www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - libri - 03-04-08 - n. 222

Davide Conti: L’occupazione italiana dei Balcani – Crimini di guerra e mito della “brava gente”
 
Odradek 2008
 
Qualcuno potrebbe chiedersi cosa ci sia di nuovo in un ennesimo studio sull’occupazione italiana dei Balcani: ebbene, questo libro dice davvero qualcosa di nuovo. L’autore non si limita a citare studi già pubblicati (che spesso però fa bene rileggere per ricordarci che, lungi dal luogo comune del “buon italiano”, l’esercito italiano fu occupatore feroce nelle zone da lui sottomesse) ma cita documenti finora non conosciuti ed analizzati, conservati soprattutto nell’Archivio centrale dello Stato e nell’Archivio storico del Ministero affari esteri, tra i quali anche documenti provenienti dagli archivi delle prefetture delle province di occupazione.
 
La parte più interessante del materiale è però, a parer nostro, quella costituita dagli interrogatori fatti dai Servizi a singoli militari (graduati o semplici soldati) che avevano partecipato alle operazioni in Jugoslavia. Lo scopo di queste testimonianze era quello di dimostrare che l’esercito italiano non era responsabile di crimini di guerra in quanto struttura, ma che le colpe erano attribuibili solo ad alcuni singoli, fascisti esasperati e che lo stesso fascismo era un incidente di percorso nella storia di un paese civile come l’Italia. Queste testimonianze dovevano essere portate ai colloqui di pace per ridurre le responsabilità collettive, scagionare l’Italia dall’accusa di aver programmato la distruzione della Jugoslavia e minimizzare i vari crimini di guerra commessi anche in Albania, Grecia e Montenegro; in questo modo si riuscì anche a ridurre di molto le richieste di debiti di guerra, in quanto le responsabilità furono fatte ricadere su singoli individui piuttosto che sulla nazione intera.
 
Oggi invece queste testimonianze servono a dimostrare la continua, feroce e organizzata azione di repressione e distruzione sistematica operata dall’Italia di un paese e delle sue popolazioni, in quanto la maggior parte degli intervistati non dice “io feci”, bensì “altri fecero”. Sarebbe interessante prendere visione in forma integrale di tutte le testimonianze raccolte, per comprendere meglio l’entità del fenomeno, ma già da quanto riportato nel testo esce una realtà agghiacciante di quella che fu l’occupazione italiana. Vi sono ad esempio documenti che dimostrano che le autorità italiane, sia militari che civili, non aiutarono gli ebrei in fuga dalla Croazia, ma anzi li concentrarono in posti di frontiera, a disposizione dei tedeschi, sapendo benissimo che sarebbero andati incontro ad una morte terribile. Per non parlare delle disposizioni sulle uccisioni di ostaggi, sull’internamento dei civili, sull’incendio di villaggi. Tutto ciò con buona pace di coloro che ribadiscono ad ogni piè sospinto il “mito” dell’italiano “buono”, dei militari italiani e degli stessi fascisti che si sarebbero comportati umanamente con i prigionieri ed avrebbero aiutato gli ebrei a sfuggire alla deportazione.
 
Del resto si preferisce non parlare a scuola del colonialismo e delle occupazioni italiane, né delle repressioni compiute dal nostro Paese sui popoli assoggettati; e che ancora oggi la censura blocca film come “Il leone del deserto” o il documentario “Fascist Legacy”.
 
Mentre vengono proposti al pubblico testi di “divulgazione” storica, spesso disinformativi o di mera propaganda, tesi da una parte a minimizzare le colpe del fascismo e del colonialismo e dall’altra ad alimentare la colpevolizzazione della Resistenza, sia italiana, sia quella dei popoli occupati dall’esercito italiano (come la jugoslava), libri come questo di Conti, pur accurati e ben documentati, circolano solo in una ristretta nicchia di ricercatori e non riescono a farsi recensire dalla grande stampa.
 
Lo studio di Conti ha anche un altro pregio di non poco conto, in un periodo in cui si tenta di convincere il grande pubblico che la storia debba essere raccontata attraverso i libri “divulgativi”, cioè privi di note, di citazioni e senza documenti, in quanto questi renderebbero, secondo molti “divulgatori” (ma anche storici), la lettura noiosa e di difficile comprensione. Perché questo testo, pur ricco di citazioni e di documenti, risulta invece di lettura scorrevole e la sua coerenza “narrativa” è data proprio dalle citazioni dei documenti inserite nel testo.
 
Una particolare menzione merita l’editore, da sempre impegnato nella divulgazione di testi che pongono l’accento su fatti ed avvenimenti controversi o poco noti, sia italiani che internazionali. È grazie anche a case editrici piccole ma combattive come questa che il pensiero unico dei vari riscrittori della storia non è ancora riuscito a trionfare del tutto, pur avendo causato purtroppo enormi danni tra gli italiani.
 
In conclusione, questo di Conti è un testo che consigliamo a tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza della tragica partecipazione italiana alla seconda guerra mondiale, e lo possono fare leggendo un libro ben scritto, agile e nello stesso tempo approfondito.