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Per raggiungere la bellezza non c'è che la lotta contro il male reale

Tiziano Tussi

31/08/2016

Domenica 21 agosto sulla Lettura n° 247, supplemento del Corriere della Sera, sono apparsi due interventi di un qualche interesse per chi cerca di conservare un po' di chiarezza di pensiero.

Il primo è un'intervista ad un responsabile/punto di riferimento  del movimento OWS (Occupy Wall Street) che negli USA ha cercato di mettere alla frusta il "sistema", occupando per mesi uno spazio in un parco di New York nel 2011. Movimento, come altri, privo di una qualche riconoscibile e significativa linea teorica che ha prodotto solo aspetti di notorietà mediatica, che gli sono stati tranquillamente riconosciuti, con un indotto formato da artisti e intellettuali ever green pronti ad acclamare ogni movimento si crei sull'onda superficiale dello stesso "sistema" che si vuole criticare. Ora, a distanza di qualche anno, pressappoco cinque, un "refering" di quel "fenomeno", Micah White,  ci dice, in un'intervista dalle pagine del giornale in oggetto che "La nascita di un movimento rappresenta una rottura profonda nella società, ma se non lo alimenti rischia di diventare uno zombie. []  La scelta di chiudere quell'energia umana nei tendoni dei forum sociali è stato il primo errore. Poi c'è stata la morte di Carlo Giuliani nel 2001 che ha spaccato il movimento."

Quindi una specie di cronistoria/necrologio. Ed ancora su Naomi Klein: "Non è un'attivista, ma una giornalista. Le manca del tutto il pensiero tattico e strategico: non ha idea di come si crei e si porti avanti un'azione politica." Peccato però che la stessa sia diventata, come il movimento OWS, un'icona della critica al "sistema" e che un suo libro, No logo, abbia avuto un successo internazionale, tradotto in 28 lingue. E così le sue affermazioni, e lei stessa, hanno goduto notorietà e credito come le sue invenzioni "rivoluzionarie", suggerite negli anni d'oro della sua presenza mediatica, a cavallo del secolo. Ad esempio, una banalità a caso: lei toglie le etichette agli abiti che  acquista. Naomi lo fa/ceva e così veniamo a sapere che se strappiamo l'etichetta Versace da un abito scompare pure il "sistema Versace".

L'intervista prosegue con altre critiche a Trump, logicamente, ad Hilary Clinton, ça va sans dire, ma anche a Bernie Sanders, per poi finire così, riassumo: Tre modi di fare politica: il primo, manifestazioni di piazza si è dimostrato perdente; il secondo, lotta violenta contro lo Stato, sbagliato anch'esso; terzo, quello giusto, le elezioni. Dopo tutta questa fatica critica non pare proprio una grande invenzione , anche perché lo stesso mette uno accanto all'altro, in fila indiana, tutti assieme, Tsipras ed il Movimento 5 stelle. Ma sorvoliamo.

E' la chiusura che ci svela molto bene il solito ragionamento fiabesco statunitense: "Immagino che un giorno ci sveglieremo e troveremo milioni di donne che marciano in strada e sfidano apertamente il potere: a casa , negli uffici, nelle piazze. Deve succedere prima o poi. E io posso già vederlo." Tralasciamo un'analisi di senso alla completa irrazionalità della dichiarazione dato che  c'è materiale a sufficienza per un piccolo racconto dell'insulsaggine applicata. Ma almeno ricordiamo che quando questo movimento era in auge, osannato dalla grande stampa et similia, proporre qualche critica allo stesso era tacciato di passatismo: i giovani fanno così, il nuovo che avanza, la rivoluzione a portata di mano ecc. ecc. Ed ora i capi di quel movimento scoprono …le elezioni.

Girando pagina, sullo stesso giornale, ci troviamo in un lungo intervento di Agnes Heller che, come ricorda la presentazione del pezzo, di Dorella Cianci, "…è stata anche allieva ed assistente del filosofo e critico letterario Gyorgy Lukacs, rappresentante del marxismo umanistico." A parte la definizione di Lukacs, una riduzione categoriale sulla quale si potrebbe discutere, l'influenza, in parte, lukacsiana nello scritto della Heller non si vede molto, data l'esaltazione del liberalismo a piene mani. Ma vediamo un po' il dipanarsi dell'analisi della Heller,  logicamente di ben altro spessore dell'intervista sopra indicata, ma che con essa crea, nel rifiuto della "pesantezza" storica, un legame, un accordo di fondo.

