È difficile pensare a Cuba senza essere coinvolti emotivamente. L'altra notte non sono riuscito a riaddormentarmi, angosciato dal tragico black-out di quasi tutto il Paese con l'avvicinarsi di un uragano.
Certo, il genocidio in Palestina e in Libano suscita emozioni anologhe e pari insonnia; le azioni del governo israeliano sono oscenamente bestiali e criminali. Tuttavia Cuba, per i suoi oltre sessant'anni di sfida all'imperialismo statunitense e per i suoi enormi sacrifici a favore di altri popoli, occupa un posto speciale per me.
Nessun Paese con così poco ha fatto così tanto per gli altri.
Nella prima metà del XX secolo, l'esempio del sostegno disinteressato alla Repubblica spagnola in lotta ha definito i criteri di solidarietà verso gli altri e il portato dell'internazionalismo. L'Unione Sovietica inviò armi e consiglieri sfidando il blocco delle grandi potenze e il sostegno nazista tedesco e fascista italiano ai militari insorti. Decine di migliaia di volontari, in gran parte organizzati dall'Internazionale Comunista, giunsero in Spagna clandestinamente, superando le frontiere chiuse, per difendere la nascente Repubblica.
Milioni di persone si radunarono a sostegno della Repubblica, che tuttavia cadde, in buona parte, a causa dell'indifferenza e dell'ostilità attiva delle cosiddette democrazie. Come mai - molti lo capirono per la prima volta - le democrazie non avrebbero difeso una democrazia emergente?
Negli ultimi sessant'anni, la piccola Cuba è stata il faro della solidarietà e dell'internazionalismo per le generazioni successive. Gli internazionalisti cubani hanno aiutato e combattuto a fianco di quasi tutti i movimenti di liberazione legittimi e di tutti i movimenti per il socialismo in Asia, Africa e Sud America. Medici e operatori umanitari cubani sono accorsi in occasione di disastri in innumerevoli Paesi. Ovunque ci fosse bisogno, i cubani erano i primi a offrirsi volontari, anche negli Stati Uniti (uragano Katrina), il Paese in cui il governo ha danneggiato maggiormente il destino di Cuba.
Non molto tempo fa, Cuba ha organizzato l'aiuto per i combattenti per la libertà del Vietnam.
Anche in tempi più recenti, dovremmo ricordare gli eroi che hanno sacrificato la vita o rimasti mutiliati per liberare le colonie portoghesi di Angola, Mozambico e Guinea-Bissau. I cubani hanno eroicamente dato la loro vita combattendo e sconfiggendo le forze armate razziste del Sudafrica dell'Apartheid e dei suoi sostenitori, infliggendo uno dei colpi più significativi all'imperialismo statunitense dopo la guerra del Vietnam. La classe dirigente statunitense non ha mai dimenticato questa umiliante sconfitta.
Senza dubbio, l'Apartheid prima o poi sarebbe caduta, ma quelle decine di migliaia di volontari cubani hanno accelerato la fine di molti, molti anni.
I cubani però si stavano già sacrificando per la libertà altrui prima di quella straordinaria lotta e anche dopo. Parafrasando la canzone di Joe Hill, ovunque ci fossero persone in lotta, si trovavano internazionalisti cubani: dal Congo di Lumumba al Cile di Allende, dalla Grenada di Bishop al Venezuela di Chavez.
Alcuni ricorderanno che quando Nelson Mandela fu liberato, scelse di visitare prima Cuba per ringraziare il popolo cubano per il suo contributo alla liberazione dell'Africa.
Naturalmente, Cuba da sola non aveva le risorse materiali per affrontare i ben armati militari dell'Apartheid e i loro alleati africani armati dall'Occidente. Accanto e dietro Cuba c'era il sostegno materiale e militare dell'Unione Sovietica. Questa eredità dell'internazionalismo sovietico, unita all'altruismo ispiratore della Cuba di Fidel, ha dato speranza a molti milioni di persone che lottavano per liberarsi dal giogo dell'imperialismo e del capitalismo.
Senza dubbio, la causa principale del continuo dolore di Cuba sono gli Stati Uniti e i loro più stretti alleati. Le grandi potenze non hanno mai perdonato a Cuba di aver organizzato la prima e unica rivoluzione socialista nelle Americhe, così come non hanno mai perdonato ad Haiti di aver dimostrato che gli schiavi africani potevano sollevarsi e sconfiggere una grande potenza e liberare un popolo schiavo. Il blocco statunitense a Cuba ha danneggiato in modo irreparabile un popolo che sperava di sviluppare e seguire un percorso politico indipendente. L'imperialismo punisce un popolo che dà valore alla propria sovranità con la stessa integrità scevra da compromessi che dimostra con il suo appassionato impegno di solidarietà con gli altri e il suo internazionalismo disinteressato.
