www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - lettere - 05-11-16 - n. 609

Quei capelli rossi che denudano il re

Fernando Pessoa | posta @ resistenze.org

05/11/2016

Alla fine è successo.

Nicoletta Dosio, volto dei resistenti NoTav è stata fermata fuori del Palazzo di Giustizia per la sua volontaria trasgressione degli arresti domiciliari che le avevano imposto.

Ma non perché leggi, giudici procura e carabinieri abbiano stretto la loro tenaglia.
Alla fine ha deciso ancora Lei, mettendoli per l'ennesima volta impietosamente nudi, di fronte al muro delle proprie contraddizioni.

Nicoletta Dosio è da mesi sottoposta a misure cautelari per fatti minimi legati alla resistenza praticata dal movimento NOTAV.
Con Lei s'è sguainato lo stesso inusitato pugno che si è voluto per gli altri membri del movimento.

Colpire per criminalizzare.
Criminalizzare per rendere inefficace la lotta.

Che si vorrebbe limitata al solo lamento inoperoso o tutt'al più al gesto anticonservativo palachiano, strumento tragico degli intrighi occidentali più che simbolo di vera resistenza.
Insomma: lamentatevi, al più uccidetevi, ma non disturbate il manovratore.

Nicoletta non ci sta. Non ci è mai stata.
Per questo motivo ha deciso di non rispettare alcuna misura Le venisse imposta.

Così, mentre all'interno delle aule del Tribunale le toghe nere degli avvocati sguainavano retorica di fronte ad altre toghe, incitandoli a dare per una volta "torto ai notav", mostrando che esiste una giustizia che assolve laddove la legge lo può fare, qualcuno questa legge nuovamente la portava di fronte alle sue contraddizioni.

Gravata dalla misura della custodia domestica che non ha mai ritenuto di rispettare, scendeva di fronte agli scalini del palazzo di giustizia, per violarla una volta di più, di fronte a coloro che l'hanno perpetuata.

Se ritenente la resistenza un reato allora il suo posto è nelle vostre galere, ma la resistenza obbedisce ad una legge più forte, quella della giustizia sociale, sembra dire Nicoletta Dosio con l'appassionato comunicato distribuito la mattina del suo arresto:

"Quanto tempo è passato da quando i Padri costituenti, ancora animati dal vento di Liberazione che spazzò via il nazifascismo e accese nuove, ahimè disattese speranze, dichiaravano che «La resistenza, individuale e collettiva, agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino».
Quei diritti, quei doveri, per noi, per me, non sono un semplice slogan, ma ispirazione di vita e di azione.
Dalla prima misura cautelare inflittami, l'obbligo di firma, sono passati ormai quattro mesi. Ora, attraverso i successivi aggravamenti, sono giunta agli arresti domiciliari, che non sto rispettando.

Continuo la mia consapevole, condivisa, felice evasione contro provvedimenti preventivi che sono più che mai strumento di intimidazione, tentativo di minare una lotta giusta e collettiva, per questo irriducibile.
Evidentemente, il mio gesto di ribellione, che sono determinata a portare avanti fino in fondo, ha rotto lo schema di repressione che umilia le persone e le rende subalterne alle decisioni vendicative dei tribunali. La palese difficoltà del tribunale di Torino ad applicare quella che chiamano "l'obbligatorietà dell'azione penale" di fronte al mio pubblico e rivendicato "reato" di evasione è il maggior riconoscimento della forza di popolo che mi sostiene e insieme un messaggio attivo di fiducia e incoraggiamento per quanti subiscono arbitrii giudiziari che sembrano incontrastabili."

(Comunicato di Nicoletta Dosio, http://www.notav.info/post/nicoletta-dosio-fermata-al-presidio-in-solidarieta-agli-imputati-del-maxi-processo/)

A Nicoletta piacerebbe forse ricordare il contrasto tra Antigone e Creonte, il conflitto tra autorità e potere, giustizia e legge, popolo e stato. Oggi nei panni dell'ἄγραπτα νόμιμα àgrapta nòmima, le antiche consuetudini allora ritenute dai greci di origine divina, sta l'esigenza di eguaglianza, giustizia delle masse sempre più consistenti di sfruttati ed esclusi dalla gestione della cosa pubblica. Nella parte del νόμος δεσπότης nomos despotes, le leggi di Creonte sovrano di Tebe, sta più o meno tutto ciò che ci sta intorno: un sistema di anarchia produttiva e leggi dell'economicamente potente che inchiodano ogni anelito di eguaglianza umana ancor prima che sociale.

