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Palestina

Luis Britto Garcia | luisbrittogarcia.blogspot.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/10/2023



Si tratta di una questione complessa che riguarda le relazioni con se stessa di un'umanità unica che si sente separata da un'infinità di divisioni economiche, politiche, sociali, culturali e strategiche, alcune reali, altre immaginarie, ma sempre rilevanti.

Cominciamo con l'agenda dell'antisemitismo, argomento che viene brandito come un'arma retorica di distruzione di massa, con la quale a volte si pretende di avere ragione senza fornire argomenti. Secondo la Bibbia, Shem era uno dei figli di Noè, rimproverato per aver deriso l'ubriachezza del padre. Da lui sarebbero discesi i popoli che parlano le lingue semitiche legate all'ebraico, come l'aramaico, l'assiro, il babilonese, il siriaco, il fenicio e il cananeo, che comprende le lingue del Vicino Oriente, incluso l'arabo. Per estensione, è consuetudine distinguere come semiti i popoli dell'Islam.

Pertanto, chi discrimina o perseguita gli ebrei è tanto antisemita quanto chi perseguita, discrimina o stermina i musulmani e gli arabi.

Le razze non esistono, come diceva José Martí. Nessuna peculiarità genetica ci lega a un credo religioso o politico. Le nostre opinioni e convinzioni sono inculcate socialmente o sviluppate interiormente dall'esperienza e dal ragionamento.

Il potere, la ricchezza e la religione ereditati distruggono l'uguaglianza e rendono impossibile la convivenza. Lo storico ebraico Schlomo Sand, professore di Storia contemporanea presso l'Università di Tel Aviv, sembra aver dimostrato che la maggior parte di coloro che oggi professano l'ebraismo non discendono geneticamente dagli antichi abitanti della Giudea, ma sono stati convertiti all'ebraismo attraverso un'intensa attività di proselitismo in Europa, Africa e Asia, e tra molte altre regioni in Spagna, Olanda, Mecca, Penisola Arabica e Yemen.

Gli ebrei sono una nazione, in quanto gruppo umano che condivide una serie di valori culturali e aspira a mantenerli, proprio come sono nazioni tutti i popoli della terra.

Ogni nazione ha il diritto di aspirare a costituirsi in Stato, però ogni Stato ha anche il diritto di resistere alla distruzione nella misura in cui i suoi abitanti sono ridotti a nazione.

Israele ha avuto un proprio Stato solo tra il regno di Davide e la conquista assira, tra il 1000 e il 722 a.C., circa 3.000 anni fa.

Con il Trattato segreto Sykes-Picot, Francia, Russia e Gran Bretagna concordarono nel 1917 di dividere i territori del Medio Oriente che erano stati sotto il dominio turco. Nello stesso anno, la Dichiarazione Balfour affermò che "il Governo di Sua Maestà considera favorevolmente l'istituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico e farà del suo meglio per facilitare la realizzazione di questo obiettivo". L'occupazione britannica durò fino al 1947, quando fu sostituita dall'occupazione delle Nazioni Unite, che prevedeva la creazione di due Stati, uno arabo e uno ebraico.

Per nessuno di questi trattati, dichiarazioni o piani, le potenze che li hanno elaborati hanno donato un centimetro del proprio territorio: hanno accettato di sacrificare il territorio della Palestina, senza consultare i palestinesi, i suoi legittimi abitanti e da tempo immemorabile i possessori continui e ininterrotti.

La follia di riportare la Palestina - ma non le potenze occupanti - a una situazione geopolitica mitica di tre millenni fa poteva essere imposta solo con la forza. Nel 1948, i coloni israeliani armati attaccarono la Palestina, usurparono il 78% del territorio, espulsero 780.000 abitanti del luogo, li derubarono dei loro beni e, dopo successive vittorie militari, la trasformarono nel più grande campo di concentramento del mondo, delimitato da labirinti di muri invalicabili e governato dall'apartheid, uno status discriminatorio ripetutamente condannato dalle organizzazioni internazionali.

Ho visitato i confini mitragliati e i campi profughi dell'esodo palestinese in Libano, aree di sovraffollamento opprimente, con vicoli larghi un metro e persone bandite da circa ottanta professioni nel Paese ospitante. Su una dozzina di milioni di palestinesi, più della metà è stata costretta a vivere fuori dalla propria patria.

Coloro che affermano di essere strumenti di Dio, di solito usano Dio come strumento. Ciò che è in discussione in Palestina non è la supremazia tra due religioni che adorano lo stesso Dio con rituali diversi, ma l'aggressione armata del colonialismo contro i popoli che rifiutano di essere colonizzati e ricolonizzati.

Kennedy prevedeva una "relazione speciale" con Israele. Dall'amministrazione di Lyndon Johnson, Israele è stato continuamente e instancabilmente sostenuto, assistito, finanziato e armato dagli Stati Uniti e dalla NATO, al fine di mantenere un cuneo militare per facilitare la rapina di energia fossile in Medio Oriente. Il segretario di Stato di Ronald Reagan, Alexander Haig, dichiarò che "Israele è la più grande portaerei USA, è inaffondabile, non trasporta soldati statunitensi e si trova in una regione critica per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti".

Biden ha dichiarato che il suo sostegno a Israele è "solido e incrollabile". Grazie a questo, il sionismo detiene circa 400 dispositivi nucleari. Gli aerei, le bombe e i missili della grande potenza del Nord devastano la Gaza sotto assedio, nonostante le leggi degli Stati Uniti ne vieti l'uso contro i civili; due delle sue portaerei sono vicine alla costa, circa duemila soldati sono stati dispiegati nella regione.

Smantellato dalle guerre, o considerato a malapena un "proto-Stato", lo Stato di Palestina è stato riconosciuto come tale dalla maggior parte dei Paesi dell'ONU nel 2012, e da allora numerosi membri si sono uniti al riconoscimento.

È un luogo comune che la prima vittima di un conflitto sia la verità. Le agenzie di stampa hanno già accumulato menzogne contro Gaza; crederci significa schierarsi con gli aggressori.

Non c'è guerra senza atrocità, perché non c'è atrocità più grande della guerra. Possiamo comprendere anche se non giustificare gli eccessi della vittima, ma non legittimare quelli del carnefice.

È il cumulo di atrocità commesse contro un popolo che ci spinge a mostrargli solidarietà. Nessuno lo merita più del popolo palestinese, vittima di quasi tutti i crimini e autore appena del crimine di difendersi.


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