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da "Tratti essenziali del marxismo scientifico" - http://www.ezeta.net/homosapiens/

Primo maggio Chicago 1886


Gli avvenimenti di piazza Haymarket
Il terreno storico
La situazione dei lavoratori
Le azioni antioperaie
Alla vigilia del maggio 1886
Chicago, maggio 1886
Il "Caso Haymarket".

Gli avvenimenti di piazza Haymarket

Il 1° maggio 1886 i più grossi centri industriali degli USA furono teatro dell'inizio di uno sciopero generale operaio. I proletari americani rivendicavano una giornata lavorativa di 8 ore ed il miglioramento delle condizioni di lavoro.

A Chicago lo sciopero assunse dimensioni particolarmente massicce. Per disperdere gli scioperanti, le autorità ricorsero ad una manovra provocatoria: il 4 maggio, durante un comizio di massa, in piazza Haymarket, improvvisamente, esplose una bomba. Era questo il segnale che aspettavano i poliziotti di Chicago ed i militari della locale guarnigione, i quali erano stati precedentemente concentrati nelle immediate vicinanze. Contro gli scioperanti fu aperto il fuoco.
Iniziò così una rappresaglia di massa contro gli operai e, in primo luogo, contro i loro dirigenti; e questo non solo a Chicago, il centro principale del movimento, ma in tutto il paese. Vennero arrestati centinaia di operai ed otto di loro, le avanguardie del proletariato di Chicago, vennero processati. La borghesia non badò a spese per fomentare, con l'aiuto di un'assordante campagna antioperaia, torrenti di menzogne che sommersero letteralmente gli americani medi, attraverso le pagine degli organi di stampa ufficiali, una campagna per destare una rudimentale coscienza di massa ed incanalarla nell'alveo ad essa più propizio: quello dell'odio verso la classe operaia e le sue organizzazioni.

In tali condizioni, senza nessun riguardo per la legge e tutte le norme democratiche instaurate nel paese ancora all'epoca della guerra di liberazione del popolo americano, la "giustizia" di Chicago, per quanto sprovvista della benché minima prova della complicità degli imputati nell'esplosione della bomba di piazza Haymarket, emise un verdetto atroce e vergognoso per qualsiasi paese democratico. Sette degli imputati: Albert Parsons, August Spies, Samuel Fielden, Michael Schwab, Adolf Fischer, George Engel e Louis Lingg vennero condannati a morte; l'ottavo, l'imputato Oscar Neebe, a 15 anni di carcere. E tutto ciò malgrado fosse stato provato in modo inconfutabile che quando la bomba era esplosa, erano presenti al comizio solo due dei suddetti imputati.
Questa vergognosa azione venne perpetrata con un solo scopo: impedire la crescita della protesta operaia e intimidire per molto tempo a venire quegli operai che ancora non si erano levati alla lotta.

Nonostante le numerose proteste da parte delle varie organizzazioni operaie degli USA, dell'Europa e dell'opinione pubblica progressista americana e nonostante la domanda di abrogazione dell'iniqua condanna passata dal tribunale, l'unico risultato che si riuscì a conseguire fu la commutazione della pena di morte a cui erano stati condannati Fielden e Schwab in detenzione a vita. Lingg perì durante la permanenza in carcere. Parsons, Spies, Engel e Fischer vennero giustiziati l'11 novembre 1897.

In un articolo pubblicato sul "New York Herald Tribune", lo scrittore umanista W. D. Howells (1837-1920), uno dei più noti esponenti della cultura americana, scrisse con indignazione e dolore: "La libera repubblica ha ucciso cinque uomini per le loro convinzioni". Howells non poté non sottolineare che questa uccisione aveva recato "un danno grandissimo al prestigio della nazione".

La provocatoria rappresaglia organizzata dalle autorità contro gli operai di Chicago fu chiamata dai contemporanei "Haymarket affair"; gli imputati stessi sono passati alla storia come "martiri di Chicago" (o di Haymarket)...

Gli avvenimenti verificatisi negli USA in quel mese di maggio del 1886 provocarono ripercussioni enormi in tutto il mondo, e al 1° congresso della IIa Internazionale, nel luglio del 1889, venne adottata una decisione storica:
"Si indice una grande manifestazione internazionale, da tenersi ad una data stabilita oggi, una volta per sempre, perché simultaneamente, in tutti i paesi e in tutte le città, in questo giorno stabilito i lavoratori presentino alle autorità le loro rivendicazioni: la limitazione, per legge, della giornata lavorativa ad otto ore, nonché l'adempimento di tutte le altre deliberazioni del congresso internazionale ..."

Il terreno storico

La battaglia di massa del proletariato industriale statunitense negli anni 1880 non fu né una casualità storica, né, quanto meno, un'esplosione spontanea generata dall'irresponsabilità di singoli dirigenti operai.

Il significato degli avvenimenti di Chicago consiste appunto nel fatto che proprio a quell'epoca la lotta degli operai americani per il miglioramento delle proprie condizioni di vita, per una giornata lavorativa di 8 ore e per il diritto di istituire proprie organizzazioni assunse effettivamente un carattere di massa e mostrò l'esistenza di una determinata maturità di classe. Nel movimento confluirono operai qualificati e non, immigrati e americani di origine. Un milione circa di uomini si unirono in organizzazioni operaie. Detto movimento divenne in un certo senso l'apice di lunghi e complessi processi di formazione del proletariato operaio, aprì una nuova tappa nella lotta di quest'ultimo contro la borghesia e segnò l'inizio del moderno movimento operaio negli Stati Uniti.

Il movimento del proletariato americano per una giornata lavorativa di otto ore emerse dal cuore stesso della rivoluzione e della guerra civile (1862-1965) negli USA: era una logica conseguenza di quei mutamenti socio-economici che avevano determinato avvenimenti di alto valore significativo per tutta la successiva storia del paese. "Negli Stati Uniti dell'America del Nord - scrisse Marx ne' "Il Capitale" - ogni movimento operaio indipendente non poteva che essere paralizzato, finché la schiavitù deturpava una parte della repubblica... Ma dalla morte della schiavitù germogliò subito una vita nuova e ringiovanita. Il primo frutto della guerra civile fu l'agitazione per le otto ore che cammina con gli stivali dalle sette leghe della locomotiva, dall'Atlantico al Pacifico, dalla Nuova Inghilterra alla California".

La guerra civile rese disponibili grandi forze per lo sviluppo del capitalismo negli USA. Con l'espansione dall'industria capitalista, la crescita del numero e della concentrazione della classe operaia e l'aggravarsi dello sfruttamento capitalistico, si allargò e crebbe la protesta del proletariato industriale, la quale si espresse nel movimento proletario nazionale generale, nella creazione di grosse unioni operaie: l'Ordine dei cavalieri del lavoro e la Federazione delle Trade Unions e delle unioni operaie degli USA e del Canada, predecessori della AFL (l886).

Il movimento operaio americano, la cui maturazione durava già da molti anni, malgrado un certo ritardo rispetto al movimento operaio europeo, crebbe di colpo e con grande potenza, constatò Friedrich Engels già nel gennaio del 1886, quando gli avvenimenti di quel fatidico anno non avevano ancora raggiunto l'apice.
Quanto al "ritardo" del movimento operaio americano, questo era dovuto a concrete cause storiche. Infatti, nonostante l'identità delle fondamentali leggi e tendenze di formazione del capitalismo nel Vecchio e nel Nuovo Mondo, l'affermazione e lo sviluppo del capitalismo negli USA furono accompagnati da alcune peculiarità proprie a questo paese. Naturalmente, questo non poteva mancare di incidere sul processo di maturazione della coscienza di classe e della coesione del proletariato americano.

In primo luogo, l'America del Nord è un paese che non ha mai conosciuto il feudalesimo ed è cresciuto esclusivamente su basi borghesi. L'incredibile crescita del capitale, tra cui l'afflusso di notevoli contributi monetari dall'Europa, la sua concentrazione, soprattutto all'interno del paese, sullo sfruttamento di ricche risorse locali, l'afflusso della forza lavoro dall'Europa, dall'Asia, dall'America centrale, l'alta professionalità degli operai europei e le conquiste tecniche del Vecchio Mondo: tutti questi fattori contribuirono allo sviluppo del capitalismo americano.

Le enormi distese di terre "libere" nell'Ovest del paese favorirono l'espansione del capitalismo. Dal punto di vista della struttura sociale della società americana e della sua dinamica, tale sviluppo estensivo significava una maggiore mobilità delle frontiere sociali. Dopo la guerra civile una determinata parte di operai americani poté beneficiare realmente della legge sulle fattorie: tramite l'acquisto di un appezzamento di terra, molti operai si trasformarono in agricoltori, imprenditori, commercianti, rinunciando così alla loro condizione di proletari. E sebbene l'acquisto di un appezzamento di terra, la sua coltivazione e il trasferimento all'Ovest del paese fossero legati a difficoltà e privazioni, e richiedessero l'accumulazione di notevoli somme di denaro, la stessa possibilità di potersi trasformare in proprietari frenava seriamente la formazione di un proletariato permanente ed ereditario. Questo influiva naturalmente sulla formazione della coscienza di massa degli operai e sul loro spirito socio-psicologico, mantenendo per contro vivo, in loro, uno spirito individualista e l'aspirazione alla proprietà.

Quando le terre "libere", verso la fine degli anni '80 del XIX secolo, cominciarono ad essere sempre meno, la situazione cambiò e la grande valvola di sicurezza che impediva la formazione di una classe permanente di proletari, di fatto cessò di funzionare. Ne risultò la formazione di una classe di operai salariati d'origine americana. Negli ultimi 30 anni del XIX secolo, la consistenza numerica della classe operaia passò da 3,8 a 9,4 milioni. Ebbe inizio un impetuoso processo di polarizzazione di classe della società americana. Un'impressionante descrizione della struttura sociale di quest'ultima appartiene ad Edward Aveling e sua moglie Eleanor, figlia di Marx, i quali visitarono gli USA nel 1886: "In America... la differenza tra la classe capitalista e quella operaia... si manifesta in modo nettissimo e senza compromessi. Ad un estremo della scalinata sociale si trova il milionario che abbatte apertamente e spietatamente i propri concorrenti... All'altro estremo si trova invece il proletario indifeso, affamato... L'effettiva divisione della società in due classi - quella operaia e quella capitalista -... negli USA balza subito agli occhi. Il sistema capitalista è arrivato negli USA come un prodotto finito e con un'assoluta mancanza di scrupoli, esso mette tutti ed ognuno a conoscenza del fatto che la società contemporanea consiste di due classi, le quali sono ostili l'una all'altra".

La successiva storia degli USA ha posto questo paese al primo posto nel mondo per livello di sviluppo delle forze produttive e il peso specifico della classe operaia nella composizione sociale della popolazione è divenuto uno dei più elevati tra i paesi capitalisti industrializzati.