A me piace oggi dire che Nicoletta ha interpretato ancora una volta la parte dello spettatore birichino allo spettacolo del mago.
Col coraggio dei suoi capelli rossi ha tolto il lenzuolo dall'apparato dell'illusionista, nell'incredulità o nell'imbarazzo del pubblico presente.

Il pubblico da tempo immemore è abituato a credere che il corpus di leggi, polizie, tribunali ed istituzioni siano custodi ed arbitri di un contratto sociale.
Le dispute sociali dovrebbero esser regolate dalle leggi e dai tribunali. Quelle leggi e quelle sentenze eseguite ed amministrate da uno scranno di imparzialità.

E' l'antica novella dello Stato di diritto che ai liberali piace pensare come diritto dell'individuo contro la potenza dello Stato, quasi che il fulcro delle diseguaglianze sociali provenisse non dalla divisione delle classi, ma da un'entità di potere avulsa dai reali rapporti economici e sociali.
Eppure la fiaba non si è realizzata mai.

Ci sarà un perché…
Forse perché lo stato di diritto non elimina la schiavitù, la diseguaglianza e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. La classe dominante che lo informa finisce per renderli comodamente legali.

Il diritto, la sovrastruttura giuridica sono però una potente costruzione, perché emanano verso i soggetti sociali la magia dell'obiettività. Leggi, giudici, tribunali - con il loro complemento applicativo che prevede le condanne e le prigioni di ogni tipo - sono eretti dalle classi dominanti su di un piedistallo di apparente terzietà: in questo teatro può dispiegarsi nel modo più efficace quell'illusione che genera nei sudditi venerazione, rispetto, timore revereziale della pubblica potestà.

Lo Stato, i suoi distaccamenti di uomini armati, le sue prigioni, sorgono, come è noto, solo nel momento in cui gli antagonismi di classe sono inconciliabili. Ma è la raffinata arte del tecnicismo giuridico ad iniettare in modo falsamente imparziale l'imposizione degli interessi della classe dominante.

Questa è la coperta dell'illusionista che il pubblico ha oggi la necessità di strappare beffardamente dalle mani del mago.
Nicoletta ha scostato il lenzuolo del mago. Ha mostrato una volta di più che sotto la coperta di apparenti leggi a tutela dell'ordine pubblico, il contenuto difeso da quelle leggi è lo sfruttamento della terra, dei popoli, dell'uomo.
Ha mostrato che l'ingiustizia non scompare solo perché la decide un parlamento, un gruppo di interesse più o meno rappresentativo, un organo del potere giudiziario.

Forse è per questo che chi possiede il teatro è sempre meno incline a permettere che il pubblico si faccia beffardo e maturo.
Oggi un questore della Repubblica ha vietato una manifestazione di protesta contro una riunione di propaganda del Partito del Presidente del Consiglio.
Nonostante tale illegittimo bavaglio, la tenacia dei manifestanti nell'esercitare ugualmente il proprio diritto costituzionale ha consentito alla legge la loro fisica e violenta repressione.

Non c'è bisogno di andare nell'inferno turco per comprendere come quell'ispirazione dei Padri Costituenti che cita Nicoletta sia ormai un inutile e sempre più pesante cappotto da cui chi domina si vuole spogliare.
Chissà se l'operato del Questore di Firenze sarà mai oggetto di un'indagine penale, oppure nelle aule ci troveremo altro popolo imputato del reato di resistenza?

Il mago e il lenzuolo reclamano altro pubblico pronto a stupirsi.
Noi altri beffardi capelli rossi che rovescino il lenzuolo e mostrino la nudità del Re di Tebe.

Fernando Pessoa


La mossa del cavallo

Nevoeiro | posta @ resistenze.org

06/11/2016

«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto». Già, chi detiene la forza, come Ramon Rojo, è sempre convinto di essere invincibile. Un copripetto in metallo può però talvolta sparigliare le carte e consentire a Joe-Clint Eastwood di vincere il duello finale.

E' quello che ci ricorda Nicoletta con la sua scelta coraggiosa e controcorrente di dire no, di dire basta, di resistere contro qualcosa che si percepisce come intrinsecamente ingiusto. La sua non è una scelta egoista, tutt'altro. Accusata di avere, forse, preso in mano una corda, se Nicoletta avesse passivamente accettato le misure che le erano state imposte, probabilmente oggi sarebbe ormai libera anche per la Legge: sarebbe libera di  muoversi, di essere  presente in tutte quelle piazze italiane che si animano contro le decisioni calate dall'alto a dispetto dei bisogni della popolazione, di portare il suo contributo a chi soffre per il terremoto, di portare il suo sorriso nell'amata Grecia.

