www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 18-04-12 - n. 405

da Secchia e Frassati, Storia della Resistenza, Editori Riuniti, Roma, 1965, pp. 981-986
trascrizione per www. resistenze. org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
in occasione dell'anniversario dello sciopero di Torino del 18/04/1945
 
Lo sciopero preinsurrezionale a Torino
 
Le agitazioni e gli scioperi si moltiplicano, le masse popolari con le loro lotte appoggiano l'azione militare. Già il 28 marzo oltre cento fabbriche milanesi scendono in sciopero. Il 19 aprile scioperano compatti gli stabilimenti di Sesto S. Giovanni. Dall'inizio del mese i comitati di agitazione stavano preparando a Torino lo sciopero generale insurrezionale.
 
L'offensiva sul fronte partigiano piemontese, assume, col precipitare degli avvenimenti, un'ampiezza ed una potenza senza precedenti, particolarmente nelle Langhe, nel biellese, nell'astigiano, nel novarese. Si allarga anche la vastità del territorio ormai quasi stabilmente conquistato dalle forze partigiane, dove stanno nuovamente insediandosi le giunte popolari.
 
Dai territori liberi partono puntate offensive verso le città: Asti, Vercelli, Aosta, Ivrea, Biella sono circondate dalle forze partigiane che premono anche su Novara e su Torino. Nel capoluogo attaccano i posti di blocco di Sassi, Superga, Pozzo Strada, e a metà aprile si spingono addirittura, con rapide puntate, in corso Francia. La diserzione dei militi fascisti ed il passaggio dei militari dell'esercito repubblichino nelle file partigiane aumenta ogni giorno. Tutti i componenti della brigata nera di Novi Ligure e Tortona sono stati catturati.
 
Dopo un'intensa preparazione ed il superamento di resistenze venute da diverse parti, lo sciopero generale insurrezionale è proclamato a Torino il 18 aprile, la sua riuscita è senza precedenti per compattezza e slancio unitario. Un quadro vivo e preciso è dato da un rapporto inviato a Secchia, il 20 aprile, da Giorgio Amendola che si trovava a Torino alla testa del movimento. In esso si dice tra l'altro: «Ti mando i primi rapporti scritti dai capisettore nel pomeriggio del 18. Da essi e dall'edizione del Grido di Spartaco, potete avere un'idea del successo che ha avuto lo sciopero generale. Ma già si ammucchiano nuovi rapporti che illustrano ancor meglio l'importanza della grande giornata e la partecipazione compatta attorno alla classe operaia di tutta la cittadinanza torinese, di tutti gli strati sociali.
 
«I risultati hanno superato tutte le speranze, i vecchi compagni commossi affermano che dal 1920 non si sono visti scioperi così bene riusciti e dicono che neanche allora non si è mai verificata una solidarietà così completa con gli operai degli impiegati, tecnici, professionisti, insegnanti, esercenti e persino dei magistrati com'è avvenuto ieri l'altro. E' questo il carattere fondamentale della giornata del 18 aprile; l'unione nell'azione contro i fascisti ed i tedeschi di tutte le masse popolari e nazionali. Non vi rifaccio la cronaca della giornata. Vi posso dire soltanto che il suo carattere è stato del tutto diverso dal 26 luglio, quel giorno fu una grande festa a baldoria, questa volta era una manifestazione organizzata di lotta che conquistava la strada malgrado le minacce dei terroristi fascisti. Io ho avuto la fortuna di trovarmi al punto ove la manifestazione è meglio riuscita, a piazza Sabotino. Quando sono arrivato all'angolo di corso Racconigi col corso Peschiera, ho visto avanzare su quest'ultimo corso il grande corteo. In testa venivano le donne con bandiere tricolori e cartelloni molto ben fatti; uno era rivolto ai fascisti e diceva di non sparare e di arrendersi. Tutto il corso nella sua larghezza, era occupato dal corteo e questo era assai lungo. Il corteo procedeva lentamente, dalle finestre applaudivano. Il corteo era inquadrato da un servizio d'ordine, giovani in bicicletta, ed era preceduto da staffette. Le donne invitavano quelli che erano sui marciapiedi ad unirsi al corteo. In piazzaSabotino, gremita di folla, ha parlato un giovane meccanico in tuta dall'alto del tram, ha letto molto bene un discorso del fronte della gioventù. Quello che mi ha impressionato era la sicurezza della massa, il fermo e sereno coraggio ed un'aria di festosità e di letizia, tutti erano contenti e sembrava dicessero: vedete come siamo forti. I fascisti non si fanno vedere. Infatti tutto il quartiere era nelle nostre mani, assenza completa della forza pubblica. Tutti si sono resi conto di quello che potrà essere l'insurrezione: sciopero generale, congiungimento nei quartieri popolari dei partigiani con le SAP, occupazione degli edifici pubblici del quartiere, accerchiamento ed isolamento dei fascisti in alcuni punti e poi il loro annientamento. Il corteo è continuato sul corso Peschiera verso corso Vittorio Emanuele; soltanto quando è arrivato vicino alla fabbrica di birra si è fatta viva un'autoblinda che ha sparato in aria. Alcune SAP hanno risposto. Ma poiché l'ordine era di non cercare battaglia e di non insistere, il corteo si è sciolto. La manifestazione è stata molto controllata politicamente. Ad un certo punto hanno cominciato a cantare "Bandiera rossa" cosa che a me non dispiaceva affatto dato il quartiere operaio. Ma ho visto un compagno avvicinarsi alla testa del corteo e poco dopo hanno smesso di cantare "Bandiera rossa" ed hanno intonato l'inno di Mameli. Alle 11 le manifestazioni erano finite, ma la città ha mantenuto tutta la giornata un aspetto festoso: botteghe chiuse, tram fermi, la gente che a capannelli commentava la riuscita dello sciopero e lo smacco dei fascisti. Sensazione predominante: coscienza della grande forza del popolo e della debolezza degli avversari. E' questo un altro risultato importante della giornata. Nei due giorni precedenti erano corse in città voci terrificanti sulla reazione fascista in caso di sciopero. Queste voci avevano molto allarmato gli amici ed anche i compagni. Un comunicato alla vigilia diceva che Solaro aveva tenuto rapporto agli ufficiali superiori della brigata nera "per esaminare la situazione e prendere i provvedimenti per stroncare con energia ogni movimento sedizioso".
 
