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CECOT: La mega prigione di Bukele dove una bara è l'unica via d'uscita

Devin B. Martinez | peoplesdispatch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

18/04/2025

L'alleanza tra la crescente campagna di espulsione di Trump e l'autoritarismo carcerario del presidente salvadoregno Bukele ha importanti implicazioni per i diritti umani e il futuro della democrazia


Prigione CECOT in El Salvador. Foto: Nayib Bukele/X

Nel febbraio 2023, il governo salvadoregno ha diffuso un filmato girato da un drone che mostrava migliaia di uomini a torso nudo, con la testa rasata, incatenati e accovacciati in formazione compatta, mentre venivano condotti in una prigione di nuova costruzione chiamata Centro di Confinamento del Terrorismo (CECOT).

Il mega-carcere high-tech è stato costruito a ritmo vertiginoso sotto il governo del presidente Nayib Bukele, che ha dichiarato vittoria nella cosiddetta "guerra alle bande" nel Paese.

Essendo la prigione più grande del mondo, il CECOT può ospitare fino a 40.000 persone. Tuttavia, sono già in corso piani per raddoppiarne la capacità fino 80.000, con gli Stati Uniti in grado di "inviare un numero sufficiente di persone per riempirla", secondo quanto riportato dal Wall Street Journal.

Tra lo stato di emergenza  e lo stato di eccezione

L'anno prima dell'inaugurazione del CECOT, il presidente Bukele ha dichiarato lo "stato di emergenza", sospendendo dei diritti costituzionali come il giusto processo, la difesa legale e la libertà di riunione, e consentendo misure come arresti di massa e detenzione preventiva a tempo indeterminato.

"Il CECOT non è altro che una prigione di sterminio per i poveri", afferma Marisel Ramírez, membro del Blocco di Resistenza Popolare e Ribellione, una coalizione di sindacati salvadoregni, gruppi della società civile e organizzazioni politiche. 'Il regime investe in mega-prigioni invece che nella sanità, nell'istruzione o nelle riforme strutturali'.

Oggi, il tasso di detenzione in El Salvador ha superato quello degli Stati Uniti, ex leader mondiale in materia di incarcerazione. Attualmente, 1 salvadoregno su 57 è incarcerato, il triplo del tasso degli Stati Uniti.

Nel marzo 2025, varie organizzazioni per i diritti umani in El Salvador, come l'Istituto per i diritti umani dell'Università Centroamericana (IDHUCA), la Fondazione per lo studio e l'applicazione del diritto (FESPAD) e il Servizio sociale passionista, tra le altre, hanno prodotto un rapporto che raccoglie casi documentati di maltrattamenti, torture e condizioni disumane dei detenuti durante i tre anni dello "stato di eccezione". Tra i risultati emersi figurano:
- oltre 85.000 persone sono state detenute dallo Stato durante questo periodo
- sono stati denunciati 6.889 casi di violazioni dei diritti umani da organizzazioni per i diritti umani
- il 52% dei detenuti sono uomini di età compresa tra i 19 e i 30 anni
- sono state verificate tra le 265 e le 375 morti in custodia dello Stato da diverse agenzie di statistica

Il rapporto chiede l'abolizione dello "stato di eccezione", il risarcimento delle famiglie e delle vittime di violazioni dei diritti umani e indagini indipendenti su tutti gli abusi sui diritti umani commessi.

Benvenuti al CECOT

A molti dei prigionieri del CECOT viene negato il giusto processo. Le visite sono proibite. È vietata la comunicazione con la famiglia, gli amici e persino gli avvocati. I detenuti sono inoltre completamente privati della privacy. Le celle sono affollate, arrivando fino a 80 persone per 23,5 ore al giorno. Condividono letti a castello di metallo e un bagno aperto, sotto la sorveglianza costante delle guardie carcerarie. Non viene offerta alcuna forma di istruzione o ricreazione nella struttura. Le lettere e il materiale di lettura sono vietati. E non ci sono segnalazioni di rilascio di detenuti. CBS News ha riportato le parole del ministro della Giustizia di El Salvador: "L'unica via d'uscita è in una bara".

