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- osservatorio - mondo - politica e societą - 20-12-22 - n. 851
Perché ci hanno messo così tanto? New York Times e Guardian chiedono finalmente la libertà di Assange
Thomas Scripps | mronline.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
19/12/2022
Dopo dieci anni dacché l'editore di WikiLeaks Julian Assange è stato costretto a rifugiarsi nell'ambasciata ecuadoriana a Londra e dopo tre anni dal suo arresto e isolamento, gli editori e redattori del New York Times, del Guardian, di Le Monde, di El País e di Der Spiegel hanno pubblicato una lettera aperta in cui chiedono al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden di porre fine al processo contro Assange.
Finalmente, queste testate hanno riconosciuto che il materiale pubblicato da Assange era di vitale interesse e importanza pubblica, notando che ciò che ha reso noto "ha rivelato corruzione, scandali diplomatici e affari di spionaggio su scala internazionale" le "decisioni che costano di più al Paese in termini di vite e denaro".
A tutt'oggi, scrivono, i giornalisti e gli storici continuano a pubblicare nuove rivelazioni, utilizzando l'eccezionale mole di documenti.
Nella lettera si legge che: "Il 12 aprile 2019, Assange è stato arrestato a Londra su mandato di cattura degli Stati Uniti ed è ora detenuto da tre anni e mezzo in un carcere britannico di massima sicurezza solitamente utilizzato per i terroristi e i detenuti per criminalità organizzata. Rischia l'estradizione negli Stati Uniti e una condanna fino a 175 anni in un carcere americano di massima sicurezza.
Gli autori si oppongono all'uso contro Assange di "una vecchia legge, l'Espionage Act del 1917 (concepito per perseguire potenziali spie durante la Prima Guerra Mondiale), mai invocata per perseguire un editore o un'emittente".
La lettera conclude che questo "costituisce un pericoloso precedente e minaccia di minare il Primo Emendamento americano e la libertà di stampa. Ottenere e divulgare informazioni sensibili quando è necessario nell'interesse pubblico è una parte fondamentale del lavoro quotidiano dei giornalisti. Se questo lavoro viene criminalizzato, il nostro discorso pubblico e le nostre democrazie si indeboliscono notevolmente... È ora che il governo degli Stati Uniti ponga fine all'azione penale contro Julian Assange per la pubblicazione dei segreti".
La lettera aperta chiarisce che Assange è stato vittima di una mostruosa campagna di persecuzione da parte dello Stato, che gli è costata anni di vita e salute, per aver rivelato la criminalità di Stato, con l'obiettivo di intimidire altri.
Ma questo solleva la domanda: Perché c'è voluto così tanto tempo? Perché ci sono voluti 10 anni prima che il New York Times e il Guardian chiedessero la fine del processo ad Assange?
La condotta di questi giornali negli ultimi dieci anni è stata assolutamente riprovevole. I loro sforzi per avvelenare l'opinione pubblica contro Assange, per dare credito alle false affermazioni e accuse mosse contro di lui, hanno facilitato la persecuzione dello Stato americano contro questo giornalista di principi e coraggioso.
Il britannico Guardian è stato il primo a collaborare con WikiLeaks nella pubblicazione dei cablogrammi. Ha interrotto i rapporti nel giro di un mese dalla pubblicazione e si è rapidamente lanciato in una campagna di diffamazione dei media di tutto il mondo, cercando di rendere Assange un paria internazionale.
Per spiegare la sua precedente collaborazione con WikiLeaks, il giornale ha scritto in un editoriale del dicembre 2010, "WikiLeaks: l'uomo e l'idea", che aveva accettato di pubblicare solo "un piccolo numero di cablogrammi" e ha sottolineato il suo minuzioso "processo di editing, contestualizzazione, spiegazione e redenzione". In altre parole, ha agito per controllare le conseguenze dei dettagli di omicidi, torture, spionaggio e corruzione contenuti nei documenti.
A questo punto, il Guardian e altre testate si sono scagliate ferocemente contro Assange, incentrando i loro attacchi su un'indagine per violenza sessuale e una richiesta di estradizione svedesi, architettate per svilire il suo nome, assicurarne la cattura e prepararne l'estradizione negli Stati Uniti.
Il caso è stato nel frattempo smascherato e abbandonato, ma è servito a garantire la detenzione arbitraria di Assange, durata sette anni, costretto a chiedere asilo nell'ambasciata ecuadoriana a Londra mentre una squadra di polizia lo assediava. Questo periodo, durante il quale Assange è stato spiato dai servizi segreti statunitensi e oggetto dei loro piani di rapimento e assassinio, è stato omesso nella lettera aperta.
Nel frattempo, gli attacchi al personaggio Assange sono continuati. Il Guardian si è spinto fino a inventare un incontro tra Assange e l'alleato di Donald Trump, Paul Manafort - lanciato come un'esclusiva - quale parte della sua campagna per coinvolgerlo in una presunta cospirazione del governo russo per interferire nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016.
Anche quando, nell'aprile 2019, venne rivelata l'intera portata del caso statunitense contro Assange, la prima risposta del Guardian fu di proporre nuovamente l'estradizione in Svezia come modo per metterlo a tacere evitando si sollevassero difficoltà con l'utilizzo dell'Espionage Act.
