www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 21-07-10 - n. 328

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. XI, Teti Editore, Milano, 1975
 
Capitolo III
 
[…]
 
3 LA COREA
 
L’INIZIO DELLA RIVOLUZIONE DEMOCRATICO-POPOLARE IN COREA, NELL’AGOSTO-NOVEMBRE 1945
 
La liberazione della Corea dal dominio coloniale giapponese fu una delle conseguenze immediate della seconda guerra mondiale e una delle manifestazioni della missione liberatrice dell’Unione Sovietica.
Essa modificò radicalmente la situazione del paese.
Il crollo del dominio coloniale del Giappone assestò un duro colpo ai suoi alleati coreani, gli agrari e la grande borghesia. La borghesia nazionale della Corea, interessata acché dopo la liberazione il paese continuasse a svilupparsi lungo la via capitalistica, era debole e senza aiuti esterni, impotente a realizzare i suoi disegni. I suoi gruppi dirigenti erano compromessi agli occhi del popolo per aver collaborato con i colonialisti.
 
La classe operaia coreana costituiva una considerevole forza sociale e contava oltre 2 milioni di lavoratori, circa 600 mila dei quali occupati nell’industria. La massa fondamentale del proletariato industriale della Corea era concentrata nelle sue regioni settentrionali.
Nel corso della precedente lotta di liberazione si erano rafforzati i legami della classe operaia con i contadini e gli altri strati di lavoratori e si erano così create le premesse per la ricostituzione del partito comunista.
Dopo il crollo del dominio giapponese la dislocazione delle forze di classe, le condizioni oggettive e soggettive, nel loro complesso, favorirono la creazione di una situazione rivoluzionaria e la possibilità di una rivoluzione democratico-popolare
 
Sulla base degli accordi tra gli alleati, la Corea fu divisa in due zone: quella settentrionale, a nord del 38° parallelo, controllata dalle truppe sovietiche, e quella a sud dello stesso parallelo, presidiata dalle truppe americane.
Si trattava di una spartizione provvisoria, in attesa della capitolazione delle forze giapponesi.
Nella Corea settentrionale le forze armate sovietiche crearono tutte le condizioni necessarie per l’attività degli organi del potere popolare.
In breve tempo fu distrutto l’apparato coloniale, furono liquidati tutti gli organi dell’amministrazione giapponese, furono annientate le basi del domino economico del Giappone.
 
La grande industria, i trasporti, i mezzi di comunicazione, le banche di proprietà dei giapponesi, furono messi sotto il controllo e la gestione del Comando militare sovietico per esser consegnati successivamente al loro legittimo proprietario: il popolo.
L’amministrazione civile si poneva come compito fondamentale quello di aiutare i lavoratori coreani a sviluppare la Corea come uno Stato democratico e indipendente. Tecnici di professioni civili che si trovavano nelle file dell’esercito sovietico, si misero al lavoro per aiutare immediatamente i lavoratori coreani a ricostruire l’economia danneggiata dal colonialismo e dalla guerra, sviluppare la cultura, preparare i dirigenti.
La presenza nella Corea settentrionale delle truppe sovietiche aveva inoltre paralizzato le forze della reazione imperialista e coreana, privandole della possibilità di intervenire o di scatenare la guerra civile.
Le condizioni createsi nella parte settentrionale del paese vi avevano facilitato lo svolgimento di un processo rivoluzionario.
La forza dirigente e organizzatrice di questo processo era rappresentata dai comunisti, diretti da Kim Il Sung.
 
I comunisti erano alla testa dei comitati popolari creati subito dopo la liberazione, sulla base di una larga coalizione delle forze democratiche.
Dall’8 al 10 ottobre 1945 ebbe luogo a Pyong-Yang una conferenza dei rappresentanti dei comitati popolari che discussero problemi relativi alla loro organizzazione e attività.
I comitati popolari cominciarono a procedere alla confisca delle terre appartenute agli agrari giapponesi e ai coreani traditori, che furono consegnate gratuitamente ai contadini poveri e ai braccianti agricoli. Secondo una decisione presa dagli stessi comitati, il canone della terra data in affitto non poteva essere superiore al valore del 30 per cento del raccolto. I comitati popolari, aiutati attivamente dalle truppe sovietiche, ricostruirono l’economia, presero misure per assicurare il vettovagliamento della popolazione, aiutarono i disoccupati e gli indigenti.
 
Nella Corea settentrionale sorsero e si rafforzarono i partiti politici democratici e le organizzazioni di massa.
Una pietra miliare importante sulla via della trasformazione rivoluzionaria della società nella Corea settentrionale fu la ricostituzione del partito comunista.
Nei primi giorni successivi alla liberazione gli ex partigiani e i comunisti usciti dalla clandestinità e dalle prigioni si misero al lavoro per formare le organizzazioni di base, distrettuali e provinciali del partito.
Il 10 ottobre 1945 cominciò la propria attività l’Ufficio organizzativo del Partito comunista della Corea del nord.
 
Nel novembre fu costituito in forma organica il Partito democratico della Corea settentrionale, che riuniva soprattutto i rappresentanti della piccola e media borghesia urbana e degli intellettuali. Al tempo stesso, partendo dalla base progressista della setta religiosa “Cihondoge”, “Dottrina della via celeste”, cominciò a formarsi il Partito dei giovani amici, fondato nel febbraio del 1946, estremamente eterogeneo dal punto di vista della sua composizione sociale. Alla fine del 1945 e inizio del 1946, infine, fu creato il Nuovo partito popolare della Corea del nord, il cui programma coincideva in molti punti con quello del partito comunista.
 
Le organizzazioni democratiche di massa sorte subito dopo la liberazione, si stavano frattanto trasformando in grandi forze.
Nell’ottobre 1945 era sorta la Federazione giovanile democratica, nel novembre l’Unione delle donne democratiche e i sindacati, che ancora prima avevano costituito 15 organizzazioni di categoria. Nel gennaio 1946 i contadini, anch’essi già organizzati prima, si unirono nella Federazione contadina della Corea settentrionale. Fu creata anche l’Associazione degli esponenti
Tutte queste forze si raccolsero in un Fronte unico democratico e nazionale della Corea settentrionale, guidato dalla classe operaia e dal partito comunista.
 
