www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 13-01-03

Discorso sulla funzione della radio

Di Bertolt Brecht

Il nostro ordinamento sociale, che è anarchico (se è possibile concepire un'anarchia fatta di tanti elementi ordinati, cioè un'accozzaglia meccanica e sconnessa di organismi della vita pubblica, ognuno dei quali è in sé già ampiamente ordinato), il nostro ordinamento sociale, anarchico nel senso che si è detto, permette che si facciano e si perfezionino invenzioni che debbono cominciare col conquistarsi un loro mercato e dimostrare il loro diritto alla vita, invenzioni insomma che nessuno ha mai commissionato. È potuto così accadere che la tecnica fosse tanto progredita da produrre la radio in un' epoca in cui la società non era ancora tanto progredita da poterla accogliere. Non c'era un pubblico in attesa della radio, era la radio invece ad essere in attesa del pubblico o, per definire ancora più precisamente la situazione della radio, possiamo dire: non c'era una materia prima che, sulla base di un bisogno del pubblico, fosse in attesa di certi mezzi di produzione, ci sono invece dei metodi di produzione che si guardano intorno angosciosamente alla ricerca di una materia prima. D'improvviso si aveva la possibilità di dire tutto a tutti, ma, a pensarci bene, non si aveva nulla da dire. E chi erano poi questi tutti? All'inizio ci si arrangiò rinunciando a pensare. Ci si guardò intorno per vedere in quali posti qualcuno diceva a qualcun altro e si tentò di intrufolarsi, semplicemente entrando in concorrenza e dicendo qualcosa a qualcuno. Questa fu la radio nella sua prima fase, quando svolgeva la funzione di sostituto. Sostituto del teatro, dell'opera, del concerto, delle conferenze,del caffè concerto, della cronaca cittadina dei giornali, ecc. Fin dall'inizio la radio ha imitato, più o meno, tutte le istituzioni esistenti che avessero in qualche modo a che fare con la diffusione di ciò che si può dire o cantare: da questa torre di Babele venne fuori un incrociarsi e accavallarsi di suoni che non era possibile ignorare. In questo grande magazzino di suoni era possibile imparare in lingua inglese ad allevare polli con l'accompagnamento dei Coro dei pellegrini e la lezione costava quanto l'acqua del rubinetto. Questa fu l'aurea giovinezza della nostra paziente. Non so se sia già finita ma, nel caso che lo sia, anche questa giovinetta, che per venire al mondo non ha dovuto presentare nessun certificato d'idoneità, dovrà cercarsi, almeno adesso, uno scopo nella vita. Allo stesso modo l'uomo soltanto quando ha raggiunto la maturità e ha ormai perduto l'innocenza si chiede per quale scopo stia al mondo.

Per quel che riguarda ora lo scopo della vita della radio, secondo me esso non può semplicemente consistere nell'abbellire la vita pubblica. Non solo essa ha dimostrato scarsa attitudine a farlo, anche la nostra vita pubblica rivela purtroppo scarsa attitudine a venire abbellita. Non ho niente da obiettare se adesso si installano apparecchi radio anche nei dormitori pubblici dei disoccupati e nelle prigioni (evidentemente si pensa di poter prolungare così, in maniera poco costosa, la vita di queste istituzioni), ma il compito principale della radio non può consistere nell'installare apparecchi anche sotto le arcate dei ponti, pur se è un nobile gesto fornire anche a coloro che desiderano pernottare là sotto almeno il minimo indispensabile, vale a dire un'esecuzione dei Maestri cantori. Qui ci vuole del tatto. Secondo me la radio non basta neanche come mezzo per far rinascere l'amore per la casa e per rendere di nuovo possibile una vita familiare, anche se qui si può tranquillamente trascurare il problema se ciò che essa non è in grado di fare sia poi veramente auspicabile. Ma, anche a prescindere completamente da questa sua equivoca funzione (chi dà molto, non dà niente a nessuno), la radio ha una sola dimensione, mentre dovrebbe averne due. Essa è soltanto uno strumento di distribuzione, si limita a ripartire.

