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Capitalismo nell'Antropocene

John Bellamy Foster | monthlyreview.org
Traduzione da antropocene.org

07/09/2022

Alcuni estratti dell'Introduzione di Capitalism in the Anthropocene, l'ultimo libro di John Bellamy Foster pubblicato a fine agosto. Uno studio esaustivo che dimostra come il sistema globalizzato di accumulazione del capitale ha creato un'emergenza planetaria che minaccia le generazioni presenti e future, mettendo in discussione la continuazione della civiltà e la stessa sopravvivenza dell'umanità.

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L'Epoca dell'Antropocene, secondo l'Anthropocene Working Group of the International Union of Geological Sciences, si può considerare che inizi nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, oppure negli anni Cinquanta. I marcatori stratigrafici, a cui si fa più comunemente riferimento, sono i radionuclidi provenienti da centinaia di esperimenti nucleari (e da due bombardamenti nucleari), e lo sviluppo della plastica e della petrolchimica. Questi sviluppi sono visti come l'introduzione di una nuova "età sintetica". Tuttavia, questo è stato anche il periodo della Guerra Fredda, del consolidamento del capitalismo monopolistico globale e di quella che viene spesso definita "l'età dell'oro" del capitalismo.

Il periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale ha visto quella che gli storici dell'ambiente hanno definito la Grande Accelerazione degli impatti economici sulla terra, al punto che i confini planetari venivano superati o rischiavano di essere superati. L'epoca dell'Antropocene può quindi essere vista come un'epoca avente origine nel secondo dopoguerra, con il capitalismo monopolistico ad alto livello di globalizzazione, come motore principale.

Poiché ogni epoca geologica è divisa in età geologiche, la prima età dell'Antropocene può essere definita l'Età Capitaliniana, che descrive le sue origini sociali, ora dominanti rispetto agli indicatori stratigrafici del cambiamento geologico. Designare il presente come un'età particolare dell'Epoca dell'Antropocene, significa indicare il carattere temporaneo e storico dell'epoca geologica in cui ci troviamo, che porterà o a una nuova epoca geologica (e sociale), che stabilizzerà la relazione dell'uomo con la Terra, qui definita il Comuniano, o a un evento di estinzione di fine-Antropocene che porterà alla distruzione della civiltà e probabilmente dell'umanità stessa.

In effetti, la nozione di Epoca dell'Antropocene nella storia geologica, che esprime il modo in cui la società umana, attraverso il capitalismo, ha proceduto a sporcare il suo "nido planetario", non è stata la rivelazione di un momento. Piuttosto può essere vista come il prodotto di una discussione lunga un secolo, sul crescente impatto umano sull'ambiente terrestre. Nel suo Kingdom of Man del 1907, E. Ray Lankester, il principale zoologo britannico della generazione successiva a Charles Darwin e amico intimo di Marx, ha insistito sul fatto che l'umanità, come risultato del capitalismo, era diventata un "disturbatore" dell'ecologia della terra a tal punto da minare il proprio ambiente, dando origine a "vendette della natura", tra cui le nuove malattie zoonotiche che minacciano l'umanità.

...Per molti, disposti a rassegnare l'umanità al suo "destino", l'idea di una via d'uscita dal nostro attuale dilemma, modificando radicalmente la società per evitare il baratro socioecologico che ci attende, suonerà senza dubbio utopica. Ma l'utopia, un gioco di parole coniato nel XVI secolo da Thomas More che significa sia "nessun luogo" che "buon posto", e che quindi viene spesso vista come una sorta di stato di sogno o di proiezione nel futuro, perde la sua connotazione idealistica nel contesto di una distopia planetaria in cui la catastrofe, misurata rispetto ai precedenti storici, è ormai diventata normale e minaccia di diventare irreversibile su scala planetaria, a causa delle tendenze apocalittiche intrinseche dell'attuale modo di produzione. In queste circostanze, solo la ricostituzione della società nel suo complesso, e quindi del rapporto dell'uomo con la terra, può rappresentare una speranza realistica per il futuro dell'umanità.…

