www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 04-07-06

Il Calendario del popolo, luglio 1951 [trascrizione del Ccdp per resistenze.org]


La Costituzione americana

Sotto l'apparente eguaglianza giuridica profonde e concrete disuguaglianze sociali


La Costituzione americana, come tutte le costituzioni del mondo, e nata da un'insurrezione di popolo contro il regime preesistente, fattosi oppressivo, da accetto ed utile che era stato, per il progressivo evolversi dei rapporti politici ed economici sui quali si era primamente modellato. Nel caso nostro rapporti di stretta dipendenza dall'Inghilterra, dalla quale originavano gli emigranti che, a partire dal 1607, erano venuti man mano stanziandosi nelle 13 colonie dell'America settentrionale e che, da 434.000 nel 1715, erano, saliti ad un milione circa nel 1740, ad un milione e mezzo nel 1755, a circa 3 milioni nel 1775, allo scoppio aperto della insurrezione anti-inglese. La protezione, e quindi la dipendenza dalla madre Patria, erano state necessità per tutto il tempo che le colonie erano rimaste esposte alla minaccia mortale delle popolazioni indigene, e cioè fino a che queste non erano state sufficientemente massacrate dalle truppe del re; e fino a che non erano state definitivamente rintuzzate le rivendicazioni dei francesi e degli olandesi stanziati nei territori più a nord.

Le imposizioni di Londra - in conseguenza delle quali gli inglesi d'America erano costituiti in cittadini di grado inferiore nei confronti degli inglesi d'Inghilterra, privi com'erano di ogni partecipazione alla vita politica della madre patria - erano state allora considerate come il giusto prezzo da pagarsi per quella irrinunciabile tutela. Ma, a mano a mano che le Colonie erano venute consolidandosi nelle loro strutture amministrative o ingrandendosi di popolazione e completandosi economicamente, al sentimento di debolezza si era sostituito quello della fiducia in sè e quindi della superfluità di una sottomissione incapace ormai di generare null'altro che danni e umiliazioni. E' noto che l'occasione dei primi aperti moti anti-inglesi delle Colonie fu ditta dalla pretesa del Parlamento di Londra di imporre in esse certi diritti di dogana, sull'introduzione del tè e di altre mercanzie.

Una riunione di nove Colonie, tenutasi a New York nell'ottobre 1703, votò allora una dichiarazione affermante che a «I coloni erano investiti di tutti i diritti e le libertà inerenti ai sudditi nativi della Gran Bretagna; e che èinseparabilmente essenziale alla libertà di un popolo che nessuna tassa possa essere imposta senza il suo consenso, dato personalmente o per mezzo di rappresentanti». Ma oltre a ciò, i coloni lamentavano altre violazioni dei loro diritti di cittadini inglesi: il mantenimento nelle Colonie, anche in tempo di pace, di eserciti metropolitani, evidentemente destinati ora solo più a tenerli in rispetto: il rifiuto del giudizio per Giurati, sostituito nelle Colonie da Magistrati di nomina governativa, e l'arbitrio delle perquisizioni alle loro proprietà e alle loro persone.

L'Inghilterra aveva di fatto instaurato nelle sue Colonie d'America, nel limite del possibile, il suo vecchio regime di assolutismo regio; ma la loro rapida evoluzione economica faceva insorgere in esse a tempi accelerati quegli stessi impulsi che un secolo prima avevano sospinto in Inghilterra il processo rivoluzionario e riformatore.

Ma poiché quell'assolutismo coloniale ridondava a vantaggio di tutta la società inglese, e innanzitutto della sua borghesia che vi trovava fonte di inaudito arricchimento, i borghesi d'America non trovarono in Inghilterra nessuna forza amica o alleata. La loro lotta, da guerra civile - emancipazione di una classe che ascende - si trasformò dunque necessariamente in guerra internazionale - liberazione di un popolo oppresso e sfruttato; e, anzichè sboccare alla creazione di un nuovo ordine sociale, si concluse nella creazione di una nuova nazione.

L'ordine sociale all'interno di questa, caduto il dominio esterno, era dato e restò immutato. Ed era precisamente l'ordine di un popolo formato in grandissima maggioranza da gente vivente, su un territorio molto più vasto del necessario, in ugual condizione di agiatezza per il provento di un lavoro principalmente agricolo e artigiano: e quindi privo di quelle profonde diversità di classe che acuiscono i contrasti politici e creano le diversità dei diritti e le parzialità delle leggi. Questa struttura derivava alla società americana dal modo con cui essa si era formata, e cioè dal fatto che tutti i suoi cittadini, immigrati dall'Europa. avevano potuta prendere le mosse da uguali condizioni nella costruzione della loro vita - una società senza passato e quindi senza eredità di stratificazioni da società che l'avevano preceduta: un agglomerato umano nuovo in sé e non gravato da ipoteche di convenzioni e di diritti acquisiti, ma libero invece a tutte le più spregiudicate acquisizioni. Basti qui pensare al modo con cui i coloni, assieme alle truppe del re, avevano nettato i loro territori da quella particolare e molesta fauna che erano le aborigeni tribù degli indiani