Adesso cerchiamo di diventare positivi, di scoprire ossia ciò che di positivo c'è nella radio; ecco qui una proposta per modificare il funzionamento della radio: si dovrebbe trasformare la radio da mezzo di distribuzione in mezzo di comunicazione. La radio potrebbe essere per la vita pubblica il più grandioso mezzo di comunicazione che si possa immaginare, uno straordinario sistema di canali, cioè potrebbe esserlo se fosse in grado non solo di trasmettere ma anche di ricevere, non solo di far sentire qualcosa all'ascoltatore ma anche di farlo parlare, non di isolarlo ma di metterlo in relazione con altri. La radio dovrebbe di conseguenza abbandonare il suo ruolo di fornitrice e far sì che l'ascoltatore diventasse fornitore. Per questo motivo tutti gli sforzi della radio volti a conferire agli affari pubblici un carattere realmente pubblico sono senz'altro positivi. Il nostro governo ha bisogno dell'attività della radio non meno di quanto ne abbia bisogno la nostra amministrazione giudiziaria. Dove il governo o la giustizia si oppongono a questa attività della radio, vuol dire che hanno paura e che sarebbero adatti solo alle epoche anteriori all'invenzione della radio, se non addirittura alle epoche anteriori all'invenzione della polvere da sparo. Io, per esempio, dei compiti del Cancelliere non ne so più di quel poco che ne sapete voi, tocca alla radio illustrarmeli, ma certo rientra nei compiti di questo sommo funzionario informare regolarmente la nazione, per mezzo della radio, circa la sua attività e giustificare tale attività. Il compito della radio non si esaurisce certo nella trasmissione di questi resoconti. Essa deve anche organizzare la richiesta di tali resoconti, deve cioè trasformare i resoconti dei governanti in risposte alle domande dei governati. La radio deve rendere possibile questo scambio. Essa sola è in grado di organizzare ampi colloqui fra le varie branche commerciali e i consumatori sulla produzione in serie dei generi di consumo, dibattiti sull'aumento del prezzo del pane, discussioni delle comuni popolari. Se giudicate utopistico tutto ciò, vi prego di riflettere sui motivi per cui sarebbe utopistico.

Qualsiasi cosa però la radio intraprenda, essa deve sforzarsi di lottare contro quella sterilità che tanto copre di ridicolo quasi tutte le nostre pubbliche istituzioni.
Noi abbiamo una letteratura sterile, che non soltanto si sforza di essere essa stessa sterile, ma si fa anche in quattro per neutralizzare i suoi lettori, presentando tutte le cose, tutte le situazioni senza le loro conseguenze. Abbiamo degli istituti di istruzione sterili e privi d'effetti che col massimo scrupolo fanno ogni sforzo per fornire un 'istruzione completamente sterile, da cui non nasce nulla e che a sua volta non ha nulla a cui far risalire la propria nascita. Tutte le nostre istituzioni creatrici di ideologie ritengono che il loro compito principale consista nel rendere sterile la funzione dell'ideologia, uniformandosi a un concetto di cultura secondo cui il suo sviluppo sarebbe già concluso ed essa non avrebbe alcun bisogno di un'incessante sforzo creativo. Non è qui il caso di indagare a chi giovi la sterilità di tali istituzioni, ma quando ci troviamo davanti a un 'invenzione tecnica, per sua stessa natura tanto adatta a svolgere decisive funzioni sociali e che col massimo scrupolo fa ogni sforzo per rimanere sterile, non andando oltre una forma di divertimento il più possibile innocuo - allora sorge spontanea la domanda se non sia proprio possibile opporsi alle forze che favoriscono tale esclusione, organizzando coloro che rimangono esclusi. Ogni minimo passo avanti in questa direzione dovrebbe avere un successo immediato e spontaneo, di gran lunga superiore a quello di tutti gli spettacoli di tipo culinario. Ogni campagna i cui risultati siano chiari, cioè ogni campagna che incida realmente sulla realtà, che si proponga come fine di modificare la realtà stessa, anche se solo in punti di modestissima portata, come per esempio la concessione in appalto degli edifici pubblici, assicurerebbe alla radio un'efficacia ben diversa, incomparabilmente più profonda, e le conferirebbe un 'importanza sociale ben diversa da quella che le viene attualmente dal suo atteggiamento puramente decorativo. Quanto alla tecnica che occorrerà sviluppare per tutte le iniziative di questo genere, basterà che essa tenga di mira il suo compito principale: non basta istruire il pubblico, ma bisogna che anche il pubblico sia messo in grado di istruire gli altri.

