www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - libri - 21-04-11 - n. 361

da Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
 
Ezio Bonanni - Giancarlo Ugazio: Patologie ambientali e lavorative
MCS - Amianto & Giustizia
 
Edizioni Minerva Medica
 
Le vittime del progresso. MCS e Amianto, emergenza sanitaria, sociale, e giuridica
 
La rivoluzione industriale ha aumentato la vita media degli esseri umani. Se al tempo dei romani la vita media era di circa 30 anni oggi, nei paesi industrializzati, ha superato i 70 anni. Naturalmente questi sono i dati medi, ma si sa che la statistica non distingue fra individui appartenenti a classi sociali diverse.
 
Le lobbies economiche da sempre cercano di condizionare la ricerca, la politica e le istituzioni a loro favore sostenendo leggi e normative funzionali ai loro interessi.
 
Gli operatori del settore si trovano spesso di fronte a un dilemma, costretti a fare una scelta di campo: o al servizio del potere economico e politico con la strada libera verso la carriera e il successo, o al servizio degli esseri umani, degli operai e dei lavoratori che producono le ricchezze da cui sono esclusi, e dei cittadini meno abbienti. Per questo vengono ostacolati, sbeffeggiati e, in alcuni casi, messi ai margini da chi trae vantaggio dalle disgrazie della maggioranza della società. Noi operai, lavoratori che abbiamo subìto la medicina del padrone nelle fabbriche, nei cantieri e nei luoghi di lavoro, abbiamo imparato che la salute è la cosa più bella.
 
Anche negli anni ‘70, quando il padrone e il sindacato barattavano il posto di lavoro con la salute nelle fabbriche, c’erano operai che lottavano sostenendo che “la salute non si paga” e “ la nocività si elimina”. Allora il medico di fabbrica, dopo averti fatto una visita che non durava più di 6/7 minuti spesso senza neanche farci togliere la giacca della tuta, interrogato sulle malattie avute in passato, ascoltato i polmoni e il cuore e provato la pressione del sangue, ci congedava ripetendo ad ognuno che dovevamo smettere di fumare; “abili e arruolati” per le mansioni che dovevamo svolgere, affrettando la visita per farci tornare subito a produrre in fabbrica. Questo ritornello veniva ripetuto a tutti, senza curarsi se il lavoratore fumava o meno, o se i problemi, respiratori, cardiaci o altro fossero da mettere in relazione alle lavorazioni nocive in ambienti insalubri, a contatto con sostanze cancerogene ed inquinati.
 
Ancora oggi in nome della ricerca scientifica si spendono enormi quantità di denaro, mentre basterebbe applicare ciò che già è stato scoperto ed è ormai noto per produrre un netto miglioramento della salute, a tutela della vita umana in ogni paese.
 
La popolazione mondiale ha ormai superato i 6 miliardi di persone e ci sono un pugno di persone con ricchezze incalcolabili - che non potranno mai spendere in tutta la loro vita - ma viviamo in un mondo che condanna alla fame e alla sofferenza 800milioni di persone, mentre oltre 2 miliardi di persone soffrono di malnutrizione.
 
La ricerca del massimo profitto sempre più avviene risparmiando sui costi della sicurezza dei lavoratori e scaricando sostanze cancerogene non bonificate nel territorio, inquinando il pianeta a discapito della maggioranza della popolazione. L’uso di nuovi materiali e l’impiego di nuove sostanze nei processi produttivi produce incessantemente nuove malattie, spesso negate e non riconosciute dal Sistema Sanitario Nazionale e da chi lucra sulla salute dei lavoratori e cittadini. Come è successo per l’amianto e altri cancerogeni usati nei processi lavorativi e oggi con la Sensibilizzazione Chimica Multipla (MCS), lo Stato italiano, continua ad accettare che migliaia di suoi cittadini siano a rischio, permettendo a industriali, speculatori e faccendieri di intascare i profitti scaricando i costi sociali, umani, ambientali e sanitari, sulla collettività.
 
Al danno si aggiunge così la beffa: le vittime devono pagare anche le spese causate dai loro assassini.
 