« I democristiani allarmati volevano impedire lo sciopero. Naturalmente questo, proclamato ufficialmente il pomeriggio del lunedì 16 dal comitato di agitazione provinciale per la mattina del 18, seguiva il suo corso. Era nostra impressione che queste voci facessero parte della guerra dei nervi. Contrastava con questi propositi bellicosi, la facilità con cui negli ultimi giorni abbiamo potuto intensificare le scritte murali anche nel centro. Un colpo duro veniva portato dal lunedì al martedì con l'arresto di diciotto tramvieri; ma nel complesso avevamo la sensazione della debolezza avversaria. Questa era determinata in gran parte dalle offensive partigiane. Lunedì sera trecento briganti neri sono dovuti partire per Asti che i partigiani accerchiano. Inoltre, secondo il piano stabilito e gli ordini inviati dal comando militare regionale, le formazioni hanno attaccato nella notte dal martedì al mercoledì alle porte di Torino. Sono stati attaccati i posti di blocco con forze importanti. Nella notte si sono sentite continuamente sparatorie ed anche colpi grossi. Hanno dato l'allarme alla caserma Cavalli e diversi camion di truppa repubblichina sono partiti in forza. La mattina i quartieri erano praticamente liberi. Ciò ha permesso l'intensificarsi dell'affissione dei manifesti. Avevamo preparato cinquantamila striscioni colorati; le strade del borgo S. Paolo erano letteralmente tappezzate. Evidentemente avendo poca forza i fascisti hanno dovuto concentrarla e tenerla sotto mano lasciandoci praticamente liberi molti quartieri. Lo stesso centro era scarsamente presidiato. Il massimo sforzo l'hanno fatto attorno alla Grandi Motori ed alla Mirafiori, ma anche lì non c'era molta roba. Se gli operai non sono usciti da questi due stabilimenti, lo si deve al poco mordente dei nostri compagni che sono arrivati al giorno dello sciopero senza essere convinti della possibilità della manifestazione.
 
«La giornata ha dimostrato la necessità di coordinare strettamente, in quest'ultima fase della lotta, l'azione partigiana con i movimenti di massa.
 
«Alla prova, la nostra politica di più stretta unità d'azione coi socialisti ha dato buoni risultati. Anche qua non sono mancati incidenti, difficoltà ed alcuni dirigenti socialisti hanno lavorato an certi momenti per impedire lo sciopero e per creare confusione. Ma in complesso l'unità d'azione è stata collaudata. Ciò si deve anche in gran parte, bisogna riconoscerlo, a M. (Morandi, n.d.a.)che si è imposto all'ultimo momento con un'energia maggiore di quella che credevo. La sua azione è stata resa più difficile dal fatto che tutto il quadro socialista delle officine era contro lo sciopero e si copriva dietro posizioni assunte anche da nostri compagni dirigenti di cellule e di comitati di agitazione di fabbrica i quali erano pure contrari allo sciopero. In una riunione tenuta con la partecipazione di 32 delegati di officina M. ha dovuto spiegare perché bisognava fare lo sciopero. Alla fine i delegati hanno detto che marciavano per disciplina, ma che non erano convinti. Alla vigilia dello sciopero M. mi ha detto: se lo sciopero fallisce mi tocca partire da Torino. Il giorno dello sciopero nel complesso i socialisti hanno marciato. Solo alla Sap ed alla Borgognan hanno cercato di impedire non lo sciopero, ma l'uscita dagli stabilimenti e le manifestazioni. Alla Grandi Motori ed alla Fiat hanno influenzato i nostri compagni nel senso di non cercare di spezzare il blocco e di restare dentro (nello stabilimento) pur sempre scioperando. La riuscita dello sciopero ha certamente aumentato l'autorità di M. ed è augurabile che se ne serva per condurre con più vigore la lotta contro gli elementi opportunisti. Nelle fabbriche la riuscita dello sciopero ha cementato i rapporti tra i nostri compagni ed i socialisti. In molti rapporti pervenuti alla federazione socialista dalle officine si finisce per inneggiare all'unità con i comunisti e si chiede la fusione.
 
