Di Bertolt Brecht
Il nostro ordinamento sociale, che è
anarchico (se è possibile concepire un'anarchia fatta di tanti elementi
ordinati, cioè un'accozzaglia meccanica e sconnessa di organismi della vita
pubblica, ognuno dei quali è in sé già ampiamente ordinato), il nostro
ordinamento sociale, anarchico nel senso che si è detto, permette che si
facciano e si perfezionino invenzioni che debbono cominciare col conquistarsi
un loro mercato e dimostrare il loro diritto alla vita, invenzioni insomma che
nessuno ha mai commissionato. È potuto così accadere che la tecnica fosse tanto
progredita da produrre la radio in un' epoca in cui la società non era ancora
tanto progredita da poterla accogliere. Non c'era un pubblico in attesa della
radio, era la radio invece ad essere in attesa del pubblico o, per definire
ancora più precisamente la situazione della radio, possiamo dire: non c'era una
materia prima che, sulla base di un bisogno del pubblico, fosse in attesa di
certi mezzi di produzione, ci sono invece dei metodi di produzione che si
guardano intorno angosciosamente alla ricerca di una materia prima.
D'improvviso si aveva la possibilità di dire tutto a tutti, ma, a pensarci
bene, non si aveva nulla da dire. E chi erano poi questi tutti? All'inizio ci
si arrangiò rinunciando a pensare. Ci si guardò intorno per vedere in quali
posti qualcuno diceva a qualcun altro e si tentò di intrufolarsi, semplicemente
entrando in concorrenza e dicendo qualcosa a qualcuno. Questa fu la radio nella
sua prima fase, quando svolgeva la funzione di sostituto. Sostituto del teatro,
dell'opera, del concerto, delle conferenze,del caffè concerto, della cronaca
cittadina dei giornali, ecc. Fin dall'inizio la radio ha imitato, più o meno,
tutte le istituzioni esistenti che avessero in qualche modo a che fare con la
diffusione di ciò che si può dire o cantare: da questa torre di Babele venne
fuori un incrociarsi e accavallarsi di suoni che non era possibile ignorare. In
questo grande magazzino di suoni era possibile imparare in lingua inglese ad
allevare polli con l'accompagnamento dei Coro dei pellegrini e la lezione
costava quanto l'acqua del rubinetto. Questa fu l'aurea giovinezza della nostra
paziente. Non so se sia già finita ma, nel caso che lo sia, anche questa
giovinetta, che per venire al mondo non ha dovuto presentare nessun certificato
d'idoneità, dovrà cercarsi, almeno adesso, uno scopo nella vita. Allo stesso
modo l'uomo soltanto quando ha raggiunto la maturità e ha ormai perduto
l'innocenza si chiede per quale scopo stia al mondo.
Per quel che riguarda ora lo scopo della vita della radio, secondo me esso non
può semplicemente consistere nell'abbellire la vita pubblica. Non solo essa ha
dimostrato scarsa attitudine a farlo, anche la nostra vita pubblica rivela
purtroppo scarsa attitudine a venire abbellita. Non ho niente da obiettare se
adesso si installano apparecchi radio anche nei dormitori pubblici dei
disoccupati e nelle prigioni (evidentemente si pensa di poter prolungare così,
in maniera poco costosa, la vita di queste istituzioni), ma il compito
principale della radio non può consistere nell'installare apparecchi anche
sotto le arcate dei ponti, pur se è un nobile gesto fornire anche a coloro che
desiderano pernottare là sotto almeno il minimo indispensabile, vale a dire
un'esecuzione dei Maestri cantori. Qui ci vuole del tatto. Secondo me la radio
non basta neanche come mezzo per far rinascere l'amore per la casa e per
rendere di nuovo possibile una vita familiare, anche se qui si può tranquillamente
trascurare il problema se ciò che essa non è in grado di fare sia poi veramente
auspicabile. Ma, anche a prescindere completamente da questa sua equivoca
funzione (chi dà molto, non dà niente a nessuno), la radio ha una sola
dimensione, mentre dovrebbe averne due. Essa è soltanto uno strumento di
distribuzione, si limita a ripartire.
