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- cultura e memoria resistenti - storia - 29-07-14 - n. 509
La lotta fra le tendenze rivoluzionaria e riformistica
Accademia delle Scienze dell'URSS | Storia universale vol. VII, Teti Editore, Milano, 1975
Capitolo XXIV - Il movimento operaio internazionale
I primi anni del XX secolo furono un periodo di svolta nella storia del movimento operaio internazionale.
Con la rivoluzione russa del 1905, esso aveva dato inizio a un periodo di aperta lotta di classe, differenziata nelle formò, ma con una netta prevalenza della tendenza rivoluzionaria.
"Generalmente parlando - scriveva Lenin nel 1908 - noi vediamo chiaramente l'enorme passo innanzi del socialismo internazionale, l'unione compatta delle armate di milioni di proletari in tutta una serie di scontri concreti col nemico e l'avvicinarsi della lotta decisiva con la borghesia, quella lotta che è stata molto meglio preparata da parte della classe operaia, che non all'epoca della Comune, ultima grande rivolta del proletariato". (V. I. Lenin: "Il materiale combustibile della politica mondiale".)
L'imperialismo e i nuovi avvenimenti nel movimento operaio internazionale
Alla fine del XIX secolo il movimento socialista rappresentava, particolarmente in Europa, una grande forza.
Quando August Bebel affermo al congresso del partito di Erfurt (1891): "Io sono convinto che la realizzazione dei nostri scopi e così vicina che solo pochi dei presenti in questa sala non vedranno quel giorno" egli esprimeva la profonda fiducia dei proletari europei nella vicinanza della vittoria.
L'accentuarsi delle contraddizioni sociali in coincidenza con il passaggio all'imperialismo favoriva in tutti i modi lo sviluppo delle tendenze rivoluzionarie delle masse.
In Russia, all'inizio del 1900, maturava una situazione rivoluzionaria; in Germania l'incremento delle lotte di classe era accompagnato dall'ascesa generale del movimento degli scioperi e dall'evidente acutizzarsi della lotta elettorale; questi stessi fenomeni si osservavano in Francia, nell'Austria-Ungheria e in altri paesi; in Belgio e in Italia vi erano stati scioperi generali; il movimento operaio si rafforzava anche in Inghilterra.
Un'espressione di questi processi fu il rafforzarsi della corrente rivoluzionaria nel movimento internazionale socialista.
La classe operaia russa aveva creato un partito di tipo nuovo, che si differenziava in linea di principio dagli altri della II Internazionale.
A capo di questo partito stava il geniale teorico e stratega della rivoluzione V. I. Lenin.
Nelle file della socialdemocrazia germanica si formò un'ala sinistra; in Francia i seguaci di Guesde conducevano una lotta risoluta contro la politica di collaborazione con la borghesia; nel Partito Operaio Socialdemocratico Bulgaro sorse negli anni 90 una corrente rivoluzionaria guidata da D. Blagoev, che nel 1903, dopo la rottura con gli opportunisti, si raccolse in un partito socialista indipendente.
Le forze rivoluzionarie crescevano anche negli altri partiti socialisti.
Contemporaneamente, però, si sviluppava anche la corrente opportunista, che aveva roso dall'interno la II Internazionale.
L'influenza dell'ideologia borghese, di cui erano portatori rappresentanti dell'intellighenzia del tipo di Vollmar, Millerand e Turati, si rafforzò con i successi elettorali dei vari partiti socialisti dell'Occidente.
La base sociale principale dell'opportunismo fu l'aristocrazia operaia, dal cui ambiente uscirono i dirigenti dei sindacati, delle cooperative operaie, molti deputati socialdemocratici eccetera.
Il rafforzamento dell'opportunismo e del revisionismo era favorito dalla linea conciliante dei dirigenti dell'Internazionale (come Kautsky e altri), che si spostavano gradualmente sulle posizioni del centrismo.
Il centrismo (o meglio l'opportunismo mascherato) impediva la formazione e l'unione delle forze autenticamente rivoluzionarie e favorendo la degenerazione riformistica dell'Internazionale, diventava un pericolo assai grave.
Nei primi anni del XX secolo tutti questi processi non si erano ancora conclusi.
Così avveniva che la maggior parte dei capi dell'Internazionale e i rappresentanti del suo partito più grande (il tedesco) su molte questioni agivano d'accordo con le sinistre, benché già da allora si manifestassero tra di essi non rare titubanze.
Il congresso di amsterdam della II internazionale
La lotta delle opposte tendenze nel movimento operaio internazionale si manifestò chiaramente nei lavori del congresso della II Internazionale tenutosi nel 1904 ad Amsterdam.
Il congresso ebbe luogo in una situazione di ascesa rivoluzionaria delle masse in molti paesi e mentre s'inasprivano ulteriormente gli antagonismi fra le grandi potenze: erano appena terminate la guerra ispano-americana e quella anglo-boera e già nell'Estremo Oriente si era scatenata la guerra russo-giapponese.