Il marxismo e il metabolismo universale della natura

… A partire dagli anni Cinquanta del XIX secolo, sulla base del lavoro del suo caro amico e compagno, il medico e scienziato Roland Daniels, e della chimica agraria di Justus von Liebig, Marx incorporò la nozione di metabolismo nella sua analisi generale, introducendo una concezione della produzione (o del processo di lavoro e produzione) come costituente il "metabolismo sociale" dell'umanità e della natura. Questa concezione fu ulteriormente sviluppata nel Capitale, in particolare nell'analisi della crisi ecologica, con il metabolismo sociale che sta per ciò che oggi chiamiamo relazioni umano-ecologiche. A questo proposito è importante notare che le odierne analisi degli ecosistemi e del Sistema Terra, e tutte le forme di ecologia dei sistemi, hanno come base logica il concetto di metabolismo e di flussi di energia. Marx vedeva il metabolismo sociale introdotto dagli esseri umani nella produzione, come parte di quello che chiamava il "metabolismo universale della natura".

A metà del XIX secolo si verificò una crisi del suolo nella nuova agricoltura industrializzata. Le sostanze nutritive del suolo, come l'azoto, il fosforo e il potassio, contenute negli alimenti e nelle fibre, spedite a centinaia e persino a migliaia di chilometri verso i nuovi centri industriali urbani dove si era ora concentrata la popolazione, finivano come inquinamento nelle città anziché essere restituite alla terra, con il risultato che questi "elementi costitutivi" vitali del suolo andavano persi. Marx vedeva in ciò la manifestazione di una contraddizione tra il metabolismo sociale alienato della produzione capitalistica e il "metabolismo universale della natura", generando una "frattura nel ... metabolismo sociale" o frattura metabolica, che costituiva la struttura principale della crisi ecologica sotto il capitalismo.

La triade dei concetti di metabolismo universale della natura, metabolismo sociale e frattura metabolica, conferisce quindi alla comprensione della natura ecologica della produzione di Marx, una struttura concettuale complessa e storicamente fondata, che comprende sia il cambiamento della Terra sia il cambiamento del sistema sociale e la loro coevoluzione all'interno del processo storico. Esplorando questo problema nelle sue opere successive, Marx si impegnò in analisi estese delle crisi ecologiche, o della frattura metabolica, alcune delle quali sono contenute nei suoi taccuini ecologici. Sebbene Marx abbia scritto del metabolismo della natura e della società, non si trattava, come alcuni critici hanno denunciato, di una concezione "dualistica", poiché la sua enfasi era sul modo in cui il metabolismo sociale, radicato nei mutevoli rapporti di produzione, mediava storicamente la relazione dialettica tra l'umanità e la terra.

Fondamentale in tutto questo quadro, derivante dal materialismo storico classico (in cui anche Frederich Engels, come vedremo, ha svolto un ruolo cruciale), è l'idea che le crisi economiche e ambientali siano due facce di un'unica medaglia associata da un lato, allo sfruttamento del lavoro da parte del capitalismo, e dall'altro all'espropriazione delle persone e della terra. Il capitalismo non è solo un regime economico alienato, ma anche, come condizione preliminare, un regime ecologico alienato. Il capitalismo industriale richiede come base, come sosteneva Marx, l'allontanamento della popolazione dalla terra e quindi dai mezzi organici di produzione. È stata l'espropriazione dei beni comuni e di intere popolazioni su scala mondiale (compresa la tratta degli schiavi) a portare alla "genesi del capitalista agrario", da un lato, e alla "genesi del capitalista industriale", dall'altro. Questa alienazione dalla natura costituiva la base su cui si è stabilita l'alienazione dell'essere umano dall'essere umano, e tra le classi. Questa duplice alienazione, dalla natura e dagli altri esseri umani, costituisce la fonte della continua distruzione creativa, da parte del capitalismo, delle condizioni di esistenza dell'umanità stessa.

