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- osservatorio - mondo - politica e societŕ - 04-06-24 - n. 902
Žižek tra mutamenti reali e la loro descrizione
Tiziano Tussi
03/06/2024
Ancora su Slavoj Žižek, ancora in Internazionale, numero 1565, 31 maggio/6 giugno/2024. Stavolta siamo alla guerra in Israele che andrebbe fermata con parole giuste: Le parole giuste per fermare Israele è il titolo dello scritto. Oltre ad annotazioni condivisibili e piane, ecco alcune perle dell'articolo per arrivare poi all'importanza delle parole per fermare una guerra!
Si inizia con esempi di altri luoghi, Afghanistan, che viene definito sorprendentemente prima della rivoluzione comunista del 1978. Parlando di quel Paese dice: "Il paese era stato relativamente aperto alla modernizzazione fino al 1978, quando i comunisti presero il controllo con un colpo di stato e l'Unione Sovietica intervenne militarmente a sostegno della loro fragile autorità..." Un'affermazione molto spinta dato che in quei luoghi vigeva una società arretrata con squilibri tra maschi e femmine, assenza di servizi sociali significativi in larghe parti del territorio - sanità, scuole - e repressione sessuale verso le donne come pratica di vita degli uomini. Senza parlare di comportamenti che appaiono veramente indecenti. Come la pratica del bacha-bazi, la schiavizzazione per pratiche sessuali di bambini che vanno dai 10 ai 18 anni da parte di uomini di potere locale o regionale afgano, "un paese relativamente aperto alla modernizzazione", dice Žižek.
Mi ricordo, si perde nel tempo, che vidi un documentario sull'Afghanistan, dove veniva mostrato che i chiodi si producevano uno per uno a mano. Pensai: ne porto qualche chilo e mi mantengo per una vacanza un po' di tempo: "un paese relativamente aperto". E poi insiste: "...un paese relativamente pacifico e pluralista verso un regime fondamentalista e autoritario." Indicando i responsabili nell'URSS, Pakistan e Stati uniti, tutti e tre abbracciati da un unico procurato destino.
L'obiettivo è comunque quello di mettere assieme, costruire, sempre, una situazione di legalità, basta dirlo: "…costringere i palestinesi a comportarsi da forza politica legittima vincolata dal diritto e dalle regole internazionali." Come se nella situazione attuale fosse possibile fare questo. Il rispetto per i trattati e i rapporti internazionali ed il diritto interno. Parole che servono? No di certo ma Žižek dice il contrario, le vorrebbe usare. Come cercare acqua pura in una palude.
Mette poi in bella evidenza differenze tra la situazione ucraina e quella palestinese. Le due situazioni non portano a motivazioni simili. La prima non è possibile paragonarla a niente che abbia a che fare con una guerra imperialista. Gli Ucraini si stanno solo difendendo dai Russi invasori. La seconda situazione invece è chiaramente in altro guado. Lì si può cercare una uscita pacifica che abbia il sostegno del diritto internazionale. Insomma, la Russia agisce come potenza imperialista cui gli Ucraini rispondono con le armi, mentre Israele si comporta da stato imperialista cui i palestinesi reagiscono… già reagiscono come? Parrebbe subendo morti di massa sempre più evidenti.
Mettiamo un po' a posto i birilli. La situazione in Israele è evidentemente il risultato di una spinta fortissima per una risoluzione radicale - genocidio di un popolo, del suo esercito. La risposta terroristica di Hamas rientra nel gioco del possibile. Non si può più fare altro. Questo almeno sembra, di primo acchito. Ma anche qui le cose sono più complicate e le elenco solo - rimando la discussione ad altro momento, e solo alcune: concorrenza per il predominio politico militare degli armati palestinesi che fanno riferimento a diverse organizzazioni; rapporti dei responsabili della autorità palestinese con gli stati arabi; rapporti tra il governo di Israele e l'ANP e con Hamas; dinamiche tra i civili palestinesi e le organizzazioni militari; su tutto vola una voglia di pace delle popolazioni palestinesi che non può essere più chiara ed impellente. Ma come chiudiamo? Passando prima per una sottolineatura del comportamento dei nazisti, che ci stanno bene quando si parla di genocidio, più o meno acclarato, Žižek mette in gioco le parole anche loro nel tritacarne della verità.
Bisogna dire la verità, certo. "…furono gli stessi carnefici nazisti a non essere in grado di affrontare la verità: erano incapaci di accettare il fatto che la loro società fosse attraversata da un antagonismo totalizzante, e per evitare di comprenderlo si lanciarono in una furia omicida contro gli ebrei, come se quello sterminio potesse ristabilire un corpo sociale armonioso." Ed ecco perciò entrare in gioco le parole. Anche i nazisti non reggono la parola verità e perciò distruggono i loro nemici, i nemici della loro verità, in primis gli ebrei. E i nazisti sono equiparati alla Russia che pur di non pronunciare quelle parole di verità si rifugia nella realtà della distruzione. Un bel tratto teorico ammaliante ma tanto vuoto. "…scappiamo anche nella realtà (delle azioni brutali) per evitare la verità sulla futilità delle nostre fantasie. Israele sta fuggendo nella realtà della distruzione di Gaza per evitare la verità sulla sua difficile situazione in Medio Oriente, allo stesso modo in cui la Russia sta fuggendo nella realtà della distruzione dell'Ucraina per evitare la verità riguardo la futilità delle sue fantasie euroasiatiche. Il luogo comune che dice "Non limitarti a parlare, fa' qualcosa!", dovrebbe essere rovesciato: "Non limitarti a fare cose, dì la parola giusta!".
L'apoteosi finale: non importa il comportamento reale, ma la descrizione del fenomeno, la sua interpretazione, la didascalia dello stesso. E per cambiare la realtà in fondo basta cambiare didascalia, basta cambiare parole, basta dire. Ognuno scelga a quale celletta del pensiero possa corrispondere tale scompaginante definizione del rapporto tra reale e dichiarazione della verità. Basta infatti dire perché qualcosa accada o comunque per fare sì che qualcosa accada.
Per Žižek, vista la sua simpatia per il pensiero hegeliano, ricordo un passaggio del filosofo tedesco in uno scritto giovanile: "Se un mutamento deve avvenire, qualcosa deve mutarsi" (sui recenti rapporti interni del Wurttemberg, in particolare sui difetti della costituzione del consiglio, Frammento del 1798). Quindi occhio ai mutamenti reali, non alle parole che li descrivono.
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