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Il Venezuela determina il futuro dell'intera regione
Claudio Katz | rebelion.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
07/02/2019
L'auto-proclamazione di Guaidó è la scommessa golpista più ridicola e pericolosa degli ultimi anni. Con il sostegno sfacciato di Washington, la destra cerca di mettere un estraneo alla presidenza.
Questa volta il colpo di inizio non è stato un atto terroristico, né un altro tentativo di uccidere Maduro. Trump ha incaricato diversi esperti in cospirazione (Abrams, Pence, Bolton, Rubio) e ha deciso di ghermire la compagnia venezuelana che opera negli Stati Uniti (CITGO). Ha sepolto tutti i principi di garanzia del diritto, per cominciare ad appropriarsi del petrolio di un paese che concentra la principale riserva mondiale di greggio.
I governi di destra del Sud America propiziano il colpo di stato per altri motivi.
Duque (presidente della Colombia) pretende di seppellire gli Accordi di Pace con la guerriglia, dopo aver guidato lo smantellamento dell'UNASUR. Ospita già in Colombia il contingente di marines necessario per accompagnare qualsiasi provocazione.
Bolsonaro continua ad identificare il Venezuela con tutte le disgrazie del "populismo". Con questa retorica nasconde il suo improvvisato debutto alla presidenza e rimanda l'inevitabile delusione dei suoi elettori.
Macrì è un crociato della prima ora, che compete con gli altri servitori dell'impero. È per questo che raddoppia gli atti di sottomissione, nominando un funzionario della sua stessa squadra in qualità di ambasciatore di Guaidó. Esonera gli immigrati venezuelani dalle molestie contro gli stranieri in modo che non parlino di inflazione, disoccupazione o prezzi. Rompe inoltre l'opposizione, condividendo la denigrazione del Venezuela con i leader del peronismo federale (Urtubey, Massa, Pichetto).
Senza il sostegno del mandante nordamericano, Duque, Bolsonaro e Macrì sono totalmente inefficaci. Il "Gruppo di Lima" non è riuscito nemmeno a boicottare l'insediamento di Maduro. A quella cerimonia hanno partecipato più delegazioni straniere che all'investitura del delirante capitano brasiliano.
L'atomizzata destra venezuelana agisce sotto le gonne di un presidente di fantasia. Non avrebbe mai potuto vincere le elezioni presidenziali e ha fallito in tutti i tentativi di impugnare quelle elezioni. Ha accettato senza esitazione il veto degli yankee alle trattative con il chavismo e periodicamente esplode con brutali azioni violente. Per il momento si comporta come un semplice burattino del Dipartimento di Stato USA ed è rimasta soggetta agli umori dei tweet di Trump.
Il doppio bastone
I golpisti caraibici sono riapparsi come grandi protagonisti dei media. Hanno la complicità dei giornalisti, che attribuiscono a Maduro una varietà di peccati riscontrabili in altre amministrazioni della regione. La semplice registrazione di tale somiglianza renderebbe il complotto ingiustificabile o richiederebbe lo stesso cambiamento di regime in molti paesi.
Viene sottolineata la natura illegittima del governo venezuelano, come se fosse emersa da frodi elettorali. Ma in realtà è stato eletto con la partecipazione del 67% della popolazione, cioè con una percentuale superiore alle ultime elezioni in Cile o in Colombia. Questa bassa affluenza di elettori non induce alcuno di questi media a proporre il rovesciamento di Piñera o Duque.
È vero che un settore dell'opposizione ha chiesto l'astensione, ma un altro ha partecipato e i risultati finali non sono stati contestati. Non è stata presentata nessuna prova di frode, in un sistema elettorale che è stato elogiato da diverse organizzazioni internazionali (Carter) e figure (Zapatero). Con lo stesso metodo di voto, le autorità dell'Assemblea Nazionale che guida l'opposizione sono state elette nel 2015. Condividendo le stesse basi elettorali, Maduro viene contestato e Guaidó viene riconosciuto.
Negli ultimi due decenni il regime di Chavez ha tenuto 24 elezioni, inclusa una significativa modalità di revoca presidenziale. Questo diritto non si applica in nessun altro paese della regione. La partecipazione degli elettori non è obbligatoria, ma è stata generalmente superiore alla media dell'America Latina. L'opposizione non riconosce mai le sconfitte e giustifica sempre i risultati avversi con accuse di brogli.