Adesso cerchiamo di diventare positivi, di scoprire ossia ciò che di positivo
c'è nella radio; ecco qui una proposta per modificare il funzionamento della
radio: si dovrebbe trasformare la radio da mezzo di distribuzione in mezzo di
comunicazione. La radio potrebbe essere per la vita pubblica il più grandioso
mezzo di comunicazione che si possa immaginare, uno straordinario sistema di
canali, cioè potrebbe esserlo se fosse in grado non solo di trasmettere ma
anche di ricevere, non solo di far sentire qualcosa all'ascoltatore ma anche di
farlo parlare, non di isolarlo ma di metterlo in relazione con altri. La radio
dovrebbe di conseguenza abbandonare il suo ruolo di fornitrice e far sì che
l'ascoltatore diventasse fornitore. Per questo motivo tutti gli sforzi della
radio volti a conferire agli affari pubblici un carattere realmente pubblico
sono senz'altro positivi. Il nostro governo ha bisogno dell'attività della radio
non meno di quanto ne abbia bisogno la nostra amministrazione giudiziaria. Dove
il governo o la giustizia si oppongono a questa attività della radio, vuol dire
che hanno paura e che sarebbero adatti solo alle epoche anteriori
all'invenzione della radio, se non addirittura alle epoche anteriori
all'invenzione della polvere da sparo. Io, per esempio, dei compiti del
Cancelliere non ne so più di quel poco che ne sapete voi, tocca alla radio
illustrarmeli, ma certo rientra nei compiti di questo sommo funzionario
informare regolarmente la nazione, per mezzo della radio, circa la sua attività
e giustificare tale attività. Il compito della radio non si esaurisce certo
nella trasmissione di questi resoconti. Essa deve anche organizzare la
richiesta di tali resoconti, deve cioè trasformare i resoconti dei governanti
in risposte alle domande dei governati. La radio deve rendere possibile questo
scambio. Essa sola è in grado di organizzare ampi colloqui fra le varie branche
commerciali e i consumatori sulla produzione in serie dei generi di consumo,
dibattiti sull'aumento del prezzo del pane, discussioni delle comuni popolari.
Se giudicate utopistico tutto ciò, vi prego di riflettere sui motivi per cui
sarebbe utopistico.
Qualsiasi cosa però la radio intraprenda, essa deve sforzarsi di lottare contro
quella sterilità che tanto copre di ridicolo quasi tutte le nostre pubbliche
istituzioni.
Noi abbiamo una letteratura sterile, che non soltanto si sforza di essere essa
stessa sterile, ma si fa anche in quattro per neutralizzare i suoi lettori,
presentando tutte le cose, tutte le situazioni senza le loro conseguenze.
Abbiamo degli istituti di istruzione sterili e privi d'effetti che col massimo
scrupolo fanno ogni sforzo per fornire un 'istruzione completamente sterile, da
cui non nasce nulla e che a sua volta non ha nulla a cui far risalire la
propria nascita. Tutte le nostre istituzioni creatrici di ideologie ritengono
che il loro compito principale consista nel rendere sterile la funzione
dell'ideologia, uniformandosi a un concetto di cultura secondo cui il suo
sviluppo sarebbe già concluso ed essa non avrebbe alcun bisogno di
un'incessante sforzo creativo. Non è qui il caso di indagare a chi giovi la
sterilità di tali istituzioni, ma quando ci troviamo davanti a un 'invenzione
tecnica, per sua stessa natura tanto adatta a svolgere decisive funzioni
sociali e che col massimo scrupolo fa ogni sforzo per rimanere sterile, non
andando oltre una forma di divertimento il più possibile innocuo - allora sorge
spontanea la domanda se non sia proprio possibile opporsi alle forze che
favoriscono tale esclusione, organizzando coloro che rimangono esclusi. Ogni
minimo passo avanti in questa direzione dovrebbe avere un successo immediato e
spontaneo, di gran lunga superiore a quello di tutti gli spettacoli di tipo
culinario. Ogni campagna i cui risultati siano chiari, cioè ogni campagna che
incida realmente sulla realtà, che si proponga come fine di modificare la
realtà stessa, anche se solo in punti di modestissima portata, come per esempio
la concessione in appalto degli edifici pubblici, assicurerebbe alla radio
un'efficacia ben diversa, incomparabilmente più profonda, e le conferirebbe un
'importanza sociale ben diversa da quella che le viene attualmente dal suo
atteggiamento puramente decorativo. Quanto alla tecnica che occorrerà
sviluppare per tutte le iniziative di questo genere, basterà che essa tenga di
mira il suo compito principale: non basta istruire il pubblico, ma bisogna che
anche il pubblico sia messo in grado di istruire gli altri.
È compito istituzionale della radio dare a tali iniziative didattiche una forma
interessante, cioè rendere interessante ciò che ha interesse. A una parte,
specialmente la parte destinata ai giovani, essa può conferire addirittura
forma artistica. E questo sforzo della radio di dare forma artistica
all'elemento didattico verrebbe certo favorito dagli sforzi che certa arte
moderna compie per conferire all'arte un carattere didattico.
