Luciano Gallino: La scomparsa dell’Italia industriale
Un periodo di grandi sconvolgimenti economici il nostro. Uno su tutti: la crisi
della FIAT, Fabbrica Italiana di
Automobili Torino, nata nel 1899. Temi sulla bocca di molte persone che in
altri momenti non avrebbero avuto curiosità analoghe. Girotondini, movimento
dei movimenti, no global, new global. Ma come mai, almeno noi in Italia, siamo
così in difficoltà? Cosa non va, essenzialmente?
Luciano Gallino prova a rammentarci il nostro livello, come Paese, di capacità
produttive. Un libretto utile perché riassume, comparto per comparto, le
manchevolezze di una classe dirigente, dell’imprenditorialità italiana, così
come di molti governi che si sono succeduti con grande rapidità sino a pochi
anni fa, la cui cifra era in pratica solo quella di favorire amici che
avrebbero poi ricambiato i favori con un apporto di voti utili a tenere in
piedi la compagine a cui gli stessi governi facevano riferimento.
Gallino aveva già affrontato, in una analisi controcorrente, un altro tema
economico importante, il problema della disoccupazione in Se tre milioni vi sembrano pochi (Einuadi1998),
criticando ad esempio la formazione delle cifre ufficiali della disoccupazione
negli USA, cifre da sempre prese come esempio anche dai nostri analisti. In
quest’altro testo riassume la scarsa affezione per il produrre in rami quali
l’informatica, settore leader della produzione di punta mondiale; l’aeronautica
civile, punteggiata da scandali in passato, e che è stata alla base della prima
seria incomprensione all’interno del nuovo governo Berlusconi, sull’entrare o
meno in una cordata europea per partecipare alla produzione di un aereo civile,
appunto, europeo; la chimica, con lo sperpero di fondi e la costruzione di
“cattedrali nel deserto” sardo degli anni ‘60/’70; per proseguire con
l’elettronica di consumo, in pratica molto mercato degli elettrodomestici;
l’high tech e finire in bellezza trattando il comparto automobilistico.
Gallino insite, anche in lavori ulteriori, sull’importanza della ricerca. La
pochezza di fondi per questo settore è mortale per ogni tipo di produzione. Se
non produce, un Paese alla lunga affonda o se sopravvive lo fa colonizzato da
altre strutture di altri Paesi che determinano, più o meno direttamente e/o brutalmente
la propria linea politica. Per uscire da questa tendenza al traino
internazionale occorrerebbe un governo capace di capire l’importanza della
produzione senza ovviamente abbandonare gli altri settori, ma in ogni modo
portando sforzi significativi in quel settore: sforzi di organizzazione e di
rinforzo. Anche l’agricoltura andrebbe sostenuta con convinzione, ma in ogni
caso, occorre abbandonare la falsa idea che i servizi, il terziario, internet e
similari, possano ben sostituire una sana politica produttiva. Tutto ciò
verrebbe ad incidere anche su un innalzamento della coscienza del livello
ecologico nazionale. Ma questo è un discorso che apre altri scenari, ed è
comunque una variabile del discorso di Gallino.
Un libro preciso con dati inoppugnabili che lascia nessun spazio all’ideologia.
Logicamente in questa direzione sarebbe maggiormente salvaguardata la
possibilità di un lavoro decente per l’uomo. Non basta quindi puntare su una
pochezza sostanziale del prodotto e su una ridotta incidenza dei costi di
produzione: la qualità e l’intelligenza delle merci hanno un valore. Un valore
che può ben stare sul mercato, assieme al Made in China.
T. Tussi
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Einaudi 2003 Pagine 106 Prezzo di copertina: 7.00 Euro |