Con la loro solita ambivalenza, i canali di comunicazione che criticano queste elezioni considerano del tutto normali le elezioni brasiliane, che si sono svolte con Lula in prigione. Sfidano il sistema giudiziario venezuelano, esaltando il magistrato che perseguitava il leader brasiliano (Moro). Non si oppongono nemmeno alla contropartita ministeriale che Bolsonaro gli ha concesso.
I media denunciano anche l'arresto dei leader dell'opposizione (Carmona, Ledesma, López), ma omettono le cause di questa detenzione. Non sono andati in prigione per aver espresso opinioni critiche, ma per aver istigato colpi di stato o per la loro complicità con le sanguinarie "guarimbas" nelle strade. Al chavismo è richiesto un comportamento tollerante che non c'è in nessun angolo dell'America Latina. Deve essere solidale con gli intenti criminali.
I canali di comunicazione inoltre non menzionano la brutale violazione dei diritti umani praticata dai governi più ostili al Venezuela. Dalla firma degli Accordi di Pace, i paramilitari colombiani (protetti dal governo) hanno assassinato centinaia di leader sociali. In Argentina, i prigionieri politici si moltiplicano e vige l'impunità per i responsabili dei crimini di Santiago Maldonado e Rafael Nahuel. In Brasile sono aumentati gli attacchi contro i cooperativisti MST e sono stati scoperti i legami tra gli assassini della combattente Marielle Franco, con il figlio di Bolsanaro.
Si denuncia il chavismo per immaginari collegamenti con il traffico di droga. Ma gli accusatori nascondono il comprovato finanziamento fornito da quella mafia alla destra della Colombia. Nessun organismo internazionale penalizza questo paese per la continua coltivazione illegale di droghe. Quello che è successo in Messico è molto più grave. Tutto il suo territorio è stato lacerato da un massacro di 200.000 morti, senza che l'OAS promuovesse alcun intervento regionale.
Certamente il Venezuela subisce una massiccia emigrazione a causa del dramma economico che affronta. Ma in analoghe situazioni, questi stessi spostamenti si sono verificati in altri paesi. La miseria spinge sempre a cercare rifugio da qualche parte.
Se queste disgrazie costituissero "crisi umanitarie", la stessa caratterizzazione si applicherebbe alle migrazioni simili. Ma nessuno presenta in questi termini il terribile migrare delle famiglie centroamericane a Nord. Quel tormento non incoraggia alcuna pietosa raccolta di soccorso. Induce solo a costruire un terribile muro di confine. Durante la guerra interna vissuta dalla Colombia sono stati registrati massicci trasferimenti umani e non vi sono state richieste di intervento straniero.
I grandi media coronano sempre la loro informazione sul Venezuela con un'immagine di violazione della libertà di stampa. Ma i disordini che ritraggono sono irrilevanti rispetto all'omicidio sistematico dei giornalisti che hanno sofferto in Messico e in altri paesi centroamericani. I fabbricanti di menzogne applicano due standard alla loro stessa attività.
Contraddizioni sotto la superficie
Basti ricordare cosa è successo in Iraq e in Libia per notare la gravità dell'attuale minaccia. L'imperialismo può causare distruzioni inimmaginabili. Se si consumerà un intervento su vasta scala, l'America Latina perderà quella salvaguardia che ha mantenuto di fronte alle catastrofi belliche dell'Africa o del Medio Oriente.
La destra esclude quel pericolo e ipotizza che otterrà un rapido trionfo, senza alcun costo. Annuncia già la ritirata del chavismo, l'isolamento di Maduro e la prossima diserzione della leadership militare. Evidenzia anche la coesione del proprio settore e il sostegno internazionale unanime alla sua causa. Ma queste favole non resistono alla minima analisi.
