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- cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 22-10-24 - n. 912
Parole da scartare nella battaglia delle idee
Greg Godels | mltoday.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
20/10/2024
Se credete, come me, che la battaglia delle idee sia un fronte cruciale nella lotta politica, allora la chiarezza e la logica diventano una necessità in quel confronto. In effetti, la battaglia delle idee può spesso concretizzarsi in disputa di parole o di frasi. Quando permettiamo o accettiamo che frasi come "l'asse del male" entrino acriticamente nel discorso popolare, abbiamo perso una battaglia nella lotta ideologica.
Questo proposito non costituisce la correttezza linguistica tanto popolare tra i liberali. Non è una scusa per svergognare, mettere in imbarazzo o sminuire le persone perché ignoranti o incuranti del galateo liberale.
È invece una ricerca di concentrazione e rigore, un tentativo di affilare i nostri strumenti nella battaglia delle idee.
Per questo motivo, è giunto il momento di eliminare le parole o le espressioni che fuorviano, distorcono o avvelenano il nostro discorso. Di seguito, nomino alcune parole o locuzioni candidate al ritiro, alla moderazione o alla cautela.
Terrorismo (Terrorism): Chi detiene il potere ha sempre etichettato come "terroristi" gli oppositori più deboli che si ribellano. Praticamente ogni movimento anticoloniale del dopoguerra è stato definito "terrorista", indipendentemente dalle tattiche di lotta impiegate e dal fatto che fossero difensive o offensive. Dal Congresso Nazionale Indiano al movimento Mau Mau, dal Fronte di Liberazione della Palestina al Fronte di Liberazione Nazionale Vietnamita e il Congresso Nazionale Africano, gli oppressori hanno denunciato gli oppressi come terroristi. Il termine ha perso ogni pur minima credibilità con l'uso spudorato e spudoratamente incongruo e calunnioso da parte del governo statunitense contro la Cuba socialista. Il ritiro del termine è obbligatorio.
Classe media (Middle Class): Non esiste una classe media, se non nelle menti annebbiate di coloro che contestano che gli Stati Uniti e le altre società capitalistiche avanzate siano società di classe. Naturalmente esiste una classe media statistica quando i redditi e la ricchezza sono divisi in tre, cinque, sette o più parti. Ma queste divisioni sono arbitrarie e virtualmente prive di significato. Possiamo parlare genericamente di uno strato intermedio, a condizione di capire che non esiste un confine sociale significativo tra strati su entrambi i lati. Il termine "medio" di per sé non identifica alcuna categoria socio-economica utile.
Naturalmente esistono classi e strati significativi identificabili con criteri socio-economici. Uno di questi criteri che ha superato la prova del tempo è la distinzione di classe marxista tra coloro che possiedono e controllano i beni che producono ricchezza e coloro che devono garantirsi un lavoro. Si tratta di una divisione chiara e rigorosa, con vaste conseguenze sociali, politiche ed economiche.
Quando i politici e i leader sindacali si riferiscono alla "classe media", possiamo essere certi che non hanno alcuna intenzione di sfidare la società di classe reale ed esistente e la sua inevitabile disuguaglianza, oppressione e distruzione.
Autoritarismo (Authoritarianism): Quando l'Unione Sovietica è caduta, le classi dirigenti capitaliste hanno riservato il termine "totalitarismo", ormai usurato durante la Guerra Fredda, alla Cina Popolare e ai restanti Paesi governati dai partiti comunisti. C'erano però molti Paesi che strutturalmente abbracciavano le istituzioni della democrazia borghese - elezioni regolari, organi rappresentativi, istituzioni legali e costituzioni - pur guadagnandosi le ire delle classi dirigenti euro-statunitensi e dei loro media e accademici. E' stato allora adottato un nuovo termine: autoritarismo.