Alla politica imperialistica e alla propaganda sciovinista della classi dominanti si contrapponeva la solidarietà internazionale del proletariato.
Il suo simbolo fu l'amichevole stretta di mano che in occasione dell'apertura del congresso di Amsterdam venne scambiata, fra gli applausi scroscianti dei partecipanti, tra i rappresentanti dei socialisti russi e di quelli giapponese, Plechanov e Katavama Sen.
Al centro dei lavori del congresso era la questione dei "principi internazionali della tattica socialista", cioè della posizione da assumere verso il revisionismo.
Bernstein ed i suoi compagni, sebbene alla fine degli anni 90 fossero stati decisamente ripudiati dalla maggioranza dei membri dei partiti socialisti dell'Occidente, non avevano ceduto le armi; anzi avevano acquistato nuovi alleati fra i partiti francese, belga e italiano.
I seguaci e gli avversari del revisionismo si scontrarono violentemente anche al congresso di Amsterdam: Janis, che difendeva la tattica riformistica della collaborazione con i partiti borghesi, venne attaccato da Bebel e Guesde, che si schierarono per una decisa condanna del revisionismo.
La risoluzione approvata dal congresso rigettò i tentativi dei revisionisti di rinunciare alla tattica dei socialisti fondata sulla lotta di classe e di "sostituire la conquista del potere politico per mezzo della vittoria sopra i nostri avversari con una politica di concessioni al sistema esistente".
Tuttavia la risoluzione non poneva il compito di epurare il partito dai revisionisti.
Inoltre, nella questione dell'unificazione dei partiti operai il congresso approvò una risoluzione che apriva la via ai tentativi di "conciliare" le forze rivoluzionarie con gli opportunisti, invitando alla creazione in tutti i paesi di partiti socialisti unitari, senza specificare la condizione essenziale di tale unione: l'accettazione della teoria rivoluzionaria del marxismo.
Il congresso fece un certo passo innanzi con l'approvazione di una risoluzione sull'utilizzazione dello sciopero di massa, benché lo sciopero venisse considerato come per il passato solo come un mezzo di difesa.
La rivoluzione russa del 1905 e la II internazionale
La rivoluzione nel 1905 fu una severa prova per la II Internazionale e per i suoi partiti.
In Russia questa prova fu sostenuta con onore dai marxisti rivoluzionari bolscevichi guidati da Lenin.
Già prima del 1905, e poi immediatamente dopo l'inizio della rivoluzione, Lenin analizzava i suoi problemi di fondo, impostando in modo nuovo la questione dell'egemonia del proletariato e quella dei suoi alleati; la questione del potere rivoluzionario e della trasformazione della rivoluzione borghese democratica in rivoluzione socialista.
Nella lotta conseguente dei bolscevichi contro gli opportunisti menscevichi si espresse nel modo più evidente la posizione dell'ala rivoluzionaria del movimento operaio internazionale.
Le eroiche lotte degli operai e delle masse popolari russe contro lo zarismo, fino a poco tempo prima ritenuto onnipotente, produssero un'enorme impressione sul proletariato europeo e specialmente sulle masse degli operai socialisti: "La rivoluzione russa - scriveva Clara Zetkin nel gennaio del 1906 - agisce in modo così vivo, risveglia e rafforza tanto la coscienza rivoluzionaria che persino i capi debbono acconsentire ad assumere un tono più deciso e a marciare in avanti un poco più velocemente, quegli stessi capi che vorrebbero trasformare i socialdemocratici in un mansueto barboncino da salotto ... in un cagnolino che offre gentilmente la zampa a tutta la canaglia borghese...".
Sotto l'influsso della rivoluzione russa il congresso di Jena della socialdemocrazia approvò, sulla base della relazione di Bebel, una risoluzione sulla possibilità di applicare lo sciopero politico di massa.
A Vienna le notizie dello sciopero generale dell'ottobre in Russia giunsero mentre il congresso del partito esaminava la questione della tattica da adottare nella lotta per il diritto al suffragio universale, e la direzione del partito e dei sindacati dovette aderire alla richiesta dei delegati sulla preparazione di uno sciopero generale.
Tuttavia lo spostamento a sinistra della direzione della II Internazionale durò pochissimo, perché la maggior parte dei suoi dirigenti non seppe comprendere il significato storico universale della rivoluzione russa: "È possibile che dei paesi arretrati come la Russia possano dettarci la nostra tattica di partito?", disse uno dei membri dell'Ufficio Socialista Internazionale, il belga E. Ansele.
A questi dirigenti rimaneva incomprensibile tutta la ricchezza e la molteplicità delle forme di lotta, che per la prima volta avevano trovato la loro applicazione in Russia (lo sciopero politico di massa in unione con la rivolta armata, la creazione dei soviet dei deputati operai come organo del potere e la partecipazione dell'esercito alla lotta del proletariato).
Rinunciando ad imparare le lezioni dell'esperienza della rivoluzione russa, i dirigenti della II Internazionale dimostrarono la loro assoluta incapacità a guidare il movimento operaio internazionale.
