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- cultura e memoria resistenti - storia - 15-03-10 - n. 310
da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. VII, Teti Editore, Milano, 1975
Capitolo I
La Comune di Parigi
Parte Prima
Il 1871 apre una nuova era nella storia universale.
Nel suo corso infatti accaddero avvenimenti decisivi, che operarono una frattura tra due epoche.
Il 18 marzo, per la prima volta nella storia dell’umanità, il potere statale passò, anche se per breve tempo, nelle mani del proletariato, la classe rivoluzionaria per eccellenza nella società capitalistica.
La Comune, creata nel 1871 dagli operai parigini, ebbe un’esistenza di soli 72 giorni, ma la sua importanza per la lotta di liberazione della classe operaia fu enorme.
LA LOTTA DI CLASSE IN FRANCIA DOPO LA CADUTA DEL II IMPERO
Lo sviluppo economico dei paesi capitalistici e l’incremento verificatosi nell’industria pesante avevano approfondito le contraddizioni tra la borghesia e il proletariato.
La costituzione della Comune di Parigi anticipò la lunga lotta della classe operaia in Francia contro la reazione politica e lo sfruttamento capitalistico.
Gia nel luglio del 1848, gli operai parigini insorti avevano lanciato la parole d’ordine della “repubblica sociale” che essi contrapponevano alla “repubblica del capitale e del privilegio”.
All’inizio del 1865, in Francia, erano sorte le prime sezioni della Associazione Internazionale dei Lavoratori (I Internazionale); con la loro attività, queste sezioni favorivano il formarsi di una coscienza di classe, rafforzavano l’organizzazione del proletariato e la sua liberazione dall’influenza dell’ideologia democratico-borghese.
L’instancabile lotta di Marx e dei suoi sostenitori contro le correnti piccoloborghesi nel movimento operaio internazionale aveva intaccato le posizioni dei proudhoniani, dei bakuniniani, dei lassalliani e degli altri avversari del socialismo scientifico.
Le decisioni dei congressi dell’Internazionale sugli scioperi, sulle unioni professionali, sulla lotta politica, avevano inferto forti colpi al prestigio di quanti cercavano di distogliere la classe operaia dai suoi compiti storici.
Verso la fine degli anni 60, nel movimento operaio dei paesi capitalistici più sviluppati vennero compiuti notevoli progressi.
In Francia, all’ala dei proudhoniani di destra si era sostituita, nella sezione dell’Internazionale, l’ala dei socialisti collettivisti, che sostenevano l’indispensabilità della lotta politica per la liberazione sociale dei lavoratori.
La classe operaia era divenuta la forza principale di un ampio movimento repubblicano, che si era sviluppato nel paese, e la sua partecipazione era stata determinante nella rivoluzione del 4 settembre 1870, che portò all’instaurazione della repubblica in Francia.
La caduta del II impero venne affrettata dalla disfatta di Sedan (2 settembre), che rivelò chiaramente la totale impreparazione bellica del paese e il fallimento del regime bonapartista.
La guerra franco-prussiana rese più acuta la lotta di classe in Francia, smascherando il tradimento della borghesia francese, che tentava di sabotare la difesa di Parigi, assediata dagli eserciti tedeschi, e mettendo in mano agli operai della capitale le armi per nuovi scontri contro il governo del “tradimento nazionale” perpetrato dall’Assemblea Nazionale, eletta l’8 febbraio del 1871.
L’accettazione delle pesanti condizioni imposte dall’armistizio da parte dei circoli dirigenti, suscitò nel paese un enorme malcontento e favorì il movimento repubblicano.
La maggioranza dei deputati dell’Assemblea Nazionale era costituita da monarchici; l’esercito, la polizia, l’apparato statale erano rimasti nelle mani dei nemici della repubblica e della democrazia.
A capo del governo sedeva il ben noto reazionario L. A. Thiers, un uomo dal passato politico che denunciava chiaramente il suo odio, contro le masse popolari e le libertà democratiche.
