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Come chiedere la galera con minimo sforzo

Fernando Pessoa | posta @ resistenze.org

Lisboa, 8 ottobre 2014.

La requisitoria conclusiva dei pubblici ministeri dell'apparato giudiziario dello stato italiano - signore Pedrotta e Quaglino, così pare si chiamino -  potrebbe essere apostrofata giocando con parole già usate da uno scrittore molto famoso di quella penisola: "e il tono ancor m'offende", così abusando di versi della Divina Commedia del fiorentino Dante Alighieri.

Tra le nebbie mattutine della costa lusitana così ci è sembrato l'atteggiamento di quegli accusatori ed il contenuto delle loro dichiarazioni ad una stanca corte, così li abbiamo visti  e conosciuti sulle fonti di informazioni indipendenti del movimento Notav (TGMaddalena, TGVallesusa).

Non solo noi, ma altri commentatori indipendenti italiani - Chiarelli su contropiano.org, per dirne uno - sembrano descrivere un sapore di farsa giudiziaria: "Uno dei principi intorno al quale il processo si è incardinato nel corso di questi anni è stato l'intento - sempre dichiarato, quasi in ogni udienza - da parte degli inquirenti di non entrare nel merito della protesta, ma di limitarsi a valutare e giudicare i reati commessi. Un processo tecnico, in punta di codice, sarebbe dovuto essere. Ma questa linea di condotta ieri è saltata clamorosamente, quando i pm Quaglino e Pedrotta durante le requisitorie hanno addirittura suggerito ai NoTav come avrebbero dovuto lottare: dandosi fuoco come Jan Palach in piazza San Venceslao o facendo lo sciopero della fame come Marco Pannella. In aula si sono levate prima grasse risate e poi urla di sdegno e contestazione, al punto che il giudice ha deciso di sgombrare l'aula, lasciando dentro solo i giornalisti." così commenta oggi quel giornalista. Insomma, libertà di opinione e di fare la lotta politica sì, a patto che sia innocua e non disturbi l'esecuzione delle decisioni già prese in barba alla democrazia e ad ogni interesse pubblico. Magari datevi fuoco, così uno dei nostri problemi è avviato a soluzione.

Persino dal nostro piccolo paese dotato di giurisprudenti tutt'altro che splendenti, avevamo come molti già compreso che lo stato peninsulare, nelle sue varie forme di dominio, dittatoriali o liberal-borghesi, ha sempre avuto come punto d'onore quello di smentire la diceria che la vuole ingiustificata "culla del diritto". Eppure non esiste peggio cui sia dato limite: in Italia i professorotti delle scuole giuridiche insegnano ai loro pupilli che il processo criminale è pubblico perché il pubblico deve controllare, purché stia zitto e non mugugni sulle enormità lanciate ai danni di uno dei pochi movimenti popolari attivi contro lo squallido regime politico italiano, gli imputati devono essere presenti, ma incassare in silenzio gli insulti, sennò fuori tutti per sempre dall'aula senza possibilità di vedere il processo nemmeno da un video!!! Per realizzare diritti popolari non c'è tecnologia, ma vecchie ed inaccessibili aule, irraggiungibili coi mezzi pubblici, prive di marciapiedi pedonali, dicono i no tav. 

Se insomma si vuol vedere in rete un processo a un criminale americano - che so O.J. Simpson - si apprezza almeno un combattimento tra pari. Se in rete si va a vedere i processi dell'Isola di Cuba ad un criminale dell'apparato statale accusato di traffico di stupefacenti, si ha un sapore di equità. Leggere i resoconti delle udienze come faccio io da Lisbona sul TG Maddalena mi pone di fronte ad uno stanco spettacolo inquisitorio in cui corte e procura sembrano qualche volta la stessa entità. E poi un troncare e sopire, e questa domanda non la può fare, e il controesame al poliziotto non può andare a fondo anche se il testimone dice di non aver visto un pestaggio, mentre una foto mostratagli in aula lo raffigura nell'atto di osservare la violenza! Insomma, queste sarebbero le prove "regine" come dicono in Italia, quelle che non c'è nemmeno bisogno di esaminare particolarmente nel discorso finale dei magistrati di accusa? Guardatevele voi, la prova è in atti. 

Minimo sforzo. 

Ma si domandano però anni di galera per reati che immagino non siano poi puniti così tanto nella generalità dei casi!

Questo è quel che appare a me. Forse sbaglio, ma questo mi appare e questo sento: persino la fastidiosa sensazione di dover elogiare i processi e i giornalisti degli yanqui. Ma il mio amico Sean Penn mi ricorda che nella capitale dell'impero le colonne sono d'oro, nelle periferie colonizzate ci sono le baracche ed il forcone, e lì c'è guantanamo bay. Allora ritorno a ragione, nella memoria nel nostro comune amigo Hugo Rafael Chavez, per il quale gli Stati Uniti, il loro sistema ed i loro giornalisti sono Satana  e demonio. Mi faccio allora il segno della croce. Un po' da Lisbona ci credo anch'io.

In quel processo dell'Italia del Nord, dilaniata da inquinamento, infiltrazioni mafiose, disoccupazione e razzismo, non manca neppure un piccolo carosello di propaganda americana quando uno dei pubblici ministeri dice che in un precedente caso di disordini, quelli contro una base degli USA, gli oppositori erano una minoranza, rispetto al sentimento diffuso della generalità del popolo italiano di amicizia, rispetto e collaborazione cogli Stati Uniti d'America. Madredeus! Ma siamo mica al G8…!

Però rimane un fatto: per un osservatore esterno non si possono chiedere anni di galera così: non si è nemmeno capito perché. vedetevi i video. C'è un problema anche di decoro dello Stato, che quando pretende di imporre la sua scure lo può anche fare, ma con un minimo di spiegazione. 

Forse sarà la routine italiana, non conosco bene quel sistema giudiziario, non sono un esperto di diritto, al massimo un appassionato dell'Italia, paese di uno dei miei due genitori che me ne ha tramandato la lingua. Quando nel mio paese apostrofano gli italiani come "carcamanos", calcatori di mano sulla bilancia, quindi truffatori, mi indigno e m'offendo. Sicuramente quei magistrati saranno persone per bene, schiacciate da una prassi che non è loro colpa, però l'impressione sgradevole fa fatica ad andar via.

A proposito di giornalisti, c'è pure un episodio in cui un reporter locale viene contestato perché ha mandato in onda in diretta un video da lui fatto che riproduceva le facce degli imputati. Si vedono ma appena, si difende lui. L'Italia dell'appena... Pare che riprendere gli imputati non si possa fare o che fosse vietato dalla corte. I difensori si animano, ne chiedono l'espulsione, la corte dice no, rimane dentro. Il pubblico che viola le regole va fuori, i giornalisti che fanno più o meno lo stesso no.

Si fa fatica a non pensare male, il tono ancora offende. Queremos ajudar, Boa Tarde.


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