Nella Corea meridionale, invece, le truppe giapponesi continuarono a rimanere ancora tre settimane dopo la capitolazione del Giappone.
Vi rimanevano, inoltre, l’amministrazione del governatore generale e tutto l’apparato coloniale giapponese. Anche qui, però, si sviluppò un movimento popolare di massa, sorsero partiti e organizzazioni democratici, organi democratici del potere, i comitati popolari, che in molte località occuparono fabbriche e officine, dichiarandole patrimonio popolare.
In alcuni stabilimenti fu istituito il controllo operaio e furono cacciati il direttore e i sorveglianti giapponesi.
Nelle campagne i comitati popolari avanzarono la rivendicazione della riduzione dei canoni di affitto al 30 per cento dei raccolti, riuscendo in parecchi casi a farla accettare. Essi proibirono agli agrari lo sfratto dei fittavoli dagli appezzamenti che lavoravano. Già alla fine di agosto del 1945 erano in funzione nella Corea meridionale circa 150 comitati popolari.
 
I militari giapponesi dichiararono lo state d’emergenza, senza peraltro decidersi a far ricorso alle forze armate.
Manifestazioni e comizi con migliaia di partecipanti chiedevano la creazione di uno Stato democratico e indipendente e manifestavano la profonda riconoscenza all’Unione Sovietica, liberatrice della Corea. Nelle città e nelle campagne sorgevano compagnie battagliere di patrioti coreani.
 
Anche nella Corea meridionale questo poderoso processo rivoluzionario era diretto dalla classe operaia e dai comunisti.
I militari giapponesi non erano in grado di impedirlo. Si era venuto creando una specie di dualismo del potere.
 
Alla fine di agosto l’amministrazione giapponese chiese al comando militate americano di poter ritirare al più presto le proprie truppe dalla Corea meridionale.
Il 7 settembre il generale MacArthur, comandante delle forze armate americane nell’Estremo Oriente, avvertiva con un’ordinanza la popolazione della Corea meridionale che il potere passava all’amministrazione militare americana la quale avrebbe considerato il territorio della Corea del sud non come liberato dal nemico, ma come una zona di occupazione e che vi sarebbe stato instaurato un regime militare, compreso un apposito tribunale di occupazione.
L’8 settembre, nel Porto di Incheon, iniziava lo sbarco dei marinese il giorno successivo le truppe americane entravano a Seul.
Tutta l’amministrazione coloniale precedente, le leggi e gli ordinamenti voluti dai giapponesi, furono conservati. Ciò suscitò la protesta delle masse popolari, sotto la cui pressione furono rimossi, prima il governatore generale giapponese Abe, e poi i capi dipartimento. Ma in tutti i settori dell’amministrazione rimasero ancora a lungo funzionari giapponesi.
 
Le autorità americane di occupazione rifiutarono di riconoscere i comitati popolari, benché nei primi tempi non facessero niente per scioglierli. Esse cercavano di “captare” la rivoluzione e orientare l’attività del popolo in una direzione conforme ai loro interessi, perciò, dichiarando di essere per le libertà politiche, civettavano con le organizzazioni democratiche. Contemporaneamente mettevano assieme le forze della reazione coreana, con il proposito di servirsene più tardi per sconfiggere il campo rivoluzionario.
Subito dopo la loro entrata nella Corea meridionale le autorità americane si misero ad appoggiare attivamente la costituzione di partiti e di organizzazioni di destra. La loro direzione era costituita da elementi dirigenti della società coreana borghese-agraria, alleati fino a poco tempo prima dei colonialisti giapponesi, e dai gruppi di destra della borghesia coreana, da molti anni emigrati negli USA e in Cina, e da lungo tempo favorevoli all’imperialismo americano.
Tra le organizzazioni reazionarie della Corea meridionale una funzione dirigente era esercitata dal Partito democratico, fondato nel settembre 1945. Esso era diretto da grandi capitalisti e agrari, già collaboratori attivi dei monopolisti giapponesi.
 
Una attività intensa, diretta allo sgretolamento del fronte democratico, era svolta anche dal cosiddetto governo provvisorio della Corea, rientrato dalla Cina, e autoproclamatosi tale a Shangai ancora nel periodo dell’insurrezione popolare del 1919. Capo del campo reazionario sudcoreano era Syngman Rhee, vissuto negli USA per oltre tre decenni.
 
Nel frattempo, nella Corea meridionale continuava a svilupparsi il movimento democratico di massa.
Si creavano comitati popolari provinciali e cittadini, sorgevano organizzazioni a indirizzo democratico.
Il 5 novembre veniva costituita la Confederazione del lavoro. Il 12 novembre sorgeva il Partito popolare, programmaticamente vicino al partito comunista.
Al principio di dicembre aveva luogo il congresso costitutivo dell’Unione contadina.
 
I provvedimenti economici delle autorita di occupazione della Corea meridionale erano subordinati fin dall’inizio ai piani espansionistici degli USA. Le proprietà dei giapponesi nella Corea meridionale furono trasferite alla gestione dell’amministrazione militare. Questa non intraprese nessun passo per ripristinare la vita economica, benché la maggioranza degli stabilimenti fosse inattiva e parte degli altri lavorasse in modo parziale. Ciò comportava una disoccupazione di massa e una situazione estremamente grave per larghi strati della popolazione.
 
LE TRASFORMAZIONI DEMOCRATICHE NELLA COREA SETTENTRIONALE
 
Nel dicembre 1945, nella riunione di Mosca dei ministri degli esteri dell’URSS, degli USA e della Gran Bretagna, su proposta sovietica, fu approvato un progetto sulla Corea che apriva la strada a uno Stato democratico e sovrano.
La decisione prevedeva la costituzione di un governo democratico provvisorio della Corea, per la cui formazione avrebbe dovuto essere istituita una commissione mista dei rappresentanti delle truppe americane della Corea del sud e di quelle sovietiche della Corea del nord. Con la partecipazione del governo democratico provvisorio coreano e con l’apporto delle organizzazioni democratiche della Corea, la commissione avrebbe anche dovuto avere il compito di elaborare misure per concorrere al progresso politico, economico e sociale del popolo coreano, per sviluppare una auto-amministrazione democratica, e assicurare l’indipendenza statale della Corea.
 
