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COP26: Greenwashing e disavventure plutocratiche

Ajamu Baraka | mronline.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

20/11/2021
| COP26 Greenwashing and Plutocratic Misadventures | MR Online

Tutti i fallimenti politici della COP26 potrebbero essere un punto di inflessione nella storia - un punto in cui le condizioni sociali e politiche forzano una trasformazione della coscienza e della politica che può portare a un cambiamento epocale.

La COP26 ha riaffermato ciò che è stato ovvio fin dall'inizio: gli stati coloniali e capitalisti del Nord, maggiormente responsabili della creazione della crisi climatica, non sono disposti a mettere le persone prima dei profitti per affrontare l'incombente collasso ecologico del pianeta e la catastrofe umanitaria.

Abbiamo bisogno di giustizia. Ma la parola - giustizia - nonostante tutto il pontificare filosofico, da John Locke a John Rawls, è un concetto incompatibile con la logica di una civiltà rapace e di un sistema coloniale/capitalista basato sull'interesse personale, l'avidità e il darwinismo sociale. Eppure, senza un fermo impegno per l'istituzionalizzazione di un giusto ordine mondiale, in cui i doni della madre terra siano equamente condivisi insieme al rispetto per la terra e il suo ordine naturale, l'evidenza è ormai inconfutabile: la società umana non sopravviverà.

La logica elementare di questa osservazione suggerisce che la necessità di una divergenza radicale dai processi di produzione, dai modelli di consumo, dalle relazioni distruttive con il mondo naturale e dalle relazioni sociali degradanti, è negata dai potenti paesi capitalisti del Nord.

Cosa significa questo? Significa che gli appelli alle riforme, alla finanza e alla razionalità che escono dal processo COP non sono sufficienti a superare i radicati interessi a breve termine dei plutocrati capitalisti internazionali.
Significa riconoscere che la lotta per la giustizia climatica e ambientale è di fatto un progetto rivoluzionario, che richiede una resistenza globale di massa e l'espropriazione del potere economico e politico della finanza e del capitale aziendale. Senza questo riconoscimento, il processo COP continuerà a essere nient'altro che una trovata pubblicitaria orientata a convincere il pubblico che il capitalismo verde e la salvezza del pianeta sono compatibili.

Nel suo pezzo che appare in questa edizione speciale, Anthony Rogers-Wright sottolinea che "i cataclismi delle crisi interconnesse della pandemia  COVID e del cambiamento climatico sono stati chiariti l'anno scorso in modi che non possono essere ripudiati". Questo è vero. Ma ci sono state altre connessioni che sono state fatte e che stanno trasformando la coscienza dei popoli del Sud globale e dei lavoratori e degli oppressi all'interno delle nazioni capitaliste centrali che sono state esposte durante la crisi COVID. La connessione più immediata è che la vita della gente comune non significa nulla per i signori del capitale.

Al culmine dell'epidemia di COVID, le nazioni del Sud globale hanno sperimentato le conseguenze della produzione globale interrotta e delle catene di approvvigionamento in modi ancora più gravi delle interruzioni economiche che hanno causato così tanta sofferenza tra i lavoratori e i poveri nelle nazioni del Nord.

Con una disoccupazione massiccia e bilanci statali tesi che cercano di fornire un sostegno economico minimo alle loro popolazioni, con sistemi sanitari devastati dalle politiche di aggiustamento strutturale imposte loro dalle potenze coloniali, le nazioni del Sud globale che tentano di sopravvivere - ma senza la capacità degli Stati Uniti di stampare denaro accettato come valuta globale - hanno chiesto alle nazioni del Nord di sospendere - solo rimandare, non condonare -  le loro enormi tranche di pagamento del debito durante la crisi COVID. Tale richiesta è stata respinta.

Il COVID ha rivelato la realtà nascosta della dittatura del capitale e il fatto che nessuna vita è importante per i capitalisti al di là della loro capacità di fornire lavoro o comprare prodotti capitalistici. Queste rivelazioni spiegano perché la confortante retorica del riformismo liberale, che ha calmato alcuni attivisti coinvolti nel processo COP in passato, non funziona più.

La COP26 potrebbe essere un punto di svolta. Uno di quei punti di inflessione nella storia in cui le condizioni forzano una trasformazione della coscienza, e quindi una nuova politica che può inaugurare un cambiamento epocale.

A Glasgow, la gente ha visto come i gangster coloniali abbiano fatto pressioni per indebolire le proposte di eliminare gradualmente i sussidi per il carbone, il petrolio e il gas. Il popolo ha capito chiaramente cosa si diceva e quali tipi di interessi erano davvero importanti, quando i potenti cercavano di spiegare perché non si realizzava l'obiettivo di un misero 100 miliardi all'anno per assistere le nazioni che non erano nemmeno responsabili della crisi climatica. Soprattutto quando la gente era consapevole che queste stesse nazioni del G20, che non potevano rispettare i loro obblighi, avevano sovvenzionato le industrie di combustibili fossili per un valore di 3 trilioni di dollari solo dal 2015.

La radicalizzazione avviene quando tutte le opzioni liberali si dimostrano insostenibili e non supportate dalla realtà oggettiva. L'imposizione del debito, la sovversione dei progetti democratici, il militarismo e le guerre, la distruzione ambientale e lo sfruttamento delle risorse e del lavoro da parte delle nazioni capitaliste, producono una crisi politica per il mantenimento del dominio del capitale.
È questa consapevolezza - che si riflette in nuove forme di resistenza e in un'opposizione rafforzata, specialmente tra i giovani, dai popoli indigeni, oppressi a livello nazionale e dai colonizzati razziali - che viene oggi in loro inoculata contro l'oscurantismo liberale che ha dominato molti di questi incontri globali, facendo sì che molti fossero incanalati nel riformismo liberale.

L'imperialismo, nella forma storica del patriarcato coloniale/capitalista paneuropeo suprematista bianco, è il nemico. Questa è una rivelazione e una posizione che il movimento rivoluzionario africano internazionalista ha riconosciuto da tempo. È un'affermazione della correttezza di quella posizione il fatto che così tanti, anche se non usano ancora questi termini, sono comunque arrivati a capire che se non disarmiamo l'Occidente coloniale/capitalista, siamo tutti condannati.


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