Un'altra peculiarità della formazione della classe operaia americana consiste nel fatto che negli USA questo processo si è sviluppato parallelamente ad un costante afflusso di operai dai vari paesi europei ed asiatici. Questo fattore ha determinato il carattere etnico estremamente differenziato del proletariato americano, elevando barriere linguistiche ed altre tra i suoi singoli settori. Se per alcuni decenni gran parte della popolazione d'origine americana fu influenzata dalla possibilità di "rigettare", ancora nel pieno delle forze fisiche, la condizione di lavoratori salariati per diventare "padroni" tramite l'acquisto di appezzamenti di terra, gli immigrati, che si trovavano di solito in condizioni di ristrettezze materiali, erano pressati dalla necessità di trovare subito un posto di lavoro e spesso, non conoscendo la lingua del paese, per loro, l'acquisto di un appezzamento di terra era una possibilità ben poco reale. Bisogna poi aggiungere che essi non erano cittadini degli USA. Non si devono dimenticare nemmeno le ragioni di carattere psicologico, in primo luogo le difficoltà di adattamento ad un ambiente completamente nuovo. Per questo, in pratica, come osservò con grande precisione Friedrich Engels, per gli operai immigrati esisteva un'unica possibilità: la condizione di proletario a vita. Ciò fissava lo status "aristocratico" di chi era di origine americano e contribuiva a far nascere in ciascuno di loro un senso di superiorità (tra questi americani vanno annoverati anche gli strati di immigrati privilegiati, cioè gli operai altamente qualificati) e li spingeva ad unirsi in ristrette unioni di categoria. Da tali unioni erano banditi non solo gli immigrati, ma anche una categoria di abitanti d'origine americana: i neri.

Erano queste, dunque, le concrete condizioni storiche che frenavano il processo di consolidamento di classe del proletariato, facendone calare la forza collettiva. Queste stesse condizioni determinavano anche una certa arretratezza della coscienza di massa, il che non contribuiva affatto alla comparsa di una base reale, di un terreno adatto a recepire le idee della visione proletaria scientifica del mondo.

D'altra parte, gli USA non avevano nemmeno un sufficiente numero di uomini capaci di elaborare teoricamente, di esprimere vedute ideali e di introdurre nel movimento operaio un'ideologia avanzata. Ma anche questa mancanza era dovuta a cause determinate, fra cui l'assenza, in virtù di un "ritardo" di quasi quarant'anni del capitalismo americano su quello europeo, delle tradizioni affermatesi nella lotta di classe. Si faceva sentire inoltre una certa inerzia del modo di pensare degli americani, caratterizzato da pragmatismo e, come disse Engels, da uno spirito di "febbrile intraprendenza".

Negli USA, la propaganda delle idee del socialismo scientifico era indebolita anche dal fatto che l'ondata immigratoria verificatasi verso la fine del XIX secolo aveva portato nel paese i rappresentanti di una serie di dottrine non propriamente marxiste: gli anarchici con a capo J. Most, i lassaliani ed altri. E benché non capissero le condizioni e la specificità del movimento operaio americano, questi ultimi si proponevano come "teorici".

Ecco perché, in particolare, alla dirigenza del movimento sindacale arrivarono in prevalenza, in un secondo tempo, uomini, i quali difendevano gli interessi degli strati elitari della classe operaia, uomini che non si levavano al di sopra dei problemi economici congiunturali tipici di questi gruppuscoli.

Non ci deve quindi meravigliare il fatto che, approfittando di un potere economico e politico illimitato, la borghesia americana fosse in grado di creare solidi capisaldi al fine di difendere i propri privilegi originari, nonché un vasto sistema di mezzi e metodi di influenza ideologica, in tutti gli strati della società americana, compresa la classe operaia.

La situazione dei lavoratori

Sviluppandosi secondo le vie classiche del capitalismo monopolistico, l'economia degli USA era regolarmente afflitta da crisi di sovrapproduzione. La crisi scoppiata nel 1882 e durata alcuni anni, portò al fallimento di grosse banche (il che in seguito alla rovina di case concorrenti permise alla Casa Morgan di rafforzare le proprie posizioni ed imporsi quale leader del mondo finanziario), di compagnie ferroviarie, al calo della produzione nei principali settori economici e nel settore delle costruzioni. Moltissime imprese industriali, il 50% circa, furono costrette a sospendere o a cessare del tutto la produzione.

Presi nella loro totalità, tutti questi fattori si abbatterono pesantemente sulle spalle dei lavoratori. "Oggi, - scrisse un testimone di quegli avvenimenti sul The North American Review - per tutto il nostro paese... si aggirano armate di pellegrini senza casa, centinaia di migliaia, se non addirittura milioni, di uomini. Cercano invano un lavoro... E tra chi lavora, un'occupazione garantita e permanente è un'eccezione". Stando ai dati del giornale operaio progressista di Chicago "Alarm", il numero dei disoccupati, compresi gli operai agricoli, oscillava tra i 2 e i 3 milioni di persone. "Sono americani veramente liberi! - scrisse con amara ironia 1"'Alarm". Possono liberamente patire la fame, liberamente vagare come mendicanti, morire di fame, ma non sono neanche liberi di diventare degli schiavi".

I "vagabondi", come li chiamò la stampa capitalista, ma in realtà disoccupati ridotti alla fame, erano costretti a girare per il paese in cerca di fonti di guadagno. Ma quando arrivavano ad una qualsiasi stazione ferroviaria erano ricevuti solo da annunci di mancanza di lavoro, i quali intimavano tra l'altro ai "vagabondi" di transitare oltre. Nel suo primo messaggio al Congresso l'8 dicembre 1885, il presidente Cleveland fu costretto a riconoscere che la disoccupazione era diventata negli USA un problema nazionale. "Non vi è altro problema così urgente, - constatò il presidente, - quanto quello posto dall'enorme esercito di disoccupati".

La disoccupazione non era però la sola causa del peggioramento delle condizioni economiche del proletariato americano, in seguito alla crisi. Molti erano i fattori che abbassavano il tenore di vita degli operai: la riduzione dei salari, pesanti condizioni di lavoro, un canone d'affitto estremamente alto, cattive condizioni di vita quotidiana, un'occupazione non uniforme, una troppo lunga giornata lavorativa.

Nello Stato del Massachusetts, nel 1883, quando una famiglia operaia aveva bisogno di almeno 755 dollari l'anno per sbarcare il lunario, il capofamiglia ne guadagnava in media solo 559.

Le gravi condizioni della stragrande maggioranza degli operai erano ulteriormente aggravate dal fatto che i loro guadagni erano notevolmente inferiori a quelli dell'"aristocrazia operaia". La situazione in cui versavano ad esempio i minatori della Pennsylvania - il secondo Stato americano per produzione industriale - confermava il divario esistente tra il "costo della vita" e le reali possibilità delle famiglie operaie americane. All'inizio degli anni 1880, nelle miniere della Pennsylvania lavoravano circa 140 mila operai, occupati per lo più nell'estrazione dell'antracite nella parte orientale di questo Stato. Qui, secondo i dati dell'Ufficio di statistica industriale della Pennsylvania, il guadagno più alto oscillava tra i 2 e i 2,7 dollari al giorno.

La crescita industriale, l'afflusso di immigrati, la concentrazione della popolazione nelle aree urbane peggioravano le condizioni di alloggio della classe operaia americana, contribuendo così, in sostanza, all'abbassamento generale del suo tenore di vita. Essendo praticamente alle stelle i canoni d'affitto, i proletari di New York, Chicago, Pittsburgh ed altri centri industriali potevano affittare solo locali umidi e privi di luce. Solo l'"aristocrazia operaia" poteva permettersi buone condizioni di vita.

Molti operai erano costretti ad affittare una camera in una casa appartenente al padrone della ditta per cui lavoravano, per cui non solo venivano a pagare due volte di più il valore reale della stanza, ma cadevano oltretutto in una dipendenza ancora maggiore. Nelle regioni carbonifere del paese, gli operai abitavano usualmente in baracche sovrappopolate, di proprietà delle società minerarie.
Non c'è da meravigliarsi che negli anni 1880 la vita media degli operai non superasse i 30 anni.

Persino dalla tribuna del Congresso americano venivano pronunciati discorsi sulle estremamente dure condizioni di vita di determinati strati di lavoratori. Il membro della Camera dei rappresentanti O'Neill parlò ad esempio dell'alto tasso di mortalità tra la popolazione di New York, dove 100 mila abitanti vivevano in condizioni di "sottoproletari e mendicanti". Particolarmente elevato era il tasso di mortalità infantile. Con lo sviluppo dei mezzi tecnici e della meccanizzazione e con la semplificazione di molti processi produttivi, si cominciò poi ad utilizzare su ampia scala anche il lavoro femminile e minorile. Il basso salario percepito dai capofamiglia spingeva inevitabilmente a lavorare anche le mogli e figli. I guadagni ottenuti grazie al lavoro femminile e minorile ammontavano negli USA negli anni 1880 a quasi il 33,5%, del bilancio familiare. "Prima, - scrisse Marx - l'operaio vendeva la propria forza lavoro della quale disponeva come persona libera formalmente. Ora vende moglie e figli".

Una lunga giornata lavorativa che certe volte arrivava anche a 10 o 12 ore, senza condizioni igieniche di lavoro e salari estremamente bassi: erano queste, in generale, le condizioni a cui erano sottoposte le donne lavoratrici. Nel loro libro sulla classe operaia americana, i coniugi Aveling scrissero che in qualsiasi azienda industriale un visitatore non poteva fare a meno d'essere colpito dall'aspetto smunto delle lavoratrici. In condizioni di lavoro uguale a quello compiuto da un uomo, le donne americane percepivano normalmente un salario due volte più basso.

Erano costretti a sottostare a condizioni estremamente pesanti anche i figli dei proletari americani occupati nel settore produttivo.
Al primo congresso, nel 1881, della Federazione delle Trade Unions del sindacato dei lavoratori di tabacco, S. Gompers descrisse il lavoro degli operai minorenni occupati in questo settore. "Ho visto bambini di 6, 7 ed 8 anni che nel bel mezzo di una stanza piena di polvere e di fango erano intenti a sfogliare il tabacco. Erano bambini piccolissimi, pallidi, con sul volto, un'aria preoccupata, bambini che lavoravano con le loro manine dall'alba al tramonto... Quando chiesi loro quante ore lavorassero ogni giorno non mi capirono, non potevano capirmi... La stanchezza e il sonno erano spesso più forti di loro, per cui si addormentavano su una balla di tabacco".

Vi era poi un altro fattore, estremamente importante, che contribuì a peggiorare bruscamente la situazione degli operai. Si tratta della intensificazione del lavoro.
Gli elevati ritmi di sviluppo economico stimolavano la crescita tecnica dell'industria americana e la meccanizzazione dei processi produttivi. A sua volta quest'ultima permetteva d'impiegare nell'industria il lavoro degli operai non qualificati, costituiti per lo più da immigrati, su vasta scala e più a buon mercato.
Di conseguenza i perfezionamenti tecnici non migliorarono la situazione degli operai anzi, aumentarono il grado di tensione del lavoro fino a renderlo fisicamente insopportabile, dato il mantenimento della giornata lavorativa di 10-12 ore. Spesso gli operai erano addirittura costretti a lavorare per ben 15 ore e, in alcuni settori, di domenica e in altri giorni festivi.
Ecco perché, per gli operai americani la riduzione dell'orario di lavoro divenne la rivendicazione più importante ed immediata.

