www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - scienza - 02-05-17 - n. 630

Scienza e rivoluzione in Marx

Eros Barone

01/05/2017

Quando si affronta l'esame e la discussione di un pensiero complesso come quello di Marx, è innanzitutto opportuno definire preliminarmente che cosa sia il marxismo (= pensiero di Marx + scuola marxista), sia per non confondere i molteplici livelli teorici in cui esso si articola sia per comprendere quale sia l'interconnessione che fa di esso un "lucido blocco d'acciaio" (Lenin).

Orbene, il marxismo è:

1) un criterio d'interpretazione scientifica dei processi storici (= materialismo storico = teoria-chiave del rapporto fra base e sovrastrutture);

2) una 'critica dell'economia politica' (= rivoluzione copernicana nella scienza economica), ossia un modello teorico del modo di produzione capitalistico (= Il Capitale) che, attraverso tutta una serie di relazioni e concetti teorici (valore e plusvalore, forza-lavoro, lavoro astratto, prezzi di produzione, composizione organica del capitale, saggio medio di profitto ecc.), permette di descrivere, spiegare e prevedere la struttura e il movimento del sistema economico-sociale che poggia su tale modo di produzione;

3) l'applicazione di questo modello a paesi e sistemi sociali concreti (ad es., Lo sviluppo del capitalismo in Russia e L'imperialismo, fase suprema del capitalismo di Lenin, la Agrarfrage di Kautsky, Il capitale finanziario di Hilferding, le Tesi di Lione del P.C.d'I., il Saggio sulle classi della società cinese di Mao Zedong ecc.);

4) una teoria della transizione rivoluzionaria dal capitalismo al comunismo (= socialismo scientifico), che comprende un insieme di teorie e sottoteorie (dello Stato borghese, della democrazia borghese, del partito proletario, del sindacato, dell'insurrezione, della dittatura proletaria, delle alleanze di classe, dello Stato socialista, della democrazia proletaria, della rivoluzione culturale, dell'egemonia ecc.);

5) una visione filosofica del mondo, del pensiero e della natura (= materialismo dialettico = teoria della contraddizione + teoria del rapporto fra teoria e pratica + teoria della conoscenza + teoria dell'ideologia + teoria del rapporto fra scienza, ideologia e filosofia + metodo dell'astrazione determinata ecc.).

Il procedimento, seguito dagli avversari e dai critici del marxismo, che consiste nello "smontare" il pensiero di Marx  per capirne il meccanismo sottostante, individua giustamente in Hegel 'il maestro di color che sanno' della modernità. È da osservare che tale procedimento, caratterizzato dalla pretesa di far corrispondere meccanicamente fra di loro concetti, oggetti e relazioni, in modo che siano immunizzati da intrinseche contraddizioni e da mediazioni, è un'utopia reazionaria (= filosofia borghese, idealistica e/o empiristica, dell'identità), ancorché tale pretesa, occorre aggiungere, abbia le sue premesse in un processo della conoscenza che, per dirla con Bacone, 'abducit et reducit', ossia opera per mezzo di astrazioni. Sennonché proprio Hegel, spesso citato a proposito della categoria di "rapporto" e dell'intreccio fra "ratio essendi" (= causa o fondamento dell'esssere) e "ratio fiendi" (= causa o fondamento del divenire), ci mette in guardia dalle presunzioni rassicuranti di un 'intelletto tabellesco' e ci insegna concretamente, con le sue mirabili analisi, così ricche di determinazioni logico-storiche, come la 'fatica del concetto' non possa fermarsi alla fissazione dell'essenza incontraddittoria (= identità di un oggetto con se stesso e sua differenza dagli altri), ma imponga, per promuovere un ulteriore sviluppo dell'indagine, lo 'studio della contraddizione nella cosa stessa' (= definizione leniniana della dialettica).

Si tratta pertanto di mediare tale identità attraverso le differenze e di unificare queste ultime nell'identità (l'identità è infatti l'identità dell'identità e della non-identità, così come l'essenza è l'unità di ciò che è essenziale con ciò che non è essenziale). Il che, in buona sostanza, implica il superamento di quel pregiudizio filosofico (di origine kantiana) secondo cui il sapere è univoco (non perché diretto ad adeguare l'oggetto ma) perché è immune da differenze e contraddizioni. Da questo punto di vista, la semplice negazione, da parte di coloro che non le ritengono essenziali, di quelle determinazioni che altri ritengono essenziali per caratterizzare un oggetto qualsivoglia, lascia il tempo che trova, poiché proprio Hegel ci insegna che la battaglia delle idee viene vinta dalla concezione teorica che sa mediare il proprio apparato conoscitivo con quello di altre concezioni teoriche, assumendo criticamente anche il loro discorso come parte (sempre mediata dalla critica) del proprio discorso (= insopprimibile istanza della critica della teoria e/o dell'ideologia prodotte dalla classe borghese, il cui modello esemplare è depositato nei quattro libri del Capitale: libro I, pubblicato da Marx; libri II e III, ordinati da Engels sulla base degli appunti di Marx; libro IV, ordinato da Kautsky e da lui intitolato Teorie sul plusvalore).