«Anche con i democristiani, nel complesso, i rapporti sono stati buoni e la loro partecipazione soddisfacente.
 
«La preparazione e l'esito dello sciopero ha indicato alcuni centri di resistenza attesistica che devono essere vinti attraverso una campagna politica ed alcune misure organizzative. E' bene che questo sia avvenuto prima della fase finale dell'insurrezione.
 
«Un grande contributo hanno dato le organizzazioni di massa; oltre i comitati di agitazione, anche il fronte della gioventù, i gruppi di difesa ed il fronte degli intellettuali.
 
«La giornata di ieri è stata ancora una giornata di mezza agitazione. I tram hanno ripreso a funzionare regolarmente solo nel pomeriggio perché i briganti neri hanno sfasciato molte vetture nel tentativo di rimetterle in circolazione nel pomeriggio del 18. Noi abbiamo dato la direttiva di tornare al lavoro, inviare delegazioni per domandare subito l'aumento dei salari e la concessione dell'anticipo, mantenere mobilitata l'organizzazione, intensificare l'offensiva partigiana e l'azione armata in città. Non abbiamo creduto opportuno continuare lo sciopero, la continuazione avrebbe avuto senso solo se durasse sino all'insurrezione, ma non ci sembra il momento, ed allora non conviene sminuire il successo di ieri.
 
«Sembra che nella giornata del 18 molti repubblichini non si siano presentati all'appello e che molti alpini abbiano disertato.
 
«Alla sera della domenica i fascisti hanno prelevato a casa ed ammazzato il compagno Antonio Banfo, operaio dirigente alla Fiat Grandi Motori, molto noto e che si ostinava a dormire a casa, malgrado i nostri consigli. Il povero Banfo la mattina dello sciopero aveva polemizzato col famigerato Cabras che aveva cercato di arringare gli operai per persuaderli a riprendere il lavoro. Il corpo del povero Banfo è stato trovato assieme a quello di suo genero Raimondo Melis sulla porta della Grandi Motori ieri mattina. La casa di Banfo, a detta degli inquilini era stata circondata dalle guardie repubblichine, ossia il corpo di cui Cabras è colonnello. E lo stesso stile dell'assassinio del compagno Arduini e dell'assassinio dei quattro operai di cui uno alla Grandi Motori, trovati morti lunedì mattina».
 
Alla Grandi Motori lo sciopero venne continuato per un'altra giornata come protesta per l'assassinio di Banfo; nelle altre fabbriche il lavoro venne ripreso secondo le disposizioni del CLN e dei comitati di agitazione. L'atmosfera restava tuttavia carica di elettricità: ognuno sentiva che la campana stava per suonare e si sapeva per chi.
 
Il 19 aprile il CLNAI diramava l'estremo monito ai tedeschi ed ai fascisti: arrendersi o perire. Era indirizzano a tutti i soldati e gli ufficiali delle forze armate tedesche e fasciste, ai funzionari statali e parastatali del cosiddetto governo fascista repubblicano e dell'apparato di occupazione germanico. «Una sola via di scampo e di salvezza, resta ancora ai tedeschi che calpestano il nostro suolo e a quanti, italiani, hanno tradito la Patria, sostenuto il fascismo, servito i tedeschi: abbassare le armi, consegnarle alle formazioni patriottiche, arrendersi al Comitato di liberazione. E' questa l'intimazione formale e precisa che il Comitato di liberazione nazionale per l'alta Italia - delegato dal governo nazionale per la condotta della lotta di liberazione nell'Italia occupata - indirizza a tutte le forze di occupazione tedesche ed ai loro complici. Sia ben chiaro per tutti che chi non si arrende sarà fucilato».
 
L'appello terminava con queste parole: «Che nessuno possa dire che, sull'orlo della tomba, non è stato avvertito e non gli è stata offerta un'estrema ed ultima via di salvezza».
 

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