Le azioni antioperaie

Formalmente, negli USA, del diritto elettorale usufruiva tutta la popolazione di sesso maschile, a partire dai 21 anni di età. Ma, di fatto, oltre alle donne, totalmente prive del diritto elettorale, (le donne americane hanno acquisito il diritto di voto solo nel 1920), erano privi di tale diritto anche gli operai, per tutta una serie di limitazioni imposte dalle costituzioni dei singoli Stati, le quali riducevano al minimo la partecipazione operaia alle elezioni. Inoltre, il censo elettorale e la tassa elettorale imposti negli Stati meridionali privavano quasi completamente del diritto di voto la popolazione di colore. Il censo di stabilità residenziale, elemento esistente in tutti gli Stati americani, limitava anch'esso in modo considerevole il diritto di voto, poiché interessava non solo gli immigrati, ma soprattutto i migranti i quali costituivano la parte essenziale del proletariato americano di allora.

La borghesia americana utilizzava anche altri metodi, al fine di isolare i lavoratori dalla politica o di sottometterli alla propria influenza in questo campo. Negli Stati del Connecticut, di Rhode Island, del Massachusetts, del Maine e del New Hampshire, ad esempio, grosse compagnie, ricorrendo a grossolane pressioni, costringevano gli operai a votare per propri candidati. Basti dire che a Manchester al termine delle votazioni le schede degli operai erano aperte e controllate. Chi aveva votato contro la volontà del padrone dell'azienda veniva immancabilmente licenziato.

Il diritto di voto non era il solo ad essere stato ridotto al minimo per la maggior parte dei lavoratori americani. Negli USA " ... non c'è legge - scrisse giustamente un osservatore di allora, sul The North American Review - che garantisca al lavoratore il suo diritto primario e più importante tra i diritti inalienabili dell'uomo: il diritto dell'operaio a tutti i frutti del suo lavoro. Non c'è legge che difenda questo diritto dalla rapina e dalla violenta invasione del tiranno, cioè del capitale. Attualmente l'operaio non ha nessun diritto, col quale il capitale sia costretto a fare i conti".

Nemmeno i sindacati avevano "diritto di cittadinanza" negli USA. Nei principali Stati industriali la creazione di organizzazioni operaie era proibita di fatto ed ogni attività in questo senso era perseguitata. In Pennsylvania, ad esempio, per compiacere la "Waverly Coal Company" le istanze giudiziarie trassero in arresto D. R. Jones, presidente dell'Unione nazionale dei minatori e lo multarono per la sua attività sindacale. Nell'Indiana, nel 1881, ogni attività diretta all'organizzazione di scioperi era proibita, pena una multa di 100 dollari ed una detenzione carceraria di 6 mesi. Le prescrizioni giudiziarie introdotte negli anni '70 e che proibivano scioperi, picchettaggio e riunioni operaie, vennero estese nel decennio successivo a qualsiasi forma di protesta operaia. Su richiesta dei tribunali vennero compilate le cosiddette "liste nere", nelle quali venivano iscritti in modo permanente i nomi di quegli operai che erano stati oggetto di giudizio. La "Missouri Pacific" presentò ad esempio una lista di 470 nomi; liste non meno imponenti furono presentate anche da altre compagnie.

La crescita numerica del proletariato, la sua naturale tendenza ad organizzarsi ed a lottare per i propri diritti, erano causa di panico tra la borghesia, la quale era continuamente alla ricerca di nuovi metodi con cui schiacciare il movimento operaio.
A tal fine, negli anni 1870 nelle varie città americane cominciarono a nascere organizzazioni di imprenditori. Nel 1872, 400 capitalisti di New York, versando ciascuno un contributo pari a 1.000 dollari, crearono un fondo di lotta contro il movimento operaio per la riduzione della giornata lavorativa. Negli ultimi decenni del XIX secolo sorsero varie associazioni del genere.

A Chicago, nel 1877 i proprietari di aziende organizzarono un'Associazione di cittadini per la lotta armata contro le organizzazioni operaie. Nel 1885 questa associazione, con la partecipazione dei rappresentanti di entrambi i partiti borghesi Repubblicano e Democratico istituì un "Comitato di sicurezza pubblica", il cui scopo, come scrisse l'"Alarm", era "la difesa del diritto alla proprietà e il consolidamento del sistema che concentra nelle mani di una minoranza le fonti di sussistenza".

Nella primavera del 1886, 18 magnati ferroviari di Chicago crearono l'Associazione generale degli imprenditori. Questa decise di non ridurre la giornata lavorativa per gli operai delle ferrovie appartenenti ai membri dell'associazione e chiamò gli imprenditori di tutti gli altri settori a seguire il suo esempio. I partecipanti agli scioperi, nonché i membri di un sindacato operaio, furono registrati sulle "liste nere", le quali impedivano ad un operaio licenziato, il cui nome vi fosse incluso, di ottenere un'altra occupazione nell'intera regione di Chicago. L'Associazione chiese inoltre ufficialmente che il Congresso degli USA rafforzasse da parte sua le misure di repressione contro gli scioperanti.

Gli imprenditori della parte settentrionale della Nuova Inghilterra convocarono appositi congressi annuali per discutere il sistema delle "liste nere", sistema che gli operai di questo Stato dovettero combattere senza tregua per più anni.
Un altro metodo che gli operai avevano battezzato "giuramento di ferro" e di cui era iniziato l'applicazione negli anni '80, in molte aziende di New York, consisteva in quanto segue: al momento di essere assunto, ogni operaio doveva prestare "giuramento" per iscritto e affermare che non aveva mai partecipato, e non avrebbe mai partecipato, ad una qualsiasi organizzazione operaia.

Gli interessi della borghesia americana erano coerentemente difesi dagli organi del potere statale, dai tribunali e dalla polizia. Al fine di minare e sorvegliare le organizzazioni operaie, di incoraggiare le azioni dei crumiri durante gli scioperi, gli imprenditori fecero ricorso anche agli investigatori privati di Pinkerton.
Nonostante gli sforzi della classe dirigente per prevenire la crescita del movimento operaio, il proletariato americano stava diventando tuttavia una forza sempre più imponente, con cui non si poteva più evitare di fare i conti.

Ai primi successi circa la creazione di una legislazione sul lavoro (la prima legge sulla protezione del lavoro fu approvata nel 1877 nello Stato del Massachusetts), si arrivò grazie agli interventi delle organizzazioni della classe operaia all'inizio degli anni 1880. Come risulta dal resoconto del commissario governativo per le questioni del lavoro, negli anni 1882-1883 la relativa legislazione si allargò notevolmente, grazie all'approvazione, in primo luogo, di leggi relative alla protezione del lavoro.
Un'importantissima vittoria di principio della classe operaia fu il riconoscimento del diritto di quest'ultima di creare proprie organizzazioni. Le relative leggi vennero approvate negli anni 1882 e 1885 in molti Stati industriali del paese.

L'inasprimento delle contraddizioni di classe verso la metà degli anni 1880 portò alla creazione di una commissione senatoriale per le questioni del lavoro e dell'istruzione. Durante il dibattito, al Congresso, sul summenzionato progetto di legge, relativo alla creazione di un Ufficio di statistica operaia, il congressista del Missouri Bland chiese giustamente che un operaio fosse designato a capo dell'Ufficio poiché in caso contrario, dichiarò Bland, tale nomina sarebbe stata dettata dagli interessi del capitale. Ma a maggioranza di voti l'emendamento Bland venne rigettato e il tutto finì, ancora una volta, nelle mani dei rappresentanti della borghesia.

Le prime leggi operaie approvate grazie all'azione delle masse lavoratrici, restavano tuttavia una notevole conquista delle stesse.
Le prime grosse unioni professionali ed altre unioni operaie a livello nazionale e internazionale apparvero dopo la guerra civile. Negli anni della crisi economica 1882-1885 sorsero organizzazioni sindacali unificate nei più grossi centri industriali del paese: New York, Chicago, Cincinnati, Detroit.

Alla vigilia del maggio 1886

Il movimento operaio di massa stava crescendo. Con l'approfondirsi della crisi economica ed il peggioramento della situazione in cui versava la classe operaia, le rivendicazioni di aumenti salariali, di cessazione dei licenziamenti, di riconoscimento delle organizzazioni operaie, assunsero un'importanza immediata. La lotta per la riduzione della durata della settimana lavorativa, lotta che aveva occupato un posto di primaria importanza nell'attività del movimento negli anni '80, assunse nel 1886 un carattere particolarmente acuto e sfociò in uno sciopero generale. Trovavano così la loro conferma le parole di Marx per cui nella storia della produzione capitalista, la limitazione della giornata lavorativa si presentava come una lotta per i limiti di quest'ultima, una lotta cioè tra il capitalista totale, ossia la classe dei capitalisti, e l'operaio totale, ossia la classe operaia.

Se il limite che potevano sognare e per il quale si erano battuti gli operai dell'Inghilterra, della Francia e di altri paesi europei nella prima metà del XIX secolo era una giornata lavorativa di 10 12 ore, nella seconda metà del secolo il proletariato cominciò a battersi per una giornata lavorativa di 8 ore poiché una tale durata corrispondeva nel modo migliore alle condizioni tecnologiche e socio-psicologiche di lavoro dell'operaio.
Dall'inizio degli anni '80, le battaglie di massa degli operai americani si trasformarono in una lotta a livello nazionale per l'attuazione di questa rivendicazione. Come si legge nel relativo rapporto dell'Ufficio di statistica operaia: "Mai prima d'ora gli operai avevano mostrato tanto zelo e risolutezza nel loro intento di conseguire una riduzione dell'orario di lavoro".

Sempre secondo i dati forniti dall'ufficio di statistica operaia nel 1886 il numero dei partecipanti a tali manifestazioni aumentò di circa 12 volte. Solo allo sciopero generale indetto per il maggio del 1886, in favore di una giornata lavorativa di 8 ore, parteciparono 320 mila persone. Alla manifestazione presero parte operai membri di organizzazioni e no, operai qualificati, poco qualificati ed operai privi di qualsiasi qualifica, perai di origine americana ed immigrati.
Fu questa la prima manifestazione di massa del proletariato industriale quale classe a livello nazionale, la prima nella storia degli Stati Uniti.
Lo sciopero generale del 1886 fu preceduto da un'espansione del movimento di sciopero: se nel 1881 il numero degli scioperanti era pari a 130.000 persone, nel 1886 questo superò i 610.000.

Il maggior numero di scioperi si ebbe negli Stati più industrializzati: New York, Pennsylvania, Massachusetts, Ohio, Illinois.
Uno dei primi scioperi di grande portata venne organizzato dai metallurgici degli Stati occidentali del paese verso la metà del 1882. Lo sciopero fu proclamato dall'Associazione unitaria dei metallurgici.

Aderirono allo sciopero metallurgici e minatori, ferrovieri e caricatori, telegrafisti e tessitori. Negli anni 1884-1885 gli scioperi colpirono tutte le linee ferroviarie del magnate Gould, senza alcuna eccezione. Gould passò alla controffensiva e già nel gennaio del 1886 la compagnia chiuse molte delle sue officine di riparazione di vagoni ferroviari sulla ferrovia di Wabash. Operazioni analoghe furono ripetute più volte sino alla primavera. Come ebbe a sottolineare il "Chicago Tribune", la compagnia si proponeva di sbarazzarsi di quegli operai che manifestavano la massima attività politica.
Per tutta risposta, il 1° marzo 1886 ebbe inizio il più grosso sciopero nella storia degli USA.

