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Covid e l'impennata dei prezzi dei cereali

Partito Rivoluzionario - Comunisti | sitecommunistes.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/02/2021

Frumento +20%, mais +30%, soia +50%: i prezzi di questi prodotti cruciali sono alle stelle. Le cause sono molteplici e, nel mondo capitalista, le conseguenze sono inquietanti.

I prezzi di questi prodotti strategici sia per l'alimentazione che per l'allevamento sono influenzati da vari fattori: la situazione geopolitica e quindi lo stato del mercato, la rapacità smisurata dei colossi del commercio mondiale e marginalmente, le condizioni naturali, spesso presentate come inevitabilmente connesse all'agricoltura.

La remunerazione del lavoro del produttore, anche se molto variabile, non pesa generalmente nella catena dal produttore al consumatore.

La pandemia di Covid crea molta incertezza e l'ansia per il futuro induce ad assicurarsi la sicurezza alimentare facendo scorta di materie prime agricole, sia per ragioni di stabilità politica che per raccogliere succosi profitti.

Profitti succosi per le multinazionali che commerciano questi prodotti. In testa, Cargill, la società americana presente in 70 paesi, ha appena accumulato un utile netto di 3 miliardi di dollari nel 2020. Descritta come la "peggiore azienda del mondo" per il lavoro minorile e la deforestazione, detiene anche una grande quota dell'arma alimentare che minaccia le popolazioni.

Bunge, anch'essa americana, supera di poco la franco-svizzera Dreyfus. Se queste tre aziende rimangono dominanti sul mercato dei cereali, cominciano a temere l'emergere di nuovi concorrenti asiatici, soprattutto cinesi, come parte del riequilibrio delle forze capitaliste nel mondo.

D'altronde è l'eccezionale crescita degli acquisti cinesi di mais e soia che sta facendo esplodere la domanda mondiale. La ricostituzione molto più rapida del previsto del suo patrimonio suino, decimato dalla peste suina africana, ha aumentato la domanda e i prezzi del mais cinese hanno superato quelli del mais importato nonostante i costi di trasporto!

L'Egitto, primo importatore mondiale di grano, ha aumentato i suoi acquisti del 40% per soddisfare la domanda interna. Il suo fornitore tradizionale, la Russia, ha chiuso il suo mercato e imposto tasse per garantire le sue scorte di fronte ai timori di un'interruzione delle forniture nonostante un abbondante raccolto nazionale.

A questo si aggiungono le incertezze climatiche per l'emisfero sud, il fenomeno de La Niña rischia di causare, quest'anno, una grande siccità per i raccolti di Brasile e Argentina, grandi esportatori.

Anche il settore energetico partecipa all'epidemia deviando le colture di mais o colza dal loro uso alimentare per produrre etanolo. Non si tratta più di un fenomeno marginale, poiché si tratta del 30% del mais americano e del 70% della colza francese; il residuo è utilizzato per l'alimentazione del bestiame.

Infine, i fondi pensione, che fino ad allora investivano in agricoltura solo per finanziare l'accaparramento delle terre, mostrano sempre più interesse per la produzione alimentare di base.

Segnali di allarme arrivano già da paesi che dipendono fortemente dalle importazioni di cereali, come la Tunisia (vedi Settimanale n. 700) e il Libano, dove i manifestanti chiedono pane. Ma anche da Yemen, Libia, Bangladesh, Marocco, Algeria ed Egitto.

A parte l'alimentazione umana già colpita, gli aumenti si rifletteranno nell'allevamento di bestiame e probabilmente faranno salire abbastanza rapidamente i prezzi del pollame, del manzo e del maiale in tutto il mondo.

Secondo il FMI, circa 30 paesi e 265 milioni di persone sono minacciati dall'insicurezza alimentare acuta, un termine elegante per indicare fame, carestia e inedia.

Nei paesi più poveri, il Covid stesso e i vincoli che comporta, travolgono rapidamente le imprese più o meno informali che forniscono il cibo quotidiano.

Sempre secondo il FMI, la povertà estrema, di chi ha meno di 1,90 dollari al giorno, è aumentata del 20% nella seconda metà del 2020, con milioni di lavoratori privati di ogni risorsa. Secondo la FAO, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 2,2% nel solo mese di novembre, il settimo mese consecutivo di aumento.

È da rilevare che la fame, prima del Covid, colpiva già il 10% della popolazione mondiale e mieteva 20.000 morti al giorno.

Questa pandemia, dopo aver gettato una luce sinistra sullo stato dei sistemi sanitari nel mondo capitalista, evidenzia la logica secondo cui più i poveri muoiono di fame, più i ricchi diventano ricchi. Questa è la legge del capitalismo: lo sfruttamento delle persone per il massimo profitto.

È urgente lottare sempre più duramente ovunque, fino a porre fine a questo sistema mortale per costruirne un altro dove i frutti della terra e del lavoro alimentino il popolo.


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