www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 20-07-20 - n. 758

L'inganno sulla povertà

Prabhat Patnaik | peoplesdemocracy.in
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

19/07/2020

Si sprecano le pacche sulle spalle di autocompiacimento tra i governi, i funzionari della Banca mondiale e molti economisti per il "declino della povertà" che sarebbe dovuto avvenire tra il 1990 e l'inizio della recente pandemia. Questo calo è determinato in base a una soglia di povertà internazionale (IPL) di 1,90 $ al giorno (a parità di potere d'acquisto, PPP, del 2011) elaborata dalla Banca mondiale, che sostanzialmente definisce la povertà nel mondo come mancanza di accesso per più di un giorno al paniere di beni che la cifra di 1,90 $ consentirebbe di acquistare negli Stati Uniti nel 2011.

Quanto sia ridicolmente bassa questa cifra lo si può valutare da due fatti. Nel 2011, negli Stati Uniti, 1,90 $ sarebbero bastati per comprare una tazza di caffè e niente di più. In India, l'equivalente di 1,90 $ nel 2011, con un tasso di cambio nominale a 95 Rupie, che sarebbe stato solo di 29 Rupie con tasso di cambio a parità di potere d'acquisto, avrebbe a malapena consentito l'acquisto di due bottiglie di acqua potabile.

In base a questa definizione 1,895 miliardi di persone, ovvero il 36% della popolazione mondiale, erano povere nel 1990. Il numero era sceso a 736 milioni nel 2015, che rappresenta il 10% della popolazione mondiale. Questa è la base per l'affermazione secondo cui "oltre un miliardo di persone sono state sollevate dalla povertà in questo periodo".

Prima di andare oltre, dobbiamo esaminare anche questa dichiarazione. Il calo della povertà nel mondo anche su questo parametro è in gran parte dovuto alla Cina. Nel 1990 c'erano in Cina 750 milioni di persone al di sotto dell'IPL. Questo numero era sceso a soli 10 milioni nel 2015, vale a dire un calo di 740 milioni. Pertanto, il 64% del numero di persone "sollevate al di sopra della soglia di povertà internazionale" era interamente attribuito alla Cina. In effetti, nell'Africa sub-sahariana e in Medio Oriente, proprio in questo periodo, il conto dei poveri in base a questo criterio è aumentato di 140 milioni. Se c'è una vera riduzione nella povertà verificatasi in qualche parte del mondo secondo le stime della Banca mondiale, allora è in Cina, il che dovrebbe smorzare l'autocompiacimento di Banca mondiale ed economisti che accolgono le sue stime sulla povertà.

Con una soglia di povertà leggermente diversa, 2,5 $ al giorno, il conto globale dei poveri non sarebbe affatto sceso tra il 1990 e il 2010 se la Cina ne fosse stata esclusa. E con un IPL ancora più elevato, di 5,5 $ al giorno, il numero sarebbe aumentato da 2 a 2,6 miliardi tra il 1990 e il 2015, con Asia orientale e Pacifico tenuti fuori. Quindi, il cosiddetto declino della povertà è un fenomeno fortemente localizzato e limitato alla Cina e al resto dell'Asia orientale.

Ma il vero problema con le stime della Banca mondiale, come già accennato, è che il suo IPL è fissato a un livello incredibilmente basso, cosa che sottostima notevolmente la povertà mondiale. Questo è un punto su cui molti a sinistra hanno battuto per lungo tempo e che ora ha enfatizzato anche un rapporto delle Nazioni Unite preparato per il Consiglio dei diritti umani.

Il motivo della sottostima della povertà nel mondo secondo la valutazione della Banca mondiale è abbastanza semplice: l'IPL della BM non si basa su alcun criterio oggettivo come l'ammontare della spesa richiesta per soddisfare un insieme definito di "esigenze di base" o un valore nutrizionale standard, o qualcosa del genere. Prende semplicemente le soglie di povertà nazionali di 15 fra i paesi più poveri, appartenenti principalmente all'Africa sub-sahariana, li converte ai tassi di cambio a parità di potere d'acquisto (non ai tassi di cambio nominali) in dollari statunitensi del 2011, quindi calcola una media di questi a arriva al suo IPL, fissato a 1,90 $ per il 2011. Non si conoscono le basi precise di queste soglie nazionali di povertà; e poiché i governi in genere tendono ad abbassarle al fine deliberato di esagerare i loro "meriti" nel campo dell'eradicazione della povertà, queste soglie di povertà nazionali sono già sottostimate.

Inoltre, non vi è alcun motivo per cui le soglie nazionali di povertà di alcuni paesi debbano essere utilizzate per tutti i paesi indipendentemente dalle differenze nazionali. In effetti, le soglie di povertà nazionale già esistenti nella maggior parte dei paesi sono significativamente più elevate dell'IPL della Banca mondiale, quindi l'entità della povertà nel mondo, anche per questo motivo, è di gran lunga più elevata di quanto sembri usando l'IPL della BM.