Paesi come la Russia, il Venezuela o l'Iran - pur condividendo istituzioni simili a quelle delle democrazie "liberali" - vengono condannati come autoritari, anche se le loro istituzioni funzionano in modo simile, o a volte migliore, di quelle dei loro critici accusatori. I critici statunitensi che dipingono gli altri Paesi come autoritari sono particolarmente ipocriti, provenendo da un Paese in cui i risultati politici sono determinati dal denaro o dal potere in misura maggiore rispetto a qualsiasi altro luogo del pianeta. I sondaggi internazionali (qui e qui) mostrano costantemente che i cittadini dei Paesi presumibilmente autoritari hanno maggiore fiducia nei loro governi rispetto alle loro controparti euro-americane, un dato che sicuramente manda la parola "autoritarismo" nella pattumiera storica.
Fascismo (Fascism): La parola "fascismo" ha un uso legittimo che si riferirsce a un periodo storico specifico, alle sue caratteristiche essenziali e alle condizioni generali che hanno determinato il suo arrivo. La sua ascesa nel XX secolo all'indomani della rivoluzione bolscevica, nella scia della turbolenza di una guerra globale e in coincidenza di una grave instabilità economica non è un semplice incidente, ma è una cornice fondamentale per la nostra comprensione. Così come le condizioni del suo sviluppo erano senza precedenti, il fascismo era senza precedenti, generato da una profonda sfida all'ordine capitalistico. Il fascismo fu una reazione disperata a un potente movimento rivoluzionario emergente della classe operaia, alla crescente illegittimità politica e al collasso economico. L'uso rigoroso della parola richiede che queste condizioni siano soddisfatte.
Invece, la parola è stata usata da politicanti senza principi, come l'accusa di comunismo è stata usata così spesso da redbaiter senza scrupoli, facendo leva sulle emozioni. Privi di argomenti convincenti a favore di una politica o di una strategia, si ricorre al fascismo, per dipingere gli avversari, richiamando Camicie Nere, Stormtroopers o Gestapo. La strumentalizzazione del "fascismo" distrae dal rivelare i reali ostacoli al cambiamento e dall'elaborare risposte reali a tali ostacoli.
Neoliberismo (Neoliberalism): L'epoca - a partire dagli anni '70 - identificata con le politiche associate per la prima volta a Margaret Thatcher nel Regno Unito e a Ronald Reagan negli Stati Uniti, è stata spesso definita "neoliberismo". C'è una certa logica nell'etichettare il periodo di conseguenza, richiamando l'attenzione sulla sua somiglianza con un precedente periodo di capitalismo laissez faire prima della rivoluzione keynesiana e prima dell'intensificazione della presenza governativa nell'economia capitalista. Gli accademici David Harvey e Gary Gerstle hanno inteso il termine in modo più preciso come uno sforzo per "ripristinare e consolidare il potere di classe", secondo le parole di Harvey.
Ma il "neoliberismo" è arrivato a connotare una deviazione imposta dalla destra al regime benigno, socialdemocratico e imperniato sulla sicurezza sociale dei trent'anni gloriosi del dopoguerra. Secondo questa interpretazione, il capitalismo dal volto umano e felice è stato interrotto da una controrivoluzione di estrema destra, che ha portato a una massiccia deregolamentazione, privatizzazione, mercificazione, feticismo del mercato e individualismo rabbioso.
In questa narrazione viene omesso il fatto nudo e crudo che il consenso socialdemocratico del dopoguerra stava rapidamente crollando di fronte all'intensificarsi della concorrenza globale, alla pressione sui profitti, all'inflazione che mutava in stagflazione e alla disoccupazione. La crisi del modello del New Deal, ampiamente seguito a livello internazionale, ha aperto la strada a nuove opzioni, rapidamente colmate dai fanatici dell'estrema destra del fondamentalismo di mercato.
Il neoliberismo, inteso come malattia e non come sintomo, distoglie l'attenzione dalla diagnosi della vera malattia: il capitalismo.
Stato profondo (Deep State): L'idea che esista uno Stato visibile in superficie, supposto organo di governo, ma che dietro la facciata nasconda un apparato segreto molto più profondo, è un'alternativa attraente ai miti ufficiali e ampiamente diffusi della sovranità popolare. Da varie prospettive, questo apparato è la CIA, i massoni, i seguaci di Lyndon Larouche, George Soros o gli zombie.