Come esempio di tali possibili esercitazioni che si servono della radio come
mezzo di comunicazione, ho già illustrato
Il Volo oceanico, in occasione della settimana musicale di Baden Baden
del 1929. Esso rappresenta un modello per un nuovo impiego dei vostri
apparecchi. Un altro modello potrebbe essere il Badener Lehrstuck vom Einverstandnis (L'accordo). Qui la parte
pedagogica assunta dall' «ascoltatore» è quella dell' equipaggio dell'aereo e
quella della folla. Essa è in corrispondenza con le parti che dovrebbero venir
fornite dalla radio e cioè la parte del coro provetto, quella dei clown, quella
dello speaker. Mi limito a bella posta a trattare solo la questione di
principio perché la confusione nel campo estetico non è la causa dell'enorme
confusione per quel che riguarda in linea di principio la funzione della radio,
ma ne è semplicemente la conseguenza. Non è certo mediante considerazioni
estetiche che si potrà eliminare l'errore - un errore per alcuni molto utile -
circa la funzione specifica della radio. Potrei dirvi, per esempio, che
l'applicazione delle scoperte tecniche della moderna arte drammatica, cioè
dell' arte drammatica epica, potrebbe produrre risultati quanto mai fecondi nel
campo della radio.
Niente è meno adatto della vecchia opera lirica che si prefigge di generare uno
stato di ebbrezza; infatti essa raggiunge un uomo che se ne stia isolato
accanto al suo apparecchio radio e tra tutti gli eccessi prodotti dall'alcool
nessuno è tanto pericoloso quanto una sbronza solitaria.
Anche il vecchio dramma della drammaturgia shakespeariana è quasi invisibile
per la radio, perché nel contatto che si stabilisce attraverso l'apparecchio
radio è il singolo, è l'individuo isolato, e non la massa, che viene spinto a
investire sentimenti, simpatie e speranze in intrighi i quali hanno l'unico
scopo di offrire al singolo personaggio drammatico l'opportunità di esprimere
se stesso.
L'arte drammatica epica, con la sua divisione in «numeri» staccati, con la sua
separazione dei vari elementi, cioè dell'immagine della parola e delle parole
dalla musica, ma soprattutto con il suo atteggiamento didattico, potrebbe
fornire alla radio un 'infinità di suggerimenti pratici. Usata però per fini
puramente estetici, non porterebbe ad altro che a una nuova moda e di mode ci
bastano già quelle vecchie! Se il teatro si aprisse all'arte drammatica epica,
alla rappresentazione pedagogico-documentaria, la radio potrebbe svolgere una
forma completamente nuova di propaganda a favore del teatro e cioè fornire
informazioni reali, informazioni che sono indispensabili. Un commento del
genere, strettamente connesso col teatro e che costituirebbe un completamento
del dramma, pari ad esso per valore e qualità, potrebbe dare origine a forme
del tutto nuove, ecc. Si potrebbe poi organizzare anche una forma di
collaborazione diretta tra spettacoli teatrali e radiofonici. La radio potrebbe
trasmettere i cori ai teatri, così come anche sulla base delle rappresentazioni
collettive di lavori didattici sul tipo dei meeting, potrebbe trasmettere
all'opinione pubblica le decisioni e le produzioni del pubblico, ecc.
Non sto qui a sviluppare questo eccetera e a bella posta mi astengo dal parlare
delle possibilità di separare l'opera dal dramma ed entrambe dal radiodramma o
dal risolvere altre questioni estetiche del genere, quantunque sappia che forse
voi vi aspettate ch'io lo faccia, dato che avete in animo di servirvi delle
vostre apparecchiature per vendere arte. Ma, per essere vendibile, oggi l'arte
dovrebbe prima di tutto essere comprabile. E io non avevo l'intenzione di
vendervi niente, ma volevo limitarmi a formulare la proposta di principio di
fare della radio un mezzo di comunicazione per la vita pubblica. Questa è una
riforma, una proposta che sembra utopistica, ed io stesso la definisco tale
quando dico: la radio potrebbe, oppure: il teatro potrebbe; so bene che le
grandi istituzioni non possono fare tutto ciò che sarebbero in grado di fare e
nemmeno tutto ciò che vogliono. Da noi esse vogliono che le riformiamo, le
rinnoviamo, le manteniamo in vita mediante riforme.
Il nostro compito non è però affatto di riformare le istituzioni ideologiche,
mediante riforme, sulla base dell'.ordinamento sociale esistente, bensì di
spingerle, mediante le nostre riforme, a rinunciare a tale base. Evviva quindi
le riforme e abbasso i restauri! È con ripetute, incessanti proposte volte a un
migliore impiego di tali apparecchiature nell' interesse della comunità che noi
dobbiamo scuotere la loro base sociale, dobbiamo mettere in discussione il loro
impiego nell'interesse dei pochi.
Inattuabili in questo ordinamento sociale, attuabili in uno diverso, queste
proposte, che rappresentano soltanto una conseguenza naturale dello sviluppo
tecnico, serviranno a propagandare questo ordinamento diverso e a dargli forma.