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Un mondo sempre più ineguale

Tarik Bouafia | michelcollon.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/01/2016

Victor Hugo scrisse: "È dell'inferno dei poveri che è fatto il paradiso dei ricchi". Questa agghiacciante osservazione dell'autore de "I miserabili" ha più di un secolo ma è più attuale che mai. Sempre più persone si trovano ad affrontare la precarietà, la disoccupazione, la povertà, l'esclusione, mentre l'elite mondiale dei super-ricchi non conosce crisi, anzi ne approfitta per arricchirsi.

Un rapporto allarmante

L'organizzazione non governativa (Ong) Oxfam ha pubblicato questa settimana un rapporto sullo stato della disuguaglianza nel mondo. Tanto vale dire subito che i ricchi non sono mai stati così bene come oggi. Le cifre sono da capogiro. In effetti, l'Ong prevede che nel 2016, il famoso 1% più ricco possiederà più della metà della ricchezza mondiale. Il restante 99% dovrà condividere il resto della torta. Gli 80 maggiori patrimoni del pianeta detengono tanta ricchezza quanta posseduta da 3,5 miliardi dei più poveri. Ogni individuo di questa élite possiede personalmente oltre $ 2,7 milioni. Disuguaglianze che nel corso degli anni continuano ad allargarsi. Nel 2010, l'1% possedeva il 44% della ricchezza globale contro il 56% del resto; nel 2020, si stima che la quota di ricchezza dell'1% raggiungerà il 52,5%.

Inoltre, secondo uno studio della banca svizzera UBS, in collaborazione con la società di ricerca di Singapore Wealth X, il numero dei miliardari nel mondo è aumentato nel 2014 a 2.235, vale a dire con un incremento del 7% rispetto al 2013. La crisi economica del 2008 non ha colpito l'elite mondiale, anzi. Mentre milioni di persone sono state messe sul lastrico, licenziate dal lavoro dopo anni di servizio, mentre milioni di europei e statunitensi sono improvvisamente affondati nella povertà e nell'insicurezza e i paesi del Sud soffrivano carestie sempre più devastanti, l'élite capitalista globale gonfiava i suoi conti bancari. Questa ennesima crisi del capitalismo ha ancora una volta messo a nudo questo sistema ingiusto e crudele. E nessun paese OCSE è stato risparmiato da questa deriva disegualitaria.

In Francia, ad esempio, mentre i grandi padroni e gli azionisti si ingozzavano di dividendi, stock option e pensioni d'oro, la massa della popolazione riceveva e continua a ricevere le sferzate di questo sistema basato sull'iper-profitto di alcuni e sullo sfruttamento di molti. Le statistiche sono lì a dimostrarlo. Mentre, in tutta la sua storia, la Francia non è mai stata così ricca, si contano più di 140.000 persone senza casa. Secondo l'Insee [Institut national de la statistique et des études économiques], il tasso di povertà che nel 2004 era del 12,6%, ha superato nel 2012 il 14%. Inoltre, ci sono più di 3,5 milioni di persone che ricorrono ad aiuti alimentari e 3,8 milioni di persone che ricevono minimi sociali. E i ricchi in tutto questo? Non preoccupiamoci per loro: se la cavano molto bene! L'Europa è in recessione, ma per contro la crescita dei miliardari, è sconvolgente. In effetti secondo la rivista Challenges erano 55 nel 2013 e 12 in più nel 2014. Anche i loro patrimoni se la cavano egregiamente con una crescita annua del 15%, raggiungendo i 390 miliardi di euro. Poi vengono a raccontarci che lo Stato è in rovina e non ha più soldi per i servizi pubblici.

Negli Stati Uniti, paese del re denaro, la situazione è ancora più inquietante: il 22% della quota di ricchezza nazionale è detenuta da appena lo 0,1% della popolazione, mentre nel 1970 questa oligarchia possedeva "solo" il 7%.

I 75.000 individui più ricchi posseggono, tenetevi, 10.265 miliardi di dollari, cioè oltre i due terzi del PIL del paese. Negli ultimi mesi, tutti i media incensano l'economia degli Stati Uniti che segna un tasso di crescita del 3-4%. Ma la crescita economica non fa rima con la riduzione delle disuguaglianze. Questa crescita è infatti accaparrata dai più ricchi. Inoltre, le classi lavoratrici non raccolgono i frutti di questa crescita. Lo stipendio medio ristagna o regredisce e ha recuperato un livello solo appena superiore a quello del… 1964. Il salario minimo rimane fermo a un misero 7,25 dollari l'ora nonostante le numerose proteste da parte dei lavoratori, in particolare quelli delle catene dei fast-food che chiedono aumenti salariali.