Il lavoratore, il cittadino, è prima di tutto un essere umano, (uomo, donna o bambino che sia) e ha bisogno di una medicina che sia al suo servizio. Le lotte operaie dell’”autunno caldo” (1969) fecero da battistrada alla conquista della riforma sanitaria (legge 833/1978), del Servizio Sanitario Nazionale e successivamente, nel 1979, all’istituzione del Servizio Ospedaliero di Medicina del Lavoro.
 
La prevenzione primaria, la vera medicina preventiva, è quella che ricerca le cause patogene e cerca di eliminarle; è quella della conoscenza che aiuta a capire che non esistono soglie di tolleranza ai cancerogeni che l’organismo possa sopportare senza danno. E’ quella che non racconta frottole a favore del potente di turno, con la storiella che sotto certi limiti di esposizione le sostanze cancerogene non sono nocive, nascondendo che la presenza di più cancerogeni produce un effetto moltiplicatore.
 
La prevenzione primaria è’ quella che dice la verità, cioè che non esiste sicurezza certa senza il rischio zero per tutti i cancerogeni.
 
La prevenzione consiste nel dare ai lavoratori e cittadini, agli esseri umani, le conoscenze per farli diventare persone informati dei fatti, informati sui rischi connessi all’esposizione delle sostanze inquinanti e cancerogene e si manifesta nel rapporto diretto medico-lavoratore-cittadino, in cui il lavoratore-cittadino non delega, ma ne è parte attiva.
 
La società capitalista ha trasformato una parte degli esseri umani in merce forza-lavoro e un’altra in quella che trae vantaggio e gode di questo. Il sapere, la tutela della salute come merce da vendere a chi può pagare porta alla barbarie, mentre servirebbe sempre più una medicina al servizio degli esseri umani per aiutarli a vivere meglio.
 
Con la rivoluzione industriale comincia anche la storia della classe operaia che - pur sacrificata sull’altare del profitto, mentre lottava per un salario che le permettesse di sopravvivere e faticava a mettere insieme il pranzo con la cena, fra mille ricatti - ha sempre posto il problema dell’emancipazione e della salute come problema che riguardava non solo la sua condizione di lavoro in fabbrica, nei cantieri e nei luoghi di lavoro, ma come un problema generale che riguardava tutta l’umanità.
 
Le sostanze inquinanti e cancerogene usate nei processi produttivi e lavorativi, i nuovi materiali prodotti e messi sul mercato senza aver prima sperimentato le conseguenze sull’uomo e sulla natura, insieme ad aspetti nuovi, importanti e benefici, hanno creato nuovi problemi alla salute di tutti. E’ormai appurato che le sostanze velenose e cancerogene usate nelle fabbriche come l’amianto hanno assassinato prima gli operai che ne sono stati esposti e successivamente i famigliari, a partire dalle mogli che lavavano le tute nonché i figli che in casa respiravano le fibre di asbesto. Le sostanze cancerogene non conoscono confini, così le fibre del minerale killer come tutti i cancerogeni, uscendo dalla fabbrica, disperdendosi nell’aria, nelle falde acquifere continuano ad avvelenare il territorio costituendo un grave rischio anche per la salute delle future generazioni.
 
Anche dal punto di vista legislativo e risarcitorio ancora molto c’è da fare.
Le leggi dovrebbero servire a prevenire gli “incidenti” e le malattie con sanzioni adeguate.
 
Ma questo non succede, perché non è interesse della società del profitto punire i colpevoli di quello che viene considerato un peccato veniale. Le leggi supreme del mercato guidano gli stati e l’economia con conseguenze disastrose sulla popolazione. In questa società gli esseri umani sono trattati come merce, come cose e la natura è ridotta a qualcosa da saccheggiare selvaggiamente; da qui la causa delle “catastrofi naturali”, che di naturale non hanno niente.
 
Una società come quella italiana che ha il suo fondamento nella Costituzione Repubblicana, che all’art. 32 recita “La Repubblica Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività”, arrivando a dichiarare che la stessa iniziativa privata - pur essendo libera - “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 II comma cost.) richiederebbe delle leggi, un sistema sociale e una medicina veramente al servizio degli esseri umani per prevenire.
 