In realtà, nel 1775 questi ultimi erano ancora numerosi, e non si era già pensato di rinchiuderli, come più tardi si farà, in un parco nazionale. Infatti la stessa Costituzione, che è del 1787 - e cioè di dodici anni dopo - li menziona a proposito del modo di computare la popolazione ai fini della assegnazione dei rappresentanti al Congresso e della distribuzione delle imposte. Ma in quella società, che redasse la Costituzione «più democratica del mondo» gli indigeni non avevano né veste, né titolo di cittadini; così come non l'avevano i negri, importati dall'Africa, come strumenti di lavoro. I quali da 48.000 nel 1715 erano saliti, nel 1755, a 292.000. E continuarono ad aumentare ancora ulteriormente per via di importazione e per molti decenni, visto che la Costituzione «più rispettosa dell'uguaglianza» che esista al mondo disponeva, alla sezione 9 del suo articolo 1°, che l'importazione degli schiavi non potesse essere proibita fino a tutto il 1808, salvo il pagamento di un diritto massimo di dieci dollari per ogni testa importata.

La Costituzione Americana può dunque intendersi, e si può apprezzare lo spirito «democratico» che la pervade e tali istituti che determina, tenendo presente che essa fu dettata da gente che, cancellando dal mondo legale una buona parte degli esseri umani viventi con lei sullo stesso territorio, aveva posto in essere una società fittizia costituita esclusivamente di uguali - allo stesso modo dei cittadini delle antiche città greche di perfetta democrazia formale. Ma non appena, per naturale legge di crescenza, nel suo stesso seno venne svolgendosi un processo di differenziazione, e all'apparente uguaglianza giuridica venne sostituendosi la concreta disuguaglianza economica, tutta la democraticità della Costituzione non riuscì ad impedire ai mali connessi ad ogni società a classi di manifestarsi ed esasperarsi. Si deve anzi dire che la Costituzione stessa fu una delle condizioni che resero possibile negli Stati Uniti d'America al sorgere ed il progressivo consolidarsi delle più profonde disuguaglianze sociali ed economiche, tanto che Roosevelt, nell'annunciare nel 1937 la legislazione di emergenza nota sotto il nome di «new deal», evertitrice di tanti momenti costituzionali, la giustificò con tre esigenze: «1) eliminare con drastiche misure i privilegi speciali che consentivano ad un gruppo, poco numeroso ma molto potente, tanta autorità da spadroneggiare negli affari al di sopra della Banca e dello stesso Governo, controllando l'intera struttura economico-sociale del paese; 2) fare guerra alla delinquenza e riabilitare i valori morali; 3) promuovere il ritorno del pendolo, pendolo che per tre generazioni si era andato spostando verso una sempre più pronunciata concentrazione della ricchezza».

Com'è noto il «new deal» di Roosevelt fu duramente combattuto dal «gruppo potente» contro cui era diretto, e che trovò purtroppo seguito e appoggio financo nelle larghe masse popolari, ideologicamente arretrate o corrotte. Cosicché di esso non è restato quasi più traccia nell'America di oggi, ebbra dell'imperialismo restaurato sotto la direzione Truman all'insegna fallace della sua «vera, vecchia democrazia».

Ma le leggi naturali del sistema continuano a giocare sotto la superficie ingannevole. E l'America non sfuggirà comunque all'instaurazione di un ordine nuovo - di una veramente democratica nuova Costituzione.

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4 luglio 1776

 

La Costituzione vigente risale, come già detto al 1787, ed era stata preceduta nel 1776 dalla Dichiarazione di Indipendenza - votata dal Secondo Congresso Continentale in cui le 13 Colonie inglesi d'America si erano riunite per organizzare e dirigere la guerra contro la madre patria - e dall'atto di «Federazione o perpetua Unione» del 1778. Questo Atto, più che dare vita ad uno Stato Federale, con un governo avente comando su tutti gli Stati singoli, non era che un trattato di amicizia, privo di potere obbligatorio. A porre rimedio ai pericoli derivanti dal troppo blando legame venne convocata appunto nel 1787 la Assemblea di Filadelfia che presieduta da Washington, preparò il testo della nuova Costituzione.

In essa si affermano tre distinte sovranità - del popolo, in quanto tutti i cittadini partecipano ai pubblici poteri; degli Stati, in tutte le materie interne; della Unione Federale, nelle materie di carattere generale, nei rapporti degli Stati fra di loro e in quelli verso l'estero - e si compone di 7 articoli, suddivisi a loro volta in sezioni.