Tutta la loro attenzione era, come nel passato, rivolta alle forme parlamentari di lotta e persino lo sciopero politico di massa era ritenuto da essi un mezzo da applicarsi soprattutto nella lotta per il suffragio universale.
Le questioni della rivoluzione preoccupavano assai poco i più famosi teorici e pubblicisti della II Internazionale.
L'approssimarsi di lotte rivoluzionarie decisive per il socialismo esigeva invece la creazione di un partito operaio di nuovo tipo, epurato dagli opportunisti.
I bolscevichi per primi attuarono una decisa rottura con i partigiani della politica e dell'ideologia borghese nel movimento operaio.
Questo compito non era però importante per i partiti socialisti dell'Europa occidentale, nei quali, durante gli anni dell'attività pacifica e legale, erano entrati molti fiancheggiatori piccolo-borghesi, nemici della tattica rivoluzionaria marxista.
I dirigenti della II Internazionale non sostennero la lotta dei bolscevichi contro l'opportunismo in Russia e parteggiarono apertamente per i menscevichi, avversando in ogni modo Lenin ed i bolscevichi.
La direzione della socialdemocrazia tedesca con alla testa Bebel cercava d'esercitare il ruolo di arbitro e di conciliare i menscevichi con i bolscevichi.
Kautsky invece andava ancora più oltre e voleva in sostanza la cessazione della lotta dei marxisti rivoluzionari russi contro gli opportunisti menscevichi.
Tentò anzi di create una piattaforma per la sua posizione centrista con ipocriti riferimenti sulla necessità di allontanare dalla direzione dei partiti i seguaci di una "eccessiva teorizzazione": in una lettera privata a V. Adler egli esprimeva la speranza che in Russia comparissero uomini che potessero sostituire i dirigenti di allora del partito (e questo con riferimento anche a Lenin).
La politica del gruppo dirigente della II Internazionale e in primo luogo quella del suo partito-guida, il Partito Socialdemocratico Tedesco, non corrispondeva assolutamente al compito storico, posto alla classe operaia europea dalla rivoluzione russa del 1905.
Dopo la sconfitta delle forze rivoluzionarie russe la maggior parte dei dirigenti della II Internazionale e dei rappresentanti dei suoi principali partiti imboccarono la via della destra.
IL PERICOLO DELLA GUERRA IMPERIALISTICA E LA POSIZIONE DELLA II INTERNAZIONALE. IL CONGRESSO DI STOCCARDA
La catena dei conflitti internazionali e il crescente pericolo di una guerra imperialistica ponevano dinnanzi al movimento socialista mondiale il problema del modo e dei mezzi con cui l'Internazionale si proponeva di opporsi al pericolo di una conflagrazione militare.
Durante l'esame di questa questione al congresso di Stoccarda (agosto 1907), dopo la prima crisi marocchina, furono presentate quattro proposte di risoluzioni: da Bebel, da Guesde, da Jaurès e da Vaillant.
La proposta di risoluzione di Bebel, che sostanzialmente coincideva con quella di Guesde, poneva giustamente la questione del rapporto del militarismo col capitalismo, ma non indicava i compiti concreti del proletariato nella lotta contro la guerra. Secondo Lenin, essa era "dogmatica, unilaterale, morta" (V. I. Lenin: "Il congresso internazionale socialista a Stoccarda".) e permetteva una sua interpretazione in chiave opportunista.
In questo senso fu utilizzata dal socialdemocratico di destra von Vollmar, che sosteneva la rinuncia in linea di principio alla lotta antimilitaristica, basandosi sul fatto che la guerra era una conseguenza inevitabile del capitalismo.
Una reazione alla posizione opportunistica della delegazione tedesca fu la risoluzione di Hervé.
Ma la sua proposta di rispondere a ogni guerra col rifiuto di presentarsi ai centri di mobilitazione e chiamando il popolo alla rivolta si riduceva ad una fraseologia semi-anarchica.
Criticando Hervé, Lenin rilevava che nella società capitalistica sono possibili guerre rivoluzionarie e guerre di liberazione, alle quali il proletariato deve prestare appoggio.
D'altro canto la scelta dei mezzi contro la guerra ingiusta e reazionaria dipende dalle condizioni concrete nelle quali la guerra ha inizio.
Ma in ogni circostanza il proletariato deve utilizzare la crisi generata dalla guerra per accelerare l'abbattimento della borghesia.
La risoluzione presentata da Jaurès e da Vaillant invitava ad utilizzare qualsiasi mezzo nella lotta contro la guerra sino allo sciopero di massa.
Ma Jaurès, come pure Bebel, riconosceva la necessità della partecipazione del proletariato alla difesa della patria borghese nel caso in cui "essa fosse stata attaccata".
Questa clausola rappresentava un pericolo gravissimo: già nel 1907 si erano formate due coalizioni imperialistiche e maturava lo scontro armato fra di esse.
La definizione di guerra difensiva lasciava aperta una scappatoia, che venne utilizzata dopo qualche anno dai social-sciovinisti all'inizio della guerra mondiale, per giustificare il proprio tradimento al socialismo.