La sua scelta è un esempio, un insegnamento di abnegazione per la causa a cui ha dedicato un'intera vita: la causa degli ultimi, dei deboli, di chi non ha voce, di coloro che vengono lasciati indietro da un sistema che non ha neppure più la capacità di provare compassione. Dobbiamo dire 1000 volte grazie a Nicoletta, che ogni giorno ci insegna come  anche un corpo anziano e malato, ma animato da un enorme cuore rosso possa ergersi gigante dinanzi a strumenti di potere che al suo cospetto appaiono animati da lillipuziani.

Chi l'avrebbe detto che un intero complesso che riunisce potere esecutivo con le sue articolazioni di polizia e esercito, magistratura e potere mediatico potesse arenarsi di fronte a un corpo così minuto, ma estremo e risoluto nel non arretrare di un passo? Eppure è quel che sta succedendo, Nicoletta con la sua mossa del cavallo ha sparigliato le carte di un tavolo troppo frettolosamente apparecchiato da coloro che pensano di potere sempre  e per sempre ridurre i bisogni a una questione di ordine pubblico. Nicoletta le catene con le quali si intende zittire il dissenso, conciliare le pretese del carnefice con quelle della vittima, anestetizzare i conflitti, non le ha accettate, le ha spezzate quelle catene. E ora il Re è nudo, incapace di reagire, incapace addirittura di esercitare quelle prerogative che il Sistema gli elargisce con generosità per opprimere ogni voci dissonante.

E' di oggi la notizia che il Tribunale non ha applicato alcuna misura cautelare a Nicoletta per l'evasione, reputando non idonea quella degli arresti domiciliari richiesta dalla Procura. Uno schiaffo in faccia rivolto a coloro che di fronte alla passione di Nicoletta sono ora costretti a tenere il cerino acceso fra le dita. L'ipocrita strumentalizzazione del principio di legalità scotta ora fra quelle stesse mani che fino all'altro giorno se ne erano fatto vanto della correttezza della loro azione, incapaci anche solo di comprendere le ragioni di una scelta così distante da orizzonti ancora oggi sempre avvolti da fumi inquinati attraverso i quali scorgere fantastiche contrapposizioni fra buoni e cattivi, fra violenti e non violenti.

Nicoletta in questi mesi non è stata  sola, con lei hanno militato i valligiani, accanto a lei hanno lottato tutti quelli che le hanno espresso solidarietà, ma l'augurio è che questa solidarietà diventi un fiume in piena, che si facciano sentire tutti coloro ai quali il coro mediatico mainstream ancora non nega la voce, ma che sino ad ora sono rimasti indifferenti, silenti.

Nello stagno Nicoletta ha lanciato più di un sasso: tematiche quali la giustizia sociale di fronte ai diritti individuali, i rapporti fra legalità e giustizia, il protagonismo politico, i bisogni delle comunità e di chi le abita rispetto ai criteri di ragioneria economica, devono tornare ad essere la cartina tornasole dell'agire politico.  Qualunque sia il giudizio che diamo dell'entità statuale è giunta l'ora di rivendicare con orgoglio che la Koinè torni ad essere governata da scelte Politiche, nel senso aristotelico di agire per la polis, e non da delibere tecnico amministrative burocratiche.

E' anche nel brodo dell'antipolitica che si alimenta quell'indifferenza e passività a cui si contrappongono le difficili scelte di Nicoletta; quel brodo, dovrebbe oggi più che mai fare riflettere quei molti, sistematisi ora anche ai piani alti delle istituzioni, che tendono a confondere il sol dell'avvenire con merito, regole, onestà.

E' di queste ore la notizia dell'arresto dei deputati kurdi del HDP, ai cui certamente Nicoletta non farà mancare la sua solidarietà. Quella che è invece loro mancata è quell'immunità parlamentare, fumo negli occhi per gli alfieri dell'antipolitica nostrana, guarda caso recentemente abolita dal principino Erdogan,  che avrebbe loro garantito libertà personale e di manifestazione del pensiero. Il percorso è ancora lungo, ma grazie all'esempio di persone come Nicoletta possiamo intraprenderlo con sicura speranza.

Nevoeiro


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