I file di guerra di WikiLeaks - I resoconti del Pentagono hanno rivelato stragi di civili, torture, omicidi mirati: Washington non ha mai perdonato ad Assange di averla smascherata
"L'unica soluzione accettabile è che WikiLeaks restituisca immediatamente tutte le versioni di quei documenti al governo degli Stati Uniti e che cancelli una volta per tutte i file dal proprio sito web e dai suoi computer". Queste parole del portavoce del Pentagono, Geoff Morrell, arrivarono neppure due settimane dopo che WikiLeaks ebbe pubblicato 76.910 file segreti sulla guerra in Afghanistan: gli Afghan War Logs.
Erano una minaccia esplicita: "Se fare la cosa giusta per loro di WikiLeaks non va bene, allora vedremo che alternative abbiamo di costringerli a fare la cosa giusta", disse Morrell. Il 25 luglio 2010 WikiLeaks rivelò gli Afghan War Logs, i documenti furono rilanciati in tutto il mondo e la reazione del Pentagono fu durissima. Le parole di Morrell suonavano grottesche a chiunque avesse un'idea della sproporzione tra la potenza e le risorse del Pentagono e quelle nelle mani di una piccola organizzazione come WikiLeaks. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti avrebbe potuto schiacciarla come un moscerino.
Ma Julian Assange e la sua organizzazione non si piegarono alle minacce di Washington. Quel "no" al Pentagono, solo uno di una lunga serie, è costato un prezzo insostenibilmente alto a Julian Assange: la libertà. Dal 2010 il fondatore di WikiLeaks non l'ha più riacquistata e, a giorni, potrebbe perderla per sempre, se la giustizia inglese deciderà di estradarlo negli Stati Uniti. La sentenza dell'Alta Corte di Londra sul suo caso è attesa in qualsiasi momento a partire da oggi.
La finestra sulla guerra: gli Afghan War Logs
I 76.910 file registravano in tempo reale gli eventi significativi (SigActs, significant activities) dal gennaio del 2004 al dicembre del 2009, ovvero negli anni che andavano dal secondo mandato presidenziale di George W. Bush fino al primo anno dell'amministrazione di Barack Obama. Ogni unità e avamposto, presente sul teatro di guerra afghano, doveva relazionare in modo estremamente sintetico su: attacchi subiti, scontri, morti, feriti, rapiti, prigionieri, fuoco amico, messaggi di allerta e informazioni sugli Improvised explosive devices (Ied), gli ordigni improvvisati piazzati lungo le strade e azionati a distanza che facevano strage di civili e soldati.
I documenti lasciavano emergere per la prima volta centinaia di vittime civili mai computate e aprivano uno squarcio sulla guerra segreta che si combatteva con unità speciali mai conosciute prima di allora, come la Task Force 373. I file, però, non rivelavano solo i massacri commessi dalle truppe americane, ma anche dai talebani, in modo particolare quelli causati dai loro atroci attacchi con gli Ied, che massacravano civili innocenti.
Era dal 1971, quando Daniel Ellsberg fece uscire i Pentagon Papers - settemila documenti top secret sul Vietnam - che l'opinione pubblica non aveva più avuto l'opportunità di accedere a migliaia di informazioni riservate su una guerra mentre questa era in corso, e non venti o trent'anni dopo, quando ormai i fatti potevano interessare giusto agli storici di professione. L'allora direttore del New York Times li definì "una straordinaria finestra sulla guerra".
A oggi, gli Afghan War Logs rimangono l'unica fonte pubblica che permette di ricostruire attacchi, morti, assassini stragiudiziali avvenuti in Afghanistan tra il 2004 e il 2009, considerata la segretezza di queste operazioni militari. Sono anche una delle pochissime fonti che abbiamo a disposizione per cercare di ricostruire il numero di civili uccisi prima del 2007, di cui nessuno pare avere dati affidabili, neppure la missione delle Nazioni unite in Afghanistan, l'Unama, che compila queste statistiche.
Un database dall'inferno: gli Iraq War Logs
Neppure tre mesi dopo i file sull'Afghanistan, WikiLeaks rivelò 391.832 documenti segreti sulla guerra in Iraq: gli Iraq War Logs. Come quelli sull'Afghanistan, gli Iraq War Logs erano report dal campo scritti dai soldati americani, che riferivano ogni evento significativo (SigAct) che avveniva sul teatro di guerra iracheno primo gennaio 2004 al 31 dicembre 2009. Molti dei report permettono di ricostruire ora dopo ora, nell'arco di una stessa giornata, i blindati americani che saltano sugli Ied, bambini e donne decapitate, gli stranieri rapiti, contractor che sparano senza avere idea di chi ammazzano, truppe statunitensi che sterminano uomini, donne, bambini ai checkpoint. Agghiaccianti anche i documenti sugli abusi e le torture dei detenuti. "3 dicembre 2008, 11:00:00", riporta uno dei file, che descrive un detenuto morto in custodia per un cedimento dei reni e spiega: "C'erano segni di una procedura chirurgica di tipo sconosciuto eseguita sul suo addome". È solo grazie agli Iraq War Logs che una rispettata organizzazione di ricercatori, l'Iraq Body Count, ha potuto scoprire 15mila vittime civili della guerra in Iraq mai emerse prima.
Mani sporche di sangue? "Mai versato"
Gli Afghan War Logs e gli Iraq War Logs furono pubblicati da WikiLeaks in collaborazione con il New York Times, il Guardian, Der Spiegel e altri media. Chi scrive lavorò ai file. Sia WikiLeaks, sia i giornalisti dei media tradizionali lavorarono per proteggere i nomi dei collaboratori delle truppe americane e occidentali sul campo, 15mila file sull'Afghanistan furono messi da parte da WikiLeaks e mai resi pubblici, per proteggerli, e l'Iraq Body Count fece un imponente lavoro per eliminare i nomi sensibili dagli Iraq War Logs.
Nel 2010, gli Stati Uniti misero in piedi una task force del Pentagono di circa cento analisti dell'intelligence, l'Information Review Task Force, alla ricerca di possibili persone a rischio. Tre anni dopo, il Brigadier General Robert Carr, capo dell'Information Review Task Force, incaricata di indagare sulle conseguenze delle pubblicazioni di quei documenti segreti, fu chiamato a testimoniare al processo davanti alla corte marziale a Chelsea Manning, la fonte che aveva passato i documenti segreti a WikiLeaks. Carr testimoniò che dalle indagini della sua task force non era emerso un solo esempio di persona uccisa. Quattordici anni dopo quella pubblicazione, gli Stati Uniti non hanno mai portato un solo nome di individui che siano stati uccisi, feriti o imprigionati a causa delle pubblicazioni di WikiLeaks.