V. I. Lenin e Rosa Luxemburg, a nome della delegazione russa e polacca, presentarono emendamenti alla risoluzione Bebel, affermando che il militarismo è l'arma principale dell'oppressione di classe e proponendo di svolgere una particolare attività antimilitaristica fra la gioventù.
Una particolare importanza ebbe la proposta di includere nella risoluzione l'affermazione che, qualora il proletariato non fosse riuscito ad evitare la guerra, i partiti operai avrebbero dovuto utilizzare con tutti i mezzi la crisi politica ed economica per risvegliare la coscienza politica delle masse popolari ed accelerare il crollo del dominio della classe capitalista.
Il congresso si trovò d'accordo con gli emendamenti di Lenin e della Luxemburg e confermò la risoluzione già approvata al congresso di Bruxelles del 1891 sull'inammissibilità per la socialdemocrazia di votare per i crediti militari.
Il congresso approvò, anche una risoluzione che rigettava la teoria opportunistica della "neutralità dei sindacati" e della "loro indipendenza" dai partiti politici della classe operaia, ma essa, al pari di varie altre decisioni dell'Internazionale, venne tenacemente sabotata dai riformisti e di fatto non venne applicata.
La questione coloniale e la II internazionale
Le tendenze opportunistiche e rivoluzionarie si scontrarono anche nel dibattito sulla questione coloniale.
Fin dall'epoca della guerra anglo-boera i "fabiani", tra cui Sidney Webb (in seguito uno dei leaders del partito laburista), avevano esordito col pamphlet "I fabiani e l'impero", nel quale pretendevano di provare che "le grandi potenze dovevano dominare nell'interesse della civiltà", dato che "tutti i piccoli Stati che ostacolano la civilizzazione internazionale devono scomparire".
Sulla base di questa premessa i "fabiani" appoggiavano l'imperialismo inglese.
In questo stesso periodo Bernstein e successivamente l'intero raggruppamento dei revisionisti germanici presero a giustificare apertamente le pretese coloniali della Germania.
Nelle elezioni al Reichstag tedesco del gennaio 1907, indette dal governo con la parola d'ordine sciovinista delle rappresaglie contro le tribù insorte in Africa, il partito socialdemocratico perse parecchi seggi al Parlamento, ma i leaders revisionisti, nonostante la sconfitta, insistettero per l'accettazione da parte del partito di un programma coloniale "pratico", che prevedesse l'attuazione di una politica "civilizzatrice" nelle colonie.
Quando re Leopoldo del Belgio rinunciò al possesso personale del Congo e lo trasformò in colonia belga, il partito operaio dovette risolvere il problema se votare o meno a favore delle spese per la colonizzazione del Congo ad opera dello Stato.
Il leader del partito e del gruppo parlamentare socialista E. Vandervelde si espresse categoricamente per il sì e minacciò di abbandonare il suo incarico in caso di rigetto della sua proposta.
Il congresso del partito votò contro la proposta Vandervelde, ma gli lasciò l'incarico di presidente del gruppo parlamentare, ed egli fece votare il suo gruppo per il bilancio coloniale, disobbedendo pubblicamente alla disciplina di partito.
Il conflitto nel Partito Operaio Belga e le richieste dei revisionisti tedeschi trovarono conferma anche nella relazione al congresso di Stoccarda del socialista olandese H. H. van Kol, che si schierò per una "politica coloniale socialista e per il riconoscimento della necessità dell'esistenza delle colonie e dell'impiego delle loro risorse naturali. Il congresso - affermava nella sua risoluzione van Kol - non condanna in linea di principio e per sempre ogni politica coloniale, politica, che in regime socialista, può esercitare un'azione civilizzatrice".
Questa relazione, che Lenin considerò come un aperto cedimento in direzione della politica borghese e della sua concezione del mondo, e che giustificava le guerre coloniali e le loco crudeltà, fu sostenuta dalla maggioranza opportunistica della delegazione tedesca e approvata dalla commissione del congresso.
Fu invece rigettata con 127 voti contro 108 la parte introduttiva apertamente opportunistica della risoluzione.
A favore della sua accettazione votarono le delegazioni della Germania, dell'Olanda, del Belgio, della Danimarca, della Svezia, dell'Austria e del Sudafrica, la maggioranza delle delegazioni della Gran Bretagna e della Francia e una minoranza della delegazione italiana.
Con una critica decisa del revisionismo sul problema coloniale intervenne a nome dei bolscevichi e dei socialisti di sinistra polacchi Julian Marchlewski, che contrappose agli opportunisti proposte di principio marxiste e rigettò la tesi della ineluttabilità per tutti i popoli della via di sviluppo capitalista.
Lo sciovinismo colonialista trovò espressione anche in occasione del dibattito sulla questione dell'immigrazione.
Parte dei socialisti americani, i delegati del Sudafrica e dell'Australia proposero di limitare l'immigrazione di operai di colore, in primo luogo di cinesi e giapponesi.
