www.resistenze.org - osservatorio - mondo - salute e ambiente - 14-04-15 - n. 539

Capitalismo, crisi ambientale e socialismo

Zoltan Zigedy | zzs-blg.blogspot.it
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

31/03/2015

A centinaia di anni da oggi, gli esseri umani ricorderanno il 2014 come l'anno in cui capirono di aver irreversibilmente destabilizzato la grande lastra ghiacciata dell'Antardide occidentale e quello in cui hanno messo in moto il più elevato innalzamento del livello del mare, pari almeno a dieci piedi (3 metri e trenta centimetri). Nel contempo, il 2015 potrebbe essere anche l'anno del doppio "whammy" [maledizione] - dal momento che abbiamo appreso che lo stesso fenomeno interessa un gigantesco ghiacciaio dell'Antardide orientale, fenomeno che potrebbe dar luogo ad un analogo innalzamento del mare. Coloro che vivono nell'emisfero boreale e gli americani in particolare dovrebbero prender nota - quando l'estremità meridionale del mondo perde vaste quantità di ghiaccio, quelli di noi che vivono vicino all'estremità settentrionale sperimenteranno un aumento del livello dei mari superiore a quello del resto del pianeta, in virtù della legge di gravità ... (Washington Post, 16 marzo 2015)

Le ultime scoperte sui cambiamenti climatici riportate dal Washington Post segnano un altro passo sulla via della catastrofe ambientale. A parte i filistei, i fissati con l'apocalisse e altri celebranti dell'ignoranza, la gente comprende che il crescente degrado del nostro pianeta promette dolore a breve termine e il disastro è dietro l'angolo. Quando i primi esseri umani apparvero sul pianeta, l'ambiente, il clima e gli altri elementi naturali presentavano ostacoli alla sopravvivenza apparentemente insormontabili. La preistoria e la storia antica dell'umanità fu una strenua lotta per costruire baluardi contro la natura ostile e uno sforzo disperato per sfruttare le sue magre offerte.

Quasi 200 mila anni dopo la comparsa dell'homo sapiens, le circostanze sono completamente mutate nell'opposto. L'umanità ha trovato i mezzi per dominare la natura (anche se in modo tutt'altro che umanitario), ma apparentemente con poco riguardo per la sostenibilità del progetto umano di vita. Oggi, le specie che un tempo erano a rischio minacciano di rendere la loro terra inospitale, una sorta di suicidio insensato da parte dell'unica specie che pretende davvero di possedere una mente.

Per quelli determinati ad evitare questo percorso suicida, individuarne la causa e trovare delle soluzioni è un compito urgente.

Il nemico è il "progresso" oppure la "crescita"?

E' di moda, in certi ambiti, individuare la causa della crisi ambientale nell'appetito insaziabile per il "progresso", termine tanto sfuggente quanto impreciso. Rifacendosi agli anni Sessanta e all'era della "contro-cultura", molti immaginano un mondo dove il consumismo e il feticismo per le novità sono banditi in favore di uno stile di vita più semplice e di valori intellettuali, spirituali o artistici. C'è molto da ammirare nell'impegno alla moderazione dei consumi ed a porre un freno all'avidità.

Per quanto ammirevole possa essere questa scelta personale, è una politica sociale estremamente miope. Certamente, le classi medio-alte dei paesi sviluppati potrebbero beneficiare l'ambiente uscendo dalla folle gara per possedere le case più grandi, le automobili più lussuose e le ultime novità iper-tecnologiche. Senza dubbio, la corsa insensata per avere di più ed avere il meglio non è né ammirevole, né sostenibile. Ma prima di condannare il progresso o la crescita, dobbiamo riconoscere che c'è più impegno nel respingere il progresso o la crescita che nel contrastare il consumismo dilagante negli Stati Uniti e in Europa o gli eccessi volgari delle classi ricche.

A parte la follia consumista, miliardi di persone della popolazione mondiale non possiedono nemmeno i fondamenti per una vita sostenibile. Essi sopravvivono a malapena in mezzo alla povertà, alle malattie, con cibo e acqua e ripari insufficienti.

Fino a quando sono disponibili mezzi materiali per migliorare la disumana e sofferente situazione di miliardi di persone, il progresso e la crescita devono essere un imperativo. Negare cinicamente un futuro a queste persone per disprezzo all'iper-consumismo è meschino e, paradossalmente, egoista. Essi non possono essere il capro espiatorio per gli sprechi e gli eccessi di un privilegiato mondo occidentale. Coloro che condannano il progresso e la crescita con così tanta faciloneria, sono vergognosamente ciechi di fronte alle diseguaglianze di classe, razza e nazionalità.