Le decisione della conferenza di Mosca furono accolte con grande soddisfazione dalla Corea progressista. Tutti i partiti e tutte le organizzazioni democratiche dichiararono di approvare incondizionatamente tali decisioni e di essere disposti a fare di tutto per la loro attuazione
Il processo rivoluzionario stava sempre di più approfondendosi nella Corea settentrionale.
Nel febbraio 1945 a Pyong-Yang, in una assemblea allargata dei rappresentanti dei comitati popolari, dei partiti politici e delle organizzazioni democratiche fu costituito un comitato nazionale provvisorio della Corea settentrionale, in qualità di organo supremo temporaneo del potere in questa parte del territorio. Questo comitato cominciò ad attuare un vasto piano di riforme democratiche.
 
Il potere popolare si basava su un programma di 20 punti, formulato dal partito comunista nel febbraio 1946. Questo programma, che definiva i principali compiti antimperialistici e antifeudali della rivoluzione democratico-popolare coreana, prevedeva la liquidazione dei residui e delle conseguenze del dominio coloniale nipponico in tutti i settori della vita economica e politica del paese; le libertà politiche; lo sviluppo generale dell’industria, dell’agricoltura, dei trasporti e del commercio allo scopo di elevare le condizioni materiali delle masse; la nazionalizzazione della grande industria, dei principali mezzi di comunicazione, delle banche, delle miniere e dei boschi; la confisca di tutte le terre appartenute allo Stato giapponese o agli agrari di cittadinanza giapponese, e la loro concessione in uso gratuito ai contadini; la confisca di tutti gli impianti di irrigazione e il loro passaggio alla gestione statale; l’introduzione della giornata lavorativa di otto ore per gli operai e gli impiegati, assicurazioni sociali, salario minimo e sistema unico di profitti e di tassazione; riforma democratica della pubblica istruzione e appoggio generale allo sviluppo della cultura nazionale; formazione di dirigenti per l’economia nazionale; allargamento della rete di istituzioni sanitarie statali, introduzione dell’assistenza sanitaria gratuita per gli strati meno abbienti della popolazione.
 
Il primo passo sulla via delle trasformazioni era stato compiuto con la riforma agraria.
Nelle condizioni della Corea, dove il latifondismo e il sistema capestro delle affittanze impedivano lo sviluppo delle forze produttive nelle campagne, la riforma agraria si presentava come una necessità politica ed economica impellente. Alla vigilia della sua attuazione, gli agrari, che costituivano circa il 4 per cento della popolazione della Corea del nord, possedevano quasi il 60 per cento della super-ficie seminata di questa parte del paese. La massa fondamentale dei contadini era costituita, per oltre il 70 per cento, da fittavoli o subfittavoli.
 
La legge sulla riforma agraria, approvata il 5 marzo 1946 dal Comitato nazionale provvisorio, disponeva la confisca e la cessione gratuita in proprietà ai contadini di tutte le terre appartenute allo Stato o ai privati giapponesi, agli agrari coreani che possedevano più di 5 ciombo (1 ciombo = 0,99 ettari) per azienda, ai proprietari fondiari che davano le loro terre sistematicamente in affitto, ai monasteri e alle chiese che possedevano più di 5 ciombo.Fu confiscato complessivamente più di un milione di ciombodi terre lavorate, che delle autorità popolari furono consegnate gratuitamente ai contadini lavoratori. Parte di queste terre furono trasferite in un fondo statale. Furono confiscati e trasferiti agli organi del potere popolare le foreste, i frutteti, gli impianti di irrigazione, le scorte agricole morte e il bestiame da tiro che erano appartenuti allo Stato o ai privati giapponesi e agli agrari coreani.
 
La riforma agraria fu attuata con la partecipazione attiva dei contadini lavoratori. Per assistere gli organi popolari furono creati 11.500 comitati contadini dei quali facevano parte circa 90 mila contadini, che costituivano soprattutto l’organizzazione dei contadini poveri.
Un grande contributo per l’attuazione della riforma e un molteplice aiuto ai contadini lavoratori venne dalla classe operaia.
Il partito comunista mandò nelle campagne migliaia di operai a illustrare ai contadini la legge sulla riforma e a prender parte alla sua attuazione.
La riforma agraria, per il suo carattere antifeudale, era anche diretta a limitare lo sviluppo del capitalismo nelle campagne. Le terre distribuite ai contadini non potevano essere né vendute, né ipotecate. Anche la liquidazione del sistema di affittanza costituì un duro colpo per i contadini ricchi.
 
Distruggendo i rapporti produttivi semifeudali, la riforma agraria modificò la struttura di classe e i rapporti di forza nelle campagne della Corea del nord. La classe degli agrari era ormai inesistente, le posizioni dei contadini ricchi indebolite, mentre quelle dei contadini lavoratori si erano notevolmente consolidate. L’attività politica di questi ultimi era fortemente cresciuta, come era aumentata la loro fiducia nel potere popolare dal quale avevano avuto la terra.
 
Assieme alla legge sulla riforma agraria il comitato nazionale provvisorio della Corea settentrionale aveva anche introdotto un’unica imposta agraria in natura, che attribuiva ai contadini il diritto di disporre liberamente dei loro prodotti, una volta corrisposta l’imposta stessa. Il nuovo sistema di imposizione dei contadini contribuì allo sviluppo degli scambi tra città e campagna e alla soluzione del problema degli approvvigionamenti, che era il più grave per la Corea settentrionale.
 
