www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 12-02-09 - n. 261

da Workers World Party - www.workers.org/2009/world/history_0212/
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Panafricanismo e solidarietà per la Palestina
  
Storia di una lotta antimperialista
 
di Abayomi Azikiwe, in Pan-African News Wire
 
4/02/2009
 
Nel seguito alcuni estratti dal discorso presentato a Detroit il 31 gennaio al Forum del Comitato di Emergenza Michigan contro la guerra e l’ingiustizia intitolato "Afro-Americani in difesa della Palestina". Su Panafricannews.blogspot.com l'intero intervento di Azikiwe.
 
Colloco l’inizio del mio intervento alla fine del 19° secolo, quando il movimento sionista mondiale si è alleato con l’imperialismo occidentale. Questo fenomeno ha coinciso con il consolidamento della dominazione coloniale in Africa e l’istituzionalizzazione della segregazione negli Stati Uniti. Di conseguenza, "la lotta contro Jim Crow" [Nome del personaggio di una canzone nata a fine ottocento, un nero di nome Jim Crow. Divenne emblema della discriminazione razziale: durante la lotta all'emancipazione si diceva spesso che il nero doveva 'lottare contro Jim Crow'. Da wikipedia, ndt] e la segregazione razziale e per una reale liberazione nazionale dei popoli oppressi in Africa e negli Stati Uniti si scontrano inevitabilmente con gli sforzi orientati all’appoggio alla costruzione dello Stato di Israele, nonché alle finalità e agli obiettivi politici sionisti.
 
Secondo lo studio di Zayid Ismael del 1980 titolato "Sionismo: Mito e Realtà", "il sionismo, quale moderno credo politico, scaturì in Europa, come una ideologia politica riconoscibile, alla fine del diciannovesimo secolo, da tre intrinseche qualità fondamentali: colonialismo, razzismo ed espansionismo."
 
Le più note connessioni tra il movimento sionista mondiale e il colonialismo europeo e l'apartheid, hanno avuto luogo nella ex colonie di Rhodesia e Sudafrica. Secondo Zayid, "Sin dall'inizio, il movimento sionista vide una naturale e sistemica alleanza con l'imperialismo europeo. I rapidi progressi del nazionalismo aggressivo e sciovinista in Europa, sottolineavano che la superiorità della razza era a base dello sfruttamento e della 'missione civilizzatrice' che l’uomo bianco doveva compiere".
 
Durante i negoziati riguardanti le proposte sioniste di penetrazione bianca in Africa e in Asia, [Theodore] Herzl, coerentemente con i pensatori imperialisti del 19° secolo, parlava dell’imperialismo e della colonizzazione, come di una "nobile attività destinata a portare la civiltà a razze arretrate". Guardando allo Stato ebraico con occhi di bianco occidentale, affermava che esso era progettato quale "parte di un muro difensivo dell'Europa in Asia, un avamposto della civiltà contro la barbarie".
 
I territori africani sono stati considerati quale "patria" per lo Stato sionista, la Palestina era un’opzione tra le altre. Zayid afferma che "nella loro ricerca di una posizione per l’enclave sionista, sono state esplorate una serie di opzioni tra cui l’Uganda (Africa orientale), la Tripolitania in Libia (Nord Africa), Cipro (Mediterraneo), il Madagascar (sud-est della costa africana), Congo (Africa centrale) e la Palestina".
 
Joseph Chamberlain, il teorico delle razze inglese, disse a Herzl: "in un mio recente viaggio, ho visto una terra per voi: l'Uganda. Non è sulla costa, ma il clima è eccellente per gli Europei". Sebbene Herzl favorisse l’Uganda come luogo per lo Stato ebraico, la commissione nominata dal Congresso Mondiale Sionista per esplorare il territorio, la ritenne inadeguata.
 
Durante la prima guerra mondiale, Lord Balfour rilasciò la sua dichiarazione del 2 novembre 1917, che fu utilizzata come base giuridica per l'insediamento sionista e la successiva creazione dello Stato di Israele nel 1948.
 
Zayid ha scritto anche che "gli sforzi di Herzl in Inghilterra sollecitavano l'appoggio delle grandi figure colonialiste, tra i quali ha un posto di rilievo Cecil Rhodes, fondatore dell’avamposto coloniale britannico in Rhodesia nel tardo 19° secolo".
 
Nel 1948, con la creazione dello Stato di Israele, la violenta ideologia anti-semita dell’Afrikaner Nationalist Party, assurto al potere in Sudafrica in quello stesso anno, mutò radicalmente la sua posizione a favore di Israele, e accolse gli interessi della comunità ebraica in Sudafrica.
 
Per Richard P. Stevens, il legame tra Afrikaner e Israele in relazione alla segregazione razziale, "non solo rivela la necessità di una solidarietà bianca quando un regime di una minoranza razziale deve essere mantenuta. Ma anche, come sostiene il Dott. Edwin S. Munger, osservatore per lungo tempo della scena sudafricana, ‘il riavvicinamento nel dopo guerra tra ebrei e Afrikaners è maturato dalla convinzione di Afrikaners influenti che l'eliminazione degli ebrei dal Sudafrica avrebbe scosso il paese alle fondamenta, poiché avrebbe sottratto un tale capitale da parte dei ricchi ebrei sufficiente per far precipitare il paese nel ristagno economico’".
 
Durante tutto il periodo dell’apartheid in Sudafrica, lo Stato di Israele è stato un convinto sostenitore del razzismo di Stato. Di conseguenza, e in particolare dopo la cosiddetta guerra di sei giorni del 1967, il Congresso Nazionale Africano, il Movimento di Liberazione in Sudafrica, e l’Organizzazione dei Popoli Africani Sud-Ovest, in aggiunta ad altri movimenti di liberazione in Zimbabwe, Mozambico, Angola, Guinea-Bissau, nonché l’Algeria indipendente, sono stati strenui sostenitori della lotta di liberazione nazionale palestinese.
 
Questa alleanza tra la lotta di liberazione nazionale in Africa e i palestinesi e altre lotte per l'indipendenza e l’auto-determinazione nel mondo arabo, continuano oggi contro tutti i residui di apartheid e per la piena indipendenza dei paesi ex-coloniali d'Africa. Uno dei più forti movimenti palestinesi a sostegno dei palestinesi vive oggi in Sudafrica.
 
Nel corso della Conferenza mondiale contro il razzismo nel 2001 a Durban in Sudafrica, il governo degli Stati Uniti, sotto l'amministrazione Bush, ha cercato di sabotare l'incontro internazionale, perché in quella sede si consentiva ai palestinesi la parità dei diritti di espressione e di partecipazione. Altre questioni, quali il diritto alla riparazione per la schiavitù e l’autodeterminazione per i popoli indigeni, ha attirato l'ira dell’amministrazione USA.