E, infine, sono pochissimi i paesi che hanno sondaggi a campione così elaborati a livello nazionale come l'India, dove c'è un rilevamento di grandi campioni ogni cinque anni e uno di piccoli campioni ogni anno. Alla debolezza dell'IPL, pertanto, vanno a sommarsi le criticità delle informazioni di base fornite da chi risponde.

Inoltre, ci sono altri tre punti che rendono insostenibile l'annuncio di un declino del conto dei poveri nel mondo. Il primo è il fatto che gli indici dei prezzi tipici non catturano l'effettivo aumento del costo della vita. Questo può essere illustrato riferendosi ai dati indiani. Gli indici dei prezzi fissano quanto un paniere di beni che una determinata popolazione consumava nell'anno di riferimento costerebbe oggi rispetto all'anno base. Nel frattempo però la composizione del paniere cambia nella realtà, non sempre spontaneamente ma perché i vecchi beni e servizi escono gradualmente dal paniere mentre ne vengono introdotti di nuovi.

L'esempio più importante qui è l'introduzione dell'assistenza sanitaria e dell'istruzione private a causa del perseguimento di politiche neoliberali. Mentre è perfettamente possibile che tra l'anno base e l'anno in corso, i tassi degli interventi chirurgici e di altre procedure negli ospedali pubblici siano rimasti invariati, lasciando quindi invariato il costo dell'assistenza sanitaria nell'indice dei prezzi, la crescente indisponibilità di assistenza sanitaria pubblica spingerebbe sempre più persone verso le strutture sanitarie private molto più costose, aumentando così in modo sensibile la loro spesa sanitaria. Il movimento dell'indice dei prezzi qui sottostimerebbe l'aumento del costo della vita. Quindi, quando osserviamo un IPL equivalente per un qualsiasi insieme di anni, l'aumento della cifra che otteniamo (dall'indice dei prezzi) sarebbe inferiore a quella che il costo della vita reale fa aumentare. Ciò quindi ingigantirebbe il declino della povertà nel tempo (o minimizzerebbe l'aumento della povertà nel tempo). Il declino della povertà suggerito da queste cifre è quindi sbagliato.

Questo è uno dei motivi principali per cui la soglia della povertà in India oggi è molto al di sotto di quella che dovrebbe essere se prendessimo sul serio la definizione originale di povertà, vale a dire il livello di spesa di un contadino per accedere a 2200 calorie al giorno e di un cittadino per 2100 calorie al giorno. Le stime sul conteggio della povertà vengono di conseguenza abbassate, dando la falsa impressione di un calo della povertà. Questo problema tuttavia non è specifico dell'India; è un fenomeno mondiale sotto il neoliberalismo, a causa della privatizzazione dei servizi essenziali.

La seconda ragione per cui il preteso declino della povertà nel mondo sarebbe sbagliato è la caduta dei prezzi delle materie prime che si è verificata dopo il 2011. Tra aprile 2011 e dicembre 2019, vale a dire prima della comparsa della pandemia, si è verificata una caduta del 38% nell'indice dei prezzi di tutte le materie prime del FMI. Questo deve aver peggiorato gli standard di vita di un gran numero di persone nel terzo mondo. Se questo fatto non si riflette sul loro consumo, ciò potrebbe essere dovuto a un maggiore indebitamento che avrebbe consentito loro di mantenere un determinato livello di consumo. Annunciare un declino della povertà quando il consumo viene sostenuto attraverso l'indebitamento è assurdo.

La terza ragione è analoga alla seconda, vale a dire l'aumento della disoccupazione che si è verificato negli ultimi tempi a causa dell'intensificazione della crisi del capitalismo mondiale, di cui il calo dei prezzi delle materie prime è una conseguenza. A causa della maggiore disoccupazione, il consumo deve essere diminuito o comportare un maggiore indebitamento per essere sostenuto. In India, ad esempio, la disoccupazione prima della pandemia era stata la più alta degli ultimi 45 anni.

Il fatto che tutti questi fattori abbiano avuto un impatto immensamente negativo sul livello di consumo in India è evidente dai dati del National Sample Survey per il 2017-18 sulle spese dei consumatori, dati così scioccanti che il governo Modi ha deciso di sopprimerli del tutto. Nell'India rurale, ad esempio, la spesa per consumo reale pro capite nel 2017-18 è stata inferiore del 9% rispetto al 2011-12.

Affermare in questo contesto che il numero di poveri è diminuito nel mondo, al di fuori della Cina e dell'Asia Orientale, nella migliore delle ipotesi è assurdo, anche in assenza di dati nutrizionali che suggeriscano il contrario.


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