Nel giugno 1946 fu approvata una legge sul lavoro degli operai e degli impiegati. Questa legge introduceva la giornata lavorativa di otto ore, vietava lo sfruttamento del lavoro minorile, stabiliva la parità di remunerazione a parità di lavoro, indipendentemente dal sesso e dall’età, introduceva la prevenzione degli infortuni e le assicurazioni sociali.
 
Il 30 luglio dello stesso anno il comitato approvava una legge sulla parità giuridica delle donne, che ottenevano diritti pari a quelli degli uomini in tutti i campi della vita statale, economica, politica, sociale e culturale.
 
Cominciavano nello stesso tempo le trasformazioni nel campo della cultura. Fu liquidato il sistema di istruzione coloniale giapponese che tendeva alla distruzione della cultura coreana, dei quadri intellettuali nazionali, dell’insegnamento della lingua coreana. Fu sviluppata la lotta contro una delle più gravose eredità del dominio coloniale giapponese: l’analfabetismo di massa della popolazione. Furono prese misure per la rinascita dell’arte nazionale.
 
Il 10 agosto 1946 il Comitato nazionale provvisorio della Corea settentrionale approvò una legge sulla nazionalizzazione, senza indennizzo, delle imprese industriali, di trasporto e delle comunicazioni, delle banche e del commercio, già appartenenti ai giapponesi o ai coreani traditori. In questo modo passarono nelle mani del potere popolare 1.034 imprese, rappresentanti il 90 per cento delle industrie della Corea settentrionale. Fu introdotto il monopolio del commercio con l’estero e venne creata la Banca Nazionale.
 
In questo modo il potere popolare aveva assunto posizioni di comando nell’economia, era stato creato un settore statale, erano stati creati rapporti di produzione socialisti.
 
Il potere popolare si orientò verso l’utilizzazione sotto il suo controllo del capitale privato nell’interesse dello sviluppo economico.
Il 4 ottobre 1946, il Comitato nazionale provvisorio emanò un’ordinanza sulla protezione dei diritti della proprietà privata e sulle misure da prendere per incoraggiare l’iniziativa privata nell’industria e nel commercio.
Con ciò non solo si neutralizzava la borghesia nel suo complesso, ma si attirava anche la piccola borghesia e una parte di quella media all’attuazione dell’edificazione democratica.
 
I legami e la collaborazione tra i partiti progressisti, consolidatisi nel corso delle trasformazioni rivoluzionarie della società, consentirono, nel luglio del 1946, la formazione del Fronte unico nazionale democratico.
Nel suo programma era iscritta la lotta per l’attuazione delle decisioni della conferenza di Mosca sulla Corea e veniva posto come compito principale quello dello sviluppo dell’amicizia con l’Unione Sovietica e con tutti i popoli del mondo amanti della pace.
Entrarono a far parte del Fronte unico nazionale democratico il partito comunista, il Nuovo partito popolare, il Partito democratico, il Partito Cikhonudan e 15 organizzazioni sociali di massa della Corea del nord.
Il Fronte unì circa 5 milioni di uomini e divenne un solido baluardo di massa del regime democratico popolare.
 
Le trasformazioni rivoluzionarie si svolsero in un clima di acuta lotta di classe e di resistenza da parte della reazione, che cercava di boicottarle e contrastarle in tutti i modi. I nemici organizzarono azioni di sabotaggio, assassini di attivisti, e cercarono di scuotere la fiducia nella politica del potere popolare. Essi cercarono di penetrare nei posti di direzione delle organizzazioni democratiche, nel tentativo di corroderle e disgregarle dall’interno. In queste condizioni l’attuazione delle trasformazioni democratiche generali, che preludevano al passaggio alla soluzione dei compiti immediatamente socialisti, richiedevano una ancor maggiore compattezza delle forze d’avanguardia della rivoluzione.
 
Nell’agosto del 1946 il partito comunista si unì al partito che più gli era vicino per compiti e obiettivi, il Nuovo partito nazionale, dando vita al Partito del lavoro della Corea del nord.
Il congresso di unificazione, tenutosi dal 28 al 30 agosto, approvò lo statuto, che faceva del nuovo partito un partito monolitico, di lotta, di tipo nuovo, e un programma minimo.
 
Una grande importanza per lo sviluppo della rivoluzione nella Corea settentrionale ebbero le elezioni generali per i comitati popolari e la trasformazione degli organi provvisori in permanenti, che ebbero luogo alla fine del 1946 e all’inizio del 1947.
Il 1° congresso dei comitati popolari, che si svolse nel febbraio del 1947, elesse l’Assemblea nazionale della Corea settentrionale come organo supremo del potere statale. Essa era composta per quasi il 90 per cento da operai, contadini, impiegati e rappresentanti degli intellettuali.
L’Assemblea nazionale formò il Comitato nazionale della Corea del nord, presieduto da Kim Il Sung.
 
All’inizio del 1947 nella Corea settentrionale erano stati sostanzialmente risolti i compiti democratici generali e antifeudali della rivoluzione democratico-popolare, e già nella prima fase di quest’ultima avevano cominciato a formarsi le strutture socialiste dell’economia. In questo modo erano state poste le premesse per il passaggio alla soluzione dei compiti più specificamente socialisti.
 
IL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE NELLA COREA MERIDIONALE
 
Nella Corea meridionale la situazione si aggravava sempre di più.
Gli USA, che avevano firmato le decisioni della conferenza di Mosca sulla Corea, non avevano nessuna intenzione di metterle in pratica.
I reazionari coreani, con il loro consenso e appoggio, misero in giro la voce che le decisioni di Mosca non miravano al progresso della Corea, bensì a farne un protettorato. Contro l’evidenza dei fatti essi affermavano che questi erano gli intendimenti dell’Unione Sovietica, mentre gli USA sarebbero stati su posizioni opposte. Dal 20 marzo all’8 maggio 1946 si svolsero i lavori della commissione mista sovieto-americana che, tra l’altro, avrebbe dovuto concorrere alla costituzione di un governo democratico provvisorio della Corea.
La delegazione americana cercò di tener lontani dalle consultazioni i rappresentanti dell’opinione pubblica democratica coreana. Di fronte al deciso rifiuto sovietico di aderire a questa pretesa, la delegazione USA interruppe i lavori della commissione. Nello stesso tempo le autorità americane avevano iniziato un’offensiva aperta contro le forze democratiche della Corea meridionale: ordinanze e risoluzioni limitavano le possibilità di attività legate delle organizzazioni democratiche, le persecuzioni nei loro confronti furono intensificate, i loro dirigenti arrestati.
 
