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Cile, dopo quasi cinquant'anni di disperazione

Greg Godels | mltoday.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/05/2021

Il 15 e 16 maggio di quest'anno, il popolo cileno ha dato inizio a un processo che mira a porre fine all'interruzione quasi cinquantennale dello sviluppo sociale ed economico della nazione. Con l'elezione di un organo rappresentantivo destinato a dare vita a un'Assemblea Costituente, gli elettori cileni potrebbero finalmente chiudere del tutto con l'incubo imposto dal regime militar-fascista di Augusto Pinochet.

Il colpo di Stato militare cileno del 1973 mise fine a quello che era stato il più lungo periodo di governo parlamentare formale mai vissuto da un Paese sudamericano. La sinistra internazionale considerava il governo di coalizione di Unidad Popular, guidato dai partiti socialista e comunista ed eletto nel 1970, come un esperimento sulla praticabilità della via parlamentare al socialismo. Anche la classe dominante cilena e il governo degli Stati Uniti lo vedevano in questo modo, ed erano decisi a schiacciarlo.

Con la distruzione da parte del golpe dell'esperimento socialista e l'imposizione di un regime fascista, il Cile si trasformò in un laboratorio per le più brutali politiche del fondamentalismo di mercato: privatizzazioni, deregulation, dominio incontrastato del profitto sulla vita economica. Sotto la guida della cosiddetta «Scuola di Chicago» di economia politica, il Cile divenne il sogno dei liberisti più estremi - un vero e proprio «Stato di natura» hobbesiano.

L'esperimento fu fallimentare in base ai parametri borghesi, e ancor più alla luce degli indici di povertà relativi alle condizioni della popolazione.

Tragicamente, il debito accumulato per smantellare gli aspetti peggiori di questa disastrosa politica ha finito per superare quello accumulato dal governo Allende per espandere i benefici sociali della popolazione nel 1970-1973.

Dopo l'uscita di scena di Pinochet, il Cile è rimasto in un limbo, stretto tra le limitazioni al cambiamento imposte dalla costituzione non democratica introdotta da Pinochet nel 1980 e le pressioni a favore della democrazia e del progresso sociale esercitate dai movimenti sociali.

Con l'elezione dell'Assemblea Costituente del 15-16 maggio, e la possibilità di dare forma a una nuova costituzione progressista superando quarantotto anni di arretratezza e sviluppo ritardato, il futuro del Cile appare finalmente più luminoso. Particolarmente rilevante in queste elezioni è stato l'ottimo risultato riportato dalla coalizione guidata dal Partito Comunista Cileno - seconda formazione all'Assemblea Costituente per numero di delegati eletti.

Si tratta indubbiamente di un passo avanti; ma non va dimenticato il prezzo pagato dal popolo cileno per quasi mezzo secolo a causa degli effetti della repressione fascista e di uno sfrenato sfruttamento economico.

E non va dimenticato nemmeno il ruolo ripugnante e brutale svolto dal governo USA nella distruzione dell'esperimento di Unidad Popular - ruolo che esso continua a svolgere nel sabotaggio degli sviluppi indipendenti in Venezuela, a Cuba, in Bolivia, in Ecuador, in Brasile e praticamente in ogni altro Paese americano.

Recentemente, la documentazione raccolta da un sostenitore della democrazia cilena - un testimone diretto e una vittima delle macchinazioni dei vergognosi servitori dell'imperialismo USA - ha riportato alla memoria l'intervento massiccio, decisivo e inaccettabile svolto allora dal governo degli Stati Uniti.

Nel febbraio 1974, Geoffrey Fox, insieme ad altri undici cittadini di Chicago - tra cui i sindacalisti Abe Feinglass, Ernie DeMaio e Frank Teruggi Sr (il figlio del quale, Frank Jr, era stato assassinato dalla giunta di Pinochet) - si recò in Cile per una missione di accertamento dei fatti.

Attraverso una gran mole di interviste, incontri e anche contatti clandestini, i membri del gruppo poterono verificare tutto l'orrore della macelleria di Pinochet. Un ufficiale dell'esercito disse loro: «Siamo passati dalla fase della strage di massa a quella della strage selettiva».

