www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 19-11-18 - n. 691

Che cosa ha causato la carestia del Bengala?

Utsa Patnaik | peoplesdemocracy.in
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

04/11/2018

Il 2018 segna il 75° anniversario della carestia del Bengala [allora unito, ndt] avvenuta nel 1943-44, che ha causato la morte per fame di tre milioni di civili. La carestia fu generata da una deliberata politica di aumento dei prezzi delle risorse del popolo indiano, attraverso un artificioso "aumento dei profitti" come descritto da John Maynard Keynes quale misura pratica per ridurre il consumo delle masse lavoratrici ed estrarre risparmi forzati per finanziare le abnormi spese di guerra. Keynes intratteneva un rapporto protrattosi nel corso di quattro decenni con il mondo degli affari finanziari indiani a partire dal suo impiego presso l'Ufficio dell'India a Londra; pubblicò il suo primo libro, Indian Currency and Finance nel 1913 e ricoprì l'incarico di consulente in numerose commissioni indiane sulla finanza. Nel 1940 divenne consigliere con speciale autorità sulla politica monetaria e finanziaria indiana, del ministro delle finanze e del primo ministro. A fronte della forte opposizione sindacale in Gran Bretagna alla politica altamente antioperaia dell'innalzamento deliberato dei profitti, fu costretto a rinunciarvi, a favore di una maggiore tassazione. Ma in India l'incremento dei profitti in modo estremo e deliberato venne implementato per finanziare le spese di guerra da parte delle forze alleate, causando la morte per fame di milioni di persone nel Bengala.

Poiché a tutt'oggi le politiche di gestione della domanda rimangono oscure persino per le elite istruite, questa politica di compressione della domanda di massa per aumentare i risparmi forzati, che alla fine ha portato a tre milioni di morti civili, potrebbe essere camuffata con un successo e la carestia erroneamente attribuita a fenomeni naturali come eventi atmosferici o alla carenza di cibo o alla speculazione e all'accaparramento o alla mancata importazione di cibo o una combinazione di questi fattori. Keynes aveva argomentato nel suo libro "Trattato sul denaro" che, poiché le spese belliche dovevano essere molto più alte dei risparmi volontari, erano necessari risparmi forzati e questo poteva essere fatto al meglio alzando deliberatamente i prezzi alla produzione più velocemente dei salari, cosa che determinava un'inflazione dei profitti. "Concludo quindi che permettere ai prezzi di aumentare consentendo un aumento dei profitti, è in tempo di guerra, sia inevitabile che saggio". Questa politica poteva applicarsi a una situazione in cui, oltre ai salariati, una gran parte della popolazione attiva comprendeva piccoli produttori autonomi come artigiani, pescatori, piccoli contadini e così via, i quali erano costretti a comprare cibo dal mercato perché non ne producevano abbastanza o affatto per soddisfare i loro bisogni.

Il movimento delle truppe alleate e delle forze aeree nell'India orientale crebbe rapidamente dalla fine del 1941, quando gli Stati Uniti entrarono in guerra contro il Giappone. La costruzione di piste aeree, caserme e fabbriche per la produzione di munizioni, prodotti chimici, uniformi, bende e simili, crebbe a un ritmo febbrile. Sotto l'accordo finanziario indo-britannico del 1939, venne creata la categoria "spese di guerra recuperabili" specificando che i maggiori costi di approvvigionamento e gestione delle forze alleate in India sarebbero stati soddisfatti da risorse indiane fino alla fine della guerra. Alla Reserve Bank of India (RBI) sarebbe stato accreditato l'equivalente in sterline delle rupie spese per gli alleati: tuttavia il conto sarebbe stato congelato e nessuna sterlina sarebbe resa disponibile per le spese effettive; il conto sarebbe stato attivato solo alla fine della guerra, qualora lo fosse stato. Erano le "spese di guerra recuperabili" che divennero una condanna a morte per tre milioni di persone nel Bengala.

I dettagli della tabella del Rapporto 1945-46 della RBI, evidenziano la crescita incredibilmente rapida della spesa pubblica, senza uguale in nessun altro paese: nel giro di tre anni, una somma pari al 35% del reddito nazionale prebellico dell'India britannica era stato speso per scopi di guerra, oltre i due terzi di ciò con la stampa di denaro. La spesa totale del governo centrale esplose per raggiungere Rs 667 crore [Rs, ossia rupie indiane, espresse nella loro unità di misura, crore, equivalenti a £ 494 milioni, ndt] nell'anno fiscale 1942-43, con un incremento di 7,5 volte in tre anni, rispetto alla media annuale di Rs 88,8 (£ 66 milioni) dal 1937-8 al 1939-40. Il deficit di bilancio del governo balzò da zero per raggiungere Rs 112 crore, mentre un impatto molto maggiore derivò dal finanziamento del deficit di Rs 260 crore sostenuto annualmente come "spese recuperabili" nel 1941-2 e 1942-3, pari a tre volte il budget normale. Il deficit totale nel 1942-43 raggiunse Rs 438 crore ovvero £ 324 milioni, tre quarti del quale a causa delle "spese di guerra recuperabili" intraprese per le forze alleate.