L'origine della tradizione "marxista occidentale", in questo senso, viene solitamente fatta risalire alla critica di György Lukács in Storia e coscienza di classe (1923) [1] alla concezione di Engels della dialettica della natura. Nella nota 6 del primo capitolo su "Che cos'è il marxismo ortodosso" Lukács inserì un breve commento in cui affermava:

Questa limitazione del metodo alla realtà storico-sociale è molto importante. I fraintendimenti che hanno origine dall'esposizione engelsiana della dialettica poggiano essenzialmente sul fatto che Engels - seguendo il falso esempio di Hegel - estende il metodo dialettico anche alla conoscenza della natura. Mentre nella conoscenza della natura non sono presenti le determinazioni decisive della dialettica:l'interazione tra soggetto ed oggetto, l'unità di teoria e praxis, la modificazione storica del sostrato delle categorie come base della loro modificazione nel pensiero, ecc. Purtroppo è impossibile qui discutere questi problemi in modo più minuzioso. [2]

Questa nota a piè di pagina di Lukács, che consta di meno di dieci righe in tutto - l'ultima delle quali dice: "Purtroppo è impossibile qui discutere questi problemi in modo più minuzioso" - è stata spesso esagerata, trattata come una vera e propria critica, piuttosto che come un semplice nota a margine …

Dal capitolo 1:

… Lo straordinario ritrovamento negli archivi sovietici del manoscritto di Lukács Tailism and the Dialectic, circa settant'anni dopo la sua stesura, a metà degli anni Venti (pochi anni dopo la stesura di Storia e coscienza di classe), rende chiaro che questo cambiamento critico nella comprensione di Lukács, attraverso il concetto di metabolismo sociale ed ecologico di Marx, era già stato ampiamente raggiunto a quel tempo. Qui egli spiegò che "l'interscambio metabolico con la natura" è "socialmente mediato" attraverso il lavoro e la produzione. Il processo lavorativo, come forma di metabolismo tra l'umanità e la natura, rendeva possibile agli esseri umani percepire - in modi limitati dallo sviluppo storico della produzione - determinate condizioni oggettive di esistenza. Tale metabolico "scambio di materia" tra natura e società, scriveva Lukács, "non può essere realizzato - nemmeno al livello più primitivo - senza possedere un certo grado di conoscenza oggettivamente corretta dei processi della natura (che esistono prima degli uomini e funzionano indipendentemente da loro)". È stato proprio lo sviluppo di questo "scambio di materia" metabolica attraverso la produzione a costituire, nell'interpretazione di Lukács della dialettica di Marx, "la base materiale della scienza moderna".

L'enfasi di Lukács sulla centralità della nozione di metabolismo sociale di Marx, sarà portata avanti dal suo assistente e collega più giovane István Mészáros nella Teoria dell'alienazione di Marx . Per Mészáros la "struttura concettuale" della teoria dell'alienazione di Marx implicava la relazione triadica umanità-produzione-natura; in questo modo la produzione poteva concepire gli esseri umani come esseri "automedianti" della natura.... Lukács e Mészáros vedevano quindi nell'argomentazione del metabolismo sociale di Marx un modo per trascendere le divisioni all'interno del marxismo che avevano frammentato la dialettica e l'ontologia sociale (e naturale) di Marx. Consentiva un approccio basato sulla prassi che integrava natura e società, storia sociale e storia naturale, senza ridurre l'una all'altra. Nell'attuale età ecologica questa complessa comprensione - complessa perché comprende dialetticamente le relazioni tra parte e intero, soggetto e oggetto - diventa un elemento indispensabile per qualsiasi transizione sociale razionale.