Quasi contemporaneamente fu indetto un altro grosso sciopero, i cui partecipanti non rivendicavano soltanto i propri diritti economici, ma anche il diritto di organizzarsi e di condurre trattative collettive con i capitalisti. Lo sciopero fu organizzato nel più grande stabilimento per la produzione di macchine agricole di proprietà di McCormick a Chicago. L'azienda, nella quale lavoravano circa 2 mila operai, produceva 18-20 mila macchine agricole l'anno. La maggior parte degli operai aveva aderito ai sindacati dei formatori, dei macchinisti e alle assemblee dei Cavalieri del lavoro, esprimendo in modo organizzato la loro insoddisfazione per bassi salari percepiti, la lunga giornata lavorativa (10-12 ore), l'arbitrio del padronato. L'amministrazione aziendale non nascondeva il suo scontento circa questo stato di cose.

Ancora nel gennaio del 1885 la compagnia ridusse ulteriormente i salari, promettendo però di rielevarli a partire dal 1° marzo. Quando la promessa non venne mantenuta, a fine marzo i formatori dell'azienda, i primi ad aver subito la riduzione dei salari, si misero in sciopero. A questi si unirono i macchinisti e i rappresentanti di altre professioni e, il 7 aprile, il resto degli operai. Bene organizzati, questi ultimi agivano sotto la guida di un comitato di sciopero.
McCormick assunse allora altro personale, disposto a lavorare, il quale venne trasportato nottetempo in barca allo stabilimento. Da qui il nuovo personale non era fatto uscire neanche fuori dai turni di lavoro: si temeva l'indignazione degli scioperanti. Vennero chiamati sul posto anche agenti privati. In uno scontro con gli operai in sciopero, questi agenti ferirono gravemente uno degli scioperanti, dopo di che gli scioperanti riuscirono a disarmarli.

La situazione divenne incandescente. Il 10 aprile il soprintendente Averill invitò gli operai a revocare lo sciopero, ma senza successo. Lo stesso giorno, il sindacato dei regolatori del traffico espresse il proprio rifiuto di occuparsi delle operazioni di trasporto dei prodotti degli stabilimenti McCormick, decidendo inoltre di dare 1.000 dollari agli scioperanti quale aiuto materiale. "Questi avvenimenti hanno fortemente colpito la compagnia", scrisse l'"Alarm". L'11 aprile Averill fu costretto ad accettare la richiesta degli operai relativa ai salari, a riconoscere i sindacati ed a cessare ogni discriminazione contro gli attivisti sindacali.

Ma l'amministrazione non rimase fedele a lungo alle proprie promesse. Alcuni mesi più tardi i licenziamenti di operai, membri dei sindacati, ripresero a pieno ritmo. All'inizio del 1886 gli operai espressero più volte, apertamente, la propria indignazione al riguardo. McCormick annunciò allora una serrata e il 16 febbraio 1.400 operai furono buttati sul lastrico.

Quello stesso giorno gli operai proclamarono un nuovo sciopero. Il 22 febbraio fu eletto un comitato dei rappresentanti di tutte le organizzazioni operaie e, il giorno dopo, gli operai ne approvarono il piano d'azione e le principali rivendicazioni da presentare a McCormick. Questo programma prevedeva l'unità d'azione di tutti gli operai, indipendentemente dalla loro qualifica e dall'organizzazione a cui appartenevano (Cavalieri del lavoro o sindacati di categoria) la cessazione della serrata quale condizione preliminare alle trattative con la compagnia e la garanzia da parte di quest'ultima a non procedere contro i partecipanti al movimento operaio organizzato.

Con la brutalità che gli era propria, McCormick rifiutò tuttavia di negoziare con il comitato di sciopero. I portoni dello stabilimento rimasero chiusi sino alla fine del mese, quando McCormick annunciò che a partire dal 1° marzo avrebbero potuto riprendere il lavoro 300 operai. "Assumeremo chi vorremo - dichiarò - e nel numero di cui avremo bisogno".
Il 1° marzo la compagnia comprò le prestazioni di crumiri ed assunse inoltre un gran numero di agenti privati. Arrivarono anche 400 poliziotti, i quali, quello stesso giorno, fecero disperdere un grande comizio di operai al quale erano intervenuti Parsons e Schwab. L'indignazione degli scioperanti crebbe e sorse il pericolo di uno scontro diretto con la polizia. Sulle sue pagine il "Chicago Tribune" si domandò: "Si spargerà del sangue?"
In seguito la battaglia degli operai degli stabilimenti McCormick si fuse con la lotta di tutto il proletariato americano.

Comunque, sin dall'inizio la lotta per una giornata lavorativa di 8 ore fu priva di una guida unitaria, dipendendo, in ogni caso isolato, in ogni città o circoscrizione, dall'iniziativa delle organizzazioni locali, così la lotta ne risultava indebolita, anche se inizialmente gli operai erano riusciti a conseguire risultati abbastanza rassicuranti.
Le sue lotte più decise il proletariato le ingaggiò nei grossi centri industriali: Chicago, Milwaukee, New York, Cincinnati, Baltimora, dove erano accompagnate di regola dalla spontanea comparsa di sempre nuove organizzazioni operaie, spesso impossibili a dirigersi. Nell'Illinois, dove all'inizio del 1885 operavano ad esempio già 140 Trade Unions, nei diciotto mesi che seguirono ne sorsero altre 140.

La manifestazione generale degli operai in favore delle otto ore era stata indetta per il primo maggio.
Nel giro di pochi giorni a Chicago vennero addirittura istituite assemblee di lattonieri, imbianchini, bottai. Le assemblee generali di queste unioni decisero all'unanimità di partecipare alla lotta per una giornata lavorativa di 8 ore. Con la stessa risoluzione, verso la metà di aprile crearono proprie organizzazioni anche i portatori di materiali da costruzione (furono create due organizzazioni, una inglese e l'altra tedesca), i caldaisti, i lavoratori ortofrutticoli, i fabbricanti di botti per birra e i tappezzieri, mentre si consolidarono notevolmente le unioni degli stagnai, dei muratori, ecc. In quei giorni Parsons era l'anima stessa degli operai.

A Detroit, unioni ed assemblee organizzate si rivolsero alle autorità locali, chiedendo la riduzione degli orari di lavoro. Lo stesso fecero l'Unione operaia centrale di Evansville (Indiana), nonché i minatori della Pennsylvania i quali avevano fondato una consistente e forte Associazione per la difesa dei diritti dei minatori di carbone, la quale insisteva sull'introduzione di una giornata lavorativa di 8 ore senza riduzioni salariali. Al fine di favorire la lotta per l'attuazione di questa rivendicazione, a Baltimora 1.500 conduttori di mezzi di trasporto urbani istituirono assemblee dei Cavalieri del lavoro. La stessa richiesta venne avanzata da tutte le assemblee e unioni operaie di Baltimora, di cui facevano parte i meccanici.

Nella loro lotta gli operai ricorrevano spesso a scioperi, costringendo in tal modo gli imprenditori ad acconsentire a determinate concessioni. Quasi ovunque, i lavoratori di tabacco, i quali avevano agito in modo organizzato in tutti i grossi centri di questo settore produttivo, e in primo luogo New York, si videro concedere ad esempio una giornata lavorativa di 8 ore, seguiti, nel gennaio del 1886, da 2 mila tagliapietre di Chicago. Nel mese di febbraio fu costretta ad acconsentire a concessioni la "Street Railway Company" di Minneapolis, la quale dovette ridurre la durata della giornata di lavoro e aumentare i salari. Le richieste degli operai vennero soddisfatte anche nei calzaturifici di Milwaukee e negli stabilimenti della "Studebaker" nella città di South Bend (Indiana).

Fu coronato da successo anche il più grosso sciopero dei conduttori di mezzi di trasporto di New York, nel corso del quale il traffico urbano era rimasto sospeso quasi completamente per alcuni giorni. I proprietari non potevano neanche ricorrere alle prestazioni di crumiri: durante lo sciopero i conducenti non abbandonarono le macchine. Dopo una riunione d'emergenza, nel corso della quale gli imprenditori non seppero concordare misure atte a reprimere lo sciopero, la maggiore compagnia del settore, la "Atlantic Avenue Railroad of Brooklyn" accettò le richieste dei lavoratori per l'introduzione di una giornata lavorativa di 12 ore (precedentemente gli operai erano costretti a lavorare 16-18 ore) e di aumenti salariali. Successivamente scesero a patti anche altre compagnie.
La vittoria degli operai di New York riempì di speranza i loro colleghi di altre città. Anche i conducenti di automezzi di Baltimora chiesero una riduzione della giornata lavorativa e gli imprenditori accettarono la loro richiesta.

Esprimendo il risentimento e lo sdegno degli imprenditori, ecco cosa scrisse il "New York Times" a proposito di questi avvenimenti: "Simili esplosioni di rabbia possono essere combattute solo qualora si agisca prontamente e con energia. Le azioni altezzose ed illegali delle organizzazioni operaie sono diventate un tale pericolo per il capitale e per l'attività imprenditoriale da causare ormai danni illimitati a tutti gli interessi industriali del paese. Ad ogni azione illegale da parte degli operai dovrebbe seguire immediatamente una rigorosa punizione. Questo servirebbe loro di lezione".

Non tutti, quindi, come si vede, si piegarono in seguito alla pressione degli scioperanti. Verso la fine di aprile una riduzione degli orari di lavoro era stata conseguita solo da 30 mila lavoratori circa e solo una parte di questi ultimi riuscì a costringere gli imprenditori ad introdurre una giornata lavorativa di 8 ore.
L'offensiva decisiva, volta a strappare questa concessione per tutti gli operai, doveva iniziare, come si è già detto, il 1° maggio. A questo giorno di lotta si preparava il proletariato di tutto il paese. Il 12 aprile l'Unione operaia centrale di New York approvò una risoluzione in cui invitava tutti i lavoratori, membri di organizzazioni e non, a partecipare al movimento del primo maggio per l'introduzione di una giornata lavorativa di 8 ore.

I preparativi allo sciopero del 1° maggio assunsero dimensioni enormi a Chicago, uno dei più grossi centri industriali degli USA, dove alla testa del movimento c'erano anarco-sindacalisti. Benché avessero dovuto combattere su tre fronti (contro gli imprenditori, contro gli anarchici sostenitori di Most, i quali si rifiutavano di partecipare a questo movimento, e contro i dirigenti sindacali opportunisti dell'Assemblea delle Trade Unions e delle unioni operaie di Chicago) gli anarco-sindacalisti seppero guidare il proletariato di Chicago e lo aiutarono moltissimo. Il gruppo con a capo Parsons aderì alla lotta per una giornata lavorativa di 8 ore "in primo luogo perché questa si presentava come il movimento di tutta una classe contro l'oppressione, il che la rendeva un movimento storicamente progressista e necessario, e in secondo luogo perché noi non volevamo starcene in disparte e non essere compresi dai nostri fratelli operai (Ph.
Foner: History of the Labor Movement in the United States".

L'Unione operaia centrale di Chicago accettò la risoluzione proposta da Spies sulla partecipazione al movimento nazionale. Lo annunciò il 17 ottobre, l'"Alarm", che da quel giorno divenne una tribuna battagliera di lotte per la riduzione degli orari di lavoro.
Verso la fine del 1885, inizio del 1886, Parsons, Spies, Schwab e Fielden svolsero decine di comizi negli Stati del Middle West, spiegando l'importanza di una partecipazione unanime di tutto il proletariato alla manifestazione del primo maggio.