Al suo ritorno in patria, Fox redasse un rapporto dettagliato e di prima mano della situazione. In veste di vice-presidente della Federazione Americana degli Insegnanti (American Federation of Teachers, AFT), ritenne ovviamente che il bollettino dell'organizzazione sindacale, The American Teacher, avrebbe ospitato volentieri un articolo che descriveva la sorte spietata subita dagli insegnanti sotto Pinochet.

Non si sbagliava. Il direttore David Elsila, un veterano difensore dei diritti dei lavoratori, accettò prontamente l'articolo di Fox e premette per la sua pubblicazione. Il pezzo fu inviato in tipografia per la composizione, pronto per essere stampato.

Ma Fox ed Elsila avevano sottovalutato la vasta portata del consenso anticomunista creatosi nella guerra fredda, che dal suo nucleo d'origine ai livelli più alti del governo si estendeva agli apparati di sicurezza, al sistema scolastico, ai media e ai vertici sindacali. La febbre della guerra fredda aveva imposto a tutte queste istituzioni di allinearsi agli obiettivi (obiettivi imperialistici!) della politica estera USA.

Dopo aver epurato gli elementi di sinistra all'interno delle organizzazioni sindacali e aver espulso i sindacati di sinistra, i vertici sindacali di centro-destra accettarono di stipulare un'empia alleanza con la classe dominante degli Stati Uniti. In cambio di un'adesione acritica - e perfino di un'attiva promozione - della politica estera USA, i leader sindacali aspiravano a dare vita a un'era di collaborazione tra capitale e lavoro. Il prezzo da pagare per il capitale fu insignificante: in cambio della concessione di aumenti nominali in termini di salari e benefici, esso ottenne la cooperazione dei sindacati nella repressione delle rivolte dei lavoratori in altre regioni del mondo. Radicalismo e solidarietà furono messi da parte a vantaggio della pace sindacale - un risultato soddisfacente sia per i leader sindacali compiacenti, sia per i guardiani del capitalismo, che costituì tuttavia un vergognoso tradimento nei riguardi della classe operaia internazionale.

Nessuno incarnò questo tradimento più dell'assistente del presidente dell'AFT, Alfred Max Loewenthal. Quasi tutti i sindacati appartenenti all'AFL-CIO e alla Federazione utilizzavano «cani da guardia» incaricati di prevenire la contaminazione dell'organizzazione da parte della seppur minima forma di ideologia o azione radicale. Molto spesso si trattava di ex-comunisti o ex-trotzkisti, caratterizzati da un profondo rancore nei riguardi dei partiti comunisti e dei loro alleati di sinistra. Si poteva contare su di loro perché tacitassero prontamente ogni minimo sussurro di critica alla politica imperialista degli Stati Uniti.

Il più famigerato di costoro era Jay Lovestone, un ex-comunista che grazie al suo anticomunismo divenne il principale consulente di politica estera della corrente di centro-destra del movimento sindacale, nonché il contatto di quest'ultima con la CIA. Non è un'esagerazione ravvisare in lui il principale responsabile della complicità del movimento sindacale americano con la CIA nel contrastare i movimenti sindacali di sinistra in tutto il mondo durante la guerra fredda.

Il «cane da guardia» dell'AFT era Al Loewenthal. Era entrato nel movimento sindacale in veste di leader di una sezione anticomunista del sindacato radicale United Electrical Workers Union (UE). Quando nel periodo della guerra fredda fu creato il sindacato rivale anticomunista IUE, allo scopo di soppiantare l'UE, Loewenthal vi aderì con entusiasmo, facendo carriera nella gerarchia dell'IUE per poi sfuggire a uno scandalo e passare all'AFT.

Loewenthal divenne un elemento importante della struttura anticomunista e filo-imperialista dell'AFL-CIO, mettendosi al servizio del famigerato American Institute for Free Labor Development (AIFLD) che collaborava con la CIA.

Quando Elsila ebbe l'ardire di stampare il rapporto di Fox sul bollettino dell'AFT, Loewenthal vi si avventò sopra da quel rabbioso cane da guardia che era.