Marx e il metabolismo universale della natura

...Fin dai Grundrisse del 1857-58, Marx aveva dato al concetto di metabolismo (Stoffwechsel) - sviluppato per la prima volta negli anni Trenta del XIX secolo da scienziati impegnati nelle nuove scoperte della biologia e della fisiologia cellulare e poi applicato alla chimica (da Liebig in particolare) e alla fisica - un posto centrale nel suo resoconto dell'interazione tra natura e società attraverso la produzione. Egli definì il processo lavorativo come la relazione metabolica tra l'umanità e la natura. Per gli esseri umani questo metabolismo assume necessariamente una forma socialmente mediata, comprendendo le condizioni organiche comuni a tutta la vita, ma assumendo anche un carattere distintamente umano-storico attraverso la produzione.

Partendo da questo quadro, Marx sottolineò nel Capitale che l'interruzione del ciclo del suolo nell'agricoltura capitalista industrializzata costituiva niente meno che "una frattura" nella relazione metabolica tra esseri umani e natura. "La produzione capitalistica", scriveva,

raccoglie la popolazione in grandi centri e fa sì che la popolazione urbana raggiunga una preponderanza sempre maggiore. Questo ha due risultati. Da un lato, concentra la forza motrice storica della società; dall'altro, disturba l'interazione metabolica tra l'uomo e la terra, cioè impedisce il ritorno al suolo dei suoi elementi costitutivi, consumati dall'uomo sotto forma di cibo e vestiti; quindi ostacola il funzionamento dell'eterna condizione naturale per la fertilità duratura del suolo. ... . . Ma distruggendo le circostanze che circondano questo metabolismo ... costringe a ripristinarlo sistematicamente come legge regolatrice della produzione sociale e in una forma adeguata al pieno sviluppo del genere umano. . . . Ogni progresso nell'agricoltura capitalista è un progresso nell'arte, non solo di derubare il lavoratore, ma di derubare il suolo; ogni progresso nell'aumentare la fertilità del suolo per un dato periodo è un progresso verso la rovina delle fonti più durature di quella fertilità. . . . La produzione capitalistica, quindi, sviluppa solo la tecnica e il grado di combinazione del processo sociale di produzione, minando contemporaneamente le fonti originarie di tutta la ricchezza: il suolo e il lavoratore.

...Nel XX secolo il concetto di metabolismo sarebbe diventato la base dell'ecologia dei sistemi, in particolare nel lavoro di riferimento di Eugene e Howard Odum. Come spiega Frank Golley in A History of the Ecosystem Concept in Ecology, Howard Odum "fu il pioniere di un metodo per studiare la dinamica dell'[eco-]sistema misurando ... la differenza tra input e output, in condizioni di stato stazionario", per determinare "il metabolismo dell'intero sistema". Sulla base del lavoro fondamentale degli Odum, il metabolismo viene oggi utilizzato per riferirsi a tutti i livelli biologici, a partire dalla singola cellula fino all'ecosistema (e oltre il Sistema Terra). Nei suoi successivi tentativi di incorporare la società umana in questa ampia teoria dei sistemi ecologici, Howard Odum avrebbe attinto a piene mani dal lavoro di Marx, in particolare sviluppando una teoria di ciò che chiamava ecologicamente "scambio ineguale", radicato nel "capitalismo imperiale".

In effetti, se oggi dovessimo tornare alla questione originaria di Marx del metabolismo umano-sociale e al problema del ciclo dei nutrienti del suolo, guardandolo dal punto di vista della scienza ecologica, l'argomentazione sarebbe la seguente.

Gli organismi viventi, nelle normali interazioni, tra loro e con il mondo inorganico, ottengono costantemente nutrienti ed energia dal consumo di altri organismi o, per le piante verdi, attraverso la fotosintesi e l'assorbimento di nutrienti dal suolo, che vengono poi trasmessi ad altri organismi in una complessa "catena alimentare" in cui i nutrienti vengono alla fine rimessi in circolo vicino al luogo di origine.