Per sconfiggere la reazione borghese e agraria raccoltasi attorno al governo Thiers, la classe operaia e la piccolo borghesia di Parigi costituirono, tra il febbraio e il marzo del 1871, una organizzazione politica di massa, la Federazione Repubblicana della Guardia Nazionale del Dipartimento della Senna, di cui facevano parte 215 battaglioni, con sede nei quartieri operai e democratici.
Il Comitato Centrale di questa organizzazione, guidato da noti democratici e socialisti (tra cui alcuni membri dell’Internazionale), diede origine a una nuova forma di potere popolare, espresso dalla base.
Volendo evitare la guerra civile, il Comitato Centrale aveva adottato una tattica difensiva, ma lo sviluppo degli avvenimenti portò inevitabilmente a un conflitto armato.
I sentimenti patriottici delle masse popolari erano profondamente mortificati dalle pesanti condizioni di pace e dall’occupazione di Parigi da parte delle truppe tedesche (anche se per breve tempo, poiché esse erano arrivate il 1° marzo e vi rimasero in tutto 3 giorni).
Gli interessi materiali della classe operaia e della piccola borghesia erano seriamente colpiti dai decreti sull’abolizione delle dilazioni di pagamento delle pigioni non corrisposte durante l’assedio e di quello delle cambiali accumulatesi nello stesso periodo.
Questi due decreti, adottati per favorite i grandi banchieri, gli imprenditori e i proprietari di case, suscitarono un forte malcontento tra i lavoratori, i piccoli artigiani e i piccoli commercianti, aumentando il loro odio contro i circoli dirigenti, i grandi finanzieri e i generali “capitolardi” che stavano dietro ad essi.
L’autorità del governo di Thiers e dell’Assemblea Nazionale era in piena decadenza, mentre aumentava l’influenza politica del Comitato Centrale della Guardia Nazionale.
Nella capitale e in alcune altre città si venne formando una situazione rivoluzionaria.
Volendo evitare l’ulteriore sviluppo degli avvenimenti, che sarebbe sfociato nel passaggio del potere nelle mani del proletariato armato, i circoli dirigenti decisero di smobilitare i lavoratori di Parigi e di liquidarne l’organizzazione rivoluzionaria.
L’INSURREZIONE DEL 18 MARZO. LA PROCLAMAZIONE DELLA COMUNE
Nella notte tra il 17 e il 18 marzo 1871 il governo spostò le truppe da Montmartre a Belleville e in altre zone operaie di Parigi, con l’intento di sottrarre i cannoni della Guardia Nazionale.
Era questo il primo passo verso la smobilitazione dei sobborghi proletari di Parigi, che erano il principale impedimento all’instaurazione del regime monarchico, e per poter addossare alle masse popolari le spese di guerra.
Le truppe, occupata la collina di Montmartre e altre zone della città, s’impadronirono dei cannoni e ritornarono verso il centro della città.
La Guardia Nazionale, volendo impedire gli spostamenti delle truppe governative, prese le armi e, con l’aiuto della popolazione, comprese le donne, impedì ai soldati di portarsi via le armi.
I soldati si rifiutarono di sparare sul popolo e arrestarono due generali (Lecomte e Thomas), che in seguito furono fucilati.
Il Comitato Centrale della Guardia Nazionale, passato dalla difesa all’attacco, spostò verso il centro della città i battaglioni dei quartieri operai, che s’impadronirono della prefettura di polizia, dei ministeri, delle stazioni, delle caserme, dei palazzi dei sindaci rionali e verso la tarda sera conquistarono anche il municipio, sul quale fecero sventolare la bandiera rossa.
La capitale delta Francia era nelle mani degli operai insorti.
Il governo di Thiers era fuggito precipitosamente a Versailles (a 17/19 km da Parigi), scortato dalle truppe.
Il Comitato Centrale della Guardia Nazionale si eresse in governo provvisorio del proletariato vittorioso, trascinando con sé l’ala radicale della piccola borghesia parigina.
La maggioranza dei membri del Comitato Centrale della Guardia Nazionale s’illudeva di poter ricomporre il contrasto pacificamente, e non valutando il pericolo che il governo promuovesse una lotta armata contro la Parigi rivoluzionaria, permise a Thiers di far sgombrare le sue truppe dalla capitale.