Un problema eminentemente strutturale: lo Stato al servizio dei ricchi

Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati hanno svolto un ruolo di primo piano nel condurre l'economia permettendo alle potenze occidentali di registrare tassi di crescita annui prossimi al 10%. Lo Stato si poneva allora come arbitro dei conflitti di classe tra capitale e lavoro e vigilava affinché le disuguaglianze non esplodessero. Questi tassi di crescita hanno consentito lo sviluppo di servizi pubblici efficienti in materia di sanità, istruzione, trasporti, energia. Tuttavia, nonostante i progressi sociali dovuti in particolare al favorevole equilibrio di forze intrattenuto da sindacati e partiti comunisti con le borghesie nazionali, i rapporti economici, sociali, politici e culturali non sono stati modificati. E il dominio capitalista si è statalizzato. È per questo che si parla di "capitalismo di Stato" per definire questo periodo dei " gloriosi trent'anni". Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che la prosperità che hanno conosciuto i paesi capitalisti occidentali dopo la seconda guerra mondiale è stata condotta sulle spalle dei popoli del Sud del mondo. Il colonialismo, l'imperialismo, il saccheggio delle risorse naturali, l'imposizione da parte del "Nord" di "odiosi" debiti...

La ricchezza di alcuni ha provocato la miseria degli altri, proprio come oggi. Poi tutto cominciò a tremare con la svolta neoliberista introdotta negli Stati Uniti da Ronald Reagan e in Inghilterra da Margaret Thatcher, prima di diffondersi nel resto del mondo occidentale e infine, in tutto il mondo. Il neoliberalismo si caratterizza per l'apertura di nuovi settori alla legge del mercato, aumentando la finanziarizzazione dell'economia e soprattutto per un ritiro significativo dello Stato dalla gestione dell'economia. Questo disimpegno è una delle principali cause di questo aumento della disuguaglianza. Prendiamo alcuni esempi molto concreti: per quasi 30 anni, un tormentone ha assillato le orecchie dei cittadini europei. La famosa musica del "debito": "Il debito sta esplodendo!"; "Lo stato non ha più i mezzi"; "Bisogna far dimagrire l'elefante"; lo "Stato è obeso". I principali leader politici, economisti ed "esperti", giornalisti, editorialisti... hanno imparato il ritornello a memoria e lo cantano splendidamente. Così ci viene ripetuto continuamente che lo "stato ha speso troppo" (per i servizi pubblici), che lo "stato vive al di sopra dei propri mezzi" e dovrebbe quindi ridurre le spese sociali per salute, educazione, ammortizzatori sociali... Poi ci viene detto che bisogna privatizzare le imprese statali e dare più profitti alle imprese, ridurre le tasse ai più ricchi... In breve, dobbiamo liberalizzare radicalmente la nostra economia. Per inciso, la parola "radicale" non è connotata allo stesso modo quando si tratta di sostenere un radicalismo di "sinistra" o un radicalismo di "destra".

Nel vocabolario del nobile pensiero, il primo ha una connotazione negativa mentre il secondo positiva. Quindi, dobbiamo "stringere la cinghia". Ma quando si guardano le cifre più da vicino, a sorpresa, la realtà si rivela diversa. Secondo un rapporto Collettivo Cittadino del debito (CAC), il 59% del debito francese è semplicemente illegittimo. Perché? Perché questo debito non è il risultato di un prestito contratto dal governo francese per finanziare l'economia e così servire l'interesse pubblico. No! Questo debito è dovuto a una politica estremamente vantaggiosa per i ricchi. In altre parole, lo Stato si è volontariamente privato di entrate fiscali per andare incontro alla classe più agiata. Scappatoie fiscali, "scudi fiscali" (600 milioni di euro regalati ai più ricchi), esenzioni e sgravi fiscali per le famiglie più ricche e le grandi imprese come Total (che non pagano un centesimo di imposta in Francia)... Tante di quelle concessioni fiscali che hanno svuotato le casse dello Stato.