Infatti, hanno recentemente circolato sui social media immagini e video di Google Earth, mostrando un cortile del CECOT che sembra macchiato di sangue.

Il CECOT è diventato il simbolo di una tendenza globale verso la militarizzazione, l'incarcerazione di massa e la repressione politica con il pretesto della "sicurezza interna". Mentre la detenzione offshore dei migranti da parte di Trump nel CECOT punta i riflettori internazionali sulle politiche di Bukele, sorgono domande urgenti:
- Fino a che punto si spingeranno gli Stati Uniti nell'utilizzare l'infrastruttura repressiva di Bukele per i propri scopi?
- Come ha fatto un sedicente "dittatore" a salire al potere in El Salvador?
- Come stanno reagendo le comunità in El Salvador?


CECOT. Foto: CECOT/X


L'alleanza tra Stati Uniti e Bukele

Sebbene il CECOT sia stato costruito per la repressione interna e l'incarcerazione, ora è un luogo di collaborazione internazionale tra governi di estrema destra. La prigione di Bukele è stata apertamente approvata - e ora direttamente finanziata - dal governo degli Stati Uniti.

Il 15 marzo, con una mossa senza precedenti, l'amministrazione Trump ha deportato circa 250 migranti venezuelani nella prigione CECOT in El Salvador, ignorando l'ordine di un giudice federale di sospendere le deportazioni. Invocando l'Alien Enemies Act (AEA) del 1798 contro i cittadini venezuelani accusati di far parte della banda Tren de Aragua, Trump ha cercato di aprire una via "legale" alla sua politica di deportazioni di massa. Tuttavia, un reportage della CBS News sostiene che la maggior parte dei deportati non ha precedenti penali negli Stati Uniti, e gruppi per i diritti umani e di difesa dei diritti civili hanno respinto qualsiasi base giuridica per l'uso dell'AEA da parte di Trump.

Uno dei deportati, un residente del Maryland e sindacalista di nome Kilmar Abrego Garcia, è diventato una figura centrale nella più ampia crisi giuridica e politica che circonda l'alleanza autoritaria tra Trump e Bukele.

Il caso di Kilmar Abrego Garcia

Kilmar è nato in El Salvador e gode dello status di rifugiato negli Stati Uniti, dove vive da oltre 14 anni. L'amministrazione Trump ha ammesso che è stato espulso per errore e la Corte Suprema ha ordinato al governo statunitense di agevolarne il ritorno. Ciononostante, Trump ha disatteso l'ordine e Bukele rifiuta di rilasciare Abrego. Recentemente, Trump ha accusato Abrego di far parte della gang salvadoregna MS-13, senza prove né un regolare processo.

Dal giorno dell'inaugurazione del CECOT, il governo ha utilizzato i social media per promuovere un'immagine positiva della prigione e dell'approccio autoritario di Bukele. Politici di estrema destra e influencer di YouTube sono regolarmente invitati a visitare il CECOT, dove posano davanti a gruppi di detenuti per il loro pubblico online. Tuttavia, il 16 aprile, al senatore del Maryland Chris Van Hollen è stato negato l'ingresso alla struttura quando si è recato in El Salvador per perorare il rilascio di Kilmar.

Nelle tarde ore del 17 aprile, il senatore è finalmente riuscito a incontrare Abrego fuori dalla prigione. La moglie di Kilmar in una dichiarazione rilasciata dal gruppo di difesa CASA ha attribuito questa piccola vittoria al crescente movimento per la giustizia:

"Ora so che mio marito è vivo... Grazie a tutti, compreso il senatore Van Hollen, gli amici di CASA, tutti i nostri sindacati, i leader religiosi e la comunità per aver continuato questa lotta affinché la mia famiglia possa riunirsi".

In una conferenza stampa tenutasi il 18 aprile all'aeroporto internazionale di Dulles, il senatore ha detto ai giornalisti che Kilmar non è più incarcerato al CECOT, ma è ancora detenuto illegalmente in un'altra prigione salvadoregna. "Il motivo per cui hanno ceduto è piuttosto chiaro: stavano sentendo la pressione", ha detto il senatore.