Tutto ciò contribuì a rendere la situazione incandescente.
Nel corso dell’estate del 1946 ebbero luogo nella Corea meridionale manifestazioni di massa, scioperi, rivolte contadine. Gli operai erano i più attivi. Nel settembre 1946 i ferrovieri chiesero un aumento dei salari e il miglioramento dei rifornimenti alimentari. Le autorità opposero un rifiuto e allora il sindacato dei ferrovieri proclamò uno sciopero generale, che fu appoggiato dai poligrafici, dagli operai dei cantieri navali e da quelli degli stabilimenti industriali. Il traffico ferroviario fu interrotto in tutta la Corea del sud, le comunicazioni subirono la stessa sorte, furono chiusi molti istituti, scuole, collegi. Gli scioperanti, diretti da un comitato di sciopero della Corea meridionale, posero alle autorità di occupazione una serie di rivendicazioni: cessazione immediata del terrorismo, il potere ai comitati popolari, libertà politiche per la popolazione, ripresa dei lavori della commissione mista sovieto-americana e formazione di un governo democratico, secondo le decisioni della conferenza di Mosca, attuazione delle stesse trasformazioni democratiche già operate nella Corea del nord.
 
Le rivendicazioni degli operai in sciopero erano sostenute dagli altri strati della popolazione, e in primo luogo dai contadini.
Preoccupate per l’ampiezza dello sciopero, le autorita di occupazione promisero di soddisfare alcune rivendicazioni economiche, alla condizione che lo sciopero fosse fatto preventivamente cessare. Ma quando il traffico ferroviario fu ripreso su alcune reti esso, invece di essere utilizzato per i trasporti di riso promessi, lo fu per spostare cannoni e mitragliatrici. Il comitato di sciopero dichiarò allora che gli operai non avrebbero ripreso il lavoro fino a quando le loro rivendicazioni non fossero state accolte. Allora le autorità scagliarono contro gli operai i militari, la polizia, i terroristi. Spedizioni punitive furono compiute anche nelle campagne.
 
Le masse popolari della Corea meridionale risposero al terrore con la lotta armata. All’inizio di ottobre nella città di Taegu operai, contadini e studenti disarmarono soldati e polizia e instaurarono il potere dei comitati popolari.
La lotta impari dei patrioti con i militari americani durò alcuni giorni.
Nell’ottobre e all’inizio di novembre scontri armati ebbero luogo anche in altre città della Corea meridionale, così come nelle campagne, dove i contadini attaccarono reparti di polizia e poderi di agrari. Anche notevoli strati di media borghesia e di intellettuali presero parte agli scontri. Al movimento presero parte più di due milioni di persone. Alla loro testa c’era il proletariato sudcoreano, che fu il primo a iniziare la lotta e dette prova, nel suo corso, di un grande spirito di organizzazione e di fermezza.
 
Le autorità di occupazione e la reazione sud coreana soffocarono i moti di ottobre con grande durezza, uccidendo o ferendo circa 7 mila persone e arrestandone più di 25 mila.
 
Nel contempo le autorità di occupazione si videro costrette a rispondere al movimento popolare anche con qualche concessione di carattere economico ai lavoratori. Inoltre, per dare ai coreani una parvenza di autonomia amministrativa, esse crearono una camera legislativa e un’amministrazione civile coreana, entrambe però formate con elementi dirigenti della società borghese-agraria coreana. Contemporaneamente proposero di indire nella Corea del sud elezioni per un’“assemblea nazionale”.
Grazie al terrore e al dominio della reazione, queste elezioni si conclusero con una vittoria della borghesia. Ciononostante le larghe masse popolari continuarono a insistere perché il potere fosse trasferito ai comitati popolari, perché fossero attuate le decisioni della conferenza di Mosca.
 
Nelle condizioni che si erano andate creando appariva estremamente importante mantenere in vita e unire le organizzazioni rivoluzionarie della Corea meridionale e garantire loro la possibilità di un’esistenza legale.
Nel novembre 1946 il partito comunista, il partito popolare e il nuovo partito popolare si fusero nel Partito del lavoro della Corea meridionale.
Nel maggio 1947 la commissione mista sovieto-americana riprese i suoi lavori, ma la delegazione USA cercò di silurarla.
Nella Corea meridionale si intensificarono le repressioni contro le organizzazioni democratiche. Nel solo mese di agosto furono arrestati 12 mila esponenti democratici.
Poiché le posizioni degli USA avevano reso impossibile la creazione di un governo democratico provvisorio alle condizioni indicate dalla conferenza di Mosca l’Union Sovietica il 26 settembre 1947, tramite il suo rappresentante nella commissione mista, propose il ritiro contemporaneo dalla Corea delle truppe sovietiche e americane e di dare allo stesso popolo coreano la possibilità di decidere da sé dei suoi problemi statali.
Gli USA respinsero questa proposta e cominciarono ad operare separatamente per formare un governo reazionario. Nello stesso tempo essi portarono il problema coreano all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La maggioranza dell’Assemblea, malgrado una ferma protesta dell’URSS e dei paesi democratico-popolari e contro la volontà del popolo coreano, decise l’invio in Corea di una commissione provvisoria dell’ONU, incaricata di controllare lo svolgimento delle elezioni per l’ “assemblea nazionale”.
 
Il popolo coreano accolse questa decisione con profonda indignazione.
Nella Corea del nord ebbero luogo ovunque comizi e manifestazioni di protesta.
I lavoratori svilupparono la lotta per superare i piani della produzione e per consolidare i successi economici della Corea settentrionale, base democratico-rivoluzionaria del paese.
Nella Corea meridionale, in segno di protesta contro le “elezioni” e contro la creazione della commissione dell’ONU, il 7 febbraio 1948 gli operai proclamarono uno sciopero generale. Questo fu seguito da rivolte in massa di contadini, di studenti e di altri strati della popolazione, che sfociarono in lotte armate.
 