Nel rifiutare la pubblicazione del rapporto di Fox sulla spietata repressione in atto in Cile, Loewenthal spiegò:

In sostanza, ciò che ho redatto è una critica - e forse anche una protesta - contro l'utilizzo dell'articolo di Fox come esempio lampante dell'introduzione in A. T. [The American Teacher] di un'ideologia che diverge dalla linea dell'AFT e dell'AFL-CIO su una questione di attualità... Quel che è peggio, la sua pubblicazione avrebbe fatto di A. T. uno strumento della strategia comunista sul Cile, esponendo al ridicolo l'AFT.

Elsila contrappose una difesa ammirevole, per quanto vana. L'isteria anticomunista trionfava regolarmente nel dissanguato movimento sindacale del dopoguerra e della guerra fredda - come sovente accade anche oggi. Nella sua replica, Elsila affermò:

Fox è un sociologo rinomato, autore di studi sull'America Latina; parla correntemente spagnolo; e le sue credenziali sindacali comprendono la sua elezione a vice-presidente della sua sezione dell'AFT. Lo scopo del comitato era accertare in quale misura i lavoratori stiano soffrendo sotto la giunta, e documentare le osservazioni raccolte. Il rapporto della commissione e l'articolo di Fox si basano su interviste all'ambasciatore USA in Cile, funzionari della giunta, sindacalisti e lavoratori di base e altri soggetti. Si tratta sostanzialmente del rapporto più completo attualmente disponibile sulla situazione odierna in Cile.

Naturalmente, niente di tutto ciò aveva importanza per gli implacabili «guerrieri freddi». Fu così che, all'insaputa dei suoi iscritti, l'AFT contribuì a puntellare una dittatura fascista e si schierò dalla parte sbagliata della storia del movimento operaio. Non si poteva certo pretendere che gli iscritti mandassero giù di buon grado la macelleria in atto in Cile.

E così, al posto di un rapporto che invocava la solidarietà con i lavoratori di un altro Paese, gli iscritti dell'AFT dovettero sorbirsi l'ennesima paternale da guerra fredda sul dissidente sovietico Aleksandr Solženicyn. Soltanto molti anni dopo, quando i servizi di sicurezza non avevano più bisogno di Solženicyn, saremmo venuti a sapere del suo ultra-conservatorismo, del suo disprezzo per la democrazia e del suo antisemitismo. La verità fu sacrificata nell'interesse degli obiettivi imperiali degli Stati Uniti.

Fox ed Elsila non rinunciarono alla loro battaglia. Ben presto Elsila abbandonò l'AFT per dirigere Solidarity, il bollettino della United Auto Workers (UAW), un sindacato anch'esso segnato da uno sgradevole retaggio da guerra fredda, ma caratterizzato da una tolleranza leggermente maggiore. Fox ha continuato a insegnare e a scrivere di America Latina, occupandosi anche di altri temi progressisti - quest'anno uscirà il suo romanzo sulla Comune di Parigi.

La loro vicenda è qualcosa di più di un aneddoto sulla guerra fredda. E non è semplicemente un ricordo del passato: mette in luce i meccanismi invisibili che intorbidano incessantemente le acque, creando una falsa immagine della politica estera USA e al tempo stesso indebolendo i legami della nostra comune appartenenza al genere umano. Quelle stesse istituzioni che allora rinunciarono alla propria indipendenza, vendettero la propria integrità per essere accolte nelle cerchie dominanti e danneggiarono la solidarietà internazionale contribuiscono ancora oggi a permettere a chi governa gli Stati Uniti di ostacolare il progresso sociale in Venezuela, in Afghanistan e in molti altri luoghi vicini e lontani.

La disonestà e la corruzione ideologica che portarono Loewenthal a servire le forze che distrussero il Cile a partire dal 1973 contaminano ancora oggi i media, le ONG, le organizzazioni di facciata finanziate dalla CIA, gli intellettuali pubblici, i servizi di sicurezza, l'apparato della politica estera e - purtroppo - anche il movimento sindacale.

Per il Cile, il prezzo è stato incalcolabile.

Ora, forse, il popolo cileno potrà riprendere ad avanzare.


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