Così, la quota del PIL relativa al gettito si è ridotta di 5 punti, dal 22% degli anni 1980, è passata al 17% negli ultimi tre anni. E la spesa pubblica, è veramente esplosa come piace ripetere ai predicatori neoliberisti? Bene, ancora una volta, il sistema dei media ha mentito. La spesa pubblica è diminuita in percentuale sul prodotto interno lordo (PIL) da una media del 22,7% nel 1980 al 20,7%. Abbiamo qui un tipico esempio di politiche economiche che hanno favorito l'aumento delle disuguaglianze. Lo Stato ha creato artificiosamente le condizioni per la nascita di una forte disuguaglianza tra i più ricchi e il resto della società. Eppure i messaggeri del sacro verbo liberale ci avevano assicurato che la politica a favore dei ricchi avrebbe beneficiato la popolazione. Risultato? La Francia sperimenta una disoccupazione di massa che colpisce più di 5 milioni di persone e il numero di lavoratori poveri è in aumento. Nonostante questo amaro fallimento, i servitori politici al servizio della classe dominante, perseverano.

C'è un altro esempio molto concreto che mostra come lo Stato contribuisca ad aumentare le disuguaglianze. E' il caso dell'Inghilterra. Il patronato, sia francese, tedesco, spagnolo, appoggiato dai media e dai dirigenti politici non perde mai l'occasione per denunciare l'"assistenzialismo" e gli "assistiti" altrimenti noti come disoccupati, beneficiari di prestazioni, a volte studenti o pensionati. Quelle persone, ci viene detto, "approfittano del sistema", vivono sulle "spalle della società"... Davvero, queste persone sono realmente assistite dal sistema? Non sono forse al contrario le prime vittime di questa società ingiusta e diseguale? Mettiamo le cose a posto e facciamo ordine in tutta questa confusione gestita dall'oligarchia al potere. Gli "assistiti" veri, sono i ricchi, le grandi imprese, le grandi fortune, quelli che vivono grazie allo Stato, lo Stato "predatore" che denunciano se interviene nell'economia e che adorano se salva le banche. In Inghilterra, dunque, lo stato investe in infrastrutture che non avvantaggiano le persone, ma il settore privato. Inedita la situazione del settore ferroviario: dacché la rete è stata privatizzata nel 1993, la spesa pubblica è aumentata di sei volte! La rete è privatizzata, ma lo Stato continua a pagare le spese di manutenzione perché le aziende private non vi investono a sufficienza. Tra il 2007 e il 2011, le cinque principali ferrovie hanno ricevuto 3 miliardi di sterline dallo Stato. Questo è quello che viene comunemente chiamato essere "tosati".

Un ultimo esempio: lo Stato esenta ogni anno di 88 milioni di lire sterline le famiglie che mandano i loro figli nelle scuole private. Siccome queste scuole sono riservate ai più ricchi, sono le famiglie benestanti che beneficiano della generosità dello Stato inglese. Nel contempo, il governo ultra-liberale di David Cameron ha deciso di ridurre gli ammortizzatori sociali concessi ai disoccupati e ai lavoratori. Superano i 3,4 milioni, le persone che vivono con un salario di sussistenza di 7,20 all'ora. Le risorse stanziate per gli alloggi, la salute sono diminuite sensibilmente. Questa situazione in cui lo Stato garantisce la prosperità per i ricchi e dimentica il resto della società è, per dirla con le parole di Owen Jones: "Socialismo per i ricchi, capitalismo per gli altri".

Cosa dire poi del grave fenomeno dell'evasione fiscale? Anche in questo caso, gli Stati fanno finta di non vedere. Eppure sarebbero in grado di individuare e punire quelli che portano i loro soldi nei paradisi fiscali. La Francia stima che l'evasione fiscale rappresenta un costo di circa $ 60 miliardi all'anno. Sarebbero tra gli 80 e i 100 miliardi di euro in Spagna, senza contare i 40 miliardi deviati nella corruzione. In totale, oltre 1.000 miliardi di euro s'involano verso paesi esterni all'UE.

I governi occidentali hanno trovato la soluzione per aiutare i poveri, con lo sviluppo della filantropia e della beneficenza. Eludendo il compito di servire l'interesse generale, lo Stato delega queste funzioni ai miliardari come Bill Gates, per esempio. Salute, scuola, alimentazione: questi benefattori dell'umanità si prendono cura dei poveri. I capi di Stato si riservano le funzioni di amministrare la sicurezza e la giustizia e lasciano che la "mano invisibile" del mercato a regoli l'economia.