Due momenti quindi: quello ludico di OWS, che gioca con cose serie - politica, lotta sociale, pratiche di movimento - e quello profondo e pensato, teorico, di chi ha perso ogni ancoraggio al materialismo storico. La Heller, 87 anni, cerca di mettere in fila fenomeni tutti attuali della stagione del terrorismo moderno e contemporaneo che, naturalmente, per tipi di tale fatta che hanno percorso un cammino teorico fuori e contro il marxismo realizzato, provenendo da situazioni geografico-culturale di Paesi del "comunismo reale" (usiamo i due  termini così, tanto per capirci), in questo caso l'Ungheria, trovano l'atto di nascita del "sistema del totalitarismo" in Lenin.

La citazione sarà un po' lunga: "L'organizzazione totalitaria è stata inventata da Lenin nel 1903, al Congresso del Partito socialdemocratico russo in cui fondò la fazione bolscevica. Lenin creò un sistema-partito capace di operare come un esercito. Il centro emette comandi e ogni unità gerarchicamente strutturata dell'organizzazione, a tutti i livelli, obbedisce. Un tale partito, ha sostenuto Lenin, è in grado di operare in modo sicuro e underground, illegalmente. L'organizzazione è una totalità, perché si basa su una verità condivisa. Nella visione di Lenin, ogni membro deve accettare l'insegnamento marxista come la Verità assoluta. Egli ha aggiunto altre due caratteristiche importanti per l'immagine del suo potere. La democrazia e il liberalismo sono nemici assoluti, tra le altre ragioni, perché i liberali parlano soltanto di ideali, mentre i rivoluzionari sanno e devono agire. Il partito totalitario di Lenin è stato, infatti, un'invenzione completamente nuova, ed è diventato, nella storia, il modello per i totalitarismi e i fondamentalismi successivi, come i partiti comunisti dell'Europa o dell'Asia, il nazismo e i partiti fascisti in Europa, Medio Oriente e America Latina.".  

Una visione che dimostra una certa organicità, ma che non coglie l'origine della primogenitura del fenomeno del totalitarismo. Con caratteristiche quali quelle descritte dalla Heller sarebbe da indicare immediatamente la "chiesa", basta scegliere quale. Ma qui la scrivente non arriva anche se poi se la prende con il fondamentalismo, il nichilismo, il fanatismo ed il cinismo. E cosa ci vuole insegnare "la chiesa" nell'analizzare questo mondo se non la sua fallibilità? La vera vita è quella "ultra terrena" e quindi ogni azione, in  questa vita, è lecita per ricordare tale verità inoppugnabile. Come ogni comportamento atto a farci arrivare là, dove ogni angoscia si esaurisce, è bene accetta, quindi e soprattutto anche il martirio. Tale convinzione è naturalmente assente nella visione bolscevica. Il marxismo pensa a questa terra.

La Heller si richiama all'Illuminismo: " Come risposta alla sfida del terrore globale possiamo ancora una volta tornare all'Illuminismo. Di fronte a un atto di omicidio motivato da fanatismo religioso, Voltaire si rivolse ai suoi connazionali con l'ingiunzione "Écrasez l'Infâme!", schiacciate l'infame."  Condivisibile certo, ma cerchiamo di cogliere l'aspetto più debole dello scritto in questione, tralasciando i particolari passaggi. Quello che manca fondamentalmente è l'importanza storica da attribuire alla categoria temporale. Il tempo ha un impatto profondo per ogni fenomeno, specialmente per fenomeni storici di rilievo.