L'accordo da 15 milioni di dollari dietro il CECOT

L'uso del sistema carcerario salvadoregno per incarcerare i migranti a tempo indeterminato ha suscitato pesanti critiche. Molti si chiedono perché il governo salvadoregno continui a trattenere migranti come Abrego Garcia al CECOT senza alcuna prova che abbiano commesso un reato.

Durante la sua visita in El Salvador, il senatore del Maryland ha sollevato proprio questa questione al vicepresidente Félix Ulloa, il quale ha affermato che l'amministrazione Trump sta pagando l'El Salvador per tenere migranti come Garcia al CECOT.

Secondo quanto riferito, l'amministrazione Trump avrebbe accettato di pagare all'El Salvador 6 milioni di dollari per ospitare centinaia di migranti espulsi dagli Stati Uniti per almeno un anno. Nella conferenza stampa del 18 aprile, Van Hollen ha dichiarato ai giornalisti che l'accordo tra Trump e Bukele potrebbe ammontare a ben 15 milioni di dollari.

"I prossimi saranno i nostri connazionali"

I migranti non sono gli unici a essere destinati all'espulsione verso il CECOT. Durante la visita di Bukele alla Casa Bianca del 14 aprile, è stata registrata registrata l'affermazione di Trump che diceva di voler mandare anche cittadini statunitensi al CECOT. I "criminali locali" sono i prossimi. "Dovete costruire altri cinque posti", ha detto. Al che Bukele ha risposto: "Abbiamo spazio".

Esperti legali e organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che la detenzione offshore di cittadini statunitensi è illegale, ma Trump ha confermato in seguito che "stiamo esaminando la questione e vogliamo farlo".

L'alleanza tra Stati Uniti e Bukele rappresenta una convergenza nella crescente tendenza autoritaria internazionale. Ma questa alleanza non è nata dall'oggi al domani. È il risultato di un progetto politico deliberato che Bukele porta avanti da anni. Ma per capire come il Paese sia arrivato a questo punto, dobbiamo guardare indietro a come Bukele ha trasformato El Salvador in quella che lui stesso definisce una dittatura.

Il "dittatore più cool" del mondo

Per anni El Salvador ha registrato uno dei tassi di omicidi più alti al mondo, alimentato dalle pratiche di estorsione delle bande, come MS-13 e Barrio 18. Le comunità si trovavano spesso coinvolte in scontri a fuoco, in un clima di diffusa insicurezza e scarsa fiducia nelle istituzioni statali in funzione di tutela. Bukele è salito al potere promettendo la fine della violenza, utilizzando una retorica dura contro le bande e la militarizzazione per ottenere il sostegno popolare in un clima di paura e frustrazione.

Tuttavia, secondo gli organizzatori del Blocco di Resistenza Popolare e Ribellione, la politica di sicurezza di Bukele si basa su un patto con le bande, non su una guerra contro di esse. Spiegano che, mentre il presidente sostiene che ci sono 80.000 membri di bande e terroristi in prigione, la Polizia Civile Nazionale riferisce solo del sequestro di 4.000 armi, 20.000 telefoni cellulari e 4 milioni di dollari. Non ci sono stati arresti di leader di spicco delle bande, né sono stati estradati negli Stati Uniti coloro che hanno commesso reati in quel Paese.

I leader del movimento descrivono l'ascesa di Bukele come un chiaro autoritarismo, mascherato da retorica anti-bande, sostenuto dagli Stati Uniti e imposto attraverso la repressione di massa. Bukele gode del sostegno popolare "perché la gente percepisce un miglioramento della sicurezza e lui ha imposto l'idea che i partiti tradizionali fossero corrotti e abbiano condotto una guerra che ha portato a tragedie".

