Dopo aver ripercorso la storia parallela della creazione dello Stato d'Israele
e della catastrofe (Nakba) palestinese in Quale
processo di pace? del
1998 e analizzato le ragioni del fallimento del processo
di pace in La nuova Intifada del 2001, l'autore torna indietro nel
tempo, all'Impero ottomano del XIX secolo, per individuare le origini del
progetto sionista e delle sue caratteristiche fondanti, in stretto contatto con
un ambiente, la Palestina e con il sorgere del nazionalismo arabo, relativo ad
uno spazio ben più esteso, quello in sostanza dell'attuale Medio Oriente,
Egitto compreso. Ancora una volta la terra rappresenta il cardine
di questa ricerca, una terra troppo promessa, per
usare la brillante formulazione di Massimo Massara, dove
sionismo, imperialismo e nazionalismo arabo si incontrano e si scontrano.
La tesi di Theodor Herzl, fondatore del sionismo politico, espressa in Lo Stato
ebraico del 1896, è esplicita:
"La Palestina è la nostra patria storica, che ci resterà sempre nel
cuore. Questo nome da solo sarebbe un segnale di adunata straordinariamente
toccante per il nostro popolo. Se Sua Maestà il Sultano ci concedesse la
Palestina, ci potremmo impegnare, per sdebitarci, a risistemare le finanze della
Turchia. In favore dell'Europa noi costruiremmo là una parte del vallo per
difenderci dall'Asia, costituendo così un avamposto della civiltà contro la
barbarie. Come Stato neutrale resteremmo in rapporto con tutta l'Europa, che
dovrebbe garantire la nostra esistenza. Per i luoghi santi della cristianità,
si potrebbe trovare una forma di diritto internazionale, per garantirne
l'extraterritorialità. Costituiremmo la guardia d'onore intorno ai luoghi santi
e ci renderemmo garanti, a prezzo della nostra stessa vita, dell'adempimento
del nostro dovere. Questa guardia d'onore sarebbe il grande simbolo per la
soluzione della questione ebraica dopo diciotto secoli di sofferenza".
In La conquista della Palestina, suffragato da testi di storici
importanti quali Henry Laurens e Francis Jennings, e, in particolare
sull'impresa sionista, di alcuni tra i più importanti nuovi storici israeliani
come Zeev Sternhell, Norman Finkelstein e Gherson Shafir, l'autore indaga
sulla pratica sionista di realizzazione del programma di Herzl senza
dimenticare gli autoctoni, scomparsi nello slogan sionista "Una terra
senza popolo per un popolo senza terra". Anzi, la prima parte è
soprattutto dedicata alla riscoperta della Palestina ottomana, provincia
dell'Impero ed ai palestinesi in lotta contro la colonizzazione sionista. Dopo
aver illustrato nella seconda parte i classici miti della conquista coloniale,
e nella terza il significato importantissimo dei "nuovi storici", è
soltanto nella quarta parte che affronta il rapporto tra Sionismo e
nazionalismo (Zeev Sternhell) e tra Sionismo e colonialismo (Gherson Shafir).
Il libro si conclude con un' analisi politica del ruolo del Muro costruito in
Cisgiordania, evidenziando quanto questa struttura rinvii ad un tempo del tutto
indefinito la nascita dello Stato palestinese ed anzi caratterizzando lo stesso
come strumento che impedisca, per sempre, la nascita di detto Stato. Seguono:
Un' appendice storico-documentaria, che ricostruisce gli anni iniziali del XX
secolo della politica imperiale della Gran Bretagna e riporta insieme ad altre
cose, la documentazione relativa ai tre accordi che hanno segnato le sorti
della Palestina, prima del mandato britannico del 1922 e cioè la corrispondenza
Hussein-Mc Mahon, gli accordi Sykes-Picot
e la Dichiarazione Balfour. Un'intervista
a Yeshayahu Leibovitz, una polemica con il presidente del
senato Pera, con riferimento alla Lectio magistralis del Nolte tenuta in
Senato, una cronologia dal 1876 al febbraio 2003, ed infine una bibliografia
costituita da tutti i testi raccolti dall' autore.
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Editrice CRT Via S. Pietro 36, 51100 - Pistoia 2004 Pagine 302 Prezzo di copertina: 20.00 Euro Vendibile ai soci Ccdp |