Per la verità una parte dei dirigenti rivoluzionari incitava all’attacco immediato contro le forze di Thiers, allora estremamente deboli (27-30 mila soldati, di cui molti animati da sentimenti democratici).
Fu un grave errore, che permise al governo di Thiers di superare il panico del primo momento e di rafforzarsi.
Un secondo, grave errore fu di trascurare ogni misura immediata contro gli elementi controrivoluzionari, che continuavano la loro nefasta attività a Parigi, sostenuti attivamente da Versailles.
Occupato interamente nella preparazione delle elezioni per la Comune di Parigi, il Comitato Centrale riteneva suo compito primario dare i pieni poteri a un organo scelto liberamente dalla popolazione di Parigi, sfuggendo cosi ai possibili rimproveri di conquista illegale del potere.
Il 26 marzo si svolsero le elezioni, con grande concorso di elettori e sulla base del voto universale.
Vennero elette 86 persone e il 28 marzo venne trionfalmente proclamata sulla piazza la Comune di Parigi, di fronte a una folla di 100.000 guardie nazionali, che accolsero con grandi acclamazioni i propri eletti.
Nel frattempo il governo Thiers raccoglieva tutte le proprie forze in vista della prossima battaglia giungendo perfino a chiedere aiuto al nemico di ieri, la Germania.
I delegati di Thiers chiesero di costituire un esercito composto da 80 mila uomini, inclusi gli ufficiali e i soldati francesi prigionieri dei tedeschi.
Il governo tedesco, tradizionale nemico della Francia, diede il permesso.
Dopo cinque giorni dalla proclamazione della Comune, da Versailles ripresero le azioni militari e gli attacchi agli avamposti dei comunardi.
Il proletariato di Parigi era di fronte alla guerra civile e da quel momento accantonò le proprie rivendicazioni rivoluzionarie per combattere la lotta armata contro le forze unite della controrivoluzione borghese.
La circostanza più grave per la Comune di Parigi fu la mancanza di un aiuto sostanziale dalla provincia.
Nel periodo dal 19 al 27 marzo, in vari centri industriali (Marsiglia, Lione. Tolosa, Saint-Étienne, Narbona, Limoges, Le Crimson l’insurrezione popolare aveva portato alla proclamazione della Comune.
Una parte attiva alla direzione del movimento rivoluzionario a Bordeaux venne data dal socialista francese Paul Lafargue.
Il 30 aprile, a Lione, durante le elezioni municipali, scoppiò nuovamente l’insurrezione.
Le Comuni della provincia, comunque, durarono ben poco: da 3 a 4 giorni.
Soltanto a Marsiglia la Comune ebbe una vita di 10 giorni.
La mancanza di un solido legame tra i diversi centri del movimento rivoluzionario nella provincia e i gravi errori dei dirigenti facilitarono al governo di Versailles la loro repressione.
Anche ad Algeri operai indigeni e democratici lottarono fianco a fianco per instaurare una Comune, ma il loro tentativo fallì.
Al movimento, da parte della popolazione araba, era accomunata anche la lotta per la liberazione nazionale dal giogo coloniale, e il governo Thiers riuscì a riprendere interamente il controllo della situazione solo alla fine del 1872.
LA COMPOSIZIONE DELLA COMUNE E I SUOI CAPI
Nella Comune di Parigi si verifico una attiva collaborazione tra la classe operaia e gli strati avanzati della piccola borghesia e le forze progressive intellettuali, anche se il ruolo egemone spettò di diritto al proletariato.
Assieme agli operai, alla Comune sedevano piccoli commercianti, artigiani, impiegati, scienziati progressisti, uomini del mondo della letteratura e dell’arte.
Gli operai, membri dell’Internazionale, L. E. Varlin, L. Fraenkel, A. Serraillier. E. Duval, A. Avrile, A. Theisz e altri noti esponenti del movimento socialista, il medicoingegnere E. Vaillant, il pittore G. Courbet, lo scienziato G. Flourens, il pedagogista G. Lefrançais, i pubblicisti A. Vermorel, Ch. Delescluze, E. Tridon, P. Grousset, lo scrittore Jules Vallès, i poeti rivoluzionari J. B. e E. Pottier (che più tardi scrissero il testo dell’Internazionale), lo studente Raoul Rigault, gli impiegati di banca T. Ferre e F. Jourde erano i più notevoli esponenti della Comune di Parigi.