Nell’isola di Jeju-do si sviluppò un movimento partigiano che in seguito si estese ad altre regioni della Corea meridionale. Per tre mesi la polizia e i soldati inviati per pacificare gli abitanti di Jeju-do furono incapaci di vincerne la resistenza.
 
La decisione di indire elezioni separate suscitò un grande fermento anche nei partiti di destra e di centro. Ciò dette la possibilità di convocare a Pyong-Yang nell’aprile 1948, su proposta dei partiti politici e delle organizzazioni sociali della Corea del nord, una conferenza comune dei partiti e delle organizzazioni delle due parti della Corea. Vi presero parte i rappresentanti di 56 tra partiti e organizzazioni sociali del paese. La conferenza decise all’unanimità di boicottare le elezioni separate nella Corea meridionale e chiese che la commissione provvisoria dell’ONU fosse immediatamente allontanata.
 
Malgrado la volontà del popolo coreano, però, le autorità americane di occupazione, il 10 maggio 1948 fecero svolgere le “elezioni” per l’“assemblea nazionale” della Corea meridionale.
Queste ebbero luogo in un clima di terrore sfrenato.
A Seul e in altre grandi città del sud fu proclamato lo stato d’assedio. Nei porti di Fusan e di Incheon fecero la loco comparsa navi da guerra americane. Aeroplani sorvolavano città e villaggi. Le strade erano pattugliate dai soldati e dalla polizia. Le votazioni si svolsero sotto la sorveglianza diretta della polizia.
 
Nella “assemblea nazionale” eletta in questo modo entrarono 84 agrari, 32 grossi capitalisti, 23 ex funzionari dell’amministrazione giapponese e 59 altri esponenti reazionari.
Il 15 agosto 1948 fu proclamata la costituzione della Repubblica di Corea e ne fu nominato presidente Syngman Rhee. Il governo da lui presieduto si rivolse agli USA con la preghiera di non ritirare le loro truppe dalla Corea del sud, cosa che del resto gli americane non avevano nessuna intenzione di fare.
 
Subito dopo, tra la Repubblica di Corea e gli USA furono conclusi una serie di accordi giuridicamente ineguali, con i quali gli USA si riservavano il controllo militate, politico e economico della Corea meridionale.
 
LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA POPOLARE DI COREA UNA NUOVA FASE DI TRASFORMAZIONI RIVOLUZIONARIE
 
Già nel marzo del 1948 il 2° congresso del Partito del lavoro della Corea settentrionale aveva tracciato una linea per la riunificazione pacifica del paese e aveva indicato le vie concrete attraverso le quali si sarebbe potuti giungere alla formazione di un unico Stato coreano democratico.
Il partito muoveva dalla constatazione che le larghe masse popolari, sia della Corea del nord sia di quella del sud, erano per una repubblica democratico-popolare. Alla fine di giugno, in risposta alle elezioni separate del 10 maggio e per iniziativa del Partito del lavoro, si apriva a Pyong-Yang la seconda conferenza comune dei dirigenti dei partiti politici e delle organizzazioni sociali delle due parti del paese. La conferenza decise di indire libere elezioni per la creazione di una Assemblea nazionale suprema della Corea e la formazione di un governo centrale con rappresentanti della parte settentrionale e di quella meridionale del paese.
 
Le elezioni si svolsero nel luglio 1948.
Nella Corea del nord le votazioni furono segrete e le elezioni generali, eguali per tutti e dirette. Circa il 99 per cento degli elettori votò per i candidati del Fronte unico nazionale democratico.
Nella parte meridionale del paese le autorità di Syngman Rhee sguinzagliarono per città e villaggi squadre punitive, terroristi e provocatori, per far andare a vuoto le elezioni. Perciò queste dovettero essere svolte clandestinamente e furono indirette: dapprima furono eletti i delegati al Congresso dei rappresentanti popolari della Corea meridionale e furono poi questi delegati a eleggere i deputati alla Suprema assemblea nazionale della Corea.
Il congresso dei rappresentanti della Corea meridionale si svolse dal 21 al 25 agosto nella Corea del nord, in quanto era impossibile tenerlo al sud. All’Assemblea suprema furono eletti 572 deputati, 360 dei quali della Corea meridionale e 212 di quella settentrionale. Tra i deputati vi erano 120 operai, 194 contadini, 152 impiegati, 7 artigiani, 33 intellettuali, 14 religiosi, e i rimanenti commercianti, imprenditori, eccetera.
 
La prima sessione della Suprema assemblea nazionale, tenutasi dal 2 al 9 settembre 1948, proclamò la costituzione della Repubblica Democratica Popolare di Co-rea, ne approvò la Costituzione e confermò il consiglio dei ministri presieduto da Kim Il Sung. L’assemblea si rivolse ai governi dell’URSS e degli USA per chiedere il ritiro contemporaneo dalla Corea delle truppe dei due paesi.
L’Unione Sovietica, fedele ai suoi impegni internazionali, aderì alla richiesta.
Nel dicembre del 1948 l’evacuazione delle truppe sovietiche era ultimata.
 
La costituzione della Repubblica Democratica Popolare di Corea aprì una nuova fase nello sviluppo economico e culturale della Corea settentrionale.
Accanto ai lavori di ripristino cominciarono quelli di ricostruzione di alcuni rami dell’economia nazionale.
Il piano del 1948 per tutti i tipi di produzione industriale fu attuato al 105,5per cento. Fu eliminata la disoccupazione. Il piano biennale 1949-1950, approvato dall’Assemblea suprema nel febbraio 1949, si poneva il compito della eliminazione dei residui del passato coloniale dall’economia del paese, del superamento della sua arretratezza, dell’acceleramento dei ritmi della produzione, del miglioramento delle condizioni materiali e culturali delle masse popolari.
Una grande importanza per l’ascesa economica e culturale della Repubblica Democratica Popolare di Corea ha avuto il trattato sovietico-coreano di collaborazione economica e culturale, stipulato nel marzo 1949. Sulla base di questo trattato l’Unione Sovietica prestò alla giovane repubblica un aiuto multiforme.
 