Alla riunione dell'assemblea dei Cavalieri del lavoro dello Stato dell'Illinois, già all'inizio del gennaio 1886, sotto l'influenza del gruppo di Parsons venne elaborato il piano di una campagna propagandistica per la riduzione della giornata lavorativa. Verso la fine di marzo Spies organizzò una riunione dell'unione degli orologiai, una delle più consistenti numericamente, nel corso della quale pronunciò un discorso in tedesco e in inglese. Un altro oratore parlò in russo. Venne messo a punto un concreto piano di azione. Nel corso della stessa riunione Parsons e Neebe aiutarono gli operai della macelleria di Chicago, i quali lavoravano 14-16 ore al giorno per un salario bassissimo, a creare un proprio sindacato che espresse prontamente la sua disponibilità a battersi per una riduzione della durata della giornata lavorativa.

Sotto l'influenza degli anarco-sindacalisti, l'Unione operaia centrale di Chicago invitò risolutamente gli operai a non cedere a nessun compromesso. L'Unione smascherò l'incoerente politica dei leader dell'assemblea delle Trade Unions e delle unioni operaie di Chicago, i quali, scendendo a compromesso con i capitalisti, avevano acconsentito alla loro richiesta di sacrificare parte del salario in cambio dell'introduzione di una giornata lavorativa di 8 ore ed avevano dichiarato che una tale disponibilità al sacrificio da parte degli operai sarebbe stata accolta con comprensione dai datori di lavoro. Spies e Parsons, invece, invitarono gli operai alla vigilanza, mettendoli in guardia contro simili illusioni.

La netta differenza tra quest'ultima posizione e la linea della summenzionata assemblea era sottolineata anche dalla stampa ufficiosa, la quale definiva "moderate" le vedute delle Trade Unions e "comunista" il punto di vista di Spies, Parsons, Schwab ed altri. A questi ultimi si rimproverava il fatto che nella lotta contro gli imprenditori essi erano fautori di azioni risolute.

La prima manifestazione generale degli operai di Chicago, che il "Chicago Tribune" definì "la prima sparatoria" della campagna ormai in corso, ebbe luogo il 15 marzo 1886. Gli operai convennero nella West Side Turner Hall recando cartelloni di protesta contro il lavoro minorile, per l'uguaglianza generale ed una giornata lavorativa di 8 ore. La sala, la cui capacità era di 2 mila posti, accolse un numero addirittura doppio di operai, mentre altri 2 o 3 mila che non avevano potuto entrarvi organizzarono un comizio nelle strade adiacenti.

Il 10 aprile si tenne un'ancora più numerosa manifestazione degli operai di Chicago. Questa volta riuscirono ad entrare nella sala ben 7 mila persone, comunque, ancora una volta, alcune migliaia di operai restarono fuori. Come nel corso della manifestazione precedente, anche in quell'occasione i sindacati giunsero sul posto in modo organizzato. I partecipanti alla manifestazione chiesero la cessazione dell'arbitrio del patronato negli stabilimenti McCormick, espressero il proprio appoggio ai caricatori in sciopero ed approvarono una risoluzione che denunciava con sdegno le azioni antioperaie di Gould.

Simultaneamente si andavano però consolidando anche le forze opposte. Gli imprenditori si preparavano infatti minuziosamente agli imminenti avvenimenti, aiutati nella loro preparazione dal fatto di avere a loro disposizione non solo i giornali, ma anche l'organizzazione di Pinkerton, e i crumiri e di essere infine appoggiati dalle autorità, dall'esercito e dalla polizia. In una serie di città e di Stati fu addirittura deciso di acquartierare o rinforzare le esistenti guarnigioni.
Una simile misura venne adottata a Chicago già nel gennaio del 1886. In maggio la polizia di questa città era già in pieno assetto di guerra e, come se non bastasse, circa 1.500 soldati della locale guarnigione erano stati equipaggiati in modo da poter reprimere immediatamente eventuali disordini. La cosiddetta Associazione civile si trovava praticamente in uno stato di riunione permanente. In essa i magnati di Chicago erano occupati nella messa a punto di un piano d'azione, in vista di quanto le circostanze avrebbero potuto richiedere.

La minaccia di uno sciopero generale costrinse gli imprenditori a mettere temporaneamente in secondo piano le proprie ostilità concorrenziali ed altre divergenze. Cercando non solo di prevenire lo sciopero, ma anche di privare gli operai del diritto di organizzarlo, i proprietari di 49 grosse fabbriche tessili della Nuova Inghilterra formarono una propria associazione. Verso la fine di aprile nacque anche l'Associazione dei proprietari di 175 fabbriche di mobili, la cui prima azione fu di respingere la richiesta dei lavoratori per una giornata lavorativa di 8 ore e per aumenti salariali. Particolarmente cinico fu l'atteggiamento dell'Associazione verso gli operai delle fabbriche di mobili di Chicago e dintorni. L'associazione fece infatti sapere agli operai che gli imprenditori erano pronti a rispondere alle loro azioni con una serrata e che non sarebbe loro importato granché se essi avessero abbandonato le fabbriche. Riunirono i loro sforzi anche i proprietari di acciaierie, di miniere e di fabbriche di birra.

Verso la fine di aprile la borghesia intensificò in modo particolare la propria offensiva di "ammonimento" contro gli operai. In quella determinata occasione la borghesia non riuscì però nel proprio intento. Quando ad esempio i proprietari di tutti i calzaturifici dell'Ovest annunciarono che, come era stato "accertato" nel corso di una riunione, i salari degli operai erano già "sufficientemente alti", benché il presidente dell'Associazione insistesse perché gli operai rinunciassero alla loro richiesta di una giornata lavorativa di 8 ore con una retribuzione pari a quella di 10 ore di lavoro, 15 mila operai continuarono tenacemente a rivendicare tale richiesta. Non furono coronati da successo nemmeno gli sforzi dell'Associazione dei proprietari di macelleria di Chicago, la quale pose come condizione alla conduzione di trattative con gli operai l'uscita del sindacato di queste aziende dall'Unione operaia centrale di Chicago.

Una chiassosa campagna antioperaia venne allora organizzata dalla stampa. Se nei mesi precedenti questa aveva pubblicato talvolta le assicurazioni demagogiche di singoli imprenditori sulla loro "comprensione" dei problemi degli operai e sulla "simpatia" che essi provavano nei confronti di questi ultimi, man mano che l'atmosfera si faceva sempre più acuta la "grande stampa" cominciò a prendere le difese dei capitalisti in modo totale.

I giornali espressero la loro indignazione di fronte alle "eccessive" richieste degli operai, attaccarono verbalmente "socialisti, anarchici e comunisti", chiesero l'attuazione di rappresaglie contro i partecipanti al movimento operaio per l'introduzione delle 8 ore lavorative. "La questione dello sciopero - scrisse ad esempio il "Chicago Tribune" - è certamente la più importante e la più sgradevole... È necessario presentare un'accusa di congiura contro ogni scioperante e procedere immediatamente ad arrestarlo. Questo metodo seminerebbe indubbiamente un benefico terrore nel cuore della classe operaia. Come secondo metodo si potrebbero catturare i capi del movimento ed agire nei loro confronti in modo da intimidire tutti gli altri e costringerli all'obbedienza". Anche il "New York Tribune" si pronunciava categoricamente contro gli scioperi e più generalmente contro qualsiasi azione delle organizzazioni operaie.

Verso la fine di aprile, l'acutezza delle contraddizioni di classe raggiunse un livello tale da provocare serie preoccupazioni nei circoli dirigenti degli USA.
Il 22 aprile il presidente Cleveland indirizzò un messaggio al Congresso, il primo, nella storia degli Stati Uniti, nel quale si toccava in modo speciale il problema operaio. Esprimendo il proprio allarme per i conflitti insorti tra operai e imprenditori, il presidente Cleveland tentò chiaramente di apparire imparziale. Il malcontento degli operai,. dichiarò il presidente, era provocato in misura notevole dalla sfrenata avidità e dalle eccessive richieste del padronato.
Egli si atteggiò addirittura a difensore dei lavoratori, affermando che il lavoro degli operai contribuiva al benessere nazionale, per cui essi avevano il diritto di insistere affinché i legislatori prendessero in considerazione i loro interessi, al pari degli interessi delle altre categorie di cittadini...
Ma quanto alla vera posizione delle autorità, questa si manifestò pienamente nel corso dei successivi avvenimenti.

Chicago, maggio 1886

Già verso la fine di aprile, la richiesta delle 8 ore lavorative, o almeno della riduzione degli orari di lavoro, era stata dunque avanzata dalla maggior parte delle organizzazioni operaie. Molti insistevano anche sulla necessità di ottenere dal padronato determinati aumenti salariali, sul riconoscimento dei sindacati, ecc. Come si è già rilevato, questo movimento, assunse dimensioni considerevoli nei maggiori centri industriali del paese: Chicago, New York, Milwaukee, Cincinnati e Baltimora, dove esistevano forti organizzazioni operaie locali. Verso i primi di maggio alla lotta avevano aderito 340 mila lavoratori. Di questi 150 mila conseguirono una riduzione della durata della giornata lavorativa senza dover nemmeno ricorrere a un nuovo sciopero; parte degli imprenditori acconsentirono infatti a determinate concessioni sin dall'inizio, gli altri 190 mila operai si misero invece in sciopero. "Gli scioperi si alternano in continuazione", fu il titolo di uno degli articoli di fondo del "New York Tribune".

Il 1° maggio, come era stato progettato, segnò l'inizio di una manifestazione generale del proletariato americano. Nonostante la mancanza di una direzione unitaria, la lotta assunse subito un risoluto carattere di massa.

A New York l'Unione operaia centrale indisse per il primo maggio una manifestazione generale con la rivendicazione della riduzione dell'orario di lavoro. Dalle sei di sera, migliaia di persone cominciarono ad affluire ad Union Square. Gli operai vi giungevano ordinatamente, recando bandiere, cartelloni e striscioni. Complessivamente si riunirono in Union Square oltre 20 mila persone. In segno di protesta, alla manifestazione parteciparono anche quegli operai che avevano già ottenuto una giornata lavorativa di 8 ore.

Sulle tribune, l'uno dopo l'altro salivano gli oratori, i quali, a nome delle rispettive organizzazioni, esprimevano il loro appoggio per il movimento in favore di una riduzione dell'orario di lavoro. Tra di essi vi erano esponenti sindacali e anche socialisti. Il comizio si svolgeva in un'atmosfera di calma. Una certa commozione fu provocata solo dall'arrivo dei poliziotti. Sulle prime ne arrivarono solo poco più di un migliaio, poi arrivarono i rinforzi. Nonostante la presenza dei poliziotti, i quali avevano seguito speciali corsi di addestramento in vista di "circostanze eccezionali", gli operai portarono a termine il comizio in modo del tutto organizzato. Nei giorni successivi a New York si riunirono altre assemblee. Poiché la maggior parte degli imprenditori si rifiutarono di cedere alle richieste degli operai, 45 mila operai newyorchesi indissero uno sciopero, in seguito al quale gran parte degli scioperanti ottenne la richiesta riduzione dell'orario di lavoro.