Di grande popolarità e rispetto presso i lavoratori godeva Lucien Eugène Varlin, uno dei più importanti organizzatori e dirigenti della sezione francese dell’Internazionale.
Come membro del Comitato Centrale della Guardia Nazionale, Varlin partecipò attivamente all’insurrezione del 18 marzo e durante i giorni della Comune fu membro delle commissioni per la guerra e per le finanze.
L’operaio ungherese Leo Fraenkel, membro del Consiglio Federale dell’Internazionale a Parigi, divenuto in seguito uno dei fondatori del partito socialista ungherese, era a capo della commissione per il lavoro e il commercio.
Fraenkel fu un sostenitore di Marx, di cui studiava con grande passione le teorie.
Egli fece approvare vari decreti della Comune per la difesa del lavoro degli operai e degli impiegati: “Ho ricevuto un solo mandato, quello di difendere gli interessi del proletariato” affermò nel corso di una riunione della Comune.
Un altro personaggio centrale della Comune fu anche Gustave Flourens, studioso geniale e acceso rivoluzionario, attivo sostenitore della lotta al regime bonapartista.
Marx, che lo conobbe personalmente, ne aveva una grande stima.
Il 3 aprile Flourens venne catturato e barbaramente ucciso dagli emissari di Versailles.
Oltre ai proletari rivoluzionari, ebbero una parte di primo piano nella Comune anche i democratici piccolo-borghesi, tra i quali, per la sua dedizione alla causa della rivoluzione, si distinse il 62enne Charles Delescluze, che gia aveva partecipato alla rivoluzione del 1848 e più di una volta era stato arrestato e mandato in prigione e che, nonostante una grave malattia, rimase sino alla fine al proprio posto di membro della Comune.
La composizione della Comune variò più volte.
Alcuni membri furono eletti in numerosi distretti, altri, come Louis Blanqui, furono eletti, sebbene assenti.
Alcuni deputati rifiutarono di partecipare alle riunioni della Comune, per motivi politici, gli uni rifiutando il mandato subito dopo le elezioni, gli altri pochi giorni dopo.
Fra quelli che ricusarono di partecipare alle sedute della Comune vi erano non solo dei reazionari e dei liberali convinti, eletti dalla popolazione dei quartieri ricchi, ma anche radicali di origine borghese, spaventati dal carattere rivoluzionario e socialista del nuovo potere e dalla maggioranza in esso assunta dagli operai.
Di conseguenza, nella Comune c’erano 31 posti vacanti.
Il 16 aprile, nel pieno della lotta contro il governo di Versailles, ebbero luogo le elezioni suppletive, nelle quali vennero eletti 17 nuovi membri, per la maggior parte appartenenti alla classe operaia: “Soltanto i lavoratori - afferma Lenin - sono rimasti fedeli sino alla fine alla Comune... Soltanto i proletari francesi hanno sostenuto senza paura e senza stanchezza il ‘loro’ governo, solo essi si sono battuti e sono morti per esso, cioè per la causa della liberazione della classe operaia, per un futuro migliore per tutti i lavoratori” (V. I. Lenin: “Ricordi della Comune”).
Insieme ai proletari di Parigi si batterono coraggiosamente per la causa della Comune i rivoluzionari polacchi, russi, italiani, ungheresi, belgi.
Famosissimo divenne il nome di Elisavjeta Dmitrijeva (Kuscheleva, Tumanovskaja), che aveva conosciuto Marx e manteneva i legami con il Consiglio Generale dell’Internazionale.
Con lei partecipò alla lotta dei comunardi un’altra russa, Anna Vasiljevna Korvin-Krukovskaja, moglie del socialista francese e comunardo Jaclard, eletta tra i membri del comitato del XVII circondario di Parigi.
Comunardo fu anche un altro rivoluzionario russo, che si trovava in quel tempo a Parigi, Pjotr Lavrov.
