www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - scienza - 08-03-16 - n. 579

Ellen Meiksins Wood, una marxista controcorrente

Zoltan Zigedy | zzs-blg.blogspot.it
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

28/02/2016

Ellen Meiksins Wood è mancata il 14 gennaio.

La professoressa Wood era una fertile studiosa che ha scritto molti libri e articoli da una prospettiva marxista. Tra gli accademici, il suo lavoro sulla transizione dal feudalesimo al capitalismo, sulla difesa del c.d. "marxismo politico" e le sue analisi sui modi antichi di produzione sono sempre ricordati.

Sarà ricordata da un pubblico più ampio per la sua ferma e convinta difesa del Marxismo classico in un'epoca di ritrattazione totale.

Dopo la caduta dell'Unione Sovietica, molti dei marxisti occidentali - sia quelli organici ai partiti sia quelli no - persero la via del cammino. Dominarono la disillusione e la disperazione. Nei circoli accademici, la tendenza al "ripensamento" del marxismo si diffuse come un virus. Le fondamenta del marxismo classico vennero sfidate dall'asserito rigore della c.d. "teoria della scelta razionale" (1) da un lato e dallo scalpello del postmodernismo selvaggiamente brandito dall'altro.

La teoria della scelta razionale annunciò sinistramente che le fondamenta del marxismo non sono state e non possono essere costruite sulla base dell'homo economicus, un risultato che era sia ovvio sia gradito a qualsiasi serio studioso su Marx. Cionostante, il cosiddetto "marxismo analitico" ha pagato un pedaggio.

Un'ondata di relativismo epistemologico è penetrata nel pensiero politico occidentale dai suoi pretenziosi ed esoterici piedistalli nelle università europee, specialmente in quelle francesi. Prese piede l'idea che non fosse possibile difendere nessun fondamento ideologico per vedere il mondo a parte quello basato sulla prospettiva dalla forma unica del singolo soggetto. Il fatto che pensatori formalmente associati col marxismo diffondessero queste visioni ebbe un certo peso nel mondo di lingua inglese. L'unità tra i lavoratori e gli oppressi per acquisire la quale il marxismo aveva combattuto è stata frantumata in una moltitudine di singole identità autoreferenzianti dal vento del postmodernismo. Studenti e intellettuali in erba urlarono l'epiteto di "riduzionismo" ad ogni tentativo di rivelare le strutture ed i processi sottostanti.

L'espansione dei mercati mondiali nei confronti delle precedenti economie avverse al mercato potenziò drammaticamente il commercio e gli investimenti a nuovi livelli. I teorici definirono questa crescita quantitativa "globalizzazione" e frettolosamente la annunciarono come nuova fase del capitalismo. Alcuni andarono oltre, considerandola un'avvisaglia di un mondo con le multinazionali che avrebbero predominato sui governi degli stati storicamente affermatisi.

Infatti fu un'epoca orribile. Le sciocchezze abbondarono.

Il clima intellettuale alimentò un simile impappinarsi della sinistra militante negli anni novanta. Il socialismo, come visione della società, fu diluito in un regime di "mercato sociale" o si ritirò dietro il fascino dell'anarchismo e della spontaneità. Il nebuloso e sfocato movimento anti-globalizzazione ha rimpiazzato l'antimperialismo come principio organizzativo della sinistra. Un nostalgico desiderio per la supposta epoca d'oro della prosperità del secondo dopoguerra ed una logora rete di sicurezza sociale hanno sostituito la lotta per la piena giustizia sociale - il termine "rivoluzione" fu mandato in pensione.

Fu in questo contesto che Ellen Meiksins Wood dichiarò guerra agli "osservatori del proprio ombelico", ai timidi e agli opportunisti che stavano abbandonando il marxismo. Anche prima della caduta dell'Unione Sovietica e della successiva Grande Peste ideologica dell'occidente, ella spiegò il "nuovo" sviscerato marxismo in Retreat from Class (1986).

Riflettendoci sopra anni dopo in una nuova introduzione, scrisse:

"Gli esseri umani, nei loro vari cammini, sono andati avanti, lungo vie che hanno poco a che fare col marxismo o anche col socialismo, senza tuttavia ripudiarli. Sembra chiaro che il post-marxismo era solamente una breve sosta sul cammino dell'anti-marxismo". The Retreat from Class (1998).

Ella portò avanti la gran parte della sua lotta contro i traditori, i lavativi e gli opportunisti nelle pagine della Monthly Review, mentre lavorava da coeditore con Paul Sweezy e Harry Magdoff dal 1997 al 2000.

Il suo pungente attacco alle teorie della globalizzazione (globalization or globaloney), a fianco della polemica altrettanto mordente con Doug Henwood, erano destinate a chi avrebbe osato difenderle: "… la globalizzazione … è il più pesante albatro ideologico attorno al collo della sinistra odierna." (Monthly Review, febbraio 1997)

Wood vide il dominio globale dei mercati non come una sconfitta, ma come un'opportunità per la sinistra:

"Oggi il capitalismo non ha più vie di fuga, nessuna valvola di sicurezza o meccanismo correttivo al di fuori della sua logica interna… Così è forse venuto il momento per la sinistra di vedere la mondializzazione del capitalismo non solo come una sconfitta, ma come un'opportunità per quella cosa fuori moda chiamata lotta di classe." (Back to Marx, Monthly Review, giugno 1997)

Il tema ricorrente negli scritti di Ellen Meiksins Wood è la centralità della lotta di classe. Contro la marea della nuova sinistra, del neo-marxismo, del post-marxismo, del postmodernismo, ed altre nebuolosi e confusi allontanamenti dal marxismo, ella vide la classe lavoratrice come il fattore essenziale per il cambiamento.