La lettera chiarisce che, fin dall'inizio, gli editori e direttori di questi giornali hanno capito che Assange stava operando come giornalista, innocente di qualsiasi reato.
Se il Guardian, il New York Times e altri, con un completo capovolgimento, si oppongono esplicitamente alla persecuzione di Assange, è per il timore che un processo farsa a un giornalista che ha denunciato i crimini di guerra degli Stati Uniti scateni una grave crisi politica per l'amministrazione Biden.
Qualsiasi processo ad Assange si scontrerebbe con una massiccia opposizione popolare e getterebbe ulteriore luce sui crimini commessi dall'imperialismo statunitense, anche sotto l'amministrazione democratica di Barack Obama, in cui Biden è stato vicepresidente.
L'esposizione dei crimini di guerra statunitensi avverrebbe in un momento in cui gli Stati Uniti stanno espandendo la loro guerra per procura contro la Russia in Ucraina, venduta al pubblico con la motivazione che l'intervento statunitense è necessario per prevenire le atrocità russe.
Inoltre, qualsiasi processo farebbe luce sul ruolo riprovevole del New York Times e del Guardian nel facilitare la persecuzione di Assange.
Il movimento in difesa di Assange deve basarsi sulla classe operaia internazionale, una forza più potente di tutti i governi, le agenzie di intelligence e le corporazioni messe insieme, che deve fare della sua difesa il punto focale di una controffensiva contro il militarismo e tutti gli attacchi ai diritti democratici e sociali. Mentre la guerra NATO-Russia continua - con il sostegno entusiasta del New York Times, del Guardian e di tutti gli altri - questa lotta è più importante che mai.
Testo della Lettera aperta dei redattori e degli editori dei cinque media internazionali da theguardian.com
Il governo degli Stati Uniti dovrebbe porre fine al processo contro Julian Assange per la pubblicazione di segreti.
Dodici anni fa, il 28 novembre 2010, i nostri cinque media internazionali - New York Times, Guardian, Le Monde, El Pais e Der Spiegel - hanno pubblicato, in collaborazione con Wikileaks, una serie di rivelazioni che hanno fatto il giro del mondo.
"Cable gate", un insieme di 251.000 cablogrammi riservati del Dipartimento di Stato americano, ha rivelato corruzione, scandali diplomatici e affari di spionaggio su scala internazionale.
Nelle parole del New York Times, i documenti raccontavano "la storia senza veli di come il governo prende le sue decisioni più importanti, quelle che costano di più al Paese in termini di vite e denaro". Ancora oggi, nel 2022, giornalisti e storici continuano a pubblicare nuove rivelazioni, sfruttando l'eccezionale patrimonio di documenti.
Per Julian Assange, editore di Wikileaks, la pubblicazione di "Cable gate" e di molte altre fughe di notizie correlate ha avuto le conseguenze più gravi. L'11 aprile 2019, Assange è stato arrestato a Londra su mandato di cattura degli Stati Uniti ed è ora detenuto da tre anni e mezzo in un carcere britannico di massima sicurezza solitamente utilizzato per i terroristi e i membri di gruppi criminali organizzati. Rischia l'estradizione negli Stati Uniti e una condanna fino a 175 anni in un carcere americano di massima sicurezza.
Questo gruppo di redattori ed editori, che hanno tutti lavorato con Assange, ha sentito il bisogno di criticare pubblicamente la sua condotta nel 2011, quando sono state diffuse copie non desecretate dei cablogrammi, e alcuni di noi sono preoccupati per le accuse contenute nell'atto di accusa di aver tentato di favorire l'intrusione informatica in una banca dati riservata. Ma ora ci riuniamo per esprimere le nostre gravi preoccupazioni riguardo alla prosecuzione dell'azione penale nei confronti di Julian Assange per aver ottenuto e pubblicato materiale classificato.
L'amministrazione Obama-Biden, in carica durante la pubblicazione di Wikileaks nel 2010, si è astenuta dall'incriminare Assange, spiegando che avrebbe dovuto incriminare anche i giornalisti delle principali testate. La loro posizione dava importanza alla libertà di stampa, nonostante le scomode conseguenze. Sotto Donald Trump, tuttavia, la posizione è cambiata. Il Dipartimento di Giustizia si è basato su una vecchia legge, l'Espionage Act del 1917 (concepito per perseguire potenziali spie durante la Prima Guerra Mondiale), che non è mai stata invocata per perseguire un editore o un'emittente.
Questa incriminazione costituisce un pericoloso precedente e minaccia di minare il Primo Emendamento americano e la libertà di stampa.
Richiamare i governi alle responsabilità è parte della missione principale di una stampa libera in una democrazia.
Ottenere e divulgare informazioni sensibili quando è necessario nell'interesse pubblico è una parte fondamentale del lavoro quotidiano dei giornalisti. Se questo lavoro viene criminalizzato, il nostro discorso pubblico e le nostre democrazie si indeboliscono notevolmente.
Dodici anni dopo la pubblicazione di "Cable gate", è ora che il governo degli Stati Uniti ponga fine all'azione penale contro Julian Assange per la pubblicazione di segreti.
Pubblicare non è un crimine.
Firmato:
I redattori e gli editori di:
New York Times
Il Guardian
Le Monde
Der Spiegel
El Pais
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