Grazie alle trasformazioni operate, la struttura socio-economica della Corea settentrionale era stata radicalmente modificata. In essa il settore socialista aveva assunto una posizione dirigente e determinante. Il peso specifico dell’industria statale e cooperativa nella produzione complessiva del settore industriale era nel 1949 del 90,7 per cento. Aziende statali erano comparse anche nelle campagne.
 
Notevoli risultati furono conseguiti anche nel campo della cultura. Negli anni del dominio coloniale non esisteva nella Corea del nord neanche un istituto di istruzione superiore, mentre nel 1949 ne erano in funzione già 15.
Nello stesso anno una legge introduceva l’insegnamento elementare generale e obbligatorio.
 
LA LOTTA DEL POPOLO DELLA COREA MERIDIONALE PER L’UNITÀ NAZIONALE E LA DEMOCRAZIA
 
La creazione della Repubblica Democratica Popolare di Corea aveva recato un duro colpo ai piani aggressivi dell’imperialismo in Asia.
La reazione americana e quella della Corea del sud, non rassegnandosi, cominciarono preparare una aggressione contro la Repubblica Democratica Popolare di Corea, allo scopo di estendere a tutto il paese il regime reazionario fantoccio.
Grande ampiezza assunsero le misure intese alla preparazione, all’istruzione e all’equipaggiamento dell’esercito sudcoreano, avviate sotto la guida diretta delle forze armate americane. Non cessò il terrore contro il movimento democratico.
In virtù della sola legge del 1948 sulla “sicurezza nazionale” che sanciva pene severe per la partecipazione al movimento di liberazione e l’appartenenza a organizzazioni democratiche, furono effettuati migliaia di arresti.
 
Ma le retrovie nemiche sud-coreane si incrinavano sempre più profondamente.
In una serie di regioni divampava il movimento partigiano.
Nell’ottobre 1948 nella zona della città di Yeosu scoppiò una rivolta armata. Lo stesso 14° reggimento dell’esercito di Syngman Rhee, inviato a Jeju-do per combattere i partigiani, si ammutinò. I soldati si schierarono dalla parte della popolazione civile. Rivolte scoppiarono anche in altre città della Corea meridionale. Nella primavera del 1949 erano incominciati i moti contadini nella provincia di Djolla meridionale e altrove.
 
Nel corso della guerra di liberazione, davanti ai gravipericoli che minacciavano il paese, si sviluppò un processo di unificazione e consolidamento di tutte le forze patriottiche, democratiche e amanti della pace della Corea.
Nel giugno 1949 era stato fondato il Fronte unico patriottico democratico. Al suo congresso costitutivo presero parte i rappresentanti di 72 partiti e organizzazioni sociali della Corea settentrionale e meridionale.
Il congresso si rivolse al popolo coreano con una dichiarazione contenente un programma concreto per l’unificazione pacifica del paese e per assicurare l’indipendenza nazionale e lo sviluppo democratico.
Tra le condizioni principali figuravano le seguenti: ritiro immediato delle truppe americane, cessazione dell’attività della commissione dell’ONU per la Corea, elezioni contemporanee al nord e al sud per un unico organo legislativo del paese.
Un avvenimento importante per la vita politica del paese fu l’unificazione, avvenuta nel giugno del 1949, del Partito del lavoro sudcoreano e di quello nordcoreano in un unico Partito del lavoro della Corea.
 
Il 20 luglio 1949 gli operai della Corea del sud proclamarono uno sciopero di solidarietà con le decisioni del Fronte unico patriottico democratico. Essi furono sostenuti dai contadini, da vasti strati di intellettuali e della piccola e media borghesia. In molte città e in molti villaggi, nonostante la repressione, ebbero luogo comizi e dimostrazioni.
Il movimento partigiano si intensificò, accompagnato da rivolte contadine.
In queste condizioni, le autorità di Syngman Rhee oltre a intensificare il terrore, a lanciare spedizioni punitive nelle regioni partigiane per infierirvi ferocemente, presero misure per minare il movimento dal suo interno. Insinuarono i loro agenti negli organi dirigenti delle organizzazioni di partito, delle formazioni partigiane e inscenarono provocazioni.
Nello stesso tempo affermavano che sarebbe stata fatta la riforma agraria, per la quale starebbe già stata preparando la relativa legge.
Tutto ciò contribuì ad affievolire il movimento partigiano e alla fine del 1949 i centri fondamentali erano sottomessi.
 
[…]

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. XI, Teti Editore, Milano, 1975
 
Capitolo III
 
[…]
 
3 LA REPUBBLICA DEMOCRATICA POPOLARE DI COREA
 
IL FALLIMENTO DELL’AGGRESSIONE IMPERIALISTICA CONTRO LA REPUBBLICA DEMOCRATICA POPOLARE DI COREA
 
Il 25 giugno 1950 il governo fantoccio di Syngman Rhee della Corea meridionale dava inizio alla guerra, preparata con l’aiuto degli Stati Uniti, contro la Repubblica Democratica Popolare di Corea.
Le truppe sud-coreane irruppero sul territorio situato a nord del 38° parallelo.
Il 26 giugno iniziava le operazioni militari anche l’aviazione americana.
All’appello del Partito del lavoro della Corea, il popolo della parte settentrionale del Paese si levava in difesa della patria.
La presidenza dell’Assemblea nazionale della repubblica formava un Comitato militare, diretto da Kim Il Sung, nelle cui mani era concentrata la direzione militate, politica ed economica della repubblica.
 
