Venanzio Bizzarri: Da Maresca a Hallstahammar
Memorie di un
ottuagenario operaio, partigiano ingegnere
Ed. PonSinMor, Gassino TO,
2005, pp. 206, € 10,00.
Recensione di Donato Antoniello
Piccola e grande storia partigiana dalle memorie di Venanzio (nome di battaglia Volpino), un partigiano che, nonostante la dura esperienza resistenziale costellata di episodi cruenti e rappresaglie insensate, non conosce l’odio. Una persona “semplice” ma intelligente, Venanzio nasce nel 1925 a Maresca, un paesino di villeggiatura della montagna pistoiese e tutto il libro gira intorno a questo paesino e a Campotizzoro dove ha sede la S.M.I. (Società Metallurgica Italiana), che fabbricava munizioni e che lo vede – quindicenne – addetto al reparto pallottole con il permesso di frequentare la scuola d’apprendista dopo i turni in fabbrica. E la scuola, l’istruzione, il desiderio di studiare sono, per Volpino, le uniche cose che contano.
La sua storia, prima di diventare un “organizzato” nella resistenza, ricorda
molto le storie di tanti partigiani, come quelli piemontesi che ho conosciuto,
Giovanni Longo, Emilio Pugno, Vito D’Amico e altri che maturano una forte
coscienza di classe proprio in fabbrica e grazie al “discreto” aiuto dei vecchi
operai di mestiere che – con il loro esempio – guidano le scelte e orientano i
giovani operai. Per il calibrista Venanzio fu Carlo Petrolini (festa) che, dice
Bizzarri, “aveva le idee chiare su come si poteva costruire una giusta società
e parlare di socialismo”. Inquadrato nella formazione “Bozzi”, Venanzio conosce
la barbarie nazi-fascista a Maceglia il 14 luglio del ’44, con la morte di tre
giovani amici di Maresca. Partecipa alla battaglia nella Valle dell’Orsigna, fa
una sosta nella Repubblica di Montefiorino da dove fugge dopo la battaglia e
incrocia in Garfagnana la banda “Pippo” (Manrico Ducceschi, nato a Capua –
Caserta – l’11 settembre 1920 e morto – suicida – a Lucca il 24/08/1948 –
studente -) con la quale vi è una difficile se non impossibile convivenza.
Rientra quindi nel suo territorio di partenza e vive la sua “crisi” personale
scoprendo il “disinteresse e la politica del CLN” e non può fare a meno di
pensare che nonostante tutto, “c’erano due resistenze, quella della lotta e dei
sacrifici e quella delle riunioni del CLN”.
Con la Liberazione, a fine settembre ’44, e la “deposizione” delle armi, a Maresca inizia la ricostruzione che lo vede attivissimo fino alla sua adesione alla CIL Corpo Italiano di Liberazione (fine ’44) e partenza (17/2/45) per il fronte con gli alleati per “liberare l’Italia”.
Dopo la Liberazione Venanzio emigrerà in Svizzera per due anni e
successivamente in Svezia dove realizzerà il suo sogno di “studiare”,
sistemandosi e mettendo su famiglia. Nel 1956 consegue il diploma di ingegnere
chimico. Dei suoi 80 anni Venanzio ne ha trascorsi 56 in Svezia, ma mantiene la
cittadinanza italiana, come i suoi due figli che lo hanno spinto a scrivere la
sua storia, una storia che lo ha visto protagonista, fiero combattente, leale
compagno e immune dai sentimenti di odio e risentimento che, a buona ragione,
la maggior parte dei partigiani ha provato e nutrito. Un libro da leggere,
quello di Venanzio, e una scelta coraggiosa dell’editore, Dante Lepore, che ha
all’attivo nel suo catalogo una eterogeneità di titoli, tutti stimolanti.
Rivalta, 18 aprile 2005