I rivoluzionari polacchi Jaroslaw Dombrowski e Valery Wroblewski, partecipanti all’insurrezione del 1863, furono tra i comandanti militari della Comune.
Dombrowski comandò uno dei tre eserciti della Comune e fu tra coloro che avevano consigliato l’attacco immediato a Versailles.
Tra i polacchi che lottarono dalla parte dei comunardi si distinsero per il loro coraggio i fratelli Okolowicz e la coraggiosa Anna Pustowoitowa, perita negli ultimi combattimenti in città.
I belgi che vivevano a Parigi ed erano accesi rivoluzionari costituirono una legione di volontari.
LA LOTTA DELLE CORRENTI POLITICHE NELLA COMUNE
L’attività della Comune si svolse fra contrasti tra le diverse tendenze politiche.
Verso la fine di aprile all’interno della Comune si erano affermate definitivamente due correnti, la “maggioranza” e la “minoranza”.
La prima era composta dai cosiddetti “neo-giacobini”: blanquisti ed esponenti di altri raggruppamenti; la seconda era composta da proudhoniani e socialisti di estrazione piccolo-borghese, vicini alle idee di Proudhon.
Alle posizioni della “minoranza” era vicino il blanquista Tridon.
Nella Comune c’erano circa 40 membri dell’Internazionale, di cui una pane aderiva alla “maggioranza”, un’altra alla “minoranza”.
Tra questi due gruppi vi erano divergenze di vedute, provocate dalla diversa visione dei compiti della rivoluzione del 1871 e dalla tattica, alla quale si sarebbe dovuto attenere il governo della Comune.
La “maggioranza” non vedeva una diversità sostanziale tra la rivoluzione borghese del 1789-1794 e la rivoluzione proletaria del 1871, e riteneva erroneamente che la seconda fosse solo il proseguimento della prima.
Di conseguenza, molti membri della “maggioranza” non davano grande importanza ai mutamenti sociali.
I fautori di questa corrente, però capivano profondamente l’esigenza di un potere più centralizzato e auspicavano una lotta radicale ai nemici della rivoluzione.
I componenti della “minoranza” dedicavano attenzione alle riforme economico-sociali, anche se poi, nell’azione, erano spesso assai indecisi.
Essi erano contrari a qualsiasi azione “forte” nei confronti degli elementi ostili alla Comune, disapprovavano la chiusura dei giornali borghesi etcetera.
Le due correnti vedevano in modo diverso i compiti della Comune in quanto organo di potere: la “minoranza” sosteneva che la Comune era un organo di potere solo per Parigi, la “maggioranza” considerava la Comune un governo di tutta la Francia.
Ma entrambe le parti erano in errore.
Il proletariato francese, allora, non formava ancora un partito rivoluzionario conseguente e questo fatto si riflette negativamente sullo sviluppo e sull’esito della rivoluzione del 1871.
I contrasti di principio e di tattica verificatisi tra i membri della Comune si manifestarono sin dalle prime riunioni e si acuirono ancor più in seguito, diventando particolarmente accesi nelle riunioni del 28 e del 30 aprile e in quella del 1° maggio, quando venne esaminata la creazione di un Comitato di Salute Pubblica, cui avrebbero dovuto essere attribuiti vastissimi poteri.
La “minoranza” era decisamente contraria a questo decreto, poiché riteneva che un siffatto organo di potere potesse ledere i principi democratici della rivoluzione del 18 marzo.
I1 16 maggio l’opposizione pubblicò una dichiarazione, in cui protestava contro la politica del Comitato di Salute Pubblica e affermava che non avrebbe più partecipato alle riunioni della Comune.
In risposta, alcuni giornali chiesero l’arresto dei membri della “minoranza” e il loro rinvio a giudizio, definendoli “traditori” e “disertori”.
Il procuratore della Comune, il blanquista Rigault, aveva già preparato l’ordine di arresto per i deputati dell’opposizione, ma il 17 maggio molti membri della minoranza si presentarono alla seduta ordinaria della Comune e il conflitto perdette d’intensità.
