www.resistenze.org
- segnalazioni resistenti - libri - 24-10-12 - n. 426
Carlo D'Adamo e William Pedrini: I 34 scheletri del Poggio, Maglio editore, 2012
In seguito a operazioni di aratura in un campo del Poggio di San Giovanni in Persiceto (Bologna) nel mese di ottobre del 1962 affiorarono in superficie numerosi frammenti di ossa. Gli inquirenti, che avrebbero dovuto stabilire se quei resti avevano rilevanza archeologica o criminale, si mossero fin dall'inizio con superficialità e sciatteria.
Prima intervennero con una ruspa frantumando ancora quello che l'aratro aveva già sconvolto, e poi fecero scavare manualmente, ma senza utilizzare quelle elementari precauzioni necessarie quando si affronta uno scavo archeologico. I denti furono dispersi, la terra non venne setacciata, le ossa vennero mescolate. Si scoprirono comunque due file parallele di scheletri, sepolti in posizione supina e privi di corredo, disposti a rastrelliera, con la testa orientata ad est; erano distanti circa un metro e mezzo l'uno dall'altro; in corrispondenza di uno scheletro si rinvenne una grossa lama arrugginita il cui manico di legno era stato completamente assorbito dal terreno; si trovò anche un chiodo arrugginito; alla fine della seconda fila di sepolture emerse anche una testa di cavallo.
Poichè questa contraddiceva la pista ''criminale'', venne ricoperta di nuovo e lasciata là, come se non c'entrasse niente con la scena del crimine. Seguendo i suggerimenti dell'Avvenire d'Italia e dell'Arciprete di Persiceto, gli inquirenti ignorarono gli indizi del coltello, del chiodo, del cranio di cavallo, dei frammenti di tessuto, della disposizione ordinata degli scheletri, della loro differente profondità, e lessero in chiave criminale anche la mancanza di indizi: l'assenza di protesi dentarie, di vestiti e di documenti venne interpretata come il frutto di una spoliazione.
Quel vecchio cimitero fu trasformato in una fossa comune, e i cadaveri ordinatamente seppelliti divennero ''miseri resti'' di povere persone rapite e barbaramente trucidate: ovviamente dai partigiani, che poi avevano occultato i cadaveri in deroga all'Art. 340 del Testo Unico della Legge di Pubblica Sicurezza del 1934.L'inchiesta contro ignoti per il reato di strage a scopo di rapina e occultamento di cadavere si chiuse tre anni dopo con una sentenza di archiviazione ''per essere rimasti ignoti gli autori dei reati'', nella quale il Giudice Istruttore scrive perle di questo tipo: che era comunque probabile che i resti fossero recenti, perchè se le ossa fossero state antiche sarebbero affiorate molto prima.
Nel frattempo, l'Arciprete aveva organizzato funerali solenni insieme ai famigliari dei caduti e dispersi della RSI per dare cristiana sepoltura alle ''povere vittime degli odi fraterni'', ed aveva chiesto al Sindaco, ex partigiano e fratello di un partigiano ammazzato dai tedeschi, di fare i nomi di quelle povere vittime.
E così, nonostante l'archiviazione, motivata non dall'insussistenza del fatto, ma dall'impossibilità di trovare i colpevoli, la montatura divenne Storia. Si può leggere in Emilia rossa di Vinicio Araldi: ''Da diversi giorni parecchi scavatori, assistiti dai carabinieri, spalano la terra in una campo a Poggio di Persiceto, dove da una foiba vengono alla luce decine di cadaveri già decomposti.''E ne ''I lunghi mesi del '45 in Emilia Romagna'' di Gianfranco Stella: ''A Poggio di Persiceto, nella campagna bolognese, fu scoperta una fossa comune contenente 36 salme. Nessuna di queste potè essere riconosciuta e c'era chi giurava che tra quelle vi fossero anche i diciassette sventurati di Sant'Agata''.
Poichè era chiaro che quei morti erano stati sepolti con pietas, e che solo un forte pregiudizio ideologico aveva potuto trasformare quel sepolcreto in una ''fossa comune'', noi chiedemmo ufficialmente alla Procura della Repubblica di porre fine alla montatura effettuando una datazione dei resti con il radiocarbonio, o, almeno, di autorizzare noi dell'ANPI a riesumare gli scheletri per prelevare i campioni da inviare a centri di datazione.
Dopo due anni la Procura ha dato il nulla-osta alla riesumazione dei resti dalla cripta dei caduti della seconda guerra mondiale del cimitero comunale di Persiceto, per prelevare alcuni campioni ossei da datare con il radiocarbonio, purchè le spese fossero sostenute dall'ANPI. I campioni prelevati da tecnici secondo procedure scientifiche in operazioni che si sono svolte pubblicamente il 23 aprile scorso e che sono state filmate, fotografate e verbalizzate, sono stati inviati al CEDAD di Lecce per la datazione. I risultati ufficiali giunti nel mese di settembre dal CEDAD di Lecce sono sorprendenti: gli scheletri furono seppelliti tra il 900 il 1100 d.C. L'accertamento dell'età non è importante solo per la storia contemporanea, perchè smaschera una montatura costruita cinquant'anni fa, ma apre prospettive di grande interesse anche per la storia medioevale, offrendo nuova materia di studio agli storici. Questi scheletri sono contemporanei degli abitanti del villaggio ligneo della Nuova Geovis, scoperto nel 1994 non molto lontano da qui.
Carlo D'Adamo e William Pedrini, dell'ANPI di San Giovanni in Persiceto
|
|
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
|