Questo deficit esplosivo venne interamente realizzato con la stampa di carta moneta, giustificata dal trattare le entrate in sterline britanniche con la Reserve Bank of India a Londra quali riserve. Che questo fosse un ragionamento disonesto da parte delle autorità monetarie, è abbastanza chiaro. Le riserve come indica il termine stesso, sono pensate per essere effettivamente attivate in caso di necessità, mentre queste "riserve" sterline erano una finzione cartacea, in realtà non esistevano perché non si poteva trarne un penny. Né c'era alcuna certezza di essere pagati in futuro come promesso, dopo la fine della guerra. Le cosiddette "riserve" inesistenti erano un dispositivo contabile per estrarre massicce risorse dal popolo indiano. Keynes ammoniva contro le spese eccessive, ma unicamente nell'interesse di limitare l'indebitamento del dopoguerra britannico: non mostrava alcun interesse per la portata dell'impatto negativo sulla popolazione indiana: dopotutto, l'obiettivo era precisamente quello di ridurre il loro consumo. Possiamo immaginare oggi cosa accadrebbe se entro il 2021 le spese del governo centrale salissero di 7,5 volte il livello del 2018, con i tre quarti frutto della stampa di nuova moneta?

I prezzi di tutte le merci di prima necessità iniziarono a salire: il prezzo del riso venne quadruplicato nei 18 mesi dall'ultimo trimestre del 1941 alla metà del 1943. Mentre i prezzi all'ingrosso in India triplicarono nel loro complesso nel 1943, l'inflazione fu molto più accentuata e compressa in un periodo più breve in Bengala, dove in realtà ebbe luogo la maggior parte dell'aumento della spesa e l'approvvigionamento di cibo dalle aree rurali. Quando i prezzi del riso raddoppiarono, quadruplicarono e salirono di sei volte, i lavoratori, gli artigiani, i pescatori e i contadini poveri del Bengala non sapevano cosa li avesse colpiti. Le scorte alimentari scomparvero fisicamente quando il governo acquistò le forniture disponibili attraverso gli appaltatori per la distribuzione razionata urbana, e mentre i commercianti si aggrappavano alle scorte anticipando un ulteriore aumento dei prezzi. Molte migliaia di famiglie contadine, già a livello di sussistenza, affondarono prima nella denutrizione, poi nella fame, poi nella carestia più nera e infine nella morte. Di quelli che migrarono alla ricerca di cibo nelle città, molti debilitati, perirono per stenti e malattie. Dopo aver esaminato le prove Amartya K Sen, ha fissato l'ultimo bilancio delle vittime nel 1943-44, tra 2,7 e 3,1 milioni di persone, mentre alcuni autori come R Palme Dutt arrivano fino a 3,5 milioni prendendo in considerazione gli effetti secondari della maggior morbilità.

A Bretton Woods nel 1944, la Gran Bretagna discusse per cancellare gran parte del suo debito in sterline verso l'India, e Keynes fece affondare la richiesta dell'India di coinvolgere gli Stati Uniti, che avrebbero potuto mettere immediatamente a disposizione alcuni fondi in dollari per le importazioni alimentari di cui c'era bisogno, insistendo che era un questione bilaterale tra India e Gran Bretagna (anche se l'India aveva finanziato la forza alleata e non solo la Gran Bretagna). Il potere d'acquisto reale dei saldi in sterline, finalmente versati a rate dopo molti anni di ritardo, fu ridotto dalla svalutazione della sterlina contro il dollaro nel 1949 e ulteriormente ridotto dal boom inflazionistico durante la guerra di Corea.

Il Partito Comunista del Bengala fu estremamente attivo e operò instancabilmente per alleviare la sofferenza, le donne formarono Mahila Samitis per partecipare al soccorso della carestia; abbiamo una documentazione ampia di fotografie e letteratura sulla carneficina della carestia. Ma l'analisi della sua vera causa economica è stata nel migliore dei casi estremamente inadeguata. La carestia rappresentava nientemeno che un genocidio economico. Quel miliardo e 300mila sterline estratte dall'India sotto forma di "spese recuperabili" al costo di tre milioni di vite umane equivaleva a una tassazione aggiuntiva di una sola sterlina pro capite all'anno in Gran Bretagna e negli Stati Uniti con poche difficoltà per le loro popolazioni con un reddito pro capite tra le 30 e 40 volte quello dell'India. Occorre che l'India chieda riparazioni agli Alleati nei tribunali internazionali per i milioni di vite perite durante il 1943-44, in questo atto finale ed estremo di oppressione coloniale.


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