dirama sistematicamente petizioni on-line, ha ottenuto 256.425 firme contro questi presunti abusi.
Ma il reportage di Daisey era fraudolento, pieno di inesattezze e accuse spurie e di conseguenza è stato ritrattato da "This American Life". Eppure, solo 486 persone hanno firmato per sollecitare il ritiro della petizione circolata su Change.org. Il danno è stato fatto. La macchia rimane.
Ci meritiamo migliori difensori dei diritti umani: meno servilismo e credulità, maggiore responsabilità e serietà.
Zoltan Zigedy
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