La Costituzione americana, come tutte le costituzioni del mondo, e nata da
un'insurrezione di popolo contro il regime preesistente, fattosi oppressivo, da
accetto ed utile che era stato, per il progressivo evolversi dei rapporti
politici ed economici sui quali si era primamente modellato. Nel caso nostro
rapporti di stretta dipendenza dall'Inghilterra, dalla quale originavano gli
emigranti che, a partire dal 1607, erano venuti man mano stanziandosi nelle 13
colonie dell'America settentrionale e che, da 434.000 nel 1715, erano, saliti
ad un milione circa nel 1740, ad un milione e mezzo nel 1755, a circa 3 milioni
nel 1775, allo scoppio aperto della insurrezione anti-inglese. La protezione, e
quindi la dipendenza dalla madre Patria, erano state necessità per tutto il
tempo che le colonie erano rimaste esposte alla minaccia mortale delle
popolazioni indigene, e cioè fino a che queste non erano state sufficientemente
massacrate dalle truppe del re; e fino a che non erano state definitivamente
rintuzzate le rivendicazioni dei francesi e degli olandesi stanziati nei
territori più a nord.
Le imposizioni di Londra - in conseguenza delle quali gli inglesi d'America
erano costituiti in cittadini di grado inferiore nei confronti degli inglesi
d'Inghilterra, privi com'erano di ogni partecipazione alla vita politica della
madre patria - erano state allora considerate come il giusto prezzo da pagarsi
per quella irrinunciabile tutela. Ma, a mano a mano che le Colonie erano venute
consolidandosi nelle loro strutture amministrative o ingrandendosi di
popolazione e completandosi economicamente, al sentimento di debolezza si era
sostituito quello della fiducia in sè e quindi della superfluità di una
sottomissione incapace ormai di generare null'altro che danni e umiliazioni. E'
noto che l'occasione dei primi aperti moti anti-inglesi delle Colonie fu ditta
dalla pretesa del Parlamento di Londra di imporre in esse certi diritti di
dogana, sull'introduzione del tè e di altre mercanzie.
Una riunione di nove Colonie, tenutasi a New York nell'ottobre 1703, votò
allora una dichiarazione affermante che a «I coloni erano investiti di tutti i
diritti e le libertà inerenti ai sudditi nativi della Gran Bretagna; e che èinseparabilmente essenziale alla libertà di un popolo che nessuna tassa
possa essere imposta senza il suo consenso, dato personalmente o per mezzo di
rappresentanti». Ma oltre a ciò, i coloni lamentavano altre violazioni dei loro
diritti di cittadini inglesi: il mantenimento nelle Colonie, anche in tempo di
pace, di eserciti metropolitani, evidentemente destinati ora solo più a tenerli
in rispetto: il rifiuto del giudizio per Giurati, sostituito nelle Colonie da
Magistrati di nomina governativa, e l'arbitrio delle perquisizioni alle loro
proprietà e alle loro persone.
L'Inghilterra aveva di fatto instaurato nelle sue Colonie d'America, nel limite
del possibile, il suo vecchio regime di assolutismo regio; ma la loro rapida
evoluzione economica faceva insorgere in esse a tempi accelerati quegli stessi
impulsi che un secolo prima avevano sospinto in Inghilterra il processo
rivoluzionario e riformatore.
Ma poiché quell'assolutismo coloniale ridondava a vantaggio di tutta la società
inglese, e innanzitutto della sua borghesia che vi trovava fonte di inaudito
arricchimento, i borghesi d'America non trovarono in Inghilterra nessuna forza
amica o alleata. La loro lotta, da guerra civile - emancipazione di una classe
che ascende - si trasformò dunque necessariamente in guerra internazionale -
liberazione di un popolo oppresso e sfruttato; e, anzichè sboccare alla
creazione di un nuovo ordine sociale, si concluse nella creazione di una nuova
nazione.
L'ordine sociale all'interno di questa, caduto il dominio esterno, era dato e
restò immutato. Ed era precisamente l'ordine di un popolo formato in
grandissima maggioranza da gente vivente, su un territorio molto più vasto del
necessario, in ugual condizione di agiatezza per il provento di un lavoro
principalmente agricolo e artigiano: e quindi privo di quelle profonde
diversità di classe che acuiscono i contrasti politici e creano le diversità
dei diritti e le parzialità delle leggi. Questa struttura derivava alla società
americana dal modo con cui essa si era formata, e cioè dal fatto che tutti i
suoi cittadini, immigrati dall'Europa. avevano potuta prendere le mosse da
uguali condizioni nella costruzione della loro vita - una società senza passato
e quindi senza eredità di stratificazioni da società che l'avevano preceduta:
un agglomerato umano nuovo in sé e non gravato da ipoteche di convenzioni e di
diritti acquisiti, ma libero invece a tutte le più spregiudicate acquisizioni.
