www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 28-03-22 - n. 823

Dal diario di Anna Frank alla guerra su TikTok

Felix Lopez | cubadebate.cu
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

21/03/2022

In una settimana il mondo si è rivoltato come una frittata.

Lunedì tre milioni di rifugiati hanno già attraversato i confini della Polonia.
Martedì ci viene detto che la tregua è vicina.
Mercoledì ci riferiscono che un teatro con dentro dei bambini è stato bombardato a Mariupol.
Giovedì Joe Biden accusa Putin di essere un criminale di guerra.
Venerdì
Rosalía pubblica il suo controverso Motomami e i giornalisti televisivi tirano un respiro.
Sabato la Russia svela il suo missile ipersonico Kinzhal.
Domenica Papa Francesco prega all'Angelus in Piazza San Pietro e supplica la comunità internazionale di impegnarsi a porre fine alla guerra in Ucraina.

Il Papa sembra sapere cosa ignorano i giornalisti. Tutti i media parlano dell'invasione attuata dalla Russia.

Ma Francesco non supplica Putin. Si sta rivolgendo al mondo. A coloro che hanno alimentato questo conflitto otto anni fa. A coloro che promettono e mandano armi e aerei in Ucraina. A coloro che hanno minacciato di installare la NATO sul confine russo. A coloro che ora vendono gas e petrolio al prezzo dei diamanti. A coloro che usano l'Europa come un colosseo romano. A quelli che non contano i morti e parlano di crimini di guerra... Loro, che hanno inventato le armi, le guerre e i crimini. Può essere che Dio li guardi dall'alto e bisbigli nell'orecchio di Francesco?

Solo tre mesi fa,
Rosalía stava girando il videoclip di Saoko, il primo brano dell'album Motomami, a Kiev, la capitale dell'Ucraina. All'epoca era una città tranquilla e una dozzina di giovani ragazze sfidavano la notte bohémien su motociclette acrobatiche. La cantante nativa di Barcellona, che non è una strega e tanto meno una politologa, ha cantato nella trasparenza di un vestito rosso al chiaro di luna: "Y se vuelve de día, ya to' eso cambió/Cu cuando el caballo entre a Troya/Y tú te confia', ya ardió, (uh, no) uh, no (eh)" (E diventa giorno, tutto è cambiato/ Quando il cavallo entra a Troia/ E fidati, è già bruciato, uh, no, uh, no, eh).

L'Ucraina sta bruciando in questo momento sotto i missili russi e Rosalía sta dando forza a tutte le "motomami girls" del pianeta con un reggaeton.

Il mondo è cambiato e quasi tutti pensavano che niente potesse essere peggio della pandemia. Tre vaccini ti immunizzano contro le varianti del COVID, ma nessuno ci salverà da uno scontro nucleare. Senza rendercene conto, siamo passati dal diario di Anna Frank all'invasione messa in onda su TikTok.

La Guerra del Vietnam è stata la prima guerra della storia ad essere trasmessa in televisione e la Guerra del Golfo la prima che abbiamo seguito in diretta. La guerra ucraina, in termini di comunicazione, deve essere attribuita alle reti sociali.

Un'arma letale, di cui non si parla mai abbastanza, è in questo momento nelle mani dei soldati e di milioni di ucraini: lo smartphone.

Ana Vidal Egea scrive su El País che "nella società voyeuristica e ipermediatizzata in cui viviamo, non sorprende che ci sia chi documenta la propria vita quotidiana sui social network, anche in una città assediata dalla guerra. Documentare la realtà, anche se a volte è stato considerato un atto ego-maniacale, è in definitiva un tentativo di connettersi con altri esseri umani, di condividere esperienze e di informare. Un certo numero di memorie di scrittori che hanno sofferto l'Olocausto sono passate alla storia letteraria in questo modo".

Questo è esattamente quello che il giornalista cubano-ucraino Daniel Cantallops Dotsenko sta facendo oggi da Kiev. O l'ucraina Valeria Shashenok, che racconta ai suoi 858.000 seguaci di TikTok i suoi giorni in un bunker a Chernobyl.

TikTok si è infilato in questa guerra come un missile. Il social network di origine cinese, con il suo miliardo di utenti connessi, è uno dei protagonisti del conflitto. I suoi video in formato verticale, tra i quindici secondi e i dieci minuti ci mostrano oggi la crudezza e l'incertezza della guerra. I suoi utenti regolari hanno un'età media tra i 18 e i 24 anni.

Per loro è la principale fonte di notizie, anche se è un mix diffuso di realtà, testimonianze, umorismo, bufale e disinformazione. La generazione Z si rifiuta di farsi raccontare la guerra da altri, attraverso giornali e telegiornali. Non importa che i loro nonni e genitori conservino il diario di Anna Frank nei loro scaffali. In TikTok sentono di avere tutto: l'Ucraina in tempo reale, Motomami e divertimento.


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