Chiediamo allo Stato di intervenire sempre meno nella sfera economica, contandoci solo nel caso in cui si tratti di salvare banche dal fallimento o sguinzagliare l'apparato repressivo per uccidere giovani manifestanti pacifici... L'esordio della carità, mira anche a legittimare la ricchezza dei ricchi, rendendoli indispensabili. Ecco come la società in cui viviamo si allontana dalla sue responsabilità sociali ed economiche per far emergere la figura del ricco-salvatore mentre è il vero responsabile dei mali delle nostre economie.

Globalizzazione e disuguaglianze crescenti

Non si può evocare il tema della disuguaglianza senza puntare il dito contro la globalizzazione, questa globalizzazione selvaggia che crea un divario sempre più abissale tra i paesi altamente sviluppati e i paesi più poveri. Prendiamo due esempi che evidenziano la fabbricazione economica, sociale e geografica delle disuguaglianze. In primo luogo, le delocalizzazioni. Servono per trasferire le attività produttive in paesi in cui il prezzo della manodopera è più basso e dove le materie prime sono più economiche... Queste delocalizzazioni hanno certamente portato lavoro nei paesi coinvolti, ma per quale salario? Salari miserabili: ecco la verità. Nel frattempo, le multinazionali hanno moltiplicato i profitti... L'esempio più famoso è quello delle maquiladoras in Messico.

Queste fabbriche vicino al confine degli Stati Uniti producono giorno e notte jeans per i marchi Levis, GAP... Un pantalone può costare alla fabbrica $ 10,4, per pagare il lavoratore e per le materie prime. Appena fuori dalla fabbrica, verrà esportato negli Stati Uniti per essere venduto nei negozi di New York o Miami a 70, 80, 90 dollari. Lo sfruttamento delle lavoratrici (in queste fabbriche lavorano quasi solo donne. ndt) permette al padrone di ricavare un margine sostanziale e quindi di accrescere rapidamente la sua ricchezza, mentre la lavoratrice, non avrà abbastanza soldi per soddisfare i bisogni più elementari. Ecco come si crea la disuguaglianza tra il padrone e il lavoratore. L'esaurimento del secondo determina l'arricchimento del primo. E non dobbiamo dimenticare i lavoratori licenziati nel paese d'origine quando l'impianto è stato spostato all'estero. Si trovano disoccupati, mentre il loro ex datore di lavoro si è arricchito. Quest'ultimo si unisce dolcemente all'1% mentre gli altri scivola sicuramente scorrevole verso il 99%.

Secondo esempio, le politiche agricole messe in atto negli Stati Uniti e in Europa, come ad esempio la politica agricola comune in vigore in Europa. Quest'ultima sovvenziona la produzione agricola, ma non solo. Sovvenziona anche le esportazioni. Una politica che non manca di creare disastri economici e umani. Infatti, prendiamo un contadino spagnolo che riceve sussidi per esportare i suoi polli in Senegal. Dato che riceve aiuti da parte dell'Unione europea, può permettersi di abbassare il prezzo del pollo per essere più competitivo sul mercato locale. Tuttavia, il contadino senegalese, che non ha ricevuto alcuna sovvenzione, non può permettersi di abbassare il prezzo del suo prodotto. Ma per i consumatori con scarsa capacità di acquisto, è più economico comprare il pollo europeo, più conveniente. Conseguenza: il contadino africano non vende più, è fuggito in città per trovare lavoro e come nella maggior parte dei casi non lo trova, ha quindi deciso di prendere la via dell'emigrazione per venire, qualche volta, a morire nel Mediterraneo. Questo è un altro esempio di come il Nord cerca di mantenere alcuni paesi del Sud sottomessi e dominati. Politiche ingiuste e inique provocano gravi conseguenze e sono responsabili delle crescenti disuguaglianze tra Nord e Sud.

Guai al Sud se osa crescere in modo indipendente…

Nel suo famoso libro, Imperialismo, fase suprema del capitalismo, Lenin dimostra come il capitalismo, desideroso di nuovi territori, nuovi spazi, nuove risorse per svilupparsi e vendere le sue merci tende, attraverso l'esportazione di capitali, a conquistare nuove terre e nuovi mercati. La storia del capitalismo è strettamente legata al colonialismo e all'imperialismo. In effetti, sono le risorse naturali dell'America, dell'Africa e dell'Asia che hanno permesso al capitalismo di emergere, quella che Marx chiamava "accumulazione originaria". Sono passati secoli, le colonie hanno ottenuto l'indipendenza, ma l'imperialismo è ben lungi dall'essere scomparso. Le disparità, le disuguaglianze tra Nord e Sud sono la conseguenza di secoli di sfruttamento e saccheggio.