L’esercito popolare coreano respinse l’aggressione delle truppe di Syngman Rhee passando al contrattacco.
Per salvare il regime di Syngman Rhee dallo sfacelo, gli Stati Uniti ricorsero all’intervento armato aperto. A essi si associarono i governi di una serie di altri Paesi imperialisti. La fanteria statunitense rappresentava il 50,3 per cento delle truppe operanti contro la repubblica popolare, le forze sud-coreane ne costituivano il 40,1 per cento e il rimanente 9,6 per cento apparteneva agli altri partecipanti all’intervento. Le forze della marina militare erano presenti, rispettivamente coll’85,9, il 7,4 e il 6,7 per cento. Quelle dell’aviazione militare con il 93,4, il 5,6 e l’1 per cento.
 
L’aggressione armata contro la Repubblica Democratica Popolare di Corea sollevò un’ondata di proteste in tutto il mondo.
Il viceministro degli Esteri dell’URSS, Andrej Gromiko, rilasciò il 4 luglio 1950 una dichiarazione nella quale, a nome del governo sovietico, affermava che l’intervento delle forze americane in Corea costituiva un’aggressione aperta contro il popolo coreano.
Nell’agosto dello stesso anno la delegazione sovietica al Consiglio di sicurezza dell’Onu presentò una risoluzione con la quale si proponeva la cessazione delle operazioni militari e il ritiro delle truppe straniere dalla Corea. Ma, sotto la pressione degli Usa, la risoluzione fu respinta.
 
All’epoca, gli avvenimenti al fronte non si mettevano bene per gli aggressori. L’esercito popolare coreano proseguiva nella sua offensiva e in un mese e mezzo aveva liberato il 90 per cento del territorio della Corea meridionale, sul quale viveva il 92 per cento della sua popolazione.
Le truppe nemiche erano rinserrate nella zona di Pusan.
 
Il 15 settembre nella zona di Inchon, nelle lontane retrovie dell’esercito popolare coreano, venivano lanciati 50 mila paracadutisti americani. Il giorno dopo passava al contrattacco anche l’VIII armata americana, che partiva dalla piazzaforte di Pusan. Le truppe dell’esercito popolare coreano vennero così a trovarsi in una difficile situazione e, combattendo, si ritirarono a nord del 38° parallelo. Una parte di esse, rimasta circondata, organizzò la guerriglia partigiana.
 
Malgrado l’eroica resistenza dell’esercito popolare e della popolazione, gli interventisti, a prezzo di gravi perdite, riuscirono a occupare una parte notevole del territorio della Corea del nord, giungendo fino alle frontiere della Repubblica Popolare Cinese.
 
Si sviluppò allora in Cina un vasto movimento in difesa della sicurezza della Rpc e in appoggio a] popolo coreano.
Per iniziativa dei partiti democratici e delle organizzazioni sociali della Cina furono creati battaglioni di volontari, pronti a prender parte alla lotta di liberazione del popolo coreano.
 
Il 25 ottobre del 1950 i primi battaglioni di questi volontari si aggregavano all’esercito popolare coreano. Il comando di questo esercito, intanto, sottratti i suoi reparti all’accerchiamento, li riorganizzava e preparava nuove riserve. Per il coordinamento delle operazioni militari dell’esercito popolare coreano con quelle dei volontari cinesi venne costituito un comando unificato. I reparti dell’esercito popolare coreano, operando strettamente assieme ai volontari cinesi, passarono al contrattacco e alla fine di dicembre avevano liberato tutto il territorio della Corea a nord del 38’ parallelo.
E qui la linea del fronte doveva stabilizzarsi.
 
La sconfitta dell’intervento, che si profilava sempre più chiaramente, indusse i circoli governativi statunitensi a scendere sul terreno delle trattative. Queste ebbero inizio nel luglio 1951 a Kaesong e, in seguito, a Panmunjon. Le trattative furono interrotte più volte, ma le circostanze costrinsero sempre a riprenderle.
Il 27 luglio 1953 venne sottoscritto un armistizio, in base al quale i militaristi sud-coreani rimanevano entro i vecchi confini, a sud del 38° parallelo.
Era così fallito il tentativo dei circoli governativi della Corea del sud e degli imperialisti Usa che stavano alle loro spalle, di risolvere con la guerra il problema coreano.
 
Il Partito del lavoro della Corea, che godeva della stima e della fiducia delle larghe masse lavoratrici, aveva guidato le lotte del popolo e delle sue forze armate. Nel corso della guerra affluirono nelle sue file più di 450 mila nuovi militanti. Esso poneva grande attenzione all’unità delle forze democratiche del Paese.
Una funzione importante per il consolidamento delle sue file e per il rafforzamento della disciplina nel partito e nello Stato ebbe la riunione del Comitato centrale del dicembre 1950, dopo la quale il partito riesaminò la posizione di tutti i propri iscritti e rinforzò le proprie file con operai e contadini.
Grande importanza per l’educazione marxista-leninista dei membri del partito e per il rafforzamento del fronte unico democratico e patriottico ebbero anche le deliberazioni delle riunioni del Comitato centrale del novembre 1951 e del dicembre 1952.
 
La Repubblica Democratica Popolare di Corea disponeva di retrovie solide e sicure. Negli anni dell’edificazione pacifica era stata creata nel nord della Corea, sotto la guida del Partito del lavoro della Corea, una base politica, economica e militare per l’indipendenza, un regime democratico-popolare vitale. La saldezza delle retrovie aiutò l’esercito popolare a tener duro di fronte alla pressione del nemico.
 
Uno dei fattori più importanti del fallimento dei piani degli aggressori e della vittoria del popolo coreano sta nell’appoggio internazionale che questo ha avuto da parte di tutti coloro che sono per la pace e nell’aiuto disinteressato, materiale, morale, diplomatico e militare fornito dall’Unione Sovietica e dagli altri Paesi socialisti. La vittoria del popolo coreano, conseguita con l’appoggio attivo dei Paesi socialisti fratelli, assunse un grande significato internazionale e rappresentò un valido contributo alla lotta per la pace e la sicurezza nell’Asia. Ma vi era ancora da trasformare in pace stabile il raggiunto armistizio.
 
[...]
 

Resistenze.org     
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.