Basti qui pensare al modo con cui i coloni, assieme alle truppe del re, avevano
nettato i loro territori da quella particolare e molesta fauna che erano le
aborigeni tribù degli indiani
In realtà, nel 1775 questi ultimi erano ancora numerosi, e non si era già
pensato di rinchiuderli, come più tardi si farà, in un parco nazionale. Infatti
la stessa Costituzione, che è del 1787 - e cioè di dodici anni dopo - li
menziona a proposito del modo di computare la popolazione ai fini della
assegnazione dei rappresentanti al Congresso e della distribuzione delle
imposte. Ma in quella società, che redasse la Costituzione «più democratica del
mondo» gli indigeni non avevano né veste, né titolo di cittadini; così come non
l'avevano i negri, importati dall'Africa, come strumenti di lavoro. I quali da
48.000 nel 1715 erano saliti, nel 1755, a 292.000. E continuarono ad aumentare
ancora ulteriormente per via di importazione e per molti decenni, visto che la
Costituzione «più rispettosa dell'uguaglianza» che esista al mondo disponeva,
alla sezione 9 del suo articolo 1°, che l'importazione degli schiavi non
potesse essere proibita fino a tutto il 1808, salvo il pagamento di un diritto
massimo di dieci dollari per ogni testa importata.
La Costituzione Americana può dunque intendersi, e si può apprezzare lo spirito
«democratico» che la pervade e tali istituti che determina, tenendo presente
che essa fu dettata da gente che, cancellando dal mondo legale una buona parte
degli esseri umani viventi con lei sullo stesso territorio, aveva posto in
essere una società fittizia costituita esclusivamente di uguali - allo stesso
modo dei cittadini delle antiche città greche di perfetta democrazia formale.
Ma non appena, per naturale legge di crescenza, nel suo stesso seno venne
svolgendosi un processo di differenziazione, e all'apparente uguaglianza
giuridica venne sostituendosi la concreta disuguaglianza economica, tutta la
democraticità della Costituzione non riuscì ad impedire ai mali connessi ad
ogni società a classi di manifestarsi ed esasperarsi. Si deve anzi dire che la
Costituzione stessa fu una delle condizioni che resero possibile negli Stati
Uniti d'America al sorgere ed il progressivo consolidarsi delle più profonde
disuguaglianze sociali ed economiche, tanto che Roosevelt, nell'annunciare nel
1937 la legislazione di emergenza nota sotto il nome di «new deal», evertitrice
di tanti momenti costituzionali, la giustificò con tre esigenze: «1) eliminare
con drastiche misure i privilegi speciali che consentivano ad un gruppo, poco
numeroso ma molto potente, tanta autorità da spadroneggiare negli affari al di
sopra della Banca e dello stesso Governo, controllando l'intera struttura
economico-sociale del paese; 2) fare guerra alla delinquenza e riabilitare i
valori morali; 3) promuovere il ritorno del pendolo, pendolo che per tre
generazioni si era andato spostando verso una sempre più pronunciata
concentrazione della ricchezza».
Com'è noto il «new deal» di Roosevelt fu duramente combattuto dal «gruppo
potente» contro cui era diretto, e che trovò purtroppo seguito e appoggio
financo nelle larghe masse popolari, ideologicamente arretrate o corrotte.
Cosicché di esso non è restato quasi più traccia nell'America di oggi, ebbra
dell'imperialismo restaurato sotto la direzione Truman all'insegna fallace
della sua «vera, vecchia democrazia».
Ma le leggi naturali del sistema continuano a giocare sotto la superficie
ingannevole. E l'America non sfuggirà comunque all'instaurazione di un ordine
nuovo - di una veramente democratica nuova Costituzione.
***
4 luglio 1776
La Costituzione vigente risale,
come già detto al 1787, ed era stata preceduta nel 1776 dalla Dichiarazione di
Indipendenza - votata dal Secondo Congresso Continentale in cui le 13 Colonie
inglesi d'America si erano riunite per organizzare e dirigere la guerra contro
la madre patria - e dall'atto di «Federazione o perpetua Unione» del 1778.
Questo Atto, più che dare vita ad uno Stato Federale, con un governo avente
comando su tutti gli Stati singoli, non era che un trattato di amicizia, privo
di potere obbligatorio. A porre rimedio ai pericoli derivanti dal troppo blando
legame venne convocata appunto nel 1787 la Assemblea di Filadelfia che
presieduta da Washington, preparò il testo della nuova Costituzione.
In essa si affermano tre distinte sovranità - del popolo, in quanto tutti i
cittadini partecipano ai pubblici poteri; degli Stati, in tutte le materie
interne; della Unione Federale, nelle materie di carattere generale, nei
rapporti degli Stati fra di loro e in quelli verso l'estero - e si compone di 7
articoli, suddivisi a loro volta in sezioni.