Gli attivisti affermano che l'eliminazione della sinistra nel Paese come opzione politica è stato un obiettivo deliberato del "clan imprenditoriale" di Bukele. Secondo loro, Bukele ha preso di mira in modo specifico il FMLN, un ex gruppo guerrigliero che ha guidato la lotta armata contro la dittatura sostenuta dagli Stati Uniti negli anni '80 e che in seguito ha contribuito a garantire importanti riforme democratiche attraverso gli Accordi di pace.

"L'FMLN è vittima di una campagna diffamatoria da parte del regime... la cui influenza nello Stato e nella società è notevolmente diminuita. Dopo aver governato per 10 anni, l'FMLN non ha alcuna presenza nell'Assemblea Legislativa e non governa più alcuna amministrazione locale", si legge in una dichiarazione del Blocco.

Per comprendere meglio come Bukele abbia consolidato il potere e represso l'opposizione, gli attivisti sottolineano alcuni momenti chiave della storia recente. Ecco una breve cronologia del regime di Bukele:

2019 - Bukele viene eletto presidente

Rompendo con i due partiti dominanti (ARENA e FMLN), fonda il partito Nuevas Ideas e si presenta come un giovane riformista esperto di social media.

2020 - Bukele irrompe nell'Assemblea Legislativa con l'esercito

Fiancheggiato da soldati e poliziotti pesantemente armati, Bukele entra nell'Assemblea legislativa per fare pressione sui deputati affinché approvino un prestito di 109 milioni di dollari, al fine di militarizzare la polizia e l'esercito per combattere le bande criminali.

Le organizzazioni internazionali per i diritti umani condannano l'azione, mentre gli attivisti tracciano un parallelo con la storia delle dittature militari in El Salvador.

2021 - Rimuove i giudici della Corte costituzionale e adotta il Bitcoin

Sostituendo i giudici della Corte costituzionale con fedelissimi e destituendo il procuratore generale, Bukele ottiene il controllo incontrastato su tutti e tre i poteri dello Stato.

El Salvador diventa l'unico Paese al mondo ad adottare il Bitcoin come moneta a corso legale, nonostante le proteste di massa.

Il nuovo tribunale di Bukele stabilisce che la rielezione presidenziale diventi legale, ignorando un divieto costituzionale. Bukele annuncia la sua intenzione di candidarsi alla rielezione nel 2024.

Il governo degli Stati Uniti esercita alcune pressioni su Bukele affinché mantenga le apparenze giuridiche.

I critici sostengono che gran parte della propaganda di Bukele si basi sull'idea che egli stia "cambiando il Paese", ricorrendo a gesti simbolici, piccoli progetti pubblici e alcune modifiche all'apparato amministrativo, come la riduzione del numero dei governi provinciali e comunali.

2022 - Dichiarazione dello "stato di emergenza"

A seguito di un picco di omicidi, Bukele dichiara lo "stato di emergenza", sospendendo i diritti costituzionali e lanciando una cosiddetta "guerra alle bande".

Iniziano arresti di massa senza mandato. Molti vengono detenuti senza prove o senza un giusto processo. Gli attivisti definiscono lo stato di emergenza un "meccanismo di contenimento sociale". Denunciano che i leader popolari sono presi di mira, generando paura e limitando le proteste popolari.

2023 - Inaugurazione della prigione CECOT

Viene inaugurata la mega prigione da 40.000 posti con una campagna propagandistica che mostra i prigionieri in condizioni disumane.

L'investimento in Bitcoin perde oltre il 50% del suo valore, costando a El Salvador centinaia di milioni.

La famiglia Bukele, proprietaria di 12 grandi aziende, monopolizza gli appalti pubblici e si appropria delle risorse statali. La legge sugli appalti pubblici viene praticamente abrogata, limitando l'accesso dello stato ai soli dettagli sulla spesa pubblica e sui contratti.

2024 - Bukele vince le elezioni

Nonostante il divieto costituzionale di ricandidarsi, Bukele si presenta alle elezioni presidenziali e vince. È sostenuto dai tribunali e dall'esercito, in un clima di paura e di incarcerazioni di massa giustificate dalla retorica della "sicurezza interna".

Il governo degli Stati Uniti sostiene la sua rielezione illegale.