Soluzioni

Potenziali soluzioni sono disponibili in molte forme e sfumature. Le soluzioni individuali sono utili e difendibili a condizione che esse non neghino agli svantaggiati l'opportunità di raggiungere standard di vita ragionevolmente commisurati con gli standard dei più privilegiati. Ad esempio, chiedere alle persone che non hanno accesso ai moderni elettrodomestici di limitare l'utilizzo di tecnologie inefficienti è irrazionale ed ingiusto. La parità nel sacrificio, a fronte di enormi disuguaglianze economiche non può essere la soluzione al degrado ambientale. Se il riciclaggio, il riutilizzo e gli altri progetti personali di eliminazione degli sprechi sono necessari e significativi, essi sono parimenti incapaci di rallentare sufficientemente l'espansione globale e l'esaurimento delle risorse. Né l'impegno individuale, né le soluzioni personali compensano le principali fonti di distruzione ambientale: le imprese e i governi.

Le soluzioni politiche tradizionali si raggruppano intorno ad approcci alla crisi ambientale basati sugli incentivi nel mercato ovvero sulla regolamentazione.

Molti ambientalisti vedono il fallimento delle misure basate sul mercato o sulla regolamentazione come una mancanza di volontà politica. Essi credono che gli uomini politici e i movimenti politici non abbiano ancora riconosciuto le terribili conseguenze cui andremmo incontro se ignoriamo la crisi ambientale. Se questo può essere vero in parte, tale atteggiamento non riesce però a riconoscere i limiti critici delle soluzioni regolative o basate sugli incentivi del mercato, nonché la loro effettiva impossibilità in un'economia capitalista globalizzata.

La volontà politica non è assente a causa di ignoranza, ma perché il sistema politico è posseduto e nutrito dai capitalisti. Inoltre, l'economia globale - in gran parte economia capitalista - è alimentata solo e solamente dai profitti. E i profitti sono sostenuti ed incrementati convertendo tutto ciò che vi è di materiale o immateriale in una merce. Come una merce, le risorse naturali non possiedono alcun valore diverso da quello che può essere connesso alla ricerca del profitto.

E' lo sfruttamento delle risorse umane e naturali - lavoro e frutti della natura - che diventa grano da macinare per il mulino del profitto. E il capitalismo mette i profitti davanti alla natura così come li mette prima della persona. Sia la storia che la logica dell'accumulazione capitalistica e dell'espansione dimostrano l'inevitabilità di rifiuti e distruzione. Solo quando il degrado ambientale ostacola il processo di accumulazione e di massimizzazione del profitto il sistema capitalista affronta la crisi. Gli scienziati dell'ambiente ci dicono che sarà troppo tardi.

Ed è proprio questo il punto evidenziato da Naomi Klein nel suo recente libro, Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile [titolo originale: This changes everything. Capitalism vs. the climate, ndt]. L'anticapitalismo di Klein, come tante altre visioni associate alla sinistra soft e socialdemocratica, è stato un po' confuso, vacillando tra il rigetto dell'incarnazione neo-liberista del capitalismo e qualcos'altro di sfuggente, ma più audace. Ma il suo pensiero attuale è più nitido, sebbene manchi ancora l'appoggio ad una coerente visione del socialismo. Ammette l'autrice: "ma siccome abbiamo aspettato finché abbiamo aspettato, e dobbiamo quindi ridurre le nostre emissioni in modo più profondo, noi oggi abbiamo un conflitto non solo con il neoliberismo, ma con lo stesso capitalismo perché mette alla prova l'imperativo della crescita" (Citato in "Monthly Review, Note di redazione, marzo 2015"). Per questa affermazione, Klein è stata ampiamente criticata dai suoi lettori liberali, ancora legati da fedeltà al capitalismo.

La redazione di Monthly Review acutamente sottolinea che "l'argomentazione di Klein qui è inconfutabile. A dire il vero, nel criticare il neoliberismo per la sua rimozione degli strumenti necessari ad affrontare il cambiamento climatico, l'autrice evita abilmente la questione se il capitalismo in quanto sistema avrebbe mai potuto seriamente attenuare il problema". (Op. Cit.)

Il capitalismo non può attenuare il problema.

La redazione di MR procede oltre in modo persuasivo:

"Klein è realista ed abbastanza radicale per rendersi conto che il suo riconoscimento di tale necessità, insieme con la sua prontezza a mobilitarsi sul punto, pongono lei e tutto il movimento ambientalista di sinistra che lei rappresenta in conflitto con il capitalismo in quanto sistema, e non solo con la sua più virulenta forma del neoliberismo. È, come dice lei, una 'argomentazione in due fasi' ed ora siamo nella seconda fase. Non si può evitare il fatto che la logica di accumulazione capitalistica deve cedere il passo, se vogliamo avere una ragionevole possibilità di salvare la civiltà e l'umanità. (Op. Cit.)