I primi avvenimenti allarmanti ebbero luogo a Milwaukee, quando si venne a sapere che gli industriali di questa città avevano fino ad allora completamente ignorato le richieste degli operai. I lavoratori reagirono, organizzando manifestazioni e scioperi di massa. Il 1° maggio scioperarono oltre 10 mila uomini. In serata le vie della città si riempirono di gente, per lo più di scioperanti.
Alcune ditte acconsentirono allora a certe concessioni, ma la lotta continuò. L'atmosfera rischiava di divenire incandescente. Gli imprenditori ed i poliziotti decisero allora di inscenare una provocazione. Saputo che una manifestazione cittadina generale era stata indetta per il 3 maggio, misero in giro voci per cui i socialisti sarebbero stati in possesso di armi. Il giorno della manifestazione, i poliziotti, pretendendo di agire per autodifesa, fecero uso di armi da fuoco. Alcuni operai rimasero uccisi.

L'indignazione stava crescendo, ma i lavoratori tenevano duro al fine di impedire un generale spargimento di sangue. Il giorno successivo alla manifestazione, reparti organizzati di alcune centinaia di uomini ciascuno, cominciarono a girare per tutte le aziende della città per preparare lo sciopero generale.

Il governatore del Wisconsin, Rusk, convocò d'urgenza i propri funzionari, nonché gli imprenditori, per consultazioni circa "misure d'emergenza" da prendere. Nel frattempo, facendo uso di manganelli la polizia cominciò a disperdere gli operai. Simultaneamente il sindaco e sceriffo di Milwaukee chiese al governatore Rusk che gli fosse immediatamente prestato aiuto militare. "Ritengo impossibile mantenere la pace nella circoscrizione e difendere la proprietà con i mezzi a mia disposizione".

Il governatore inviò a Milwaukee ingenti forze armate. Apposite unità militari giunsero nella regione di Bay View, dove si accinsero a difendere la proprietà dei legittimi possessori dei locali stabilimenti metallurgici. In modo ordinato gli operai si diressero verso la sede della compagnia percorrendo le strade della città. Quando la loro richiesta per una giornata lavorativa di 8 ore venne declinata, il comitato di sciopero dichiarò lo sciopero. La compagnia rispose minacciando di licenziare tutti gli operai. Venne subito organizzato un comizio. I poliziotti cominciarono a premere sugli operai, mentre al tempo stesso le truppe cominciarono a sparare. Alcune persone rimasero uccise.

Il 6 maggio la polizia e le truppe riuscirono a sopprimere la manifestazione dei lavoratori. I dirigenti delle organizzazioni operaie e i membri dei comitati di sciopero furono tratti in arresto.
Il movimento però non si affievolì; al contrario, esso continuò a crescere.

Ormai, centro del movimento era divenuto Chicago.
In questa città avevano avuto luogo scioperi già prima del primo maggio. Uno di essi, negli stabilimenti McCormick, fu seguito da una serrata e durò alcune settimane.

Verso la fine di aprile avevano cominciato la loro battaglia anche i caricatori delle principali ferrovie dell'Ovest. Dopo aver creato la propria organizzazione, essi elessero un comitato di sciopero, il quale presentò agli imprenditori, a nome loro, la richiesta di una giornata lavorativa di 8 ore senza nessuna riduzione di salario. I proprietari delle compagnie ferroviarie, uniti in un'Associazione generale, risposero con un rifiuto. Il 30 aprile i caricatori si misero in sciopero e verso il 4 maggio a questo sciopero avevano già aderito oltre duemilacinquecento lavoratori.

Dopo il rifiuto della compagnia di acconsentire alle loro richieste, i caricatori dell'"Illinois Central" cessarono il lavoro e convocarono subito un comizio. L'operaio Dick Grady invitò i partecipanti al comizio ad aderire al sindacato dei caricatori, il quale faceva parte dell'Ordine dei cavalieri del lavoro, e a dichiarare battaglia agli imprenditori. Sebbene un portavoce della compagnia avesse minacciato licenziamenti, gli operai non si lasciarono intimidire. I caricatori, nonché gli impiegati addetti alla registrazione dei carichi, si recarono ordinatamente alla sede del comitato sindacale.

Gli imprenditori assoldarono dei crumiri, costringendoli ad effettuare lavori di carico-scarico e impiegatizi, protetti da reparti di polizia. Le principali linee ferroviarie rimasero tuttavia ferme.
Presto la situazione divenne ancora più complicata per gli imprenditori, quando anche gli scambisti, in segno di solidarietà con gli scioperanti, si rifiutarono di controllare il traffico dei convogli caricati dai crumiri. Parte degli imprenditori cominciò allora a pensare di acconsentire ad alcune rivendicazioni degli scioperanti. La maggioranza degli imprenditori si rifiutò però di compiere un tale passo. Fu deciso anzi di proseguire la lotta contro gli operai, ricorrendo a tutti i mezzi possibili; in particolare si procedette a rinforzare i reparti di polizia, ad includere gli scioperanti nelle liste nere e a chiedere al Congresso l'"adozione di misure".
Verso la fine di aprile si levarono anche gli operai delle aziende ferroviarie e di alcune segherie, della rete del gas e gli idraulici. Il movimento in favore delle 8 ore lavorative si estese anche a tutta l'industria conserviera di carne di Chicago.

Il 1° maggio allo sciopero aderirono altri 30 mila operai, occupati nei più grossi mobilifici, nonché nelle aziende siderurgiche, per la produzione di rame e di lavorazione del legno. Era in aumento anche il numero dei partecipanti a manifestazioni e comizi. il primo maggio ben due terzi delle aziende industriali di Chicago furono ridotti all'immobilità. La vita economica del paese fu paralizzata: il commercio, le operazioni finanziarie, tutto era fermo. L'Unione operaia centrale convocò un comizio al quale presero parte 25 mila operai. Tra gli oratori vi furono anche Spies, Parsons, Fielden e Schwab, i quali incitarono gli operai a difendere con tenacia i propri interessi, ad agire con decisione e coraggio.

Dai primissimi giorni dello sciopero generale, l'arbitrio delle autorità nei confronti degli scioperanti volevano chiaramente spingere questi ultimi a compiere anche azioni che potevano servire da pretesto per rappresaglie di massa. "Ovunque le classi privilegiate facevano ricorso alla violenza contro il popolo - si diceva di questi abusi in un libro di memorie edito molti anni dopo - sebbene al tempo stesso protestassero persino contro l'idea che si potesse usare violenza nei loro stessi confronti. Bastoni ed armi da fuoco vennero impiegati molto spesso contro gli operai di Chicago". Qui "le forze della legge e dell'ordine, la milizia e la polizia, nonché le organizzazioni private di tagliatesta armati... davano prova di straordinaria atrocità".

Cercando di non lasciarsi provocare, nel corso delle loro lotte gli scioperanti mantennero organizzazione e fermezza. Essi chiedevano che fosse posto fine agli eccessi della polizia. In segno di protesta contro l'arbitrio delle autorità, 12 mila persone si riunirono per un comizio davanti agli stabilimenti McCormick, al quale parlarono Parsons e Schwab.

La polizia comunque non si astenne dall'usare la solita procedura. La situazione non cambiò nemmeno il 3 maggio, quando il sindacato organizzò una riunione degli scioperanti poco lontano dagli stabilimenti McCormick, al fine di elaborare le rivendicazioni da presentare agli imprenditori. Su richiesta degli operai, l'Unione operaia centrale inviò il proprio rappresentante, Spies, al comizio. L'oratore socialista non riuscì però a terminare il proprio discorso. Proprio quando Spies doveva parlare dalla tribuna, infatti, negli stabilimenti McCormick terminò il turno diurno di lavoro e dagli stabilimenti cominciarono ad uscire i crumiri e la loro comparsa provocò un'ondata di indignazione tra gli scioperanti.

Fu allora che la polizia, chiamata sul luogo dai padroni, cominciò a sparare su tutti i partecipanti al comizio. Sei furono gli uccisi, molti i feriti.
Quello stesso giorno Spies scrisse un articolo pieno di amarezza e di sdegno, nel quale chiamò assassini gli imprenditori e la polizia. Rivolgendosi agli operai egli scrisse: "I vostri padroni hanno scagliato contro di voi i loro cani da guardia, poliziotti che hanno ucciso sei dei vostri fratelli davanti agli stabilimenti McCormick... Essi sono stati uccisi perché, come voi, avevano avuto il coraggio di disubbidire alla volontà dei propri padroni. Sono stati uccisi perché avevano osato chiedere una riduzione dell'orario di lavoro. Li hanno uccisi per mostrare a voi, "cittadini liberi d'America", che dovete essere soddisfatti e contenti di quanto i padroni acconsentiranno a concedervi; in caso contrario uccideranno anche voi. Da molti anni voi subite una forma estrema di umiliazione; da molti anni soffrite a causa di gravi malattie... Se davvero siete uomini, figli dei vostri avi, i quali non esitarono a dare il proprio sangue perché voi foste liberi, se è così, allora neanche voi esiterete a levare le vostre gigantesche forze e distruggerete il mostro ripugnante che vi vuole distruggere".

Quando più di un migliaio di copie di questo articolo di Spies vennero diffuse tra i partecipanti a numerose assemblee operaie tenutesi quella stessa sera, nacque l'idea di convocare per il giorno dopo, in piazza Haymarket, un comizio di protesta contro la strage. L'iniziativa partì dal gruppo "Lehr und Wehr Vereine" e vide la partecipazione di Engel e Fischer. Molti sindacati appoggiarono la proposta.
Preparandosi al comizio, i suoi organizzatori non intendevano affatto contrapporre una propria forza armata alle forze armate della polizia. Diffuso il giorno dopo in seno alle organizzazioni operaie, il comunicato sul comizio conteneva un appello ai lavoratori per esprimere la propria protesta con calma e senza scontri con la polizia.

Il 4 maggio, alle sei e mezzo di sera, da due a tremila operai si riunirono in piazza Haymarket. Sebbene fossero diretti contro l'operato delle autorità e degli imprenditori, i discorsi di Spies, Parsons e Fielden non contenevano il benché minimo invito ad uno scontro armato.

Parlando dell'andamento dello sciopero e degli avvenimenti succedutisi nelle precedenti 48 ore, Spies sottolineò: in particolare: "Le autorità hanno fatto circolare la voce che questo comizio è stato convocato per dare inizio a nuovi disordini. In realtà, lo scopo odierno è di parlare di fatti ben noti a tutti. La colpa dello spargimento di sangue di ieri ricade in pieno sugli imprenditori, i quali non indietreggiano davanti a nulla pur di sopprimere la legittima indignazione degli operai che essi sfruttano e per costringerli a rinunciare alle loro legittime rivendicazioni. La responsabilità dell'uccisione, il 3 maggio, di alcuni operai, ricade completamente su McCormick. Attualmente, in città, 40-50 mila operai sono oggetto di serrate, essendosi rifiutati di ubbidire alla volontà di un ridotto gruppo di persone. Le famiglie di 25-30 mila operai muoiono di fame poiché i mariti e i padri non sono in grado di tenere duro e opporre resistenza al diktat di un piccolo numero di predatori ... "

Spies si soffermò anche sul ruolo poco onesto assunto dalla stampa borghese di Chicago, la quale travisava i fatti, difendendo i capitalisti ed accusando gli operai. Spies non esagerava. Il "Chicago Tribune", ad esempio, definì gli operai presenti al comizio "una folla imbestialita". La stampa difese apertamente l'assassino McCormick ed elogiò le azioni della polizia, la quale aveva cominciato a sparare sugli operai. Il giorno dopo, a proposito degli avvenimenti di piazza Haymarket, il "Chicago Tribune" scrisse che il comizio era una minaccia per la "intera società americana, da parte dell'anarchismo e del comunismo" ed invitava le autorità a farla finita con l'uno e con l'altro.

