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- osservatorio - mondo - politica e società - 27-11-16 - n. 612
Fidel e le sponde del futuro
Tiziano Tussi
27/11/2016
La morte di Fidel Castro per generazioni attorno alla mia, nati negli anni cinquanta, lascia addosso un senso di solitudine che si amplia a dismisura, aggiungendo questa morte ad altre avvenute nel passato di grandi uomini politici, scrittori, artisti, ma anche teatranti, cantanti.
La morte di chi con diversi approcci alla vita ha dimostrato di avere avuto grandi capacità interpretative e volontà di agire realmente per cambiare in meglio le condizioni sociale della grande massa degli sfruttati, dei perdenti, dei depressi per sofferenze economiche e/o psicologiche, ci lascia un po' più soli. Sempre un po' di più. Ad ogni morte, ed ora con questa di Fidel, ci si trova un poco più legati ad una presenza, di quelli che restano, che non ci piace, in un mondo a loro rassomiglianza, che non ci piace.
Politici che sono l'ombra di quelli che se ne sono andati, che sono, in rapporto a quelli, degli gnomi. Un amico, un compagno, tempo fa mi diceva che questi personaggi, e si riferiva proprio a Fidel, Che Guevara e soci, hanno portato a termine le loro importanti azioni politiche ad un'età giovane. Quando inizia il percorso rivoluzionario a Cuba, con lo sbarco del Granma, Fidel ha trent'anni, due in meno Che Guevara, cinque in meno il fratello di Fidel, Raoul, e sei in meno Camillo Cienfuegos. Oggi sarebbero tutti considerati ragazzini. Gente che aveva convincimenti profondi, ed esprimeva una forte cultura della vita.
Le loro morti hanno lasciato il mondo più povero in mano a personaggi desolanti. Ognuno può stilare la propria classifica dell'indecenza. Specialmente noi in Italia sopportiamo la presenza di una classe politica che si è andata via via immiserendo. La solitudine politica cui siamo oramai legati si allarga sempre di più ad ogni morte di un uomo. Al di là degli aspetti di luci ed ombre di ogni grande uomo politico è la sua impronta che, morendo, viene a mancare. E la sua presenza profonda nel tempo sociale di un dato periodo che svanisce.
Per chi vuole ancora con insistenza mantenere un livello umano di vita sociale e non pensare solo al suo piccolo particolare, avere alle spalle come riferimento vivente uomini di grande impatto e di profonda impegno e di chiare capacità culturali, concetti usati in senso lato ad indicare una grande eticità umana, è confortante e rinforzante. Un mondo senza Fidel, così come la scomparsa di altri grandi negli ultimi cinquant'anni, ci risulta essere un mondo ancora più faticoso e deprivato di senso. Questo credo sentano tutti coloro che devono muoversi politicamente sempre più in assenza di sponde viventi di spessore. La compagnia degli gnomi, nella vita pubblica ci deprime e ci spinge verso un inabissamento, verso l'individualismo sempre più marcato. Occorre fare sempre più forza su se stessi per andare avanti, almeno nelle nostre piccolezze, non paragonabili agli sforzi enormi sopportati da gente come Fidel e compagni, per un'idea di vita degna di essere vissuta, per loro, a Cuba.
Gli esempi nella storia degli sfruttati, che si ribellano ad una dipendenza al capitalismo misera e marcia, servono proprio a lasciare una traccia, a dirci che nonostante tutto noi siamo ancora e sempre in grado di ri-cominciare a vivere. Morire in un alone di fuoco, coma accadde al Che, è stato sublime e tremendo. Rimanere giorno dopo giorno a mettere assieme i cocci, mettere le pezze sui buchi di una vita addentata, morsicata, ogni giorno dal capitalismo, è stato imparagonabile. La storia ha già assolto Fidel, i miseri e gli stolti parlino pure. Hasta la victoria siempre.
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