Il comando di Washington è influenzato da un forte dissenso, nel difficile contesto politico-giudiziario che Trump affronta. I fallimenti del Medio Oriente hanno moltiplicato le prevenzioni contro ogni incursione esterna. L'esercito yankee è sconcertato e costretto a ritirare le sue truppe dalla Siria e dall'Afghanistan. Le proposte di ripetere l'occupazione di Granada o Panama sono state respinte e rinviato il tipico ultimatum che ha preceduto l'attacco contro Hussein o Gheddafi. Per ora, il Pentagono prevede solo operazioni limitate, che dovrebbero iniziare con il grossolano pretesto degli aiuti umanitari.
Né i partner europei sono disposti a partecipare alle avventure militari. Intervengono nel complotto contro il Venezuela senza emettere forti minacce. Ci sono divergenze nel comando occidentale, che hanno impedito un consenso sull'applicazione delle sanzioni dell'OSA e dell'ONU, mentre persiste la neutralità del Vaticano.
I cospiratori hanno anche preso atto del crescente ruolo della Russia nell'approvvigionamento dell'esercito venezuelano. Tale presenza può complicare le mire di Trump sul petrolio, tanto più se viene confermata la proprietà di azioni russe nel CITGO. Non è noto, inoltre, chi sarà la principale vittima di questa espropriazione. Alcuni esperti stimano che gli Stati Uniti siano riusciti ad affrancarsi dalla fornitura di carburante venezuelano. Ma questi acquisti rappresentano ancora il 13% delle importazioni e la loro cancellazione potrebbe incidere sul prezzo dell'energia.
Tutte le difficoltà affrontate dai golpisti sono rigorosamente occultate dai media. Questi dispiegano una copertura trionfalista, mettendo a tacere l'assenza di risultati significativi da parte della destra nelle prime settimane del complotto. Finché la corruzione, le minacce e le promesse yankee non eroderanno le forze armate, Guaidó continuerà a esercitare un mandato fantasma.
Battaglie su due fronti
È vero che la destra ha riacquistato la capacità di mobilitazione, ma il chavismo ha risposto con manifestazioni altrettanto massicce. Al culmine della crisi sociale, il governo mantiene una sorprendente capacità di aggregazione. Tutti sanno che il governo non rinuncerà al potere per la semplice ripetizione di cortei. L'attuale stallo può essere molto problematico per l'opposizione.
I loro leader affronteranno nuovamente il dilemma di riprendere con la violenza (che li ha isolati nel 2017) o di accettare uno status quo (che li logora). Per ora evitano di ripetere le guarimbas nei quartieri ricchi, mentre ci provano con alcune provocazioni nelle aree popolari.
Il governo ha anche imparato dai precedenti scontri e tutto viene gestito con cautela. Tollera le apparizioni fotogeniche di Guaidó, scommettendo sulla sua progressiva demoralizzazione. Ma il crollo dell'economia solleva seri interrogativi sull'accompagnamento popolare nella battaglia contro la destra. Tutta la società venezuelana è dilaniata da un enorme collasso delle entrate.
La contrazione della produzione registrata negli ultimi cinque anni ha già distrutto il 30% del PIL. Questa regressione ha lo stesso effetto della Grande Depressione sofferta dagli Stati Uniti nel 1929-1932. La debacle colpisce tutti i settori.
L'estrazione strategica del petrolio è stata ridotta della metà e il finanziamento monetario del deficit fiscale ha causato la più grande iper inflazione del 21° secolo. L'indice dei prezzi è salito dal 300% (2016) al 2000% (2017) e attualmente ha una cifra non quantificabile.
Questo aumento riduce i salari, ricrea il baratto e causa una grave carenza di cibo e medicine. Le sofferenze quotidiane sono terribili e la sopravvivenza dipende dalle reti ufficiali di approvvigionamento (CLAPS).
I media presentano questo collasso come una conseguenza inesorabile del "populismo chavista". Ma omettono la diretta responsabilità degli artefici della guerra economica. L'assedio esterno e il sabotaggio interno hanno fatto crollare l'estrazione del petrolio, ridotto le riserve internazionali e reso le importazioni di base più costose. I capitalisti stranieri e locali hanno causato questo collasso per facilitare l'avvento di un regime politico legato ai loro interessi.
Questa avversità importante dell'economia è stata aggravata dall'improvvisazione, dall'impotenza e dalla complicità del governo. Maduro ha tollerato passivamente il collasso della produzione. Ha respinto tutte le proposte di chavismo critico per penalizzare burocrati corrotti e i loro partner milionari.