L'esaltazione del liberalismo puro e bello, "…la necessità di un individuo che manifesti le sue azioni buone, affinché queste azioni, una volta evidenti, espandano vera bellezza" (dalla presentazione dello scritto di Dorella Cianci, stessa sede), ha avuto a disposizione del tempo per farsi storia, per fondarsi come storia. Possiamo ricordare innumerevoli tentativi di esaltare l'individuo e le sue potenzialità individuali. Possiamo andare indietro di secoli e trovare esempi di controtendenza rispetto alla totalità dei regni imperiali dell'antichità, delle grandi scorribande dei popoli per la costruzione di regni grandissimi. Esempi di individui che cercavano di uscire dalle epoche imperiali, in Europa ed altrove. Ma per non fare inutili elenchi potremmo fermarci e ripartire da Michel de Montaigne (1533-1592). Arrivare certo all'Illuminismo, John Locke muore nel 1704. Parliamo di secoli, e tanti.

Per il pensiero materialista ed il comunismo, che trova una significativa sistemazione teorica nell'opera di Marx ed Engels, è stato fatto un tentativo che, grosso modo, è durato 70 anni. Quello che è stato fatto in così poco tempo, ha qualcosa di sorprendente. In mezzo a tensioni e pressioni di ogni tipo, guerre mondiali, guerre commerciali, errori e catastrofi, ciò che è stato prodotto ha marcato per sempre una discontinuità storica con il passato.  Ma come il liberalismo "bello e puro" non ha potuto che mettere assieme sogni liberali mai realizzati nella realtà, il comunismo non ha saputo fare di meglio nei suoi pochi decenni di vita. Quello rimasto a livello di un pensiero mai realizzato, questo, per ora fallito sul piano pratico-reale, abitato per nemmeno tre quarti di secolo.

Le tragedie liberali, endogene, vi sono anche state. Basti pensare alla Rivoluzione Francese ed al Suo Comitato di Salute Pubblica, organo Giacobino massacrato, sbranato da altri liberali. In ogni caso il tempo per il liberalismo, per le sue messe a punto è stato tanto. I risultati poco edificanti. Uno su tutti: due bombe atomiche usate realmente. Sarebbe stato, quello della Heller, un discorso più equilibrato se anche il comunismo avesse avuto tutto quel tempo e si fosse rilevato, alla fine, ora, pernicioso come il liberalismo applicato. Dopo secoli di tentativi , a disposizione del l'uno come dell'atro, si sarebbe potuto anche dire che non funzionano, l'uno e l'altro. Ma così ora non si può, mancano i rilievi del contendere.

Dateci tempo , date tempo alla dialettica storica di farsi carne storica.  Il liberalismo, ed il mercato ad esso corrispondente, hanno dato troppe cattive prove di sé. Come non vedere questa lotta planetaria tra i padroni secolari del mondo, con se stessi e con l'uomo socializzato, per esser chiaro, con i proletari, la classe proletaria. Certo non c'è bontà, verità, purezza senza bellezza. Ma per raggiungere la bellezza non c'è che la lotta contro il male reale. E non veder questo nel capitale/ismo dimostra veramente miopia. Logicamente, in ultima analisi, cane non mangia cane, tralasciando gli episodi momentanei e minori. E chi può riportare il cane in catene deve per forza essere un altro vivente. Un uomo, forse!

Una bella frase, un inciso lapidario che sarebbe una bella chiusura per questo scritto, ma una fine simile riapre una serie di domande: quale uomo? perché l'uomo e non Dio? perché un uomo e non più di uno? cosa fa quell'uomo e che lavoro svolge? che idee sviluppa? E molte altre ancora. E' chiaro che tutto rimanda sempre al concetto di lotta tra umani coalizzati. Perciò anche non volendolo si ritorna sempre alla visione di classe. E se non piace alla Heller ed alle  anime candide, come ai vari talebani di sorta, poco importa. Si potrebbero usare sinonimi più o meno approssimativi: gruppo, clan, oikos. Tutti imprecisi e primitivi. La classe è ciò che ci contraddistingue, in senso lato, ci piaccia o no. Ed è alla lotta di classe e fra le classi che dobbiamo fare riferimento. Il resto rimane un girovagare per le strade o per i campi, pratica che usiamo quando, per chi ce l'ha,  portiamo a pisciare il cane.


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