Quando Frances Fox Piven e Richard A. Cloward la sfidarono sulle pagine della Monthly Review (gennaio 1998), affrontando la sua "nostalgia per le masse operaie dell'era industriale" e sostenendo che "oggi siamo tutti socialdemocratici" ella rispose aggressivamente:

"Non c'è nessun socialdemocratico, oggi. La gente si sta risvegliando nell'affrontare il fatto che la socialdemocrazia non è più una via percorribile. Per quelli che tendevano ad identificare la socialdemocrazia col socialismo, non sembra più esserci altra alternativa al capitalismo - vale a dire nessuna alternativa alle più inumane neoliberiste forme di capitalismo. Così la sconfitta della socialdemocrazia per questi è una cosa imponente. Per questi è la più catastrofica e forse la più definitiva sconfitta in paragone a quelli che, pur supportando il welfare state o qualsiasi meccanismo migliorativo delle conseguenze distruttive del capitalismo, hanno sempre dubitato sulla sostenibilità a lungo termine di un capitalismo dal volto umano. Quelli che usavano riporre tutte le loro speranze nella socialdemocrazia, sono inclini a spiegare la loro imponente sconfitta non ammettendo che un capitalismo 'umano' non possa mai essere sostenibile nel lungo termine, ma invocando qualche massivo cambiamento epocale che ha distrutto quella che si considerava - ma non lo è più - una reale possibilità".

In risposta allo scetticismo allora di moda verso il progetto socialista, la Wood asserì che i signornò non potevano offrire che una "migliore e forse più umana gestione del capitalismo c.d. flessibile", una visione che anticipava di due anni l'odierno rifiuto di principio dei Comunisti greci (del KKE, n.d.t.) di associarsi a SYRIZA nella gestione del capitalismo.

Perché nessuno potesse credere che la Wood intendesse dar asilo a qualsiasi illusione sul riformismo che non fosse la meta finale del socialismo, ella offrì le seguenti riflessioni ad un simposio del 1999 in Sudafrica, che vedeva tra i suoi partecipanti delegati dell'ANC, del COSATU e del Partito Comunista Sudafricano:

"Il mio fondamentale convincimento è che possono esserci lotte od obiettivi più a breve termine di una trasformazione socialista, ma non può esistere una cosa come la Terza via. Non c'è terra di mezzo tra il capitalismo ed il socialismo."

"Questo non è un paradosso. Semplicemente significa che tutte le lotte antagoniste… dovrebbero essere informate da una consapevolezza di base: la lotta di classe non può, sia con la sua presenza, sia con la sua assenza, eliminare le contraddizioni nel sistema capitalista, anche se può alla fine eliminare il sistema stesso… senza cadere nella trappola mortale di credere che la sinistra possa fare un lavoro migliore nel gestire il capitalismo. Amministrare il capitalismo non è il lavoro del socialismo, ma, più in particolare, non è il lavoro che comunque deve essere fatto" (Monthly Review, settembre 1999).

Non c'è dubbio che gli eventi hanno giocato il ruolo più importante nel lavar via molte delle fascinazioni ideologiche che ebbero così tanta popolarità nella sinistra occidentale negli anni novanta. Le guerre senza fine, l'esplodere della diseguaglianza e una crisi economica epocale fecero di quelle che apparivano come dotte opinioni ed inquietanti previsioni nulla più che manifestazioni di ingenuità.

Non dovremmo dimenticare, comunque, come era importante avere poche voci coraggiose impegnate nel difendere i principi contro la corrente, nello stare saldi e stabili al fronte mentre gli altri erano in completa ritirata.

Ellen Meiksins Wood era una di queste.

Note

(1) Non è possibile spiegare la società e tanto meno i comportamenti degli individui ricorrendo a dei concetti macrosociali come quelli che aveva sostenuto Parsons nel suo schema AGIL quando andava ad individuare i quattro sistemi che governano tutta la vita della società, in particolar modo il sistema dell'economia che si occupa dell'adattamento, il sistema della politica che si occupa di quello che lui definiva il raggiungimento di scopo, il sistema culturale e familiare che si occupa dell'integrazione ed il sistema religioso ideale che si occupa della latenza. Le teorie della scelta razionale sostengono che non è possibile utilizzare queste teorie e questi concetti macro per spiegare la società ed il comportamento degli individui perché in realtà non esistono questi sistemi, in quanto non è possibile sostenere che essi sono la somma delle attività degli individui, ma sono soltanto dei concetti che vengono imposti dalla teoria funzionalista per cercare di dare un senso ad un realtà che invece dovrebbe essere studiata a partire dall'individuo. Quindi le teorie della scelta razionale sono molto più vicine alle teorie della vita quotidiana ma se ne distanziano per il fatto che a partire dall'analisi dell'azione dell'individui cercano di capire come è possibile l'ordine sociale. (http://www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti/Appunti/Soc.%20Corso%20Avanzato/soc._lezione._4.doc) (n.d.t.).


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