Una parte di primo piano nella pacificazione all’interno della Comune va attribuita al Consiglio Federale della sezione parigina dell’Internazionale, che invitò i membri della Comune a “fare ogni sforzo per conservare l’unita della Comune, assolutamente indispensabile per la vittoria contro il governo di Versailles”.
La lotta comune contro le truppe inviate da Versailles avvicinò nuovamente i rappresentanti delle due correnti nella Comune.
LE ORGANIZZAZIONI RIVOLUZIONARIE DI MASSA NEI GIORNI DELLA COMUNE
La Comune si appoggiava sulle organizzazioni rivoluzionarie di massa della classe operaia, in particolare sui club politici che si riunivano negli edifici scolastici, nelle case comunali e nelle chiese.
Il circolo rivoluzionario parigino più importante nel 1871 fu il “Club comunale” del III circondario, che aveva persino un proprio quotidiano, e alle cui riunioni partecipavano alcune migliaia di persone.
Suo motto era “Vincere o morire!”.
I club esaminavano le diverse questioni riguardanti la difesa e la politica economico-sociale della Comune, ne criticavano gli errori, richiedevano l’introduzione di misure più decise.
Come i club, anche le sezioni dell’Internazionale (se ne contavano circa 30) avevano una parte importante nell’organizzazione della Comune.
Per la realizzazione di molti dei suoi decreti, infatti, la Comune si appoggiava alle unioni professionali, alle cooperative e a molte organizzazioni operaie.
Un grande ruolo nella vita politico-sociale della Comune avevano i comitati di vigilanza, creati nel 1870 in ognuno dei 20 circondari di Parigi, ed anche i consigli di legione, ai quali appartenevano i rappresentanti scelti tra i battaglioni delta Guardia Nazionale.
La più importante organizzazione sociale femminile era l’“Unione delle donne per la difesa di Parigi e per l’aiuto ai feriti”.
Proletaria per composizione, essa aveva un comitato centrale, diretto dall’operaia socialista Nathalie Le Mel e da alcune altre attiviste del movimento operaio.
LA COMUNE: UNO STATO DI TIPO NUOVO
La Comune non seguiva il cammino delle precedenti rivoluzioni borghesi, che avevano mantenuto l’apparato poliziesco-militare preesistente, ma mirava ad abbattere la macchina dello Stato borghese, per costruire uno Stato nuovo, che fosse espressione politica dell’organizzazione democratica del potere.
Con il primo decreto della Comune (29 marzo) fu abolito l’esercito permanente, basato sul servizio di leva, e fu sostituito da una Guardia Nazionale, composta da lavoratori armati e da rappresentanti dei club democratici.
La polizia, che nello Stato borghese aveva sempre rappresentato una delle armi principali per l’oppressione dei lavoratori, venne sostituita da battaglioni di riserva della Guardia Nazionale.
Il principio della elettività, della responsabilità e della revocabilità ebbe vigore per tutti i dipendenti dello Stato e per i membri della stessa Comune (decreto del 2 aprile).
La Comune adottò anche una risoluzione in base alla quale lo stipendio dei più alti impiegati non doveva superare la paga di un operaio qualificato (decreto del 2 aprile).
In questo modo, la Comune intendeva annullare la posizione privilegiata degli impiegati dei gradi superiori.
Vennero invece aumentati gli stipendi degli impiegati di grado inferiore.
Come afferma Lenin, “senza alcuna legislazione particolare, ma semplicemente coi fatti, il potere proletario portò alla democratizzazione del regime sociale...” (V. I. Lenin: “Gli insegnamenti della Comune”).
Così come aveva demolito l’apparato burocratico-poliziesco dello Stato borghese, la Comune rifiutò anche il parlamentarismo.
Essa infatti era al contempo organo legislativo ed esecutivo del potere.
I decreti, adottati nelle riunioni della Comune, erano messi in esecuzione dagli organi e dalle istituzioni che erano staff formati dalle nove commissioni insediate dalla Comune: militare, delle finanze, della giustizia, della politica interna, della sicurezza sociale, degli affari esteri, del lavoro e dei servizi sociali (posta, telegrafo eccetera), dell’educazione e del commercio.
