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La politica della pandemia

Peoples Democracy | peoplesdemocracy.in
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

01/04/2020

Ogni pandemia globale deve essere vista nel suo contesto politico, sociale ed economico. La pandemia di Covid-19 si verifica nel momento in cui il capitalismo neoliberista ha devastato tutti i servizi di base vitali per il benessere delle persone. La privatizzazione ha negato o smantellato il sistema sanitario pubblico in molti paesi; lo Stato ha abbandonato la responsabilità di provvedere ai bisogni fondamentali della popolazione: cibo, alloggio, istruzione e trasporti pubblici. In qualsiasi crisi affrontata dalla società, fosse economica o sociale, la priorità della politica statale è stata quella di salvaguardare gli interessi del capitale finanziario - gruppi monopolistici, banche e grandi capitali - e non quello dei lavoratori.

La pandemia di coronavirus ha visto una serie di risposte politiche da parte dei governi e delle classi dirigenti dei paesi che mettono a nudo le contraddizioni di un sistema neoliberale esausto e la reazione istintiva del capitalismo di porre il profitto davanti alle persone.

L'imperialismo USA continua a comportarsi allo stesso modo di prima - usando l'intimidazione e la coercizione contro i paesi che non accettano i suoi diktat. Gli USA hanno rifiutato di ritirare le sanzioni contro l'Iran mentre il paese è gravemente colpito dal virus e nel pieno dell'emergenza sanitaria. L'Iran ha difficoltà ad accedere alle medicine e alle attrezzature mediche a causa delle sanzioni illegittime contro le imprese dei paesi terzi che intrattengono relazioni commerciali con l'Iran e il divieto di collegamenti commerciali e di trasporto.

Nel caso del Venezuela, a parte le sanzioni che hanno un effetto disastroso sull'economia, l'amministrazione Trump ha incriminato il presidente Maduro e altri componenti del governo, con l'accusa di narco-terrorismo proprio nel mezzo della crisi del coronavirus. E' stata fissata una ricompensa di 15 milioni di dollari per le informazioni che portino all'arresto di Maduro, un invito aperto ad assassinare il capo di uno Stato sovrano. Non solo: gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali sono stati determinanti nel rigetto da parte del FMI della richiesta di finanziamento del Venezuela per far fronte all'emergenza sanitaria.

Lo stesso presidente Trump ha guidato la campagna per incolpare la Cina dell'epidemia di coronavirus. Lo ha definito un "virus cinese" e ha accusato la Cina di non aver informato in tempo della minaccia del virus. Ha cinicamente cercato di usare la pandemia per isolare la Cina e rafforzare la sua posizione di negoziazione negli scontri economico commerciali con la Cina. Inoltre dopo aver irriso la Cina per oltre un mese e mezzo per le misure adottate contro il Covid, l'amministrazione Trump ha permesso di importare forniture di attrezzature mediche dalla Cina. Il primo volo con mascherine, camici e kit per i test è atterrato a New York il 29 marzo e altri 21 voli sono previsti in varie città.

Mentre sfuma per Trump l'occasione di scontrarsi con la Cina sulla pandemia di Covid, lo spudorato disprezzo dell'amministrazione Trump per il benessere delle persone al di fuori degli USA, si può constatare nello sforzo di bloccare i paesi che accettano missioni mediche cubane per combattere il virus. Gli Stati Uniti avvertono questi paesi dei Caraibi e dell'America Latina che le missioni cubane danneggeranno gli interessi dei loro paesi.

Per l'imperialismo statunitense, l'egemonia è fondamentale, non la salute e il benessere delle persone. Come nel 2008, durante la crisi finanziaria globale, la priorità per i circoli al potere degli Stati Uniti e dei paesi capitalisti avanzati è il salvataggio di gruppi affaristici, banche e società di investimento finanziario. Le priorità della classe operaie restano sullo sfondo, in particolare per i lavoratori precari. Ad esempio, il pacchetto da 2mila miliardi di dollari viene distribuito alle imprese negli Stati Uniti con meno vincoli rispetto al 2008 mentre il trasferimento di 1.200 dollari a persona è un importo irrisorio per chi ha perso il lavoro e non dispone di previdenza sociale. Le misure in favore delle imprese non impediscono i licenziamenti di massa. La scorsa settimana un picco record di 3,3 milioni di persone ha richiesto sussidi di disoccupazione.