L'opposizione politica al governo è stata praticamente eliminata. I seggi sono occupati quasi interamente dal partito di Bukele, NI, 55 su 60. Analoga situazione nelle amministrazioni locali con 43 dei 44 sindaci controllati da NI e dai suoi alleati. La maggioranza della popolazione rifiuta l'FMLN e persino i partiti tradizionali di destra non al governo.

Bukele revoca un divieto storico sull'estrazione di metalli, scatenando un movimento di protesta a livello nazionale.

Oggi, lo "stato di eccezione" di Bukele continua a tempo indeterminato. Le segnalazioni di torture, sparizioni e arresti politici aumentano. Continuano a crescere i movimenti popolari per la libertà dei prigionieri politici e contro lo "stato di eccezione", il più importante dei quali è il Blocco di Resistenza e Ribellione Popolare.

Nel frattempo, il presidente salvadoregno si sta promuovendo in tutto il mondo come leader di estrema destra modello e gode di una redditizia alleanza con il governo degli Stati Uniti.

La resistenza salvadoregna

Il Blocco di Resistenza e Ribellione Popolare è un'organizzazione che riunisce 35 organizzazioni sociali provenienti da vari settori della società: studenti, donne, contadini, sindacati, professionisti e altri ancora.

Marisel Ramírez, membro e organizzatrice del Blocco, ha dichiarato a Peoples Dispatch: "Queste organizzazioni si sono unite nel gennaio 2021 per denunciare le gravi battute d'arresto che abbiamo subito da quando il clan imprenditoriale di Bukele è salito al potere e per chiedere la fine delle politiche repressive del governo".

Spiegando le strategie e le tattiche del Blocco, Marisel ha affermato che "le organizzazioni che fanno parte del Blocco agiscono secondo le proprie rivendicazioni, mettendo in evidenza le gravi violazioni dei diritti umani commesse sotto lo stato di emergenza".

Ha delineato diversi fronti della loro lotta:

1. Movimento delle vittime dello stato di emergenza (MOVIR)
Le famiglie dei detenuti mobilitano le loro comunità e protestano contro gli arresti arbitrari, chiedendo giustizia e libertà per i loro cari.

2. Forza Studentesca Salvadoregna
Gli studenti lottano costantemente contro gli arresti di studenti universitari sotto lo stato di eccezione.

3. Resistenza femminista
Le donne si stanno organizzando e mobilitando contro l'impatto economico, psicologico e familiare degli arresti arbitrari di persone innocenti, nonché contro l'abuso di potere da parte dell'esercito e della polizia.
Le forze della repressione, ha detto Marisel, "chiedono 'favori sessuali' in cambio di 'benefici' - non portare via le persone, accelerare i processi giudiziari e garantire l'accesso ai prodotti per l'igiene personale".

4. Confederazione delle Federazioni Salvadoregne per la Riforma Agraria (CONFRAS)
Mobilita contadini e lavoratori agricoli e denuncia la carenza di manodopera agricola causata dall'elevata migrazione innescata dallo stato di eccezione.

Nonostante l'approccio autoritario di Bukele e la campagna di incarcerazione di massa, la resistenza in El Salvador sta crescendo, guidata dalle famiglie dei detenuti e dei desaparecidos, dagli studenti, dai collettivi femministi e dai sindacati contadini che rifiutano di essere imbavagliati. La loro lotta mira a dimostrare che il CECOT non è solo una prigione, ma un'arma di potere politico contro i poveri, alimentata dalla complicità internazionale.

Ciò che sta diventando sempre più chiaro è che gli Stati Uniti stanno cercando di espandere la macchina della deportazione e di esternalizzare la detenzione e la repressione a paesi terzi come El Salvador. Mentre queste politiche transnazionali si sviluppano, rimangono domande urgenti: fino a dove si spingerà Trump nell'abbattere qualsiasi barriera legale all'utilizzo di questo modello repressivo? I cittadini statunitensi subiranno la deportazione e la detenzione nel CECOT? Come reagirà la popolazione statunitense a questa alleanza autoritaria sempre più profonda?


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