www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - libri - 22-09-11 - n. 378

Antonio Masi: Dall’Internazionale a fischia il vento a Niguarda
 
L’insurrezione popolare del 24 aprile e l’impegno per la Costituzione
 
Collaborazione e ricerche di Michele Michelino
Introduzione di Roberto Cenati
 
Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Sezione Martiri Niguardesi
Edizioni Eva
 
[Copertina PDF]
 
Chi è interessato al libro lo può richiedere agli autori scrivendo alle seguenti mail:
Antonio Masi - antonio37ma@gmail.com
Michele Michelino - michele.mi@inwind.it 

 
Dal libro:
 
Agli antifascisti niguardesi
 
Lo ricordo bene. Lasciai il Molise con rabbia.
 
Nei momenti liberi, a Milano, ritornai alle mie letture giovanili: Gramsci e la questione meridionale, Jovine e il conformismo piccolo-borghese; Battaglia e la storia della lotta partigiana; Cervi e l’eroismo contadino nel Nord e ripensavo al "piccolo mondo antico" della mia regione, legato all’Italia prefascista, contadina e monarchica, con i concetti dominanti di famiglia, fedeltà, fede.
 
Ancora letture e ricerche nell’archivio dell’ANPI di Niguarda, con interviste a partigiani e antifascisti nei Circoli Familiare, Risorgimento e Fratellanza, raccolte nel volume “Antifascismo e Resistenza. Niguarda e dintorni dal 1921 al 1945”. Ripensavo al Sud, che tranne fatti isolati, non fu scosso dal vento del Nord, dal “vento partigiano”. Il Sud votò Monarchia. Al Nord già dall’Ottocento la tensione verso la libertà si era manifestata con anni di carcere, con l’esilio, con il confino, mentre al Sud sprazzi di libertà si cristallizzarono con la retorica dell’“Italia proletaria” di pascoliana memoria. Arrivò la guerra fredda e la retorica continuò con: l’Italia è stata liberata dal Male (URSS) dalle forze del Bene (USA), e per questo motivo i governi democristiani non potevano essere criticati; avevano assicurato agli italiani il pane con tre quarti di farina americana donataci dal Piano Marshall.
 
Con gli ideali non si riempiva lo stomaco. Occorreva impegnarsi per la ricostruzione e ai partigiani fu imposto di consegnare le armi. Si parlò di solidarietà nazionale, ed io soffrivo per l’uccisione dei contadini a Portella delle Ginestre e avevo imprecato contro i carabinieri che convocarono in caserma mio padre Giuseppe e tanti mezzadri che, con il dirigente dei contadini, Antonio Rinaldini, sulle aie reclamavano la divisione dei prodotti al 60% a favore dei contadini. Allora bastava dire “Sessanta per cento” per essere accusati di turbare l’ordine pubblico e il governo mosse guerra a due milioni di mezzadri. seguì un nuovo esodo dalle campagne. Ed io giunsi a Niguarda, dove continuai a sognare una “Repubblica socialista, democratica e popolare” e a gridare “Addavenì Baffone”, ma di certo arrivò il crollo dei miti e la fine dei partiti tradizionali.
 
La ricerca raccontata in questo libro è una rilettura dei documenti conservati nell’archivio della sezione ANPI di Niguarda, sezione della periferia di Milano, attenta ai problemi dell’occupazione, allo sviluppo della cooperazione a proprietà indivisa, alle trasformazioni politiche e sociali della città e dell’Italia.
 
Una motivazione profonda è anche il recupero della Memoria partigiana e antifascista. Occorre fare Memoria anche della lotta che continuò nelle fabbriche e nelle campagne, dove partigiani e lavoratori furono protagonisti del tumultuoso sviluppo economico degli anni Cinquanta e Sessanta, continuato fino al “biennio rosso” degli anni 1968/70, con il sentimento antiautoritaristico delle nuove generazioni.
 
Michele Michelino, con il quale ho condiviso questa ricerca, precisa: “In questo periodo le lotte operaie produssero nuove forme di organizzazione dei lavoratori: i consigli di fabbrica. Nel contratto nazionale dei metalmeccanici si ottenne la riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali. Al termine di un anno di dure lotte, il 12 dicembre 1969, con la bomba fascista esplosa nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti, comincia la strategia della tensione. Settori della borghesia e apparati statali aprono il capitolo delle ‘stragi di Stato’ e di tentativi di golpe tuttora impuniti”. Nel 1970 diventa legge lo Statuto dei Lavoratori e, nel 1975, i lavoratori conquistano il “punto unico di contingenza”. (da M. Michelino, 1970-1983. La lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto S. Giovanni).
 
Antonio Masi
 

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