Nel corso di tale battaglia, che ha come posta la conoscenza e la trasformazione della realtà storica, l'astrazione teorica ha un valore decisivo, come dimostra in modo esemplare il "caso Galileo". Proprio Galileo esprime nel suo metodo ipotetico-deduttivo, nonché sperimentale, quella grande tensione verso il reale che, per tradursi in conoscenza concreta del mondo e dei suoi processi, rende necessario il ricorso alla massima astrazione, ossia alla separazione tra qualità primarie e secondarie dei corpi fisici. Laddove ciò che caratterizza questa separazione del 'primario' dal 'secondario' (la stessa che opera Marx, quando, muovendo alla ricerca di rapporti primari e caratterizzati da reiterabilità, isola all'interno della struttura economica il nucleo costituito dai rapporti sociali di produzione) non è certo uno scarso interesse di Galileo per la concretezza del mondo, bensì lo sforzo del suo pensiero di determinare secondo rapporti quantitativi la realtà del mondo fisico e di farne scaturire, per mezzo della ragione, l'astratto in quanto oggetto specifico della conoscenza scientifica. Impresa, questa, identica, per l'organica connessione fra il metodo e il risultato, a quella realizzata sul piano scientifico da Marx, il quale, esattamente come Galileo, non si serve certo dell'astrazione per obliterare il mondo reale, bensì per comprenderlo e per fondarne la conoscenza scientifica («all'analisi delle forme economiche non possono servire – egli scrive nella Prefazione al I libro del Capitale – né il microscopio né i reagenti chimici: l'uno e gli altri debbono essere sostituiti dalla forza di astrazione»).

Per quanto riguarda, infine, la contraddizione che, secondo taluni critici del materialismo storico, inficerebbe la concezione marxiana del processo storico, osservo che, in definitiva, essa consisterebbe nello scambiare un processo tendenziale con un processo realizzato ("un prima" con "un dopo", un "compimento" con un "cominciamento", "una parte" con "un tutto"). Rispondo osservando che la mera successione temporale di un 'prima' (che diventa un 'dopo' rispetto al momento che lo precede) e di un 'dopo' (che diventa un 'prima' rispetto al momento che lo segue) si avvolge e si consuma in una 'cattiva infinità', come suole accadere a tutte le concezioni precritiche della coppia 'prima-dopo' (così come delle coppie 'interno-esterno', 'materia-forma' ecc.), teoricamente inermi di fronte alle anfibolie, ossia agli «inganni della riflessione trascendentale», causati, come precisa Kant in appendice all'Analitica trascendentale, dalla «confusione dell'uso empirico dell'intelletto con l'uso trascendentale».

In realtà, lo spazio teorico in cui si costituisce la dialettica della liberazione del proletariato non è affatto assimilabile ad un processo temporale omogeneo, giacché (1) esso inerisce alla radicale dissimmetria che caratterizza il 'Doppelcharacter' del lavoro rappresentato nelle merci (ragione per cui ciò che conta non è che la merce  sia qualcosa di duplice, insieme valore d'uso e valore di scambio, cosa ovvia ai tempi di Marx, ma che il lavoro espresso nel valore abbia caratteristiche diverse dal lavoro produttore di valore d'uso: cosa, questa, che non solo era ignota al pensiero di quel tempo, ma rappresenta inoltre la scoperta fondamentale che sta alla base del Capitale); (2) esso determina il primato del momento genetico-strutturale (= logica) rispetto al momento empirico-diacronico (= storia); (3) il passaggio cruciale per la transizione dal capitalismo al comunismo si identifica allora con il passaggio dal lavoro contenuto nella merce alla classe operaia contenuta nel capitale, in quanto la 'zwieschlächtige Natur' (duplice natura) della classe operaia consiste nell'essere insieme lavoro concreto e lavoro astratto, lavoro e forza-lavoro, valore d'uso e lavoro produttivo, capitale e non-capitale: in altri termini capitale e classe operaia, quindi, nello stesso tempo, capitale variabile (che riproduce la forza-lavoro e genera il plusvalore) e potenza della cooperazione dei produttori associati. Ma proprio perché la classe operaia è parte del capitale, essa non può negare il capitale se non negando se stessa in quanto capitale (= necessità permanente, affermata con il massimo rigore dai maestri del socialismo scientifico, della lotta contro il revisionismo, contro il riformismo, contro l'opportunismo, cioè contro tutte le forme di subordinazione della classe operaia al capitale derivanti dalla 'natura duplice' di tale classe): «La rivoluzione – sottolinea infatti Marx – non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume».


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