Il movimento operaio e popolare da anni si batte per il rischio zero, per imporlo alle associazioni padronali e allo Stato. Non possiamo accettare, sotto il ricatto del posto di lavoro, di rimetterci la salute e la vita, ipotecando il futuro delle nuove generazioni e inquinando il pianeta.
 
Le lotte del movimento operaio, dei lavoratori e cittadini organizzati in Comitati e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendole” a perseguire i responsabili, anche se continuano a permanere grandi ingiustizie.
 
In questi anni abbiamo visto una giustizia che, spesso, difendeva solo una parte dei cittadini, quella degli industriali e faccendieri.
 
Quasi sempre vediamo governi e istituzioni (di qualsiasi colore politico) che - mentre proclamano di essere al di sopra delle parti - riconoscono come legittimo il profitto e legalizzano lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, arrivando nella migliore delle ipotesi a punire con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro.
 
Non si può subordinare la salute e la vita umana alla logica del profitto, ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano, continueranno ad uccidere gli esseri umani e la natura.
 
“Libertà, legalità, giustizia per tutti” rimangono parole astratte, principi vuoti di significato se le classi sottomesse non hanno i mezzi politici ed economici per farli rispettare.
 
I limiti legali imposti per legge alle sostanze cancerogene non danno garanzia di tutela della salute. La salute è continuamente esposta a rischi. Lo vediamo con il continuo aumento dell’ inquinamento per polveri sottili e altre sostanze nelle nostre città e con il continuo, conseguente, superamento delle soglie di sicurezza. I Comitati e le Associazioni, che da anni si battono per l’eliminazione dei cancerogeni e il rischio zero, ritengono inaccettabile che in questa società si continui a morire di lavoro e per il lavoro e che l’unico diritto riconosciuto alle vittime sia quello di ricorrere ai tribunali per cercare di avere una giustizia che non arriva mai e che, nei pochi casi in cui arriva, è tardiva, non ha nessuna conseguenza reale per i datori di lavoro assassini e non va oltre il risarcimento economico.
 
La lotta per pretendere e imporre condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro e nella società riguarda tutti.
 
Lottare per ambienti salubri e per un mondo pulito significa lottare contro chi - pur di fare soldi sulla pelle dei lavoratori e cittadini - condanna a morte migliaia di esseri umani, anteponendo i suoi interessi privati a quelli collettivi della società. L’unico deterrente è quello di battersi per impedire che chi commette questi crimini resti impunito.
 
In una società civile la difesa della salute e della vita umana viene prima di tutto.
 
Bisognerebbe battersi affinché anche nella legislazione gli omicidi sul lavoro e di lavoro (malattie professionali) e i crimini ambientali fossero equiparati o considerati crimini contro l’umanità.
 
E’ inusuale che un Comitato di operai e lavoratori recensisca un libro che tratta di medicina e legge, ma noi che da decenni lottiamo e ci occupiamo di amianto e sostanze cancerogene perché l’abbiamo sperimentato - e purtroppo continuiamo a farlo – sulla nostra pelle, abbiamo avuto la possibilità di verificare la validità del rapporto tra medici e lavoratori e avvocati e dello scambio di saperi.
 
Così, ricordando le figure e il ruolo avuto nella storia della medicina e nelle lotte della classe operaia da Giulio Maccacaro e da Franco Basaglia, abbiamo deciso di scrivere queste righe per l’ennesimo, ma speriamo non ultimo, libro scritto da persone che hanno messo al nostro servizio il loro sapere e che siamo onorati di poter chiamare compagni di lotta e amici.
 
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Sesto S. Giovanni (Mi).
Michele Michelino
Daniela Trollio
e-mail del Comitato: cip.mi@tiscali.it
Sito Internet del Comitato: http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com
 
Giancarlo Ugazio
già professore ordinario di Patologia Generale presso la Scuola Medica dell’Universita’ di Torino
e-mail: ugazio.giancarlo@libero.it sito web: www.grippa.org
 

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