Il partito laburista australiano si era schierato in quegli stessi anni in difesa dell'idea di una "Australia bianca", approvando in un proprio congresso la tesi che il fine del partito era la conservazione dell'elemento australiano, basata sulla purezza della razza bianca.
Il congresso di Stoccarda rigetto tutti questi tentativi di violare i fondamentali principi dell'internazionalismo.
Tuttavia solo il fatto che proposte simili potessero essere avanzate testimoniava il rafforzarsi di tendenze opportunistiche nel movimento operaio, legate allo sviluppo dell'imperialismo.
Poco tempo dopo il congresso di Stoccarda i leaders opportunisti di destra e centristi della II Internazionale si posero sulla via della deformazione e della diretta violazione delle sue decisioni.
L'ascesa delle tendenze rivoluzionarie. Il ruolo dei bolscevichi nel movimento operaio internazionale
L'inizio del secondo decennio del XX secolo fu caratterizzato da un ulteriore acutizzarsi della lotta di classe e dall'aggravarsi della crisi politica nei maggiori paesi capitalisti.
Nello stesso tempo si sviluppava fra i popoli coloniali e semicoloniali il movimento di liberazione nazionale contro l'oppressione imperialistica: aspri scontri di classe si ebbero in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Italia, in Spagna e negli Stati Uniti; nella Svezia, sebbene la lotta di classe si presentasse esteriormente in forme più pacifiche, nel 1909, in risposta alla minaccia di licenziamenti, scoppiò uno sciopero generale che si prolungò per circa un mese; allo sciopero politico di massa del 1913 in Belgio parteciparono circa 450 mila operai; gli avvenimenti in Catalogna e la "settimana rossa" in Italia, nel 1914, dimostrarono come fosse forte lo spirito rivoluzionario della classe operaia.
In Russia la ripresa del movimento operaio era in continuo progresso; particolarmente dopo "il bagno di sangue" della Lena lasciava presagire una nuova rivoluzione.
Questo sviluppo rivoluzionario poneva ai partiti socialisti il compito della preparazione pratica del proletariato a lotte di classe decisive.
Fra tutti i partiti della II Internazionale soltanto quello bolscevico era all'altezza di questo compito sia sul piano ideologico che su quello organizzativo.
Dopo aver rotto già nel 1903 con gli opportunisti menscevichi ed averli espulsi dalle file del partito nella conferenza di Praga del 1912, i bolscevichi riuscirono a conquistare alla loro linea politica la schiacciante maggioranza del proletariato organizzato della Russia, ottenendo una effettiva unità del movimento operaio sulla base dei principi rivoluzionari marxisti.
Era questo un decisivo passo innanzi non soltanto per il movimento operaio russo ma anche per quello internazionale.
Grande significato storico ebbe la lotta di Lenin e dei bolscevichi contro i nuovi tentativi di revisione dei fondamenti teorici del marxismo.
Se negli ultimi decenni della vita di Marx e di Engels il pericolo principale per il materialismo storico era stato non tanto l'idealismo aperto quanto il materialismo volgare di Dühring e compagni, all'inizio del XX secolo la situazione si era modificata: la filosofia borghese aveva effettuato una decisa svolta a destra, tentando di utilizzare per abbattere il materialismo anche le concezioni fideistiche e i più moderni successi delle scienze naturali.
Le teorie filosofiche di moda di Mach e di Avenarius trovarono sostenitori anche nei ranghi del movimento socialista, come fu il caso di F. Adler, Otto Bauer, A. A. Bogdanov e altri.
I dirigenti della II Internazionale e dei suoi maggiori partiti si sforzavano di conservare la neutralità nella nuova battaglia del materialismo contro l'idealismo.
Soltanto i bolscevichi assunsero un atteggiamento intransigente nei confronti della revisione idealistica del marxismo e dell'introduzione nell'ambiente operaio di formò raffinate, e perciò particolarmente dannose, di concezioni del mondo idealistiche.
Nella sua opera "Materialismo ed empiriocriticismo" V. I. Lenin diede un colpo distruttivo non soltanto ai seguaci russi di Mach, ma anche ai loro maestri dell'Europa occidentale, scoprendo le radici ideologiche e sociali dell'idealismo e dando una profonda base filosofica al principio della partiticità nella filosofia.
Il materialismo dialettico fu elevato da Lenin con quest'opera a un nuovo livello.
L'attività di Lenin e dei bolscevichi rappresentò un modello di unione della teoria e della pratica rivoluzionaria.
Negli anni che seguirono la rivoluzione del 1905-1907 gli sforzi di Lenin furono rivolti all'ulteriore sviluppo della strategia, della tattica e dell'organizzazione di un partito di nuovo tipo.
L'abile abbinamento dei mezzi di lotta legali ed illegali attuato dai bolscevichi, l'utilizzazione rivoluzionaria della tribuna della Duma, il flessibile impiego di tutte le passibilità di lavoro nelle masse ebbero un'enorme importanza per i partiti di tutti i paesi.