Quanto a Parsons, egli dedicò gran parte del suo intervento alle pesanti condizioni di vita e di lavoro degli operai. Basandosi su inconfutabili dati statistici, Parsons dichiarò che gli operai usufruivano del solo 15% dei beni materiali da essi prodotti, mentre un pugno di capitalisti si appropriava del resto. Il sindaco di Chicago Harrison, il quale aveva assistito al discorso di Parsons, lo descrisse come un coraggioso discorso contro il capitale.

Parsons disse che i capitalisti gridavano ipocritamente al pericolo che incombeva sulla società, affermando che tale pericolo proveniva dal movimento operaio per la rivendicazione delle 8 ore lavorative, nel tentativo di giustificare il barbaro trattamento dei lavoratori. "Ogni volta che voi chiedete un aumento salariale, si fa ricorso all'aiuto della polizia, dello sceriffo, degli investigatori di Pinkerton: vi si spara contro, vi si bastona, vi si uccide per le strade. Parlo non per istigarvi alla violenza, ma per esporre i fatti, a rischio della mia stessa vita".

Fielden fu l'ultimo a parlare. Egli si soffermò sullo sfruttamento capitalista e sulle atrocità a cui faceva ricorso la borghesia per reprimere gli operai. "Gli operai non si devono attendere nulla dalla legislazione - disse Fielden - La legge è solo un paravento dietro al quale si nascondono gli sfruttatori".
Cominciò a piovere e metà dei partecipanti al comizio fu costretta a disertare la piazza. Il comizio stava già per finire quando improvvisamente giunse un reparto di polizia, il quale si concentrò davanti alla tribuna improvvisata dalla quale parlavano gli oratori.
Come si seppe più tardi, circa 200 poliziotti erano stati preparati da tempo al "ristabilimento dell'ordine".

Ma del fatto che non ci fosse nessun bisogno di farli arrivare in piazza Haymarket se ne era convinto persino il sindaco della città, rimasto a seguire il comizio quasi fino alla fine. Da lì il sindaco di Chicago si recò al commissariato di polizia per dire al capitano Bonfield che nessuno aveva incitato i presenti a far ricorso alla forza e che non era accaduto, né sarebbe accaduto, niente che avrebbe reso necessario un intervento e consigliò al capitano Bonfield di ordinare il ritiro dei poliziotti. Bonfield rispose al sindaco che in base alle informazioni ricevute, era giunto personalmente alla stessa conclusione.

Ma i poliziotti giunsero lo stesso sul luogo del comizio. Alla polizia ed ai suoi sostenitori, un esito pacifico della manifestazione non poteva infatti andare bene. Indubbiamente era stato elaborato un preciso piano, volto a provocare un serio incidente, che sarebbe stato utilizzato al fine di sopprimere la manifestazione e di sbarazzarsi dei dirigenti degli operai. A giudicare da quanto successe il piano fu realizzato alla perfezione. ... Il tutto si svolse in pochi minuti. Un ufficiale di polizia rivolse ai presenti l'ingiunzione di abbandonare subito la piazza, Fielden, costretto a scendere dalla tribuna, fece solo in tempo a rispondere: "Il nostro comizio è pacifico ... " quando improvvisamente fu lanciata una bomba che esplose tra due gruppi di poliziotti, molti dei quali caddero a terra. Un poliziotto rimase ucciso. Subito dopo la polizia cominciò a sparare sugli operai. I poliziotti sparavano alla rinfusa inseguendo i partecipanti al comizio che fuggivano da ogni parte in preda al terrore.

Dopo alcuni secondi la piazza rimase completamente deserta, ad eccezione di chi era caduto sotto i colpi delle pallottole e dei manganelli dei poliziotti. Così finì la "ribellione di Haymarket", come le autorità definirono questo comizio pacifico, e iniziò il "caso Haymarket".

Il "Caso Haymarket"

L'esplosione della bomba e la conseguente morte del poliziotto colpito, slegarono del tutto le mani ai "tutori dell'ordine" di Chicago. Come scrisse Sorge, "si levò un assordante grido di vendetta e di furia da parte delle autorità e dei filistei, eroi del manganello e dell'ordine. Tutte le garanzie costituzionali della libertà personale e dell'inviolabilità della persona vennero calpestate, venne abrogata qualsiasi inviolabilità della persona e ripristinato l'onnipotente arbitrio della polizia, la rozza polizia di Chicago".

A Chicago ebbero inizio arresti e perquisizioni indiscriminate. Vennero tratti in arresto tutti gli attivisti del movimento sindacale e operaio, furono messe al bando tutte le organizzazioni anarcosindacaliste e vietate le loro pubblicazioni. I redattori e gli editori dell'"Arbeiter Zeitung" vennero gettati in carcere. Chi tentava di intercedere in favore degli arrestati era successivamente fatto oggetto di sorveglianza da parte della polizia. Vennero proibite tutte le riunioni di operai e con il pretesto di "prevenire eventuali attentati", le autorità militari misero un intero reggimento di fanteria in assetto di guerra. Da parte loro, gli imprenditori crearono speciali gruppi di "difesa dell'ordine e della proprietà".

La stampa reazionaria chiese che i dirigenti operai arrestati venissero giustiziati immediatamente. Il "New York Tribune" diffuse menzogne, secondo le quali gli operai aspettavano solo l'arrivo dei poliziotti per farne strage. Solo un ristretto numero di giornali offrì un quadro veritiero degli avvenimenti e denunciò i veri colpevoli del massacro. Il "John Swinton's Paper" scrisse ad esempio: "Se non ci fosse stata la minaccia di un reparto armato arrivato proprio sul luogo della riunione, se questo reparto si fosse astenuto dal tentativo di far fallire il comizio in quanto in esso non si era notato nessun segno di ribellione, allora non c'è alcuna ragione di credere che i discorsi di denuncia degli oratori non sarebbero finiti pacificamente... come previsto, verso le dieci ... ".
Parsons, Spies, Fielden, Schwab, Neebe, Fischer, Engel e Lingg furono incarcerati.

In un primo momento la polizia non riuscì a mettere le mani su Parsons; fintanto quando questi seppe di essere chiamato in giudizio, in segno di solidarietà con i suoi compagni, prese il suo posto sul banco degli imputati. Essendo uno dei dirigenti degli operai di Chicago, Parsons considerava suo dovere il denunciare pubblicamente la provocazione e difendere gli operai. "Mi uccideranno - rispose quando gli fu chiesto perché si fosse presentato in tribunale - ma non potevo restarmene in libertà sapendo che i miei compagni erano stati arrestati e sarebbero stati giustiziati per fatti di cui essi sono colpevoli al pari di me ... ".
Formalmente tutti gli imputati vennero accusati di istigazione all'uccisione e dell'uccisione stessa del poliziotto morto in piazza Haymarket. In realtà li si voleva giudicare per le loro convinzioni politiche. Per citare Sorge, "il socialismo, il comunismo, l'anarchismo e tutto il movimento operaio si trovava ora sul banco degli imputati".

E i giudici non lo nascondevano. Il procuratore Grinnell, ad esempio, dichiarò apertamente che Parsons e i suoi compagni sarebbero stati giudicati per aver capeggiato le manifestazioni operaie. "Essi sono colpevoli al pari e non di più di chi li segue - disse egli. E chiese subito: - Giudicate questi uomini e che ciò serva da esempio agli altri! Impiccateli e salverete i vostri istituti, la nostra società!".
La decisione definitiva sul processo a carico dei rivoluzionari di Chicago spettava al collegio dei giurati, il quale si riunì il 17 maggio. Come scrisse più tardi uno degli avvocati difensori degli imputati, era un fatto noto a tutti che della giuria facevano parte noti imprenditori, selezionati oltretutto in modo ben determinato. È logico quindi che i circoli dirigenti esprimessero la propria soddisfazione al riguardo. La stampa capitalista prediceva: "Indubbiamente Spies, Parsons, Schwab e gli altri istigatori del crimine verranno chiamati in giudizio".

Tale fu, infatti la decisione adottata dai giurati, la cui selezione, come si è detto, era stata minuziosamente preparata. La giuria doveva essere di 12 uomini. Tra un migliaio circa di possibili candidati, solo 6 erano operai, i quali, beninteso, non finirono nel numero dei giurati. Vennero addirittura respinte le candidature di tutti coloro il cui nome fosse legato, in un modo o nell'altro, alle organizzazioni operaie e quelle di chiunque manifestasse simpatia nei confronti delle stesse.
Conformemente alla legge i giurati avrebbero dovuto fare prova della massima imparzialità; pertanto, il tribunale ignorò anche questa condizione. La maggior parte dei futuri giurati dichiarò subito di avere le idee assolutamente chiare quanto agli avvenimenti di piazza Haymarket. Erano tutti imprenditori o dipendenti da imprenditori, tutti apertamente ostili agli operai e convinti avversari dei socialisti.

Il processo iniziò il 15 luglio. Gli imputati erano accusati di attentato alla costituzione, alla Dichiarazione di indipendenza e di libertà del popolo americano, di congiura e di omicidio.

Erano stati preparati anche i "testimoni": i provocatori Waller, Shrade e Scliger. Le deposizioni di questi ultimi non risultarono comunque convincenti. Waller (sua sorella dichiarò successivamente che era stato comprato dal capitano di polizia Shaak, che gli aveva consegnato una grossa somma di denaro) avrebbe dovuto attestare ad esempio la "congiura" degli imputati, affermando che questi avevano premeditatamente deciso di gettare una bomba contro i poliziotti in piazza Haymarket. Rispondendo alle domande, Waller ammise tuttavia che la polizia aveva fatto la propria comparsa al comizio in modo inatteso.

L'affermazione di un altro testimone dell'accusa, Gilmer, stando alla deposizione del quale la bomba sarebbe stata lanciata da Schnaubelt, Fischer e Spies, venne confutata da numerosi testimoni oculari, i quali riuscirono a provare che al momento dell'esplosione Spies si trovava davanti agli occhi di tutti, sulla tribuna, mentre Fischer era addirittura ad un altro comizio. Per quanto riguarda Schnaubelt, Gilmer non ne seppe nemmeno fornire la descrizione.

Erano questi dunque i "testimoni" dell'accusa. Nonostante l'evidente falsità delle loro deposizioni, l'accusa respinse ogni possibile confutazione. Essendo le "prove" alquanto inconsistenti, contro gli imputati vennero allora utilizzati brani tratti dai loro interventi pubblici e dai loro articoli di giornale. Era del tutto chiaro che li si giudicava per le loro convinzioni politiche e non per altro.

