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Esiste ancora il colonialismo nelle carte geografiche?

Alexis Schlachter | granma.cu
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

09/06/2014

Sembra un scherzo ma, disgraziatamente, nell'attuale terzo millennio dell'Umanità risulta essere una verità che ferisce i sentimenti.

Il colonialismo sembrerebbe cosa del passato.

E lo è in un certo senso: il decennio degli anni 60 del secolo XX segnò in particolar modo il principio del suo declino con la liberazione di numerosi popoli che poterono accedere all'indipendenza formale, in Africa e in America. Conseguenze? Molte. La povertà, lo scarso o nullo sviluppo industriale, l'analfabetismo, le malattie... tutto questo è noto a qualsiasi persona del terzo millennio.

Quello che non è tanto noto invece, è che esiste un versante dove è sopravvissuta fino ai nostri giorni, in maniera silenziosa, quasi inavvertita, una drammatica storia di espropiazione coloniale dei toponimi, sulle mappe di tutto il pianeta. Lo immaginate?

Ve lo dimostro con alcuni esempi per nulla irrilevanti.

Quale è la più alta montagna della Terra? In qualunque dizionario, enciclopedia o libro di Geografia appare unanime un solo nome: il monte Everest con 8.484 metri di altezza. Difficilmente appare menzionato il nome originale che ebbe per secoli: Chomolungma o dea madre, in lingua tibetana. La maestosa elevazione condivisa dal Nepal e dalla regione amministrativa cinese del Tibet, fu conosciuta così per secoli fino a che il britannico George Everest, direttore tra il 1830-1843 della Gran Misurazione Trigonometrica dell'India registrò, per la prima volta, la posizione della maestosa elevazione e la sua altezza esatta. Ma il fatto, rilevante dal punto di vista scientifico, si riferisce alla misurazione della montagna Chomolungma ed è stato soltanto nel 1857 che il colonialismo britannico decise di sostituire i nomi e impose quello di Everest per onorare uno dei suoi figli.

Dal punto di vista geografico e anche etico... con quali diritti, se non la forza e il potere, imposero Everest come nome ufficiale della più grande montagna terrestre cancellando la memoria del toponimo originale? Non dimentichiamo che la povertà dei tibetani e dei nepalesi ha reso impossibile che in quell'epoca questi facessero le proprie mappe e le diffondessero per il globo, al contrario della Gran Bretagna.

Senza uscire da questo contesto storico ricordiamo la prima ascesa dell'uomo sull'Everest (o meglio ancora, al Chomolungma). Di nuovo dizionari, enciclopedie e libri di testo segnalano la spedizione britannica capeggiata dal colonello John Hunt col neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa o guida nepalese Tenzing Norkay. Il 29 maggio del 1953 conquistarono la cima... ma chi era realmente davanti?, chi arrivò lì per primo? Evidentemente la guida nepalese che era in testa nella difficile ascesa... ma la gloria l'assunsero gli altri.

Hillary ottenne il titolo nobiliare di sir, mentre Hunt quello di barone.

E lo sherpa? Bene, grazie...

Spostiamo lo sguardo ad un altro punto della geografia, questa volta in Africa. Si tratta del famoso Lago Victoria, secondo di acqua dolce nel mondo dopo il Lago Superiore nel nord America. Il suo vero nome si perde tra le differenti lingue parlate dalll'Uganda, Kenya e Tanzania, paesi che costeggiano la sua geografia. "Scoperto" dall'esploratore britannico John Hanning Speke nell'anno 1858 - le virgolette per non dimenticare che gli africani conoscevano il posto da molto prima - credette di arrivare alla fonte principale del fiume Nilo e battezzò il lago col nome della sua sovrana.

Non si preoccupò Speke di raccogliere informazioni circa il nome più diffuso nella zona per designare il lago. E così Victoria è il nome rimasto nelle mappe per designare un lago che, senza dubbio, aveva un'altra denominazione autoctona, oggi smarrita dalla cultura e nelle storie africane per opera e a causa della mentalità coloniale. E ancora due paesi: Zimbabwe e Zambia che per quasi un secolo
non hanno avuto il loro toponimo sulle mappe, bensì quelli di un noto e ricco finanziere britannico che aiutò a espandere il potere coloniale del suo paese: Cecil John Rhodes. Così comparvero e rimasero sulle cartine, Rhodesia del Sud e Rhodesia del Nord, rispettivamente, fino al secolo scorso.

Senza uscire dalle frontiere africane troviamo nelle mappe attuali il lago chiamato Alberto, nome che gli impose il britannico Samuel Baker nel 1864 in onore di Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, principe consorte della regina Victoria I: è la frontiera attuale tra Uganda e Repubblica Democratica del Congo.

Il nome originale del lago? Sconosciuto nelle mappe attuali.

La capitale della Liberia, ancora in Africa, venne fondata nel 1822 dalla Società di Colonizzazione Americana, con il nome di Monrovia, in onore del presidente statunitense James Monroe, senza tenere in conto dell'opinione degli schiavi affrancati che l'abitarono originalmente. Non per niente la bandiera liberiana è quasi copia fedele di quella degli Stati Uniti d'America.

E che cosa dire del continente chiamato America? Ha qualche relazione questo nome con qualche popolo della regione? In modo assoluto: no.

È per opera e grazie a un italiano, Amerigo Vespucci, e del cartografo tedesco Martín Waldseemüller. Il primo realizzò viaggi nel continente tra il 1499 e il 1502 e annunciò la scoperta geografica in cinque mappe che impressionarono molto la sua epoca. Tanto che il tedesco Waldseemüller decise in una Introduzione alla versione latina della Geografia del famoso greco Tolomeo, di nominare America quella nuova porzione del pianeta in onore del fiorentino. E l'iniziativa influenzò la decisione di molti cartografi che imitarono il nome e lo moltiplicarono in milioni di mappe. Siamo dunque abitanti di un continente chiamato America per opera e grazie a due europei. In fondo, una forma velata, silenziosa, di mentalità coloniale occultata nella Geografia.

È probabile che nel mondo della globalizzazione, della solidarietà e della giustizia sociale, in un futuro non necessariamente lontano, le mappe di oggi acquisiranno nuovamente nomi omessi, ma non dimenticati completamente. Il secolo XXI dirà così addio definitivamente al colonialismo nelle mappe del pianeta.


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