Tra le questioni decisive che Lenin continuò ad elaborare sulla base dell'esperienza rivoluzionaria vi è quella dell'alleanza del proletariato con i contadini, e quella delle radici economiche, del carattere e delle prospettive della lotta contadina contro i proprietari fondiari.
La dottrina del marxismo sulla questione agraria venne arricchita dalle move opere di Lenin: "La questione agraria in Russia alla fine del XIX secolo" e "Il programma agrario della socialdemocrazia nella prima rivoluzione russa del 1905-1907".
I bolscevichi furono l'unico grande partito della II Internazionale che fin dal suo sorgere rimase su posizioni internazionaliste conseguenti, combattendo contro l'oppressione nazionale nell'impero russo e contro ogni specie di nazionalismo, per l'unità d'azione e di organizzazione della classe operaia di tutte le nazionalità.
Negli anni dal 1912 al 1914 Lenin dette una argomentata esposizione del programma bolscevico sulla questione nazionale fondata sulla tesi del riconoscimento alle nazioni oppresse del diritto all'autodecisione fino alla separazione statale.
I bolscevichi condussero una lotta decisiva contro i tentativi sempre più frequenti dei nazionalisti piccolo-borghesi russi di scindere il movimento operaio unitario russo con punti di vista nazionali.
Per mascherare queste tendenze i nazionalisti si servivano di un programma di "autonomia culturale nazionale" proposto dai leaders del Partito Socialdemocratico Austriaco.
Lenin sottolineò in questa circostanza che il marxismo è inconciliabile col nazionalismo, anche il più puro, il più giusto, il più raffinato e civilizzato.
"La completa parità di diritti delle nazionalità, il diritto all'autodeterminazione, l'unione degli operai di tutte le nazionalità: questo è il programma nazionale che il marxismo insegna agli operai, ciò che insegna l'esperienza di tutto il mondo e l'esperienza della Russia". (V. I. Lenin: "Sul diritto delle nazionalità all'autodecisione".)
La linea internazionalistica del partito dei bolscevichi permise al proletariato russo di conquistarsi la fiducia delle numerose nazionalità dell'impero zarista e di riunirle strettamente per la lotta contro i comuni nemici, lo zarismo e l'imperialismo.
I bolscevichi invitarono i proletari di tutti i paesi a una lotta intransigente contro la politica coloniale di conquista degli imperialisti "propri" e stranieri.
La conferenza di Praga del partito bolscevico salutò la rivoluzione cinese ed espresse la sua sdegnata protesta contro l'intervento armato dello zarismo russo e dell'imperialismo inglese in Persia.
Simpatizzando calorosamente con la lotta di liberazione dei popoli balcanici contro l'oppressione turca, i bolscevichi nel contempo protestavano energicamente contro la trasformazione del movimento nazionale nei Balcani in una pedina del gioco delle potenze imperialiste.
Una politica giusta ed aderente ai principi fece del partito bolscevico, guidato da Lenin, l'ispiratore di tutti gli elementi rivoluzionari del movimento operaio internazionale: i gruppi e le correnti di sinistra guadagnarono terreno all'interno dei partiti socialisti e nei sindacati dell'Occidente; in Germania l'ala sinistra della socialdemocrazia, che era appoggiata a Berlino, Amburgo, Stoccarda e Brema dalla parte proletaria più avanzata del partito, sviluppò una lotta energica non solo contro il revisionismo e le tendenze social-imperialistiche, ma anche contro l'atteggiamento conciliativo e le titubanze opportunistiche della direzione del partito.
Già nel 1907 Rosa Luxemburg scriveva alla sua compagna di lotta Clara Zetkin: "Le masse, e tanto più la massa del partito... saluteranno con entusiasmo un fresco soffio d'aria nella nostra tattica; ma su di esse gravano con tutta la loro pesantezza le vecchie autorità e ancora di più lo strato più elevato dei redattori, dei deputati e dei capi dei sindacati opportunisti. Il nostro compito attuale consiste in questo: contrapporsi con la più dura protesta all'arrugginimento di queste autorità...".
Gli "stretti" bulgari - una delle migliori organizzazioni dell'ala marxista della II Internazionale - si batterono risolutamente contro il riformismo e il nazionalismo dei socialisti "larghi", che predicavano una politica di blocco con i liberali borghesi.
Nel 1909 si verificò una scissione nel Partito Operaio Olandese: i rappresentanti della sua ala sinistra, i "tribunisti" (D. Wijinkoop, H. Gorter, A. Pannekoek e altri), che lottavano contro la politica opportunistica liberal-borghese della direzione del partito, guidata da Troelstra e van Kol, furono espulsi dal partito e fondarono il Partito Socialdemocratico dell'Olanda.
Una forte opposizione di sinistra si formò nei partiti dei paesi scandinavi, appoggiata dalle organizzazioni socialiste della gioventù.
Si rafforzo l'ala sinistra del partito socialista britannico, mentre in Scozia tra gli operai ed i minatori di Glasgow fu creato un gruppo proletario numericamente piccolo ma assai energico con alla testa McManus e Thomas Bell.