Le disuguaglianze rimangono notevoli a causa dell'eredità del passato, ma anche perché alcuni paesi sono ormai diventati neo-colonie. Certamente non sono occupati militarmente ma l'economia beneficia la borghesia del paese specifico e la borghesia del Nord. Queste disuguaglianze sono il frutto del saccheggio delle risorse naturali e di accordi di libero scambio estremamente sfavorevoli ai paesi del Sud, come il NAFTA tra Canada, Stati Uniti e Messico. Questa ricerca di risorse naturali ed energetiche sono essenziali per garantire la sopravvivenza delle grandi potenze. È per questo che i governi capitalisti occidentali si sforzano di impedire ai paesi in via di sviluppo di svilupparsi in modo indipendente e autonomo. Le potenze occidentali sono talmente consuete a saccheggiare i paesi del terzo mondo che quando presidenti progressisti o addirittura rivoluzionari arrivano al potere, con l'obiettivo di migliorare la vita del loro popolo, fanno di tutto per rovesciarli. L'indipendenza economica è vista come un crimine da parte dell'1%. Per questo motivo hanno cercato di far cadere Chavez, Fidel Castro, Evo Morales, Thomas Sankara, Patrice Lumumba, Nasser con vari gradi di successo. Il senso è chiaro: o il Sud si sviluppa in modo sovrano e indipendente e così le disparità Nord-Sud diminuiscono o le potenze imperialiste continuano a mettere le mani sulle risorse naturali dei paesi in via di sviluppo e quindi, il divario non può che crescere.

Non c'è niente da sapere

E' interessante analizzare il trattamento o meglio il non-trattamento da parte dei media rispetto al rapporto sulla disuguaglianza. In effetti, questo rapporto è stato trattato in modo molto timido o silente da parte dei media mainstream. Alcuni titoli e articoli nei Tg, alla radio e sui quotidiani e poi più nulla. Eppure il tema è particolarmente grave e meriterebbe un'attenzione a più lungo termine. Ma niente da fare, l'elite giornalistica, corollario e complice dell'elite economica e finanziaria, non ha l'aria molto interessata a questo argomento, anche se di fondamentale importanza per il futuro dell'umanità. Nessun vero dibattito in senso democratico, ossia dibattiti in cui si scontrino pensieri, ideologie e progetti (realmente) contraddittori. In effetti il nostro sistema di mezzi di comunicazione ci ha abituati a simulacri di "dibattiti", in cui ogni parlante ripete pressoché quello che ha detto il suo "avversario". Nessuna edizione speciale. Nessuna ricerca approfondita per individuare le vere ragioni alla base del crescente divario tra i super-ricchi e il resto della società.

In sostanza, il messaggio dei media è piuttosto chiaro: perché soffermarsi su fenomeni che sono sostanzialmente non modificabili? In effetti, i liberali considerano l'economia una scienza quasi esatta e il problema delle "disuguaglianze" sono considerati fatti di ordine "naturale" contro i quali non c'è rimedio. Pertanto, è inutile discuterne. Questa è in sostanza la visione dei media, degni portavoce della classe dominante. La ragione del colpevole silenzio dei media risulta evidente se guardiamo a chi appartengono i maggiori organi di propaganda. Una spiegazione c'è.

La maggior parte dei mezzi di comunicazione sono di proprietà di potenti industriali, banchieri e uomini d'affari. Tra loro, guarda caso, alcuni multimilionari: Dassault, Pinault, Lagardère, Arnault. Non stupisce quindi che i media, agli ordini dei loro capi, si soffermino appena furtivamente sulla disuguaglianza. E' importante non dare una cattiva immagine dei miliardari. Non è opportuno mostrare come si siano arricchiti sfruttando i lavoratori, licenziandoli per aumentare i loro profitti, ingerendosi nella politica estera di altri paesi, lanciando guerre per destabilizzare un paese e spogliarlo delle sue risorse naturali.

E, infine, soprattutto non mostrare che queste disuguaglianze non sono il frutto del caso, ma che sono strutturali e inerenti al sistema capitalista. Dire questo probabilmente spingerebbe più cittadini a porsi delle domande sul tema e quindi, eventualmente, spingerli alla sollevazione. "Ci sono sempre stati ricchi, sempre poveri, la guerra è sempre esistita, la fame è sempre esistita, è così, questa è la vita non ci si può fare nulla". Per riassumere, "soffrite e basta".