È compito istituzionale della radio dare a tali iniziative didattiche una forma interessante, cioè rendere interessante ciò che ha interesse. A una parte, specialmente la parte destinata ai giovani, essa può conferire addirittura forma artistica. E questo sforzo della radio di dare forma artistica all'elemento didattico verrebbe certo favorito dagli sforzi che certa arte moderna compie per conferire all'arte un carattere didattico.
Come esempio di tali possibili esercitazioni che si servono della radio come mezzo di comunicazione, ho già illustrato Il Volo oceanico, in occasione della settimana musicale di Baden Baden del 1929. Esso rappresenta un modello per un nuovo impiego dei vostri apparecchi. Un altro modello potrebbe essere il Badener Lehrstuck vom Einverstandnis (L'accordo). Qui la parte pedagogica assunta dall' «ascoltatore» è quella dell' equipaggio dell'aereo e quella della folla. Essa è in corrispondenza con le parti che dovrebbero venir fornite dalla radio e cioè la parte del coro provetto, quella dei clown, quella dello speaker. Mi limito a bella posta a trattare solo la questione di principio perché la confusione nel campo estetico non è la causa dell'enorme confusione per quel che riguarda in linea di principio la funzione della radio, ma ne è semplicemente la conseguenza. Non è certo mediante considerazioni estetiche che si potrà eliminare l'errore - un errore per alcuni molto utile - circa la funzione specifica della radio. Potrei dirvi, per esempio, che l'applicazione delle scoperte tecniche della moderna arte drammatica, cioè dell' arte drammatica epica, potrebbe produrre risultati quanto mai fecondi nel campo della radio.

Niente è meno adatto della vecchia opera lirica che si prefigge di generare uno stato di ebbrezza; infatti essa raggiunge un uomo che se ne stia isolato accanto al suo apparecchio radio e tra tutti gli eccessi prodotti dall'alcool nessuno è tanto pericoloso quanto una sbronza solitaria.
Anche il vecchio dramma della drammaturgia shakespeariana è quasi invisibile per la radio, perché nel contatto che si stabilisce attraverso l'apparecchio radio è il singolo, è l'individuo isolato, e non la massa, che viene spinto a investire sentimenti, simpatie e speranze in intrighi i quali hanno l'unico scopo di offrire al singolo personaggio drammatico l'opportunità di esprimere se stesso.
L'arte drammatica epica, con la sua divisione in «numeri» staccati, con la sua separazione dei vari elementi, cioè dell'immagine della parola e delle parole dalla musica, ma soprattutto con il suo atteggiamento didattico, potrebbe fornire alla radio un 'infinità di suggerimenti pratici. Usata però per fini puramente estetici, non porterebbe ad altro che a una nuova moda e di mode ci bastano già quelle vecchie! Se il teatro si aprisse all'arte drammatica epica, alla rappresentazione pedagogico-documentaria, la radio potrebbe svolgere una forma completamente nuova di propaganda a favore del teatro e cioè fornire informazioni reali, informazioni che sono indispensabili. Un commento del genere, strettamente connesso col teatro e che costituirebbe un completamento del dramma, pari ad esso per valore e qualità, potrebbe dare origine a forme del tutto nuove, ecc. Si potrebbe poi organizzare anche una forma di collaborazione diretta tra spettacoli teatrali e radiofonici. La radio potrebbe trasmettere i cori ai teatri, così come anche sulla base delle rappresentazioni collettive di lavori didattici sul tipo dei meeting, potrebbe trasmettere all'opinione pubblica le decisioni e le produzioni del pubblico, ecc.
Non sto qui a sviluppare questo eccetera e a bella posta mi astengo dal parlare delle possibilità di separare l'opera dal dramma ed entrambe dal radiodramma o dal risolvere altre questioni estetiche del genere, quantunque sappia che forse voi vi aspettate ch'io lo faccia, dato che avete in animo di servirvi delle vostre apparecchiature per vendere arte. Ma, per essere vendibile, oggi l'arte dovrebbe prima di tutto essere comprabile. E io non avevo l'intenzione di vendervi niente, ma volevo limitarmi a formulare la proposta di principio di fare della radio un mezzo di comunicazione per la vita pubblica. Questa è una riforma, una proposta che sembra utopistica, ed io stesso la definisco tale quando dico: la radio potrebbe, oppure: il teatro potrebbe; so bene che le grandi istituzioni non possono fare tutto ciò che sarebbero in grado di fare e nemmeno tutto ciò che vogliono. Da noi esse vogliono che le riformiamo, le rinnoviamo, le manteniamo in vita mediante riforme.
Il nostro compito non è però affatto di riformare le istituzioni ideologiche, mediante riforme, sulla base dell'.ordinamento sociale esistente, bensì di spingerle, mediante le nostre riforme, a rinunciare a tale base. Evviva quindi le riforme e abbasso i restauri! È con ripetute, incessanti proposte volte a un migliore impiego di tali apparecchiature nell' interesse della comunità che noi dobbiamo scuotere la loro base sociale, dobbiamo mettere in discussione il loro impiego nell'interesse dei pochi.

Inattuabili in questo ordinamento sociale, attuabili in uno diverso, queste proposte, che rappresentano soltanto una conseguenza naturale dello sviluppo tecnico, serviranno a propagandare questo ordinamento diverso e a dargli forma.