Solo nei paesi scandinavi e in pochi altri paesi in Europa dove esistono tradizioni socialdemocratiche, anche se molto erose, i lavoratori sono protetti dai licenziamenti e buona parte dei loro stipendi vengono coperti da contributi statali. In Danimarca, ad esempio, il 75% degli stipendi è coperto dallo Stato e il 25% dalle imprese. Anche il governo conservatore nel Regno Unito fa eccezione, concedendo sovvenzioni per coprire l'80% degli stipendi dei dipendenti delle aziende, sebbene i lavoratori precari non abbiano ottenuto nulla.

La prima risposta di gran parte dei governi di destra è stata quella di garantire che l'economia e le attività economiche non soffrissero. Così anziché adottare misure rigorose per prevenire la diffusione dell'infezione, hanno rapidamente abbracciato l'idea dell'"immunità di gregge" che, in poche parole, significava consentire che le persone si infettassero fino a una soglia sostanziale, circa l'80%, per sviluppare infine una immunità collettiva. Quindi il mondo di impresa avrebbe ottenuto l'immunità dal virus. Questo approccio non richiede blocchi, isolamento su larga scala o distanziamento sociale, perché è permesso lo svolgimento delle normali attività.

Il primo ministro Boris Johnson del Regno Unito, il primo ministro di destra dei Paesi Bassi, la leadership italiana e anche il presidente Trump, a suo modo, si sono aggrappati a questa idea. Ma sono stati costretti a rinunciarvi quando l'impennata delle infezioni ha cominciato a inghiottire i loro paesi. Trump fino alla scorsa settimana ha insistito sul fatto che la gestione dell'economia deve avere la precedenza sulla lotta contro il virus. È solo dopo che gli Stati Uniti hanno raggiunto il primato nel numero di infezioni al mondo, superando di gran lunga le cifre cinesi, che Trump ha finalmente riconosciuto che salvare vite umane è la priorità e l'economia segue. Ma mettere il profitto davanti alle persone ha portato a un disastro che si sta dispiegando sotto gli occhi del mondo.

C'è un altro accolito di Trump che tiene duro, il presidente del Brasile Jair Bolsonaro. Continua a negare la gravità della minaccia del virus. Continua a esortare le persone a lavorare e impegnarsi nell'attività economica. Contro il suo invito, si sono tenute manifestazioni in tutto il paese contro la Corte suprema e il Congresso con cui Bolsonaro ha ingaggiato battaglia. La rabbia pubblica alla sua insensibile posizione è in crescita con la popolazione che con pentole e coperchi protesta ogni giorno.

Modi, che quest'anno aveva invitato Bolsonaro il folle, come principale ospite alla Festa della Repubblica, ovviamente non condivide le sue bizzarre opinioni sul coronavirus. Ma c'è qualcosa di comune tra i due: l'autoritarismo. La richiesta del blocco totale di 1,3 miliardi di persone e una chiusura delle loro attività quotidiane con un preavviso di tre ore e mezza può derivare solo da una mentalità autoritaria. Inoltre, mostra una visione di classe insensibile: è stata una dichiarazione di guerra contro la classe operaia. Il termine "lavoro migrante" è in parte fuorviante [molti lavoratori delle enormi megalopoli indiane provengono da zone rurali ed il blocco improvviso ha spinto molti, soprattutto i lavoratori precari e informali, a far rientro a casa a piedi o in autobus nonostante il blocco, ndt. Cfr Prabhat Patnaik in https://peoplesdemocracy.in/2020/0405_pd/making-tragedy].

La maggior parte dei lavoratori migranti è costituita da lavoratori impegnati nella produzione, costruzione, distribuzione e servizi. Non esiste alcuna protezione per il loro lavoro, nessuna indennità di disoccupazione, nessuna sicurezza alimentare o addirittura un riparo per le loro famiglie. Tutto ciò che Modi ha offerto nei suoi discorsi erano pie preghiere che chiedevano ai datori di lavoro di non licenziare i dipendenti o di non tagliare i salari. Quando gli operai e le loro famiglie hanno scelto di mettersi in cammino, è iniziata la repressione: le persone vengono radunate in rifugi di fortuna o messe in quarantena in condizioni deplorevoli, oppure i più recalcitranti vengono inviati in prigioni temporanee.

La realtà è che dopo tre decenni di politiche neoliberiste, del sistema sanitario pubblico resta uno scheletro indebolito (con eccezioni come il Kerala), nessun accesso universale e uno Stato che respinge di provvedere al servizio pubblico per i bisogni di base. Nel periodo post-pandemico, c'è molto lavoro per noi: ci devono essere politiche alternative al mix tossico di neoliberismo e Hindutva [la forma predominante del nazionalismo indù, wikipedia] e la sinistra deve prendere l'iniziativa per condurre questo percorso alternativo.


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