Organo supremo della Comune era la Commissione Esecutiva, composta (20 aprile) di dirigenti (“delegati”) di tutte le nove commissioni speciali.
Il 1° maggio, peggiorando la situazione militare, la Commissione Esecutiva venne sostituita con il Comitato di Salute Pubblica, formato da 5 membri della Comune.
A capo di ognuno dei 20 circondari di Parigi funzionava una commissione municipale, che dipendeva dai membri della Comune eletti nello stesso circondario.
La classe operaia di Parigi diede molti organizzatori e dirigenti statali efficienti.
Nelle condizioni difficili, con il sabotaggio degli alti e medi funzionari, vennero create e rese attive organizzazioni governative e municipali, ristrutturate dalla Comune secondo scopi e compiti diversi, per principio e finalità, da quelli dello Stato borghese.
Albert Theisz, membro della Comune, dirigente della sezione parigina dell’Internazionale, si rivelò un efficientissimo organizzatore come capo delle poste parigine. Con grande coraggio e iniziativa lavorò il tipografo Jean Allemane, che nel V circondario prese misure efficaci contro elementi avversi alla Comune, in particolare contro i rappresentanti del clero.
Buoni amministratori furono i membri dell’Internazionale (Combault e Faillet), messi dalla Comune a capo della direzione delle imposte indirette, come pure Z. Camélinat, il bronzista membro dell’Internazionale, designato alla direzione delle monete (morì nel 1932, membro del Partito Comunista Francese).
LA POLITICA ECONOMICO-SOCIALE DELLA COMUNE
La politica economico-sociale della Comune era dettata dal desiderio di migliorare la condizione di ampi strati della popolazione e realizzare la liberazione economica dei lavoratori.
La tendenza socialista della Comune si manifestò chiaramente in molti decreti: il decreto del 16 aprile stabiliva di trasmettere alle società di produzione operaie le fabbriche e le industrie abbandonate dagli imprenditori, fuggiti da Parigi dopo l’insurrezione del 18 marzo.
Questo primo passo verso l’espropriazione dei capitalisti era ancora timido: il decreto prevedeva infatti che essi ricevessero un compenso in denaro nel caso in cui fossero rientrati a Parigi; alla riunione della Comune del 4 maggio venne avanzata la proposta (che fu però) respinta) di estendere l’azione del decreto a tutte le imprese importanti.
Grande valore in linea di principio ebbe l’instaurazione del controllo statale e operaio sulla produzione in alcune grosse imprese, ad esempio nelle armerie del Louvre, dove, sotto il controllo di un direttore, venne create un consiglio for-mato da operai e impiegati eletti.
La Comune proibì l’applicazione di multe illegali e le trattenute arbitrarie sulla paga degli operai (decreto del 27 aprile), abolì il lavoro notturno nei panifici (decreto del 20 aprile), intraprese misure pratiche per la protezione dei disoccupati, stabilì un minimo per la paga degli operai e delle operaie addetti all’adempimento delle ordinanze della Comune (decreto del 13 maggio).
Allo scopo di soddisfare le esigenze fondamentali dei lavoratori, la Comune approvò un decreto per la requisizione di tutti gli appartamenti sfitti e l’installazione in essi dei lavoratori della periferia, i cui alloggi erano stati danneggiati dall’artiglieria (decreto del 25 aprile); il decreto del 6 maggio ordinò la restituzione gratuita di 800 mila oggetti, impegnati dagli strati meno abbienti al Monte di Pietà, fino alla cifra di 20 franchi per ogni depositante; un grande sollievo economico per le masse lavoratrici fu l’abolizione dell’affitto per 9 mesi, a partite dall’ottobre del 1870 (decreto del 29 marzo).
Nell’interesse dei piccoli imprenditori e dei piccoli commercianti la Comune prolungò di 3 anni il termine per il pagamento di ogni tipo di effetto commerciale e sospese le azioni giudiziarie per il loro mancato pagamento (decreto del 16 aprile).
La Comune attuò altre riforme nel campo dell’istruzione e della cultura.