L'Art. 1° disciplina il potere legislativo, il quale è demandato al Congresso,
composto della Camera dei Rappresentanti, che rappresenta la popolazione, e del
Senato, che rappresenta gli Stati. Rappresentanti e Senatori godono
dell'immunità, salvo i casi di tradimento; percepiscono una indennità annua, e
non possono essere nominati a nessuna carica e ufficio posti sotto l'autorità
degli Stati Uniti. Il Congresso fa le leggi, di cui le finanziarie devono avere
origine alla Camera. Il Senato in particolare ratifica i trattati
internazionali ed e presieduto dal Vice Presidente dell'Unione.
L'Art. 2° regola il potere esecutivo, affidandolo ad un Presidente eletto a
doppio grado, il quale cura l'applicazione delle leggi ed ha su di queste
diritto di veto, comanda la forze militari, nomina gli Ambasciatori, conclude i
trattati, nomina e revoca i Segretari di Stato (Ministri) che sono responsabili
solo dinanzi a lui.
L'Art 3° regola il potere giudiziario, affidato alla Corte Suprema e a Corti di
grado inferiore, i cui giudici sono eletti e retribuiti. Tutti i cittadini
hanno diritto ad essere giudicati da una giuria e ad ottenere la libertà
provvisoria dietro cauzione.
L'Art 4° regola la forza probante degli atti pubblici degli Stati e la
posizione dei cittadini dinanzi agli Stati, nonchè l'ammissione di nuovi Stati
nell'Unione.
L'Art. 5° dà norme per la revisione della Costituzione.
L'Art 6° definisce la Costituzione come suprema legge del paese, e dispone che
i giudici debbano applicarla e i funzionari osservarla nonostante qualunque
disposizione contraria.
L'Art. 7° stabilisce le condizioni per l'entrata in vigore della Costituzione.
A questo schema originario sono venuti aggiungendosi, nel corso dei 165 anni
dalla sua entrata in vigore, 21 emendamenti, di cui i primi dieci, noti sotto
la denominazione di «Bill of rights» (Carta dei diritti), furono approvati già
due anni dopo la promulgazione della Costituzione, per sancire solennemente le
libertà di religione, stampa, parola, riunione e petizione, che erano solo
implicite nel suo preambolo. Fra il 1865 e il 1870 ne vennero approvati tre per
abolire, in base ai risultati della guerra di secessione, la schiavitù e per
assicurare uguaglianza e diritto di voto a tutti gli uomini liberi, senza
distinzione di razza e colore (!).
Nel 1919 fu votato il celebre XVIII emendamento, proibitivo delle bevande
alcoliche, poi abrogato con altro emendamento nel 1933. E nel 1920 entrò in
vigore il XX concedente il diritto elettorale alle donne.
Gli altri emendamenti non meritano citazione, riferendosi a particolari
costituzionali di scarso interesse. Cotituzione stringata e scarna, dunque,
l'americana.
Nel che essa riecheggia il mondo da cui nacque, circa due secoli fa. Mondo
senza grandi complicazioni e di libera soluzione di molti problemi e rapporti
umani nei vasti spazi continentali semideserti, sui quali dominavano dall'una parte
le armi e dall'altra le più astratte e severe idealità del riformismo
religioso. Mondo nel quale il «Governatore di S. M.» era arbitro e signore
della vita, della libertà e dei beni dei cittadini.
E il Presidente degli Stati Uniti, questo incontrollabile monarca senza governo
responsabile, fu certamente foggiato, sia pure inconsciamente, dai costituenti
di Filadelfia, secondo il modello superbo contro cui essi drizzavano tuttavia
le loro formule e le loro armi. Questo Presidente, che nei quattro anni del suo
mandato sta sugli Americani come una divinità onnipotente la quale può solo
essere colpita e resa inerme dalla messa in accusa dinanzi al Congresso,
dispensatrice di favori e di sinecure, di cariche e di impieghi, di onori e di
autorità.
Investito di diritto della nomina a tutti i pubblici incarichi, il Presidente
degli Stati Uniti conserva oggi la facoltà di designarne i titolari di circa
diecimila. Quale corruzione politica e morale promani da simile inaudito potere
é facile immaginare - e quali gare, e procacciamenti, e disordini, e
confusione.
Racconta Bryce, il più grande storico della democrazia americana, che durante
la guerra di secessione un amico incontrando Lincoln gli disse: «Sembrate
preoccupato, signor Presidente: vi sono forse cattive notizie dal campo?» «No,
rispose Lincoln, non e la guerra. E' quell'ufficio postale di Broonsville,
nell'Ohio .. ».
Oggi il Presidente, nonché le ricevitorie postali, dispensa ai suoi beniamini
le cariche onnipossenti di Controllore delle industrie di guerra e di
Amministratore delle sovvenzioni ai governi satelliti d'Europa. E alla piccola
corruzione fra le clientele provinciali è sostituito, nei suoi poteri, lo
spaventoso commercio sulla vita e sulla pace degli uomini. E' «la più
democratica Costituzione del mondo» che rende possibile tutto ciò, quella
Costituzione che 165 anni fa segnò tuttavia nel mondo un momento di progresso e
di libertà contro la vecchia e spietata oppressione.
Umberto Terracini