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La bancarotta dell'opportunismo

Renato Ceccarello | posta @ resistenze.org

21/07/2015

Per chi, informato adeguatamente, sapeva che il referendum greco del 5 luglio non era per la fuoriuscita della Grecia dall'UE, ne un distacco dall'Euro, ma semplicemente per una versione più blanda dei sacrifici imposti dall'UE in cambio del rifinanziamento del debito, l'esito disastroso della successiva trattativa non era certo imprevedibile.  Ne più di tanto poteva sorprendere l'accanimento sanzionatorio dell'UE, sicuramente una lezione tesa a chiarire, se mai ce ne fosse stato bisogno – e del bisogno per molti ce n'era - , di che pasta sia fatto e l'imperialismo europeo e i suoi servi. Ossia di come i poteri forti economico finanziari del grande capitale, che in questo momento sono personificati dai governanti della Germania, non abbiano la benché minima intenzione di concedere qualche briciola o di rinunciare a qualche euro di profitto.

Esso si sente talmente forte dall'affermare di non aver bisogno di alcuna forma di mediazione.

Con ciò il falso mito che "un'altra Europa è possibile" cade in frantumi. L'Europa dei monopoli e del capitale disdegna le forme di mediazione ed insegna ai popoli che l'imperialismo non va riformato: va abbattuto con la rivoluzione.

Grande è perciò lo sconcerto della cosiddetta "sinistra europea", in particolare di casa nostra. In Italia il socialdemocratico Tsipras, nei mesi in cui ha illuso il popolo greco che l'UE avrebbe accettato che un piccolo paese che rappresenta economicamente il 2% dell'economia dell'Unione potesse seguire un'altra politica, sembrava essere stato l'elemento di coagulazione a sinistra del PD, al punto che con lo stesso nome è stata presentata una lista alle ultime elezioni europee, che pure ha eletto dei rappresentanti.

Lo spettacolo offerto dalle componenti politiche di questa lista e da altre, come la "coalizione sociale",  nella loro commedia dei commenti, è oltremodo ridicolo, se non fosse che dietro il riso venga dell'amaro al pensare alla reale consistenza delle forze antagoniste di classe.

Ci sta capitando di sentire di tutto: che Tsipras non poteva fare diversamente, che ha trattato con il coltello alla gola, che comunque sono state sconfitte le forze oltranziste che volevano la Grexit, che le defezioni da SYRIZA sono state una piccola minoranza, che il governo di salvezza nazionale in Grecia è l'unico possibile, che comunque i greci sono per la permanenza nella UE, che la colpa principale è degli amici europei che al momento del bisogno avrebbero lasciata sola la Grecia.

Che Tsipras non sia stato aiutato dai suoi amici probabilmente è vero. O piuttosto è vero che la loro capacità mobilitativa, la loro presa di massa, è molto modesta. Ma qualcuno pensa che qualche blanda manifestazione riformista nelle città europee avrebbe cambiato le carte in tavola?

Contro l'UE ci vuole ben altro. E' necessario riprendere la lotta di classe su scala nazionale e continentale, su altre basi, non riformiste, ma marxiste e leniniste. Non esiste una borghesia "buona" che fa gli investimenti ed incrementa l'occupazione, e, attraverso questa via, da fiato allo stato sociale; di contro ad una "cattiva" che specula nella finanza e dimora nel sistema finanziario e bancario, che non farebbe il suo lavoro di finanziare le aziende.

No. Il capitale è quello che è: un meccanismo per estrarre plusvalore e per suddividerlo tra i vari commensali, non lasciando più alcuna briciola, soprattutto per una lotta di classe che, purtroppo, anche perché ingannata dal riformismo, ristagna. E si che l'entusiasmo con cui in Italia la Confindustria ha accolto il Jobs Act dovrebbe pur far riflettere.

Le sezioni nazionali del proletariato vanno ricostruite o ampliate su una base di classe, come in Grecia fa il KKE, contro le illusioni revisioniste che il capitale sia disposto a trattare qualche  briciola ed a concedere qualcosa in nome della democrazia e della sovranità popolare.

Contro l'imperialismo è necessario che queste sezioni nazionali facciano il loro compito di lottare contro i padroni ed i governi della crisi, dei tagli, del massacro sociale, della miseria dilagante. Quindi, di fronte all'internazionalismo padronale,  occorre che queste sezioni si sostengano l'un l'altra in un rinnovato internazionalismo proletario, per la rivoluzione e il socialismo.


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