Queste iniziative sono il punto di partenza per frenare il collasso in atto. Includono un controllo effettivo sulle banche per prevenire la fuga di capitali, cambiamenti radicali nell'assegnazione di valuta estera al settore privato, tagli progressivi all'equità, incentivi alla produzione locale di cibo e molte misure per coinvolgere la popolazione nel controllo dei prezzi.
Questo programma richiede anche un ripensamento del debito, al fine di raggiungere un ancoraggio della moneta che permetta di contenere l'iper-inflazione. Nessun "petro" o "bolivar sovrano" potrà funzionare finché la borghesia-bolivarina gode della protezione ufficiale. Questa classe privilegiata profitta sulle importazioni, trasferisce fondi all'estero e si arricchisce attraverso speculazioni e sui tassi di cambio. La destra non è solo impegnata a rovesciare il chavismo. Opera anche all'interno di un governo che non frena la demolizione dell'economia.
Compromesso o neutralità
Di fronte all'aggravamento del conflitto, molte voci propongono di creare nuove condizioni affinché i venezuelani possano risolvere il loro futuro democraticamente. La legittimità di tale principio è indiscutibile. Ma il grosso problema sta nel specificare come attuarlo, poiché se il colpo di stato trionfa, quell'aspirazione sarà definitivamente sepolta. La validità della sovranità del paese e la difesa dei diritti popolari richiedono prima di tutto la sconfitta dei golpisti.
Il conflitto in corso ha già perso il suo status di "affare interno" del Venezuela. Lo scontro è uscito dai confini nazionali per coinvolgere l'intera regione. I due principali protagonisti della crisi hanno obiettivi ben precisi. Gli Stati Uniti intendono riprendere il pieno controllo del proprio cortile e le classi dominanti locali cercano di seppellire tutte le richieste popolari emerse negli ultimi dieci anni.
Se i golpisti riusciranno a rovesciare il chavismo, agiranno immediatamente contro Bolivia e Cuba per estendere l'autoritarismo neoliberale all'intero continente. In Venezuela si disputa l'arresto o l'estensione di quell'onda reazionaria.
Questo dilemma è stato correttamente percepito dai partiti, dalle organizzazioni e dagli intellettuali che rifiutano categoricamente il golpe. Questa forza si è manifestata nelle mobilitazioni antimperialiste. Le esitazioni che sono state osservate durante le guarimbas del 2017 sono diminuite significativamente. Gli obiettivi della destra sono evidenti e i danni di un Bolsonaro alla presidenza sono irreparabili.
La drammaticità di questa prospettiva non attenua nessuna delle obiezioni alla direzione del governo chavista. Ma è essenziale porre queste domande su un comune campo di battaglia contro i golpisti.
Questa lotta richiede anche il superamento delle posizioni di ambigua neutralità trasmesse da certe dichiarazioni. Queste affermazioni prendono le distanze dai protagonisti del conflitto ponendole sullo stesso piano. Mettono in discussione allo stesso modo Maduro e Guadió suggerendo un'illegittimità condivisa. Criticano allo stesso tempo l'autoritarismo del regime e le avventure dell'opposizione. Si oppongono sia alla minaccia militare statunitense, sia alla presenza geopolitica della Russia.
Ma questa condanna congiunta di Maduro e Guaidó implica il disconoscimento di entrambi? Significa l'astensione dalle marce indette dal governo e dall'opposizione? Comporta una condanna indiscriminata dei marines e dell'esercito bolivariano?
I neutralisti elogiano l'atteggiamento dei governi del Messico e dell'Uruguay, che promuovono l'immediata ripresa dei negoziati tra le due parti. Questa iniziativa apre un canale di comunicazione che Maduro ha già accettato e che Guaidó rifiuta.
È evidente che la realizzazione di questi negoziati dipenderà dal risultato della lotta. La destra non accetterà di negoziare finchè intravede la possibilità di prendere il governo. Sconfiggere questa pretesa è la condizione per ricomporre i negoziati. I risultati di queste colloqui rifletterebbero anche l'equilibrio delle forze. Sconfiggere la destra è la priorità categorica del momento. In questa battaglia si gioca il destino dell'America Latina.
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