Nel processo, l'energia estratta viene utilizzata per il funzionamento dell'organismo, anche se alla fine una parte viene lasciata sotto forma di materia organica del suolo, difficile da decomporre. Le piante scambiano costantemente prodotti con il suolo attraverso le loro radici, assorbendo nutrienti e rilasciando composti ricchi di energia che producono una zona microbiologica attiva vicino alle radici. Gli animali che si nutrono di piante o di altri animali generalmente utilizzano solo una piccola parte dei nutrienti che mangiano e depositano il resto sotto forma di feci e urine nelle vicinanze. Quando muoiono, gli organismi del suolo utilizzano i loro nutrienti e l'energia contenuta nei loro corpi. Le interazioni degli organismi viventi con la materia (minerale o viva o precedentemente viva) sono tali che l'ecosistema ne risente solo in minima parte e i nutrienti tornano a circolare vicino al luogo in cui sono stati originariamente ottenuti. Inoltre, su una scala temporale geologica, l'azione degli agenti atmosferici sui minerali, rende disponibili i nutrienti per gli organismi futuri. Di conseguenza, gli ecosistemi naturali normalmente non si "esauriscono" a causa dell'esaurimento dei nutrienti o della perdita di altri aspetti di ambienti sani, come i suoli produttivi.

Man mano che le società umane si sviluppano, in particolare con la crescita e la diffusione del capitalismo, le interazioni tra la natura e gli esseri umani sono molto più grandi e più intense che in passato, influenzando prima l'ambiente locale, poi quello regionale e infine quello globale. Dal momento che il cibo e i mangimi per animali vengono ora regolarmente spediti a lunghe distanze, ciò impoverisce il suolo, proprio come sostenevano Liebig e Marx nel XIX secolo, rendendo necessarie applicazioni di routine di fertilizzanti commerciali nelle aziende agricole. Allo stesso tempo, questa separazione fisica tra il luogo in cui le piante vengono coltivate e quello in cui gli esseri umani o gli animali da allevamento le consumano crea enormi problemi di smaltimento per l'accumulo di sostanze nutritive nelle acque reflue delle città e nel letame che si accumula intorno alle concentrazioni di allevamenti intensivi. E Il problema dell'interruzione dei cicli dei nutrienti è solo una delle tante fratture metaboliche che si stanno verificando. È il cambiamento della natura del metabolismo tra un particolare animale - l'uomo - e il resto del sistema Terra (comprese le altre specie) che è al centro dei problemi ecologici che dobbiamo affrontare.

Nonostante il fatto che la nostra comprensione di questi processi ecologici si sia sviluppata enormemente dai tempi di Marx ed Engels, è chiaro che individuando la frattura metabolica causata dalla società capitalista essi hanno colto l'essenza del problema ecologico contemporaneo. Come disse Engels in una sintesi dell'argomentazione di Marx nel Capitale, l'agricoltura industrializzata-capitalista è caratterizzata dalla "rapina del suolo: l'acme del modo di produzione capitalista è l'indebolimento delle fonti di ogni ricchezza: il suolo e il lavoratore". Per Marx ed Engels questo rifletteva la contraddizione tra città e campagna e la necessità di prevenire le peggiori distorsioni del metabolismo umano con la natura associate allo sviluppo urbano. Come scrisse Engels in La questione delle abitazioni :

L'abolizione dell'antitesi tra città e campagna non è né più né meno utopica dell'abolizione dell'antitesi tra capitalisti e lavoratori salariati. Di giorno in giorno diventa sempre più un'esigenza pratica della produzione industriale e agricola. Nessuno l'ha chiesto più energicamente di Liebig nei suoi scritti sulla chimica dell'agricoltura, nei quali la sua prima richiesta è sempre stata che l'uomo restituisca alla terra ciò che riceve da essa....

Note:

[1] György Lukács, Storia e coscienza di classe, Milano, Sugar Editore, 1967, traduzione di Giovanni Piana.

[2] La nota 6 a pag. 77, nella I edizione Oscar Mondadori del 1973, è diventata la nota 7. [N.d.R.]


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