L'Art. 1° disciplina il potere legislativo, il quale è demandato al Congresso, composto della Camera dei Rappresentanti, che rappresenta la popolazione, e del Senato, che rappresenta gli Stati. Rappresentanti e Senatori godono dell'immunità, salvo i casi di tradimento; percepiscono una indennità annua, e non possono essere nominati a nessuna carica e ufficio posti sotto l'autorità degli Stati Uniti. Il Congresso fa le leggi, di cui le finanziarie devono avere origine alla Camera. Il Senato in particolare ratifica i trattati internazionali ed e presieduto dal Vice Presidente dell'Unione.

L'Art. 2° regola il potere esecutivo, affidandolo ad un Presidente eletto a doppio grado, il quale cura l'applicazione delle leggi ed ha su di queste diritto di veto, comanda la forze militari, nomina gli Ambasciatori, conclude i trattati, nomina e revoca i Segretari di Stato (Ministri) che sono responsabili solo dinanzi a lui.

L'Art 3° regola il potere giudiziario, affidato alla Corte Suprema e a Corti di grado inferiore, i cui giudici sono eletti e retribuiti. Tutti i cittadini hanno diritto ad essere giudicati da una giuria e ad ottenere la libertà provvisoria dietro cauzione.

L'Art 4° regola la forza probante degli atti pubblici degli Stati e la posizione dei cittadini dinanzi agli Stati, nonchè l'ammissione di nuovi Stati nell'Unione.

L'Art. 5° dà norme per la revisione della Costituzione.

L'Art 6° definisce la Costituzione come suprema legge del paese, e dispone che i giudici debbano applicarla e i funzionari osservarla nonostante qualunque disposizione contraria.

L'Art. 7° stabilisce le condizioni per l'entrata in vigore della Costituzione.

A questo schema originario sono venuti aggiungendosi, nel corso dei 165 anni dalla sua entrata in vigore, 21 emendamenti, di cui i primi dieci, noti sotto la denominazione di «Bill of rights» (Carta dei diritti), furono approvati già due anni dopo la promulgazione della Costituzione, per sancire solennemente le libertà di religione, stampa, parola, riunione e petizione, che erano solo implicite nel suo preambolo. Fra il 1865 e il 1870 ne vennero approvati tre per abolire, in base ai risultati della guerra di secessione, la schiavitù e per assicurare uguaglianza e diritto di voto a tutti gli uomini liberi, senza distinzione di razza e colore (!).

Nel 1919 fu votato il celebre XVIII emendamento, proibitivo delle bevande alcoliche, poi abrogato con altro emendamento nel 1933. E nel 1920 entrò in vigore il XX concedente il diritto elettorale alle donne.
Gli altri emendamenti non meritano citazione, riferendosi a particolari costituzionali di scarso interesse. Cotituzione stringata e scarna, dunque, l'americana.

Nel che essa riecheggia il mondo da cui nacque, circa due secoli fa. Mondo senza grandi complicazioni e di libera soluzione di molti problemi e rapporti umani nei vasti spazi continentali semideserti, sui quali dominavano dall'una parte le armi e dall'altra le più astratte e severe idealità del riformismo religioso. Mondo nel quale il «Governatore di S. M.» era arbitro e signore della vita, della libertà e dei beni dei cittadini.

E il Presidente degli Stati Uniti, questo incontrollabile monarca senza governo responsabile, fu certamente foggiato, sia pure inconsciamente, dai costituenti di Filadelfia, secondo il modello superbo contro cui essi drizzavano tuttavia le loro formule e le loro armi. Questo Presidente, che nei quattro anni del suo mandato sta sugli Americani come una divinità onnipotente la quale può solo essere colpita e resa inerme dalla messa in accusa dinanzi al Congresso, dispensatrice di favori e di sinecure, di cariche e di impieghi, di onori e di autorità.

Investito di diritto della nomina a tutti i pubblici incarichi, il Presidente degli Stati Uniti conserva oggi la facoltà di designarne i titolari di circa diecimila. Quale corruzione politica e morale promani da simile inaudito potere é facile immaginare - e quali gare, e procacciamenti, e disordini, e confusione.

Racconta Bryce, il più grande storico della democrazia americana, che durante la guerra di secessione un amico incontrando Lincoln gli disse: «Sembrate preoccupato, signor Presidente: vi sono forse cattive notizie dal campo?» «No, rispose Lincoln, non e la guerra. E' quell'ufficio postale di Broonsville, nell'Ohio .. ».

Oggi il Presidente, nonché le ricevitorie postali, dispensa ai suoi beniamini le cariche onnipossenti di Controllore delle industrie di guerra e di Amministratore delle sovvenzioni ai governi satelliti d'Europa. E alla piccola corruzione fra le clientele provinciali è sostituito, nei suoi poteri, lo spaventoso commercio sulla vita e sulla pace degli uomini. E' «la più democratica Costituzione del mondo» che rende possibile tutto ciò, quella Costituzione che 165 anni fa segnò tuttavia nel mondo un momento di progresso e di libertà contro la vecchia e spietata oppressione.

Umberto Terracini