Ma i gruppi e le correnti di sinistra nei partiti socialisti dell'Occidente erano ancora troppo deboli per avere largo seguito fra le masse.
La grande maggioranza dei dirigenti delle sinistre non era pienamente cosciente della nuova situazione storica che rendeva necessaria la rottura non soltanto ideologica ma anche organizzativa con gli opportunisti e i centristi.
Essi inoltre cadevano in seri errori in molte importanti questioni della teoria e della tattica marxista.
Persino autentici combattenti come Rosa Luxemburg non poterono assimilare completamente la teoria leninista della rivoluzione a l'idea dell'egemonia del proletariato, che apriva nuove prospettive dinnanzi alla classe operaia di tutto il mondo.
L'errore dipendeva da una sottovalutazione da parte delle sinistre della possibilità di unire attorno al proletariato le larghe masse degli oppressi e degli sfruttati, tra cui i contadini e i ceti medi dei paesi capitalisti; né meno errata era la posizione delle sinistre nella questione nazionale, poiché esse sottovalutavano la funzione dei movimenti nazionali e si allontanavano di conseguenza dalle tesi marxiste sul diritto delle nazioni all'autodecisione.
Il partito bolscevico, pur criticando gli errori e l'incoerenza delle sinistre, compiva però tutti gli sforzi possibili per unire strettamente gli elementi più rivoluzionari del movimento operaio internazionale nella lotta contro l'opportunismo aperto e contro il centrismo.
Le conferenze delle sinistre, organizzate da Lenin all'epoca dei congressi dell'Internazionale, a Stoccarda e a Copenaghen, furono tappe importanti su questa via.
Lenin, che partecipava ai lavori dell'Ufficio Socialista internazionale, dette l'esempio di un giusto atteggiamento verso la risoluzione di complessi problemi tattici.
Così, ad esempio, egli si schierò contro la proposta settaria dei socialdemocratici inglesi, dei seguaci di Guesde e degli "stretti" bulgari di rifiutare al partito laburista inglese, guidato dagli opportunisti, l'ingresso nella Internazionale, ritenendo necessaria la sua adesione, perché esso raggruppava larghe masse di operai.
Nello stesso tempo egli intervenne contro le tesi di Kautsky, che in una risoluzione presentata rinunciava a criticare l'opportunismo dei laburisti; Lenin sostenne decisamente i "tribunisti" olandesi e richiese la loro ammissione nell'Internazionale, ma la sua proposta venne respinta dall'Ufficio Socialista Internazionale.
L'opportunismo ed il centrismo nella II internazionale
L'ala opportunistica della II Internazionale, che di anno in anno accresceva notevolmente la sua influenza, tendeva ormai a un accordo diretto con la borghesia imperialista.
I riformisti aperti invitavano esplicitamente alla corsa agli armamenti.
Il leader dei socialdemocratici inglesi H. M. Hyndman si schierò a favore degli armamenti navali dell'Inghilterra; il socialdemocratico tedesco Noske dichiarò nel 1907 al Reichstag che in caso di una guerra "difensiva" i socialdemocratici non sarebbero stati da meno dei partiti borghesi e si sarebbero messi il fucile in ispalla: "noi desideriamo che la Germania sia per quanto possibile meglio armata".
I revisionisti tedeschi, che si raggruppavano attorno alla rivista "Sozialistische Monatshefte" sostenevano esplicitamente la conquista delle colonie.
Per la verità gli sciovinisti più spinti furono espulsi da alcuni partiti socialdemocratici sotto la pressione dei membri di base, ma questi provvedimenti toccarono soltanto pochi elementi.
I dirigenti della II Internazionale non avevano valutato giustamente la possibilità di una guerra europea.
Bebel più di una volta aveva dichiarato che egli non credeva nella possibilità di una guerra: "Da noi, in Germania, non si vuole in verità la guerra - scriveva egli nel dicembre del 1912 - mentre i discorsi sulla guerra sono soltanto un pretesto per le spese negli armamenti".
Uno dei più illustri marxisti francesi, P. Lafargue, a sua volta riteneva la guerra come improbabile, dato che essa, secondo la sua opinione, avrebbe portato nel giro di pochi mesi and. paralisi economica.
Kautsky affermava che la tendenza alla creazione dei trusts creava nel sistema capitalista le condizioni per una pace stabile.
Lenin criticò aspramente la tattica, difesa da Kautsky, della rinuncia alle azioni attive contro il mielitarismo. (V. I. Lenin: "Lettera a G. V. Plechanov del 17-11-1912.)
I dirigenti opportunisti della II Internazionale abbandonarono completamente la teoria di Marx sulla dittatura del proletariato e la necessità di distruggere la macchina statale borghese.
Il partito socialdemocratico russo fu l'unico a porre nel suo programma questa esigenza.