Il 20 agosto, il tribunale emise il suo verdetto. Benché la non colpevolezza degli imputati fosse stata di fatto dimostrata, sette di essi vennero condannati alla pena capitale e l'ottavo, Neebe, a 15 anni di lavori forzati. Il ricorso in appello dei difensori alla Corte suprema dello Stato dell'Illinois e alla Corte federale, con la domanda di una revisione del processo, non fu accolto. La condanna restò in vigore.

La borghesia di Chicago e dell'intero paese si rallegrò cinicamente della propria vittoria. "Il 4 maggio l'anarchismo si è trovato sul banco degli imputati - scrisse il "Chicago Tribune" - ed ha ricevuto oggi un verdetto... che è la voce della giustizia". Rilevando la "soddisfazione generale" causata dal verdetto, il giornale scrisse che la decisione del tribunale incarnava una vittoria sugli "stranieri"... Il giornale dichiarò che il verdetto aveva non solo "ucciso l'anarchismo di Chicago... ma si presentava addirittura come un monito per tutta la velenosa famiglia del Vecchio Mondo comunisti.., socialisti.., anarchici.., affinché questi ultimi non giungessero negli USA per abusare della loro ospitalità e della libertà di parola ... "

In sostanza, queste parole mettevano a nudo la vera causa della strage perpetrata contro i socialisti rivoluzionari. La classe dirigente aveva in tal modo conseguito quanto non erano riusciti a conseguire uomini politici, filosofi e giornalisti che, al suo servizio, avevano tentato per moltissimi anni di convincere la classe operaia del paese della "estraneità" del socialismo alle condizioni dell'America "democratica" e quindi della sua totale "mancanza di prospettive".

Nel corso del processo, i discorsi degli imputati, così come, in generale, il loro comportamento, furono un esempio di coraggio e di fermezza. Nei loro interventi essi smontarono definitivamente le accuse avanzate nei loro confronti e misero in luce il disegno politico di quella provocatoria "causa penale" intentata dalle autorità dell'Illinois. Lo scopo era di calunniare e condannare le avanguardie dei lavoratori, per poi distruggere lo stesso movimento operaio.

Nel suo discorso Spies dichiarò che il processo aveva dimostrato che "nel paese ciascuno poteva essere accusato di congiura e in certi casi di omicidio. Ogni membro di un sindacato, dell'Ordine dei Cavalieri del lavoro o di qualsiasi altra organizzazione operaia poteva essere accusato di congiura... e di omicidio". Egli disse: "La vostra decisione, il vostro verdetto... non sono altro che l'arbitrio di una corte illegale... Noi ci siamo dedicati ad un movimento volto a conquistare l'emancipazione dall'oppressione e dalle sofferenze. Noi abbiamo effettivamente chiamato il popolo... a tenersi pronto per i tempi burrascosi che sarebbero venuti. E proprio questa è la causa del vostro verdetto ... ".

Rivolgendosi alla borghesia americana, Spies disse: "Se pensate che impiccandoci riuscirete a distruggere il movimento operaio... movimento in cui cercano la propria salvezza milioni di uomini oppressi che per il proprio lavoro non ricevono altro compenso che la disgrazia e il bisogno... allora impiccateci. Spegnerete una scintilla, ma sappiate che ovunque dilaga già una fiamma. Una fiamma occulta. E voi non riuscirete a domarla... Se la morte è una condanna per l'espressione della verità allora sarà con orgoglio e senza paura, che io pagherò questo alto prezzo. Chiamate il vostro carnefíce!".

Dopo aver dimostrato la sua innocenza circa l'esplosione del 4 maggio, Fischer dichiarò che egli, come i suoi compagni, era stato condannato a morte per le vedute e i princìpi che sosteneva. "Il verdetto - disse a titolo di conclusione - è un colpo mortale alla libertà di parola, alla libertà di stampa, alla libertà di pensiero in questo paese e anche il popolo ne è consapevole".

Anche il discorso di Lingg fu coraggioso. Egli dichiarò che la cosiddetta "congiura" di cui li si accusava non era altro che unità di pensiero, di convinzione, di aspirazione, di atteggiamento verso il sistema mostruoso e ingiusto del capitalismo. Lingg definì il procuratore ed i giudici, colpevoli di arbitrio, una "banda di criminali venduti". Egli esclamò: "Disprezzo il vostro ordinamento, le vostre leggi, il vostro potere che si fonda sulla forza. Impiccatemi per questo!".

Il tribunale dovette riservare due sedute, l'8 e il 9 maggio, per il discorso di Parsons. Parsons parlò dettagliatamente della lotta del proletariato americano contro il giogo capitalista, espose la storia del socialismo e dell'anarchismo negli USA, parlò del lavoro ch'egli aveva svolto insieme ai suoi compagni tra gli operai.

Parsons mise in luce il vero retroscena dell'accusa di "congiura" fabbricata contro di loro; il movimento per la rivendicazione delle 8 ore lavorative cominciava ad assumere dimensioni grandiose e la borghesia aveva avuto paura di "un precipitoso calo del corso del dollaro, nel caso in cui lo sciopero fosse stato vittorioso. Il complesso meccanismo di tutta l'industria era stato paralizzato dall'azione di migliaia di operai in sciopero per una giornata lavorativa di 8 ore. Bisognava fare qualcosa per arrestare il movimento, il cui epicentro erano l'Ovest e più particolarmente Chicago, dove per una giornata lavorativa di 8 ore avevano dichiarato sciopero 40 mila lavoratori, bisognava dare un esempio, per citare le parole del "Times", capace di costringere gli altri ad ubbidire... quelle persone che, a New York, sono in grado di fare una simile proposta sono in grado anche di realizzarla... Possibile che lesinino un centinaio di milioni di dollari all'anno piuttosto che attuare tutto questo?".

Parsons smascherò la messa in scena del tribunale e testi falsi su cui si basava il processo e dimostrò che questo non era che una congiura contro la libertà, pagata dai milionari di Chicago. In carcere, poco tempo prima di essere giustiziato, Parsons terminò il libro nel quale espose le sue vedute sullo sviluppo della società. Lucy Parsons, amica e compagna dei rivoluzionari, riuscì più tardi a far pubblicare i loro discorsi, i materiali dell'istruttoria e del processo, nonché il libro di suo marito. I compagni di lotta dei giustiziati riuscirono a pubblicare il libro di Albert R. Parsons nel 1887, a Chicago. In quello stesso anno, a Londra vennero pubblicati i discorsi pronunciati dagli anarco-sindacalisti di Chicago in tribunale. Nel volume si esponevano anche la storia del movimento per la rivendicazione delle 8 ore lavorative e gli avvenimenti di piazza Haymarket.

La notizia di quanto era successo a Chicago fece il giro di tutto il mondo. Alle "vittime della lotta per la causa degli operai e della libertà" di Chicago andavano vastissima simpatia e compianto da tutti i paesi, a nome di singoli e di organizzazioni, al governatore dell'Illinois pervennero petizioni e domande di grazia per i condannati. Al governatore si rivolsero Bernard Shaw, la Camera dei deputati francese, il municipio di Parigi e della Senna, gli operai di Francia, Russia, Italia, Spagna.

In difesa dei condannati si pronunciarono i giuristi più in vista ed esponenti della vita pubblica degli USA tra cui H. D. Lloyd, L. Trumbull, senatore americano per molti anni, S. S. Gregory, L. Gage, R. Ingersoll.
I proletari americani si convinsero ancora una volta di quale fosse il vero atteggiamento delle autorità statali e giudiziarie nei loro confronti. Nonostante il terrore provato dalle organizzazioni operaie dopo gli avvenimenti di Chicago, la maggior parte dei lavoratori espresse la propria indignazione per una così flagrante giustizia sommaria. I proletari internazionalisti americani valutarono giustamente le azioni delle autorità di Chicago come un attentato non solo alle organizzazioni operaie, ma anche alle libertà democratiche in generale.

Il congresso del Partito socialista operaio svoltosi nel settembre del 1887, espresse l'opinione del partito e di altre organizzazioni operaie circa l'ingiusta condanna spiccata dal tribunale e dettata dal pregiudizio e dall'odio di classe. La risoluzione adottata dal congresso diceva in particolare: "È conoscenza comune che nessuno dei condannati fu, sia pur minimamente, coinvolto nel lancio della bomba... e non possiamo vedere alcun nesso tra le vedute terroristiche di una persona e le azioni di sconosciuti, poiché a tutt'oggi nessuno conosce per certo chi sia stato a lanciare la bomba in questione. Ci rifiutiamo di credere che si possa eventualmente giungere a scoprire i motivi che hanno spinto all'azione l'ignoto autore del fatto stando alle deposizioni ed ai testi, il comizio, nel corso del quale fu lanciata la bomba, era un comizio del tutto pacifico, un comizio che tra l'altro sarebbe finito pacificamente, se non ci fosse stata ingerenza illegale e la richiesta del suo scioglimento. Noi dichiariamo che la decisione del tribunale è un attentato alla libertà di parola e di riunione e che l'esecuzione di questo verdetto equivarrà a un omicidio giuridico".

Nell'ottobre del 1886 l'omonimo settimanale dell'Ordine dei Cavalieri del lavoro cominciò a pubblicare le autobiografie dei condannati dal tribunale dell'Illinois "martiri di Haymarket", "condannati a morte per aver fatto uso della libertà di parola".

L'assemblea dei Cavalieri del lavoro della circoscrizione di New York annunciò il proprio appoggio, morale e materiale, ai condannati. Insieme all'Unione operaia centrale di New York, questa assemblea appoggiò il messaggio firmato da 14 noti esponenti del movimento sindacale e invitò le organizzazioni operaie a svolgere manifestazioni e comizi di protesta contro l'ingiusto verdetto del tribunale.

Il 20 ottobre simili comizi operai si svolsero a New York, a Chicago e in varie altre città. Ma questo movimento operaio contro il verdetto del tribunale e l'offensiva della borghesia contro il proletariato americano non assunse dimensioni sufficienti, privo com'era di una direzione unitaria e battagliera. La borghesia americana si vide così facilitare il compito di fare giustizia dei leader operai di Chicago.

L'11 novembre 1886, Albert Parsons, August Spies, Adolph Fischer e George Engel furono giustiziati. Le ultime parole degli eroi furono per la classe operaia. Per Samuel Fielden e Michel Schwab la pena capitale fu commutata in ergastolo.

Insieme a Louis Lingg, morto in carcere, Parsons, Spies, Fischer e Engel furono sepolti nel cimitero di Waldhaim, a Chicago. I loro funerali si trasformarono in una vera e propria dimostrazione di solidarietà operaia: 25 mila persone resero l'ultimo omaggio ai loro fratelli di classe e di lotta.

... Per molti anni gli operai e l'opinione pubblica democratica continuarono ad inviare alle autorità richieste di revisione del processo. Il 26 luglio 1893, Altgeld, neo eletto governatore dell'Illinois, concesse la grazia a Fielden, Schwab e Neebe, i quali si trovavano in carcere. Nell'atto di grazia, Altgeld sottolineò che Fielden, Schwab e Neebe, come pure i loro compagni, erano innocenti e che la giustizia sommaria di cui essi erano stati fatti oggetto era stata dettata dall'isterismo e da una clamorosa violazione della normale procedura giudiziaria.

In quello stesso 1893, sulla tomba degli eroi di Haymarket gli operai di Chicago innalzarono un obelisco.