www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 23-02-11 - n. 352

da www.cubaperiodistas.cu/noticias/febrero11/09/05.htm
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Presentazione della Rivista Tricontinental
 
Parole di Tubal Páez, presidente dell’Unione dei Giornalisti di Cuba, nella presentazione del n. 45 della Rivista “Tricontinental”, nella sede della OSPAAAL a L’Avana, martedì 8 Febbraio 2011
 
08/02/2011
 
Compagni e compagne della OSPAAAL
 
Colleghi della Rivista Tricontinental
 
Invitate e invitati:
 
Per impegni di lavoro improrogabili non posso condividere i momenti felici della celebrazione del 45° anniversario dell’Organizzazione di Solidarietà dei Popoli di Asia, Africa e America Latina [OSPAAAL] a cui sono stato gentilmente invitato.
 
Permettetemi allora, tramite questa presentazione fatta in occasione della ricorrenza, di congratularmi con questa organizzazione a nome di tutti i giornalisti cubani che svolgono il loro lavoro a Cuba o in altre terre, come quelli che descrivono ogni giorno da Haiti la dura realtà di questo nobile e sofferente popolo fratello.
 
Forse lì, come da nessun’altra parte, sono espresse con grande chiarezza quelle aspirazioni di liberazione sociale e di solidarietà internazionale che diedero origine alla OSPAAAL, e che come testimonianza di ciò sono presentate nelle pagine della rivista Tricontinental e, naturalmente, sui manifesti che da sempre l’accompagnano e che sono oggetto di analisi in questo numero da parte di un amico svizzero.
 
Perché una caratteristica tenuta in alta considerazione di questa rivista sin da quando vide la luce è la comprensione della necessità di dotare le idee rivoluzionarie di un’estetica propria, elaborata e sostenuta dai creatori e disegnatori di manifesti di grande prestigio, il cui discorso visivo ha incontrato in questo collettivo una efficace forma di integrazione con la profondità dei testi.
 
Questo tipo di presentazioni di solito non entrano nel dettaglio dei contenuti, tuttavia è impossibile non segnalare alcune proposte di lettura per questo numero. Per esempio, vi è il quotidiano Granma della metà degli anni Sessanta, quando si viveva la ripercussione della Prima Conferenza Tricontinentale e l’indignazione in tutto il mondo per l’omicidio di Ben Barka.
 
La nota iniziale “Al lettore” e l’articolo di Reinaldo Morales mi hanno fatto ricordare i giorni del processo agli assassini a Parigi e la requisitoria di Osmany Cienfuegos, che portò come interprete Brouté Jacques, capo della sezione grafica del Granma, in cui lavoravamo entrambi. Brouté, che morì pochi anni fa, dovette superare molti ostacoli per entrare nel suo paese, dove era perseguito per renitenza alla leva durante la sanguinosa guerra di Algeria per la sua indipendenza.
 
L’articolo di Stella Calloni e le conversazioni tra Fidel e Michel Chossudovsky, presentano tante analogie da indicare una unità di analisi in cui la guerra, il pericolo della scomparsa della specie umana come conseguenza dei danni collaterali all’utilizzo di armi atomiche, ci forniscono un argomento formidabile per la lotta dei popoli per la pace e il disarmo generale e completo.
 
Chi non conosce Stella? Noi giornalisti latinoamericani, che la apprezziamo nella FELAP [Federazione latinoamericana dei giornalisti] come instancabile combattente in difesa delle organizzazioni dei giornalisti impegnati, scopriamo poco a poco i mille e più luoghi in cui è stata sempre al fianco delle giuste cause.
 
Pochi giorni fa, Martinez Pirez mi ha inviato un messaggio di Stella, a seguito di un articolo pubblicato su La Jornada riguardo il suo compagno e coraggioso combattente panamense Chuck Martinez. “Non scorderò mai nulla, né questo momento (con riferimento all’invasione americana di Panama) né l’altro tragico a El Salvador, quando siamo stati assediati nella cattedrale con la bara di monsignor Romero e l’esercito fuori che sparava. Se avessero deciso di lanciare un mortaio nella cattedrale sarebbero morti diversi vescovi e il ministro degli Esteri D’Escotto, che ha avuto la capacità di reagire e trovare una via d’uscita dalla tragedia che ne sarebbe potuta scaturire. Nella cattedrale dopo che l’esercito, barricato nei palazzi circostanti, ha attaccato la folla che in piazza dava l’estremo saluto ai resti di Romero il cui petto era stato colpito dal brutale fuoco incrociato, tutti hanno cercato rifugio nella chiesa così piccola che le tante persone rannicchiate erano strette in modo da non poter muovere neanche un braccio. Alcuni molto piccoli soffocarono perché nessuno poteva muoversi e fu terribile. Bene, tutto quello che torna ogni volta che si parla di questi argomenti, come la morte di Chuchu, ci conduce alla storia centroamericana, all’invasione, alla inevitabile solidarietà. L’ho trovata a Prensa Latina, dove credo che mai dimenticherò i terribili eventi di quei giorni”.
 
Dico queste cose che non sono incluse nel numero della rivista che leggerete, ma che legittimano l’autrice, come parte della lunga marcia dei nostri popoli per la loro definitiva liberazione e denunciano lo straordinario potere militare e la sporca storia degli Stati Uniti, così interessati a cancellare dalla nostra memoria la loro storia lurida e spietata.
 
Facendo un paragone con il salvataggio dei minatori cileni, Fidel Castro, con la sua forza da gigante del pensiero, sollecita con urgenza l’opinione pubblica a ingaggiare la battaglia necessaria per salvare quasi 7 miliardi di persone che stanno a 800 metri di profondità nella consapevolezza dell’imperativo per tutti, senza esclusioni di alcun tipo, di scongiurare la catastrofe universale.
 
