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- segnalazioni resistenti - libri - 03-10-11 - n. 379
La neve e il fuoco. Giorgio Bocca si racconta
Alcune considerazioni
di Tiziano Tussi
Ho visto domenica mattina alla Cineteca italiana, di Milano, un filmato sulla vita di Giorgio Bocca. L’opera è uscita da Feltrinelli, un DVD più un libro. Bocca è troppo conosciuto per essere recensito, ma alcune considerazioni possono essere di una qualche utilità.
Nel suo racconto, il filmato dura circa un’ora. Bocca ripercorre la sua vita dalla giovinezza in famiglia, giovanissimo, sino alla Resistenza e ai giorni nostri. Una trattazione logicamente a salti, ma piena della storia del Novecento. Alcuni punti su tutti: le differenze, lo scontro politico e ideologico – fermiamoci qui – tra Giustizia e Libertà e il PCI. Un intreccio importante nella nostra storia che ha a che fare con la meteora che fu il Partito d’Azione nel dopoguerra. Con l’egemonia nella sinistra del PCI e la figura di Togliatti a cui Bocca dedicò un testo significativo.
Soprattutto la Resistenza di cui viene ricordato l’aspetto giocoso, divertente. Tale risvolto lo troviamo anche riportato nel fondamentale testo di Claudio Pavone, uscito circa vent’anni fa per Bollati Boringhieri, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza. Testimonianze varie ce lo ricordano. La Resistenza fu una guerra combattuta in special modo da giovani che quindi portavano la loro giovinezza anche in quella tragedia. L’aspetto del divertimento, giocoso, non pare proprio che sia stato minimamente considerato e rivendicato dal mondo delle associazioni partigiane che sono nate dopo.
Troppe preoccupazioni nel farsi stato e nel dimenticare il vento di innovazione reale, ribellistico, di quei mesi. Bocca lo mette in rilievo ed anche nei suoi libri su quel periodo lo dice, rivendicando atti di ribellione. Basterebbe leggere la prefazione alla nuova edizione di Partigiani della montagna (Feltrinelli, 2004). Nel filmato c’è anche il ricordo, non positivo per lui, degli anni della contestazione. Bocca formula un giudizio svalutante della contestazione giovanile, specialmente dei suoi capi. Giudizio che lo stesso Bocca divide con molti altri, due a caso: Pasolini e i dirigenti dell’allora PCI.
Un discorso ancora aperto. Fu vera gloria? Fu la borghesia che si ribellava per una libertà sociale ? Furono le contraddizioni di classe, con la classe operaia in prima fila, nel 1969? Nel filmato Bocca la investe di un ruolo storico che non ha più ora. Senza operai non c’è democrazia, senza conflitto non esiste dialettica sociale, virtuosamente intesa. Un misto di sensazioni che passano sopra e dentro i temi del manicheismo politico che altri hanno cucito addosso al nostro paese. Un ribellismo che cerca una sua dirittura morale. Un comportamento che vuole essere vissuto e capito kantianamente: il dover essere, senza tanti tentennamenti.
Spesso nel filmato vengono rivendicate da Bocca le proprie profonde radici contadine. Un’Italia che muore con le sue generazioni di uomini e donne adulte e vecchie. Che hanno dato qualcosa a questo paese in termini di illusione e di voglia di riforme reali e che sono ora sconfitte sulla via del tramonto fisico e politico. Il primo che si sta compiendo a diversa velocità, a seconda dell’età, il secondo già avvenuto da tempo.
Nella sala i giovani erano pochissimi, qualche unità. La sala era strapiena di teste bianche e crani pelati, età comunque avanzate. Ad un certo punto è arrivato anche Giorgio Bocca, che deve avere fatto violenza a se stesso per essere lì, considerando le sue condizioni di salute. Condizioni di cui si lamenta alla fine dell’intervista, la vecchiaia gli impedisce di camminare come vorrebbe e senza camminare – dice – non si può più raccontare. In fondo una rievocazione ancora viva delle scarpe rotte eppur bisogna andar.
La neve e il fuoco Giorgio Bocca si racconta, di Luca Musella e Maria Pace Ottieri, Feltrinelli, Milano, DVD più libro di 144 pagine, € 16.90.
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