Con il decreto del 3 aprile, che sanciva la separazione tra Stato e Chiesa, la Comune riprese la lotta contro l’influenza del clero cattolico nelle scuole e sostituì i religiosi con insegnanti laici.
Venne aumentato lo stipendio degli insegnanti, fu introdotto lo studio gratuito e obbligatorio nella scuola primaria, venne organizzata, per la prima volta in Francia, una scuola professionale.
La Comune sosteneva il principio dell’“educazione multilaterale”, abbinando l’insegnamento delle basi del sapere scientifico all’apprendimento di un mestiere.
S’intraprese la riorganizzazione dei musei e delle biblioteche e venne emanato un decreto (20 maggio) per il passaggio dei teatri dagli impresari privati nelle mani degli artisti e dei lavoratori dello spettacolo.
Louise Michel, una delle più coraggiose dirigenti della Comune, scrive: “Si voleva avere tutto in una volta sola: l’arte, le scienze, la letteratura, le scoperte. La vita aveva un nuovo impulso. Tutti si affrettavano a fuggire dal vecchio mondo...”.
Nella loro maggioranza, tutte queste riforme non poterono essere condotte a termine, ma quanto venne fatto, nonostante gli errori e le illusioni di una notevole parte dei dirigenti, manifestò chiaramente l’istinto rivoluzionario della classe operaia.
Altri errori affrettarono purtroppo la caduta della Comune: il più grave fu la mancata confisca del denaro e degli altri preziosi conservati nella Banca di Francia (per una somma totale di 3 miliardi di franchi).
Beslay, il proudhoniano designato dalla Comune a commissario nella Banca, sostenuto da altri proudhoniani, membri della commissione delle finanze, si rifiutò di agire con la forza nei confronti delle proprietà della borghesia.
Gran parte di queste ricchezze, attraverso le succursali provinciali, servirono a finanziare la controrivoluzione di Versailles.
Altro errore fondamentale commesso dai capi della Comune fu di non aver condotto una lotta senza quartiere contro i nemici della rivoluzione, contro gli agitatori controrivoluzionari, contro lo spionaggio.
La Comune proibì la pubblicazione di circa 30 giornali reazionari, ma non chiuse le loro tipografie, cosicché alcuni giornali proibiti continuarono ad uscire, sotto altre testate.
Per impedire le esecuzioni in massa di prigionieri da parte dei versagliesi, il 5 aprile la Comune emanò un decreto sugli ostaggi, grazie al quale vennero arrestati più di 200 controrivoluzionari.
Ma, nelle condizioni della guerra civile, queste misure erano insufficienti.
La Comune fece solo alcuni tentativi sporadici per stabilire collegamenti con le masse contadine, perché i suoi capi, nella loro maggioranza, non davano importanza al ruolo dei contadini nella rivoluzione e non capivano che, senza l’aiuto del proletariato contadino, non avrebbero potuto conservare il potere conquistato.
Il legame con i contadini era invece, per la Parigi rivoluzionaria, assolutamente necessario.
Le truppe di Versailles avevano organizzato una cintura militare attorno a Parigi per impedire i collegamenti della città con la provincia.
Il governo Thiers e i suoi sostenitori cercavano di mettere in cattiva luce, ovunque fosse possibile e con ogni mezzo, i comunardi parigini.
Soltanto in alcune zone agricole avvennero manifestazioni contadine con bandiere rosse in segno di solidarietà con i comunardi parigini.
Una delle misure adottate dalla Comune per stabilire collegamenti con Parigi e i lavoratori delle campagne fu la stampa di 100.000 volantini, che dovevano essere diffusi nelle campagne.
In essi la scrittrice socialista Andre Leo esponeva la pesante condizione dei contadini e stendeva un programma di trasformazioni economico-sociali, decise dalla Comune (diminuzione delle imposte ai piccoli possidenti, esonero dalle tasse per i più poveri, elettività delle amministrazioni comunali eccetera).
Il manifestino finiva con queste parole: “Parigi vuole solo la terra per i contadini, gli strumenti di lavoro per gli operai, il lavoro per tutti, i frutti della terra per chi la lavora”.
Parte seconda (prossima pubblicazione)
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