La tattica internazionale socialista stabilita nei congressi della II Internazionale non venne mai attuata: i socialisti francesi conclusero un accordo elettorale con i partiti borghesi; in Italia il partito socialista appoggiava il governo borghese; una collaborazione formale od effettiva con i partiti di sinistra borghesi si stabilì solidamente in Belgio, Olanda, Svezia, Danimarca, Norvegia; nel 1913 quasi la metà del congresso del partito olandese votò per la partecipazione al governo; in Gran Bretagna il partito laburista continuò a dipendere dai liberali (dei quaranta deputati laburisti eletti nel 1910, trentanove passarono con l'appoggio dei liberali); la socialdemocrazia tedesca alle elezioni del 1912 fece blocco con il borghese Partito Progressista Popolare; i gruppi parlamentari, composti in prevalenza da elementi piccolo-borghesi, si trasformarono in centri politici dirigenti dei partiti socialisti.
Quanto più la II Internazionale cresceva "in larghezza", tanto più nei suoi partiti e nei suoi sindacati assunsero importanza gli elementi staccati dalle masse, impreparati sul piano teorico e privi di entusiasmo per il socialismo: i deputati, i consiglieri comunali eccetera.
Bebel negli ultimi anni di vita affermò spesso che lo impressionava l'assenza agli alti livelli del partito "dello spirito di sacrificio": "Ho spesso l'impressione - diceva - che parte dei nostri capi abbia cessato di comprendere le sofferenze e le disgrazie della masse e che ne sia loro estraneo lo stato d'animo".
A parole il gruppo dirigente della II Internazionale continuava a rimanere sulle precedenti posizioni di principio; il revisionismo era stato rigettato sul piano teorico.
Ma di fatto i dirigenti dei partiti socialisti dell'Europa occidentale si erano spostati sulle posizioni del centrismo.
Nel 1910 Kautsky intervenne apertamente contro l'ala sinistra, in particolare contro Rosa Luxemburg.
Le masse degli aderenti ai partiti e degli operai purtroppo continuarono ad avere fiducia nell'Internazionale, sebbene la politica centrista della direzione privasse il grande organismo delle sue capacità di lotta.
I partiti della II Internazionale si trasformarono da partiti della rivoluzione socialista in partiti delle riforme sociali.
I congressi di Copenaghen e di Basilea
Nel 1910, al congresso ordinario della II Internazionale tenuto a Copenaghen, venne esaminata nuovamente la questione del pericolo di guerra.
Il congresso confermò sull'argomento la risoluzione approvata a Stoccarda, ma nel complesso la risoluzione di Copenaghen segnava un regresso rispetto a Stoccarda.
La debolezza e l'incapacità di lotta della II Internazionale si manifestarono nel corso della crisi marocchina del 1911: alla proposta di convocazione di una seduta straordinaria allargata dell'Ufficio Socialista Internazionale per proporre al proletariato di tutti i paesi azioni coordinate, la direzione del Partito Socialdemocratico Tedesco rispose con un rifiuto, motivandolo con ili fatto che tali azioni e le agitazioni contro la guerra avrebbero potuto danneggiare la campagna pre-elettorale del partito.
Venne così meno la possibilità di un'azione internazionale del proletariato.
La posizione della direzione del partito venne sottoposta ad un'aspra critica da parte di Rosa Luxemburg.
La guerra balcanica e la minaccia di una guerra europea ad essa connessa consigliarono la convocazione di un congresso straordinario a Basilea nel novembre del 1912, che assunse il significato di una grandiosa dimostrazione per preparare il proletariato a contrastare la guerra.
I discorsi dei leaders dell'Internazionale, in particolare l'appassionato appello di Jaurès a conservare la pace, esercitarono una grande influenza sui più larghi strati dell'opinione pubblica.
Il congresso ricordò ai governi, nel suo manifesto, che dopo la guerra franco-prussiana era seguita l'azione rivoluzionaria della Comune e che la guerra russo-giapponese aveva messo in moto le forze rivoluzionarie della Russia; esso invitò i popoli a lottare risolutamente contro la minaccia di guerra e se la guerra fosse scoppiata ad utilizzarla per avvicinare la vittoria del proletariato: "I governi ricordino bene che nell'attuale situazione dell'Europa e nell'attuale stato d'animo della classe operaia, essi non possono scatenare una guerra senza mettere in pericolo sé stessi... I proletari considerano come un crimine spararsi l'uno contro l'altro per l'aumento dei profitti dei capitalisti, per le ambizioni delle dinastie o per la gloria dei trattati segreti dei diplomatici".
Ma dietro ai solenni e minacciosi avvenimenti, ai quali prestavano fede milioni di operai, non seguì da parte dei dirigenti della II Internazionale e della maggioranza dei suoi partiti nessuna forma di azione rivoluzionaria.
Soltanto il partito bolscevico seguì fermamente in tutta la sua attività le decisioni dei congressi socialisti dirette contro la guerra.
Nell'appello al congresso di Basilea della II Internazionale i deputati bolscevichi della IV Duma scrivevano: "La guerra ed i massacri di tutti i paesi esigono la pace a qualsiasi costo. E noi, operai russi, stendiamo fraternamente la mano agli operai di tutti gli altri paesi e ci uniamo con loro nella comune protesta contro la vergogna dei nostri giorni, la guerra!".
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