Per "l'intero movimento ambientalista di sinistra", l'andare oltre le soluzioni individuali, le misure basate sugli stimoli di mercato, la regolamentazione, il rifiuto del neo-liberismo ed anche del capitalismo, implica il fatto che il movimento debba definire e ad abbracciare un altro obiettivo.

Quale potrebbe essere?

Solo un sistema che sostituisca la logica del profitto-prima-di-tutto con i più grandi interessi dell'umanità può rispondere alla domanda. Solo un sistema in grado di soppiantare l'anarchia produttiva e distributiva con una pianificazione razionale può fornire la risposta. Solo un sistema in grado di sostituire una lungimirante proprietà collettiva agli interessi individuali a breve termine saprà far fronte alla crisi. E solo un sistema che cancella le estreme disuguaglianze esistenti ed associate al capitalismo e all'imperialismo sarà in grado di soddisfare la nostra necessità di portare la giustizia sociale alle persone svantaggiate.

Per riluttante che sia la sinistra a pronunciare questa parola, la risposta è abbastanza semplice: il socialismo.

Un elefante nella stanza che nessuno vede

Fattore dimenticato dalla maggior parte del movimento ambientalista, tra cui il "movimento di sinistra per il clima" è il ruolo dell'imperialismo nel fomentare la crisi ambientale. Secondo Wikipedia:

"Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti è uno dei più grandi singoli consumatori di energia nel mondo, responsabile per il 93% del consumo di carburante del governo degli Stati Uniti nel 2007... Nel 2006, il Dipartimento della Difesa ha utilizzato quasi 30.000 gigawattora (GWh) di energia elettrica, ad un costo di circa 2,2 miliardi dollari. Il consumo di energia elettrica del Dipartimento della Difesa fornirebbe elettricità sufficiente ad alimentare più di 2,6 milioni di abitazioni americane. Nel consumo di energia elettrica, se si trattasse di un Paese, il ministero della Difesa ricoprirebbe la 58ma posizione nel mondo, consumando poco meno della Danimarca e poco più della Siria (CIA World Factbook, 2006). Il Dipartimento della Difesa utilizza 4,6 miliardi di galloni americani [17,4 miliardi di litri]... di combustibile all'anno, una media di 12,6 milioni di galloni [47,7 milioni di litri]... di carburante al giorno."

Aggiungete a questo totale il consumo di energia elettrica e di carburante del resto della Nato, del Giappone, della Russia, della Repubblica Popolare Cinese nonché di quei belligeranti costantemente in guerra con l'imperialismo ed avrete innumerevoli e socialmente inutili sprechi di risorse naturali come altrettante devastazioni ambientali.

Contate le centinaia di basi militari - avamposti dell'imperialismo - le quali divorano risorse che potrebbero essere meglio impiegate in una guerra per la protezione dell'ambiente.

Aggiungete ulteriormente al totale il continuo inquinamento, la distruzione di strutture naturali e fabbricate dall'uomo, la spoliazione delle terre e il deterioramento delle acque che accompagnano l'utilizzo senza fine di armi devastanti.

Gli interi effetti del militarismo e dell'aggressione imperialista fanno vacillare l'immaginazione.

Le stime del Pentagono sulla produzione e la manutenzione di un solo sistema d'arma - gli F35 - pur ridotte ad oltre 750 miliardi di dollari - sono un enorme costo per l'ambiente di cui nessuno parla.

Sfortunatamente, troppi ambientalisti sono molto più sensibili al danno ambientale dei rifiuti di quanto siano consapevoli dell'enorme minaccia per l'ambiente costituita dal disegno imperialista di una guerra infinita. Unirsi al movimento antimperialista e al movimento contro la guerra, i quali combattono per la fine del militarismo, è un modo potenzialmente molto più efficace per riparare i danni ecologici che minacciano il pianeta che l'intero pacchetto di panacee liberali e socialdemocratiche che attualmente dominano il dibattito nel movimento ambientalista: Prius, sì, ma droni Predator, no.

Nella misura in cui il movimento ambientalista matura, esso deve abbracciare l'opzione socialista. Esso deve risolutamente opporsi al militarismo e alla sua minaccia per l'ambiente. Nessun altro atteggiamento devierà la "civiltà" dalla sua determinata marcia verso l'auto distruzione. L'autentico, militante ambientalismo marcia insieme parteggiando per il socialismo e l'antimperialismo.


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.