Questo numero di Tricontinental non può riflettere, né lo pretende, tutti i problemi del mondo d’oggi che sono sempre più numerosi, complessi e gravi, tuttavia tratta i principali come la crisi economica e i dilemmi di Obama, la costante indomabilità del popolo portoricano nella sua lotta per scrollarsi di dosso lo status di colonia, l’aspirazione non meno eroica del popolo palestinese al suo territorio, aggredito e ingannato dalla collusione delle grandi potenze capitaliste e Israele, l’immensità della lotta del popolo saharawi, una validissima analisi di Evo Morales sulla pretesa dei paesi ricchi di convertire in merce la natura e le popolazioni indigene, il tributo a Nestor Kirchner, e un’analisi della situazione dei nostri cinque compatrioti antiterroristi detenuti negli Stati Uniti e la libertà di cui gode Luis Posada Carriles, autore di efferati omicidi a sangue freddo.
 
Un filo invisibile unisce quasi tutti i contenuti del numero, ignorati dai monopoli dell’informazione, connessi all’industria dell’intrattenimento e delle armi, per mantenere un ordine di privilegi, in base agli interessi economici che rappresentano, per i quali la lotta dei popoli per la giustizia sociale e la tutela delle risorse naturali e umane, ovunque nel mondo, sono ostacoli da essere spazzati via attraverso il terrorismo mediatico in tutti i suoi aspetti e manifestazioni.
 
In più di un articolo, in questo numero si ricorda il processo di Norimberga, come lo ricorda Amy Goodman nel suo brano sugli orribili esperimenti medici degli Stati Uniti nel proprio territorio e in Guatemala. Scrive sui medici nazisti condannati alla pena di morte per i macabri esperimenti a cui vennero sottoposti migliaia di prigionieri. In egual modo il compagno Fidel menziona lo storico tribunale e ci ricorda che condannò la guerra come il più grande dei crimini.
 
Ma a Norimberga si giudicarono anche quelli che utilizzarono la propaganda come strumento di aggressione nella Seconda guerra mondiale. E fu proprio il procuratore statunitense Drexel Sprecher, quello che più si soffermò su questi aspetti del processo contro i principali criminali di guerra. Dinanzi alla corte lo stesso Sprecher affermò:
 
“L’uso fatto dai cospiratori nazisti della guerra psicologica è ben noto. Prima di ogni aggressione, con poche eccezioni fondate su ragioni di opportunità, diedero inizio a una campagna di stampa calcolata per indebolire le loro vittime e per preparare psicologicamente il popolo tedesco all’attacco. Hanno usato la stampa dopo le loro prime conquiste, come mezzo per influenzare ulteriormente la politica estera e come manovra per il successivo attacco”.
 
Il principale accusato di questo crimine è stato Hans Fritzsche, che guidò per quattro anni la Divisione stampa tedesca presso il ministero della Propaganda del Terzo Reich. Nella sua apparizione davanti alla giuria, Fritzsche disse come alla vigilia della invasione dell’Unione Sovietica nel giugno 1941, Joachim von Ribbentrop, ministro degli Esteri hitheriano, lo aveva informato che (cito testualmente):
 
“La guerra contro l’Unione Sovietica sarebbe cominciata quello stesso giorno e che avrebbe chiesto alla stampa tedesca di dipingerla come una guerra preventiva per difendere la Patria, come una guerra in cui siamo stati costretti dal pericolo immediato di un attacco da parte dell’Unione Sovietica (...)
 
“L’affermazione che questa era una guerra preventiva è stata successivamente ripresa dai giornali che ricevettero le mie istruzioni (...) e io stesso ho dato questa descrizione della causa della guerra nelle mie regolari trasmissioni radiofoniche” (fine della citazione di quanto disse l’alto funzionario nazista al processo).
 
Quando vediamo come si ripete l’uso della menzogna organizzata, che cade senza pietà sulle nazioni per giustificare la rapina, e quando sono lanciate, una dopo l’altra, le campagne per demonizzare i processi di indipendenza e di cambiamento a favore dell’interesse della maggioranza, conservo la speranza che un giorno saranno processati e puniti in modo esemplare quelli che servono l’aggressore e che ingannano miseramente il pianeta per incoraggiare il saccheggio di un ordine ingiusto e insostenibile.
 
Anche se quel giorno non è arrivato, la battaglia delle idee non può cessare. Fidel stesso ha detto un giorno:
 
“La sfida è grande e il nemico dispone di una forza enorme, ma se il nostro popolo di fronte a essa non ha mai tremato, oggi, di fronte alle sue sofisticate armi ideologiche, non ci inginocchieremo né incroceremo le braccia”.
 
Quel giorno sognato e che sta diventando realtà in molte parti, non senza progressi o regressioni, e con resistenze e lotte mortali, sarà anche il giorno in cui troveranno il posto che spetta loro le pubblicazioni alternative al sistema dominante, i cui giornalisti stanno pagando un prezzo di sangue molto alto per aver detto la verità.
 
Compagne e compagni:
 
Condivido il desiderio di tutti coloro che sono riuniti qui oggi perché questa presentazione sia un omaggio alla rivista Tricontinental, che ha fatto e sta facendo tanto per far conoscere le lotte dei nostri popoli e invitare alla solidarietà con loro.
 
Felicitazioni per il compleanno della OSPAAAL e per questa edizione straordinaria presentata oggi, che merita di essere apprezzata come parte della ricchezza politica e culturale che va crescendo con l’eroica lotta di centinaia di milioni di fratelli e sorelle di tutto il mondo!
 
 

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