E qui sta il problema: lo Stato profondo è tutto ciò che l'ultimo complottista, dietrologo o pazzoide dice che sia. La vaga idea di un mago (di Oz?) che tiri le fila dietro le quinte è la genesi delle teorie della cospirazione, e come tale va considerata.
Esiste un concetto molto più solido, collaudato e scientifico per descrivere l'immagine fasulla delle lezioni di educazione civica delle scuole superiori di una governance trasparente, democratica e rappresentativa praticata in modo unico dai Paesi capitalistici avanzati. Questo concetto fondato è la nozione di classe dirigente, sviluppata, non solo, dai marxisti. Una classe dirigente ha caratteristiche sia visibili che profonde - aspetti palesi e occulti - che lavorano insieme per mantenere il dominio di classe. Sebbene gli individui della classe dirigente possano differire sul modo per garantire gli interessi delle élite - tipicamente la classe padronale - sono tutti d'accordo nel promuovere e proteggere tali interessi.
Mentre il cosiddetto "Stato profondo" evoca l'immagine di burattinai nascosti nell'ombra che manipolano e distorcono una struttura governativa benigna, il concetto di classe dirigente offre un quadro solido e razionale dell'asimmetria esistente di potere e di ricchezza che genera un organo di governo che opera per preservare e proteggere tale asimmetria. In assenza di una forza di contrasto organizzata per strappare il potere, non ci si aspetterebbe niente di meno da un ordine sociale costruito sulla disuguaglianza di ricchezza e di reddito.
Non sono i complotti, le cospirazioni o gli intrighi a determinare il modo in cui siamo governati, ma la composizione sociale dei nostri Stati. Lo "Stato profondo" ci allontana da questa comprensione.
Microaggressioni e spazi sicuri (Microaggressions and Safe Spaces): L'industria della "giustizia sociale" - accademici, ONG, organizzazioni non profit e consulenti - crea il proprio linguaggio di promozione sociale. Certamente molti operatori del settore hanno buone intenzioni, ma sono anche orientati alla transazione. Credono che i loro servizi siano meglio commercializzati e pagati con promozioni, donazioni, sovvenzioni e compensi diretti. Di conseguenza, hanno interesse a creare nuove merci che rendano giustizia, nuovi servizi di giustizia sociale. Le microaggressioni e gli spazi sicuri sono la base di questi nuovi prodotti.
In una società giusta, tutti gli spazi dovrebbero essere sicuri. Se non ci si impegna a rendere sicuri tutti gli spazi pubblici, designare alcuni spazi come sicuri significa necessariamente sostenere un privilegio per coloro che hanno accesso a quello spazio, sia esso determinato dal caso, dal merito o da caratteristiche particolari. La sicurezza, come la salute, non è qualcosa di meritato in un momento, un luogo o un gruppo specifico. Gli spazi sicuri richiamano la logica di una comunità chiusa.
Le microaggressioni diventano rilevanti in un mondo senza guerre, povertà, genocidi e sfruttamento. Fino a quando queste aggressioni maggiori non saranno scomparse, le microaggressioni, ovvero le ferite ai sentimenti individuali, rimarranno questioni di educazione. I sentimenti feriti, le offese, linguaggio verbale o non verbale sgradevole appartengono al regno delle disgrazie interpersonali e non a quello dell'ingiustizia sociale.
L'industria della "giustizia sociale" ci delude perché è in bilico tra sponsor, donatori e amministratori fortemente coinvolti nell'ordine esistente e i bisogni radicali delle vittime di quell'ordine. Troppo spesso offrono alle vittime parole vuote o inutili come balsamo per ferite profonde.
Ancora una volta, l'obiettivo che si vuole raggiungere non è quello di umiliare, accusare o denigrare, ma di affinare il linguaggio per far progredire meglio la lotta per la giustizia sociale, per vincere la battaglia delle idee. Coloro che si oppongono al cambiamento sociale traggono vantaggio quando le parole sono scelte per il loro potere emotivo, quando riflettono sottilmente pregiudizi di classe o quando distorcono un'intuizione reale.
Le parole hanno un potere. Dobbiamo usarle con attenzione.
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