Eppure il popolo cubano persevera. Non passa inosservato ai cospiratori della CIA e di altre organizzazioni nefaste e al Dipartimento di Stato che - anche nello stato di maggior debolezza, nei suoi momenti più difficili - il popolo cubano mantiene accesa la fiaccola che gli è stata trasmessa da Fidel. Nonostante i migliori sforzi del colosso capitalista del Nord, il socialismo cubano resiste.
In tempi migliori, l'Unione Sovietica ha generosamente aiutato Cuba nel suo percorso di sviluppo. Mancando di seppur modeste risorse industrialmente desiderabili e nonostante gli effetti opprimenti di secoli di sfruttamento imperialista, l'aiuto sovietico ha permesso a Cuba di integrarsi nel Consiglio di mutua assistenza economica (CMEA) della comunità socialista su un piano di parità, persino privilegiato. I media capitalisti hanno spesso paragonato gli aiuti del CMEA a Cuba agli ingenti aiuti degli Stati Uniti a Israele. Per ironia della sorte, Cuba ha usato gli aiuti per diventare una forza per la giustizia sociale globale, mentre Israele ha usato le sovvenzioni statunitensi per far danno, per diventare una forza capace di commettere genocidi e creare un Israele "più grande".
Ma gli aiuti sovietici non ci sono più.
È motivo di dispiacere, e di non poca vergogna, che nessun Paese che abbia intrapreso la strada del socialismo o che abbia beneficiato dei sacrifici di Cuba si sia fatto avanti per colmare anche solo in parte il vuoto. Certo, i Paesi ritenuti "amici" di Cuba hanno rilasciato dichiarazioni forti di condanna del blocco, hanno compiuto gesti "fraterni" e hanno inviato pacchi di generi alimentari di prima necessità, ma non abbastanza da permettere a Cuba di uscire dal disastro economico che è stato centuplicato dal blocco statunitense.
Terre in cui i combattenti internazionalisti cubani sono sepolti, terre con abbondanti risorse energetiche, terre con economie moderne che superano quelle dell'ex economia sovietica, non ricordano i sacrifici disinteressati di Cuba con promesse di aiuto o di organizzazione dell'aiuto in questo momento particolarmente difficile. Può essere presuntuoso aspettarsi che i beneficiari dell'amicizia e della solidarietà cubana facciano sacrifici simili per Cuba: è questo che rende l'eredità del fidelismo così speciale negli annali del socialismo. Ma sicuramente questi Paesi potrebbero individualmente o collettivamente riparare e garantire le infrastrutture di base di Cuba senza grandi sacrifici, per dare a Cuba i mezzi minimi per sopravvivere alla punizione che l'imperialismo ha imposto.
Va detto che il "socialismo con caratteristiche nazionali" sembra escludere l'internazionalismo così centrale per il socialismo del XX secolo.
In realtà, che tipo di socialismo non sacrifica qualcosa per aiutare un Paese socialista in difficoltà, strangolato da un blocco capitalista?
A titolo personale, ricordo bene di aver attraversato il Checkpoint Charlie, il famoso varco tra il socialismo tedesco e il capitalismo tedesco. I turisti e gli altri abitanti dell'Ovest che volevano visitare Berlino Est dovevano tornare indietro attraverso il checkpoint. Al ritorno venivano messi a conoscenza che non potevano né cambiare né conservare la valuta della DDR utilizzata durante il soggiorno nella Repubblica Democratica Tedesca. Le guardie allora offrivano un'opzione ai visitatori spesso scontenti: un grande salvadanaio zeppo di contanti recava un cartello in diverse lingue: "Aiutate a ricostruire il Vietnam".
Ho provato orgoglio nel sapere che ero una piccola parte di un movimento globale determinato a contribuire alla ricostruzione di ciò che l'imperialismo aveva distrutto.
Vedo di nuovo onorata questa promessa di internazionalismo nel rifiuto dei lavoratori di caricare munizioni destinate a Israele nel porto del Pireo, in Grecia.
Posso solo sperare che il socialismo del XXI secolo ripristini l'internazionalismo che era una firma del socialismo del XX secolo.
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