Far fronte alla rassegnazione

Naturalmente, questa situazione è tutt'altro che inevitabile. L'Ong Oxfam che ha condotto l'indagine ha avanzato diverse piste al fine di lottare contro queste disuguaglianze. Tra queste: il ritorno al welfare state, un reddito garantito per i più poveri, una lotta feroce contro l'evasione fiscale, servizi pubblici gratuiti o maggiore tassazione dei redditi da capitale. Misure che vanno evidentemente nella direzione giusta e che potrebbero dare una boccata di aria fresca all'economia oltre a ridurre le disuguaglianze. Tuttavia, queste soluzioni non sono di gradimento. Per esempio Nicolas Doze, capo redattore economico della catena di informazione liberale BFMTV francese, giudica "dogmatiche" le soluzioni proposte dall'Oxfam. Un altro modo per spingere la gente alla rassegnazione, inculcando che soluzioni progressiste o radicali sono spazzatura.

Ma chi dimostra dogmatismo? Le proposte avanzate dalla Ong sono davvero "dogmatiche" o semplicemente realistiche e adeguate alla gravità della situazione? Tassare i capitali, è dogmatico? Fornire servizi pubblici per tutti, è irresponsabile? Beh, i veri dogmatici sono proprio questi fanatici liberali che non conoscono altra predica che il disimpegno dello Stato, l'abolizione della giornata di 35 ore e l'autorizzazione del lavoro domenicale. E anche gli evidenti fallimenti delle loro politiche non li inducono a cambiare idea. Promettono la piena occupazione e la crescita. Risultato, i paesi sono in recessione e la disoccupazione continua a crescere di giorno in giorno. Se questo non è dogmatismo, mi devono spiegare che cos'è. Una cosa è certa: in questa storia i cittadini non hanno assolutamente nulla da aspettarsi dai partiti tradizionali
e più in generale dallo Stato, almeno da questo Stato. I politici non sono la soluzione, sono il problema. Lo Stato è lì solo per servire gli interessi della classe dominante. La classe politica non è che il garante istituzionale e politico della classe possidente.

Le soluzioni proposte dalla Ong vanno nella giusta direzione, ma non dovremmo essere più radicali? Sta qui il nocciolo della questione. L'uscita dal modello neoliberale è un'urgenza assoluta, condivisa da milioni di cittadini europei. Ma dopo? Dobbiamo lasciare al capitale il ruolo di guidare l'economia? Dobbiamo continuare a subire la dittatura di una piccola élite parassitaria che non rappresenta nessun'altro se non sé stessa?

Dopo la crisi del 2008, Nicolas Sarkozy aveva auspicato una "moralizzazione del capitalismo". Ma è possibile rendere morale ciò che è immorale? Il capitalismo è nella sua essenza, un sistema estremamente violento. Crisi, sconvolgimenti, i disastri che provoca ne fanno la principale minaccia per la sopravvivenza della specie umana. Regolare il capitalismo è un'idea condivisa da molte persone, ma questa resta un'idea, largamente inoffensiva. Non dovremmo piuttosto affidare al lavoro, vale a dire ai lavoratori, i creatori della ricchezza, anche la gestione dell'economia? E non dimentichiamo la questione centrale della democrazia. La democrazia è del tutto avulsa al capitalismo. Non esiste. Se esistesse, la ricchezza sarebbe condivisa.

E così ora il mondo attraversa un momento critico della sua storia. Gli stravolgimenti politici, economici e geopolitici compromettono il mondo. Mentre le grandi potenze sono in declino, altre guadagnano slancio. Nuovi attori, nuovi paesi bussano alla porta. Abbiamo la possibilità di vivere la fine di un mondo, la fine di un'epoca, la fine dell'egemonia (occidentale). Resta da vedere quale cammino sceglieremo per creare un nuovo modello di civiltà. Continueremo a seguire questo stesso sistema di società spietata, disumana o vorremo una società più egualitaria e definitivamente libera dal giogo del danaro?

Le disuguaglianze possono essere un fattore di indebolimento della coesione sociale. Possono anche dare l'innesco a una lotta tra le diverse componenti della società, stanche di un sistema ingiusto e che non le rappresenta.

La lotta sarà lunga, ma è degna di essere vissuta!


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