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Siamo tutti nella stessa barca?

C.I.P. G. Tagarelli | ciptagarelli.jimdofree.com          

24/06/2020

Siamo tutti nella stessa barca?
Un mondo di pace, senza sfruttamento e senza guerre è possibile?

Oggi in piena emergenza Covid-19 in tutto il mondo sentiamo sempre più spesso ripeterci dai governanti che siamo tutti nella stessa barca.

Operai e padroni, razzisti e antirazzisti, sfruttati e sfruttatori dunque avrebbero gli stessi interessi: difendersi dalla pandemia e fare sacrifici per il bene del paese. In questo periodo tutti i governi, dopo aver sospeso le libertà costituzionali, hanno valorizzato la società civile e il volontariato per nascondere le loro incapacità e il loro sostegno ai capitalisti chiamando tutti all'unità nazionale, al sostegno della "patria".

Anche in piena pandemia lo sfruttamento dei lavoratori e le guerre imperialiste di rapina hanno continuato come prima, in alcuni casi più di prima, perché le guerre nel capitalismo sono inevitabili e necessarie al processo d'accumulazione attraverso i cicli di distruzione e ricostruzione del capitale, anche in casi di pandemie.
Noi crediamo che compito dei lavoratori in tutti i paesi sia quello di combattere contro lo sfruttamento capitalistico: per questo critichiamo il concetto interclassista di "unità nazionale", di "società civile" che dissolve i confini tra le classi sociali, nell'interesse dei padroni.

La nostra lotta è contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per eliminare la società del lavoro salariato che genera e perpetua costantemente gli operai come schiavi salariati e i borghesi come padroni, non per "dare un volto umano" alla globalizzazione.

La globalizzazione non è un fenomeno naturale, ma il prodotto dell'imperialismo, cioè del capitalismo globale, quello che distrugge i nostri posti di lavoro e i nostri diritti. La globalizzazione capitalista ha distrutto intere nazioni, e non può essere "umanizzata".
Il capitalismo "umanizzato" è il migliore dei mondi possibili, ma solo e soltanto per i padroni che possono lucrare e sfruttare in pace, senza conflitti.

Noi continuiamo ad avere una visione classista della società, a lottare per una società socialista. Noi combattiamo per il comunismo, l'unico sistema sociale che può creare un mondo senza sfruttamento, senza milioni di morti sul lavoro e di lavoro, senza guerre, che impedisca che miliardi d'esseri umani muoiano di sete, di fame o di malattie; che può garantire un lavoro, una casa, il cibo, l'assistenza e le cure mediche, l'istruzione, la pace a tutti.

A chi ci accusa di sostenere obiettivi utopistici, di essere sognatori, di volere l'impossibile, noi rispondiamo che se l'unico "mondo possibile" è quello che permette "un miglior controllo della globalizzazione" limitandone i danni, noi non lo vogliamo.
Proprio perché siamo realisti, vogliamo e lottiamo per l'emancipazione della classe operaia e proletaria e, con essa, di tutta l'umanità.

Se dobbiamo sognare, non ci limitiamo a farlo in piccolo, preferiamo farlo in grande.
Crediamo che gli unici legittimati a parlare in nome degli sfruttati e degli oppressi siano gli stessi soggetti che lottano e si organizzano senza delegare a nessuno la difesa dei loro interessi.

I tempi sono maturi, o gli operai ed i lavoratori comunisti di tutto il mondo (anche in Italia) cominciano a collegarsi, unirsi, coordinarsi, misurandosi sul "che fare", dandosi strumenti e istanze idonee per intervenire ed incidere nelle lotte, preparando in tal modo l'alba di un nuovo giorno, o saranno condannati a rimanere classe subalterna venendo meno al loro compito storico: la liberazione proletaria.


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