www.resistenze.org
- osservatorio - mondo - salute e ambiente - 03-10-22 - n. 842
A proposito di Antropocene
Greg Godels | https://mltoday.com/clinging-to-the-anthropocene/
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
21/09/2022
"Antropocene" è una parola del XXI secolo: non che non sia mai apparsa prima del secolo attuale ma la sua accettazione diffusa e il suo ampio utilizzo sono una caratteristica degli ultimi due decenni circa.
Come con il corrispettivo della fine del XX secolo: "globalizzazione", il cui accreditamento e la cui popolarità nei circoli della politica sociale, hanno superato di gran lunga qualsiasi comprensione comune e concordata del suo significato.
In un senso molto ampio, la parola "Antropocene" potrebbe riferirsi all'era in cui la comparsa dell'homo sapiens ha avuto un impatto sulla Terra. Questa accezione del termine, che rintraccia la vita sulla Terra dell'uomo 300.000 anni fa, è di scarso interesse popolare e ristretto ai ricercatori dei dipartimenti universitari di antropologia.
Un'accezione più interessante del termine si riferisce all'epoca successiva alla Seconda guerra mondiale, quando la possibilità che l'uomo potesse distruggere tutta la vita sul pianeta è diventata una realtà, più che semplice fantascienza. L'effettiva possibilità, o addirittura la probabilità, di una guerra con armi nucleari significa che una piccola élite ha in mano i mezzi per ridurre la Terra a un masso senza vita in orbita attorno al Sole.
Pertanto, "Antropocene" potrebbe assumere il significato esplicito di "epoca in cui l'homo sapiens ha sviluppato i mezzi necessari e sufficienti per distruggere tutti gli esseri viventi sulla Terra".
Purtroppo, questo pericolo - benché reale e apparentemente orrendo da contemplare - non ha mai generato un allarme sufficiente nei Paesi a capitalismo avanzato, dove le élite detengono il potere di commettere un suicidio globale. Certo, ci sono stati movimenti di massa - spesso guidati da comunisti e socialisti - per strappare questo potere ed eliminare l'opzione, ma finora non sono riusciti a rimuovere il pericolo.
In questo secolo, il termine "Antropocene" è largamente legato alle conseguenze apocalittiche dell'anarchismo ambientale. In altre parole, l'era dell'Antropocene potrebbe essere, e spesso lo è, interpretata come l'epoca in cui la disattenzione e la libertà d'azione dell'uomo hanno minacciato di rendere la vita di quasi tutti un inferno in relazione alle conseguenze ambientali.
L'era dell'Antropocene, così intesa, è l'era in cui l'interazione dell'uomo con il mondo produce sprechi, materiali dannosi dai processi produttivi e una serie di altri sottoprodotti dell'attività umana che danneggiano o rovinano l'ambiente in misura tale da compromettere il modo in cui la maggior parte degli esseri viventi sopravviverà, se sopravviverà!
È una sciocchezza valutare se sia più grave o più probabile una minaccia alla vita a causa di un olocausto nucleare o di una catastrofe ambientale. Allo stesso tempo, è irresponsabile riconoscere una minaccia e non l'altra.
Se i marxisti e altri critici del capitalismo sono stati in prima linea nella lotta contro la guerra nucleare, con poche eccezioni, non siamo stati altrettanto impegnati nella lotta per la giustizia ambientale. Non abbiamo portato a fondo il metodo marxista, unico e incisivo, sulle questioni sollevate dalla crescente crisi ambientale. Abbiamo ampiamente concesso questo terreno ai liberali e ai socialdemocratici.
Come per ogni forma di vita, l'interazione dell'uomo con il mondo ha lasciato un'"impronta" sull'ambiente circostante da quando i cacciatori e i raccoglitori hanno sottratto alle praterie, ai boschi e ai corsi d'acqua, materia - organica e inorganica - per ottenere cibo e riparo, fondamentali per la sopravvivenza umana.
Le conquiste umane hanno spesso imposto cambiamenti al mondo materiale, cambiamenti che hanno avuto conseguenze sull'ambiente, sia positive che negative.
È facile, ad esempio, dimenticare le ondate di deforestazione dell'Europa in epoca medievale e in quelle successive, che hanno provocato profondi cambiamenti climatici, deviato i modelli migratori e portato a cambiamenti sociali ed economici.
L'adattamento dell'uomo e la notevole resilienza della natura hanno compensato prontamente questi cambiamenti, di solito imprevisti.
Ma con il rapido sviluppo delle forze produttive e lo spostamento delle relazioni sociali, l'impatto sull'ambiente è cresciuto di conseguenza. L'avanzamento delle forze produttive che ha generato e stimolato le relazioni sociali capitalistiche, in un lasso di tempo relativamente breve, ha determinato un impatto drammatico e profondo sull'ambiente, un impatto che ha portato danni agli esseri umani e agli altri esseri viventi. Il sistema industriale capitalista ha creato un ambiente antropizzato che ha portato una serie di nuove malattie, ha diffuso quelle vecchie e ha persino modificato processi naturali universali come il clima.
Queste conseguenze ambientali minacciano di sopraffare la resilienza della natura e la capacità di adattamento dell'umanità.
Nel tentativo di rispondere a queste nuove e crescenti minacce, ci si aspetta che i marxisti indichino i fattori specifici del capitalismo che incidono e ostacolano la risoluzione della crisi ambientale: il profitto capitalista, la disuguaglianza di classe, la competizione imperialista, il militarismo e la guerra.
Poiché solo il socialismo può eliminare queste caratteristiche del capitalismo, la crisi ambientale non può essere risolta una volta per tutte senza un cambiamento rivoluzionario.
Purtroppo, abbiamo fatto un lavoro inadeguato nell'introdurre queste considerazioni nei dibattiti e nelle lotte ambientali.
Non abbiamo dimostrato che, poiché i profitti sono la linfa vitale dell'attività produttiva capitalista, le imprese metteranno sempre gli interessi affaristici al di sopra dei beni sociali. La sicurezza ambientale e il profitto entreranno sempre in conflitto.
Non siamo riusciti a convincere il movimento che non si può chiedere ai poveri e alla classe operaia di sacrificare gli standard di vita, per sostenere il peso della salvaguardia dell'ambiente, mentre le élite usano la loro ricchezza per preservare i loro stili di vita da questi sacrifici.
Allo stesso modo, dobbiamo chiarire meglio che qualsiasi risposta alla crisi ambientale globale non deve richiedere che i Paesi meno sviluppati rimangano sottosviluppati, che il costo del rispetto dell'ambiente sia sostenuto da chi non ha mai partecipato alla causa della crisi, mentre i Paesi a capitalismo più avanzato, responsabili dell'abuso ambientale, evidenziano ipocritamente i loro sacrifici nel vietare l'uso delle bottiglie di plastica.
Troppo spesso viene trascurata nelle lotte ambientali l'enorme incidenza delle forze armate statunitensi e di altri Paesi. La denuncia del legame tra militarismo, capitalismo e degrado ambientale è un ruolo che spetta alla sinistra marxista.
C'è qualcosa di più follemente dispendioso e minaccioso per l'ambiente della guerra imperialista? L'attuale guerra in Ucraina è un'orgia di inutili sprechi di risorse energetiche, di incendi, esplosioni e distruzioni mortali e costose. I marxisti dovrebbero fare il collegamento.
Ciò di cui non abbiamo bisogno è la diffusione tra i giovani e tra le persone spaventate dalla catastrofe ambientale e alla comprensibile disperata ricerca di alternative, di teorie poco ispirate a Marx o al marxismo.
Secondo uno zelante articolo del Guardian, è in uscita un nuovo libro di Kohei Saito dal titolo allettante: Capital and the Anthropocene. L'allusione al Capitale (di Marx e Piketty?) e l'invocazione all'"Antropocene" - oggi di moda - faranno sicuramente trepidare molti, senza contare che la versione giapponese ha già venduto mezzo milione di copie. Ci dicono che prima della pubblicazione del libro divulgativo in inglese, è in preparazione un testo "accademico" da parte della Cambridge University Press.
Allora, perché l'articolo del Guardian mi lascia così cauto?
Invocare Marx mi fa nascere dei sospetti. Ricordo fin troppo bene l'eccitazione suscitata dall'esecrabile libro di Hardt e Negri, Empire, pubblicato nel 2000 dalla Harvard University Press con grande successo, che prometteva di spiegare un'epoca di declino dell'influenza degli Stati nazionali e l'emergere di un "nuovo" impero transnazionale di organizzazioni internazionali e multinazionali, una spiegazione immersa in una prosa quasi impenetrabile. Semplificando, Empire era una rivisitazione stilizzata dell'"ultraimperialismo" di Kautsky, una moderna "confutazione" del leninismo.
All'indomani della sua pubblicazione, gli Stati Uniti (uno Stato-nazione) si lanciarono in un'orgia di invasioni e occupazioni degne dell'epoca dell'imperialismo classico così giustamente descritto dall'"obsoleto" V.I. Lenin più di ottant'anni prima!
Allarmante è l'attribuzione a Saito, nell'articolo del Guardian, dell'idea di "decrescita". La decrescita - arrestare o invertire l'espansione dell'attività economica - è un ritorno al malthusianesimo, una dottrina rifiutata da Marx. La decrescita è una resa all'idea che gli esseri umani non possono continuare a espandere la qualità e il contenuto della vita comune in un ambiente sano. Nega l'ottimismo di un mondo di opportunità maggiori, diversificate e più egualitarie che derivano dalla crescita economica.
La decrescita attribuisce la colpa della distruzione ambientale non al capitalismo, al consumismo, al militarismo, all'imperialismo, alla guerra e alla disuguaglianza, ma alle forze produttive che hanno elevato l'umanità da uno stato brutale di natura di tipo hobbesiano alla sicurezza e alla protezione che molti conoscono oggi e alla condizione più elevata che tutti potrebbero conoscere in futuro.
Speriamo che Saito non sia stato confuso dalla distinzione tra consumo e consumismo. L'ineguaglianza capitalistica ha negato a decine di milioni di persone un consumo adeguato - i mezzi materiali minimi per prosperare, riprodursi e ritirarsi in pensione degnamente. Allo stesso tempo, il capitalismo promuove il consumismo - la volgare indulgenza nei falsi bisogni, l'obsolescenza programmata e artificiosa, la dipendenza e una miriade di altre rapaci trappole del marketing messe in atto dal capitalismo. Un consumo adeguato deve essere una caratteristica fondamentale della giustizia ambientale; il consumismo è un peso enorme e in contraddizione con la sostenibilità.
Sebbene l'articolo del Guardian alluda a una soluzione "non capitalista", non menziona mai il "socialismo", una curiosa omissione che ancora una